Indizione del Sinodo

I cappellani militari, insieme al loro Vescovo, sono da quattro giorni riuniti in preghiera qui ad Assisi, per chiedere a Dio la Grazia di una novità di vita, indispensabile per meglio servire il mondo militare.

Qui, sul glorioso sepolcro di san Francesco, con noi è simbolicamente presente tutta la nostra Chiesa: dal signor Presidente della Repubblica, Capo supremo delle Forze Armate, fino ai giovani militari di leva che rimarranno in questa nostra Chiesa solo per pochi mesi.

Il Signore Gesú ha descritto la vita dell’uomo come una lotta e ci ha comandato: “Andate in tutto il mondo, ...e annunciate il mio Vangelo”. Per realizzare questa missione la Chiesa militare vuol prendere coscienza della propria identità e della grande responsabilità derivante dalla sua presenza nel mondo militare. Una presenza piena di interrogativi e, a volte, fonte di contraddizioni e di interiori conflitti dovuti al fatto che non si può essere né militari a metà, né cristiani a metà: si deve fedeltà alla legge di Dio e alla legge degli uomini; si deve coniugare il primato della carità con la coerenza col proprio dovere; vi deve essere un’interiore disposizione al perdono unita alla necessità di applicare la giustizia.

La nostra presenza in questa realtà trova senso perché la vita militare costituisce un vero servizio all’uomo: difesa della Patria, salvaguardia della pacifica convivenza dei cittadini, tutela dell’ordine pubblico, fedele collaborazione con gli Organi dello Stato, educazione dei giovani al senso del dovere e alla disciplina della vita. A questi, che sono i compiti fondamentali di ogni Istituzione militare, si aggiungono oggi quelli non meno impegnativi della protezione civile e della tutela della pace internazionale.

Questo servizio all’uomo può raggiungere i vertici piú alti della vita cristiana: “...dare la vita per i propri amici”. Certamente, per la nostra Chiesa militare è un grande privilegio sapere che i piú grandi dei suoi figli sono tutti degli eroi e che alcuni di essi sono anche Santi. Pertanto, l’impegno che la nostra Chiesa si assume, è che i suoi membri diventino veri soldati e veri cristiani. Desideriamo che la luce di Cristo, splendente nel volto della nostra Chiesa, illumini tutti gli uomini impegnati nell’annuncio del Vangelo ad ogni creatura.

Ma quale aspetto del volto di Dio risplende maggiormente nella nostra Chiesa? La Chiesa militare vuol essere una Chiesa che accoglie e tutela: Dio è amore, accoglienza e difesa di chi spera in Lui. Accogliere e difendere: due termini apparentemente in antagonismo, in realtà, consequenziali per coloro che hanno ricevuto la missione di difendere i piú grandi valori dell’uomo.

La difesa di questi valori, a volte anche con la forza, può far apparire il nostro impegno per l’uomo in contrasto con i valori del Vangelo. Si potrebbe anche disquisire, ma la presenza dei nostri soldati in Bosnia dimostra come la pace debba essere difesa anche con la forza e, mentre accogliamo rispettosamente le motivazioni di chi in coscienza non si sente di portare le armi, riteniamo che essi non siano piú pacifici dei nostri giovani impegnati nello sminare quelle terre. In questo momento voglio ricordare quella splendida e generosa gioventú, animata dai nostri cappellani, con i quali ho condiviso la gioia della Pasqua e che ho definito “uomini della Resurrezione”.

La nostra è una Chiesa che testimonia la vigilanza raccomandata dal Vangelo, cosciente che il ladro viene sempre di notte. La nostra vuol essere Chiesa che corregge e perdona. Il dovere di correggere è uno degli aspetti piú difficili dell’esercizio della carità ed è una delle carenze piú gravi della società di oggi: è piú facile punire che correggere, perché per correggere è indispensabile avere il coraggio della carità.

La nostra Chiesa ha sentito la necessità di un rinnovamento totale per prepararsi adeguatamente al nuovo Millennio. Con questo Sinodo ci incamminiamo verso il 2000, per verificare la nostra fedeltà al Vangelo e, se necessario, trovare nuove strutture adeguate alla nuova evangelizzazione.

Abbiamo fiducia che il Padre ci darà quello Spirito che incessantemente chiediamo nella preghiera, affinché questa nostra Chiesa piaccia sempre piú al Cristo, suo Signore.

La nostra è una Chiesa sempre in piedi, in mimetica e con gli anfibi ai piedi, pronta a partire a ogni comando del suo Signore. Vuol presentarsi al mondo senza macchia e senza ruga, santa e immacolata, cosí come la vuole il suo Sposo.

Assisi, 25 ottobre 1996.

 

+ Giuseppe Mani

 

 

 

 

 

 

 

 Il Centurione di Cafarnao

Il Centurione di Cafarnao (Mt 8,5-13; Lc 7,1-10)

 

 

 

I centurioni di Cafarnao, di Gerusalemme e di Cesarea

 

 

 

 

 

 

Quando Pietro entrò nella casa del centurione di Cesarea, visti Cornelio, la sua famiglia e i suoi amici disse: “In verità sto rendendomi conto che Dio non fa preferenze di persone, ma chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque popolo appartenga, è a lui accetto”.

Pietro stamani ci ha benevolmente accolti nella sua casa. Rappresentiamo il popolo militare e con noi, spiritualmente, sono qui presenti tutti i soldati cattolici delle Forze Armate Italiane per pregare e concludere solennemente sulla tomba di Pietro, questo primo Sinodo della Chiesa Ordinariato Militare d’Italia.

Siamo qui portando con noi tutte le nostre ansie e tribolazioni; siamo qui soprattutto con quel dono del “timore” e con quel “desiderio di giustizia”, per cui ci sentiamo accetti a Dio.

Il precetto evangelico della carità che noi ben conosciamo, vogliamo diventi la vera anima del nostro servizio. Nella storia della nostra Chiesa infatti, non ci è mai mancato l’eroismo della carità: anche noi abbiamo i nostri martiri! Oggi però, per un soldato non è sempre facile testimoniare la carità, perché il nostro modo è inusuale e, forse, incompreso.

In questi giorni i “nostri” stanno scrivendo stupende pagine di autentico servizio alla carità nello svolgimento delle missioni in Albania, in Macedonia, in Bosnia: accogliere i profughi e i deportati, organizzare loro autentiche “città della gioia”, essere le mani e il cuore del Popolo italiano che vuole soccorrere questi poveri, è grande ed esaltante.

È però inusuale esercitare la carità pattugliando, armati di tutto punto, città e villaggi, rischiando la propria vita affinché i fratelli non si uccidano: anche se la pace è forzata, una pace imposta, è sempre meglio della morte.

La nostra Chiesa vive la carità sminando, con le proprie mani, immensi territori per restituirli abitabili e renderli fecondi. Vive la carità demolendo le fabbriche di guerra, con il timore di uccidere, di portare la morte, volendo invece, gettare le basi per una nuova vita. Il nostro esercizio della carità non è facile: si può rischiare di uccidere, anche in una “missione umanitaria”.

“...Io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi”: questo, pur con timore, vogliamo sentirci dire dal Signore.

Siamo venuti qui sulla tomba di Pietro per confermare la nostra fede e ribadire la scelta fondamentale della nostra vita: il Vangelo, unica regola della nostra esistenza. Solo il Vangelo infatti, è l’unico progetto degno di essere pienamente realizzato perché porre le basi di una costruzione che dura per l’eternità.

Siamo qui perché vogliamo costruire la nostra casa sulla roccia, non sulla sabbia: ecco il motivo per cui abbiamo scelto il Vangelo come nostro unico progetto di vita. Ciò che non è Vangelo è effimero e passa, ciò che è Vangelo rimane.

Pietro ce lo ha dimostrato concretamente. A lui infatti, fu chiesta una cosa sola: “Pietro, mi ami?” Perché? Perché il primo e piú grande dei comandamenti è questo: “Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutte le tue forze e il prossimo tuo come te stesso”. Anzi, Cristo ci chiede ancora di piú: “Amatevi come io vi ho amati”; “Non c’è amore piú grande di questo: dare la vita per i propri amici”. È proprio vero: alla sera della vita, saremo giudicati sull’amore.

Qui, sulla tomba di Pietro, chiediamo al Signore di poter essere santi, disposti cioè a portare il nostro amore fino a quell’eroismo di cui i nostri fratelli hanno bisogno e che il Signore si attende da noi.

Sulla tomba di san Pietro

6 maggio 1999

 

+ Giuseppe Mani

 

 

 

 

 

 

 

Lettera di Presentazione

Il 25 ottobre 1996, sulla tomba di San Francesco d’Assisi ho indetto il primo Sinodo della Chiesa Ordinariato Militare d’Italia e, il 6 maggio 1999, con una solenne Celebrazione Eucaristica l’ho concluso sulla tomba di San Pietro.

Ritengo utile ricordare quali siano stati gli interrogativi che hanno accompagnato il nostro cammino sinodale:

- Si può essere militari e cristiani?

- L’Ordinariato Militare è una vera Chiesa?

- Di quale aggiornamento ha bisogno?

Il primo degli interrogativi ha attraversato i due millenni della storia cristiana, riemergendo continuamente in formulazioni diverse: in questi ultimi anni, l’obiezione di coscienza e le varie forme di pacifismo non solo l’hanno ripresentata, ma hanno persino messo sotto accusa l’intera realtà militare. Si è dunque, reso necessario esporre chiaramente la sintesi che si è operata nel cuore dei membri della nostra Chiesa tra le esigenze della fede e il servizio militare.

Nella Chiesa il Vescovo è chiamato a verificare la qualità della fede del suo popolo: ho indetto perciò una Visita Pastorale che ha caratterizzato il primo periodo del nostro impegno sinodale. Nel corso di un intero anno ho incontrando i militari nelle loro caserme, ho scoperto in loro, con grande sorpresa, una fede profonda e ho compreso le motivazioni poste alla base del loro servizio.

Il servizio militare, per molti, non è un comune lavoro, ma un’autentica vocazione e anche in quanti l’hanno, in un primo momento, intrapreso per necessità, ho trovato motivazioni profonde e serie: sono rimasto sorpreso nello scoprire come la religiosità sia parte integrante della loro vita e come alcune pratiche siano ritenute essenziali anche da chi è incerto nella fede. La recita della preghiera del marinaio durante la navigazione o quella del Corpo di appartenenza nel corso di una cerimonia o al termine di una celebrazione liturgica, si è manifestata come occasione propizia di evangelizzazione.

Il Sinodo ha dunque individuato la risposta al primo, fondamentale interrogativo, mettendo in relazione la vita militare con il primo e il piú grande dei Comandamenti, quello dell’amore a Dio e al prossimo.

La comunità autorizza alcuni uomini a difendere con la forza e con le armi la vita e i valori inalienabili dell’umanità: essi sono investiti d’una grande missione che svolgono, spesso, con rischio e pericolo. Benché molti non riescano a coniugare uso della forza con l’esercizio della carità, nella vita del militare cristiano si è operata una sintesi per cui è possibile sia essere militari per amore che portare le armi per amore: cristiano, infatti, è colui che crede in Cristo Gesú e, come lui, agisce solo per amore. Il militare che si è lasciato trasformare dalla carità ha perciò uno stile diverso dal classico uomo in divisa, perché la virtú che lo contraddistingue è la fortezza e non la forza.

È facile riconoscere l’esercizio della carità nel soldato che soccorre le vittime dei terremoti e delle alluvioni e i profughi, mettendo a disposizione il proprio coraggio e la propria competenza, resa piú efficace dalla disciplina che lo contraddistingue. Meno facile è riconoscere l’esercizio della carità nel soldato impegnato a disinnescare le mine di cui sono ancora pieni tanti campi delle nazioni provate dagli ultimi conflitti; piú difficile ancora nel soldato che pattuglia città e regioni affinché i fratelli non si uccidano tra loro. È esercizio della carità, e forse è il caso piú difficile da capire, non soltanto accogliere profughi ed esuli, ma soprattutto far sí che non ci siano piú né profughi né esuli, impedendo, anche con la forza, ogni forma di sopraffazione o di disprezzo dei fondamentali valori degli uomini e dei popoli.

Ho trovato nel cuore dei nostri soldati le motivazioni piú alte e piú nobili per questo servizio ed ho potuto verificare l’amore con cui svolgono la loro missione, soprattutto in difesa dei piú deboli e dei piú poveri. Ho incontrato tante anime turbate dal pensiero di poter colpire degli innocenti nel tentativo di fermare il male o poter ferire degli inermi nell’intento di impedire la violenza e lo sterminio. Ho visto dei veri cristiani in armi che hanno dato, con la loro vita, una risposta chiara, una risposta che supera la domanda: non solo si può essere soldati e cristiani, ma persino soldati e santi. Durante il Sinodo infatti, è stato proposto l’esempio del Brigadiere dei Carabinieri Salvo D’Acquisto per il quale è stato chiesto alla Chiesa il riconoscimento dell’esercizio della carità eroica: in lui i nostri soldati si riconoscono.

La conferma di quanto ho riscontrato nel cuore dei nostri soldati l’ho trovata nel Vangelo e nella storia della Chiesa, scoprendo, con grande soddisfazione, quale posto vi occupino i militari. Il Sinodo ha individuato le origini della nostra Chiesa nei tre centurioni biblici: di Cafarnao, di Gerusalemme, di Cesarea e li ha riconosciuti come i propri Padri nella fede. Il terzo fra essi, Cornelio, accolse con tutta la sua famiglia l’apostolo Pietro ricevendo dalle sue mani il battesimo e aprendo, in tal modo, la strada all’annuncio della salvezza anche ai pagani; egli apparteneva alla coorte italica: pertanto si è pensato di dichiararlo Patrono di tutto l’Esercito Italiano.

La Costituzione Apostolica Spirituali Militum Curae ha assimilato gli Ordinariati Militari alle diocesi: era però necessario verificare se la nostra Chiesa avesse realizzato questo passaggio, era necessario verificare se l’Ordinariato Militare rappresentasse ancora una forma di assistenza spirituale garantita agli uomini delle Forze Armate dai cappellani, oppure fosse divenuto realmente una Chiesa particolare, formata da tutti i militari battezzati impegnati nella difesa dei fratelli.

Perché la Chiesa ha riservato un trattamento speciale ai militari, costituendo una diocesi personale i cui confini non sono costituiti da un territorio, ma determinati dal particolare servizio? Prima di tutto, perché tale servizio non si configura come un mestiere o una professione, ma come un’autentica vocazione che coinvolge l’individuo e la sua famiglia. Il mondo militare infatti, è dotato di proprie scuole, propri villaggi, ospedali, cimiteri; possiede un linguaggio particolare e una propria liturgia con cui esprimere i propri sentimenti e valori. La Chiesa ha riconosciuto questa peculiarità e ha voluto creare una circoscrizione ecclesiale con il proprio Vescovo, i propri parroci e i propri fedeli.

Nel corso della Visita Pastorale ho potuto verificare quanto sia forte lo spirito di appartenenza a questa nostra Chiesa: come una nave sia realmente una parrocchia galleggiante, come i militari, anche in missione di pace all’estero, vivano la dinamica propria di una comunità parrocchiale, attraverso i vari cammini di fede, la preparazione e celebrazione dei sacramenti dell’Iniziazione cristiana, il regolare svolgimento dell’anno liturgico e l’esercizio della carità. Sorprendente, dal momento che la nostra Chiesa non è territoriale, ma personale, si è rivelato l’attaccamento al cappellano militare con cui si è compiuto un cammino di fede o con cui si è condiviso un periodo significativo della propria vita: tra le tante testimonianze, cito solo quella di un marinaio di Taranto che, durante una sessione sinodale, ha chiesto di considerare membri dell’Ordinariato anche i militari in congedo, perché “dopo quarant’anni di Marina e ventisette di imbarco sono e sarò sempre un marinaio e il mio prete sarà sempre un cappellano militare”.

 

 

Di quale aggiornamento ha bisogno la nostra Chiesa?

Come ogni Chiesa diocesana l’Ordinariato Militare deve possedere strutture di servizio indispensabili, soprattutto un seminario e una Curia pastorale. Molti sono i giovani che durante il servizio militare, lontani dalla propria famiglia, separati dal proprio ambiente e in una condizione di essenzialità di vita, scoprono o sentono riemergere i germi di una vocazione rimasti forse latenti a causa di una vita poco impegnata nella fede. Molti ritrovano la fede e chiedono di ricevere i sacramenti dell’Iniziazione cristiana o riprendono una pratica abbandonata da tempo; altri manifestano al loro cappellano il desiderio di fare qualcosa in piú o chiedono aiuto per comprendere quale sia la loro vocazione: è sembrato, dunque, opportuno, pensare ad un seminario che prepari sacerdoti anche per questo particolare ministero. Le Autorità militari hanno riconosciuto la validità della proposta e il Parlamento, attraverso una legge specifica, ha costituito la Scuola per Cappellani Militari, dipendente dal Ministero della Difesa e sotto la completa responsabilità dell’Ordinario Militare.

Alla Curia, organizzata per la dimensione militare della nostra presenza nelle Forze Armate, era necessario affiancare una ‘Curia pastorale’ quale centro di animazione e di servizio di tutta l’attività della diocesi. Per questo, negli ambienti attigui alla Chiesa del Sudario, sono stati preparati gli Uffici pastorali della nostra Curia. Dopo oltre settant’anni di vita, era ancora necessario raccogliere tutta la legislazione prodotta sia da parte militare che ecclesiastica ed esprimere con scelte precise le linee fondamentali di azione della nostra Chiesa: solo un Sinodo poteva assolvere a questo compito. Le circostanze erano propizie, perché le Forze Armate sono da tempo impegnate nella revisione delle proprie strutture al fine di realizzare un Nuovo Modello di Difesa. Il criterio di questa riforma è quello dell’essenzialità e funzionalità: è stato semplice per noi rivedere le nostre strutture, adeguandole alle esigenze di una nuova evangelizzazione.

Durante i tre anni del Sinodo ci siamo lasciati guidare dallo Spirito Santo che ci ha spinti a scelte secondo il Vangelo, mossi dall’unico desiderio di compiacere il Signore Gesú, sapendo che egli vuole vedere dinanzi a sé la sua Chiesa santa e immacolata.

 

 

Storia del Sinodo

Mons. Giuseppe Mani, a pochi mesi dall’elezione a Pastore di questa singolare realtà ecclesiale qual è l’Ordinariato Militare, pensò di indire un Sinodo, il primo dopo settant’anni di storia di questa Chiesa particolare e a dieci anni dalla Costituzione Apostolica Spirituali Militum Curae.

La maggior parte dei suoi cappellani, pur concordi con il progetto, manifestò perplessità riguardo la sua concreta realizzazione. Dopo aver interpellato il Consiglio Presbiterale, se ne decise l’indizione per il 25 ottobre 1996 in Assisi durante la Celebrazione Eucaristica sulla tomba di san Francesco, alla quale furono invitati il Capo dello Stato, le massime Autorità militari e i rappresentanti di tutte le Forze Armate.

Unitamente al Sinodo fu annunciata, come primo atto di esso, una Visita Pastorale alle diverse realtà in cui è articolata la Chiesa Ordinariato Militare, con lo scopo di preparare e avviare i futuri lavori sinodali. Nel frattempo furono istituite alcune Commissioni con il compito di elaborare un primo schema dei documenti Sinodali.

 

 

1997: la preparazione

Inizialmente, le Commissioni Sinodali avevano previsto sei documenti:

1. La Chiesa Ordinariato Militare

2. L’evangelizzazione

3. La liturgia

4. La carità

5. La famiglia

6. I cappellani militari.

Già dalle prime discussioni emerse l’esigenza di elaborare altri due documenti, riguardanti il problema giovanile e il tema della pace.

Inoltre, considerata l’estensione dell’Ordinariato Militare su tutto il territorio nazionale, si decise di articolare il Sinodo in due momenti: il primo, decentrato nelle Zone Pastorali; il secondo, quello finale, convocato a Roma.

 

 

1998: la riflessione

Ogni realtà militare scelse rappresentanti da inviare alle Assemblee Sinodali di zona. I designati, ricevuta direttamente dall’Arcivescovo la nomina a membro sinodale, parteciparono con i rispettivi cappellani ai lavori delle cinque assemblee, presiedute da uno degli Ispettori dell’Ordinariato Militare.

I documenti, previamente e personalmente esaminati, vennero discussi. Gli emendamenti richiesti, furono inviati alla Segreteria Generale del Sinodo presso l’Ordinariato Militare perché i documenti venissero ulteriormente perfezionati. In un’ultima Assemblea zonale sempre presieduta dall’Arcivescovo, venne discusso e votato il documento sulla pace.

Fondamentali per l’esito del Sinodo furono i lavori delle due settimane a Collevalenza a cui parteciparono tutti i cappellani militari: nella prima (1997) venne esaminato il documento base del Sinodo, nella seconda (1998) quello riguardante i cappellani militari. In quest’ultima sessione si svolse la revisione generale di tutti i documenti prima della discussione finale.

 

 

1999: la celebrazione

Le Assemblee Finali del Sinodo si tennero all’Hotel Ergife in Roma dal lunedí 3 al giovedí 6 maggio 1999.

Vi parteciparono:

- tutti i cappellani militari in servizio (circa 250) e una rappresentanza di cappellani militari collaboratori;

- i rappresentanti di tutte le realtà militari, la metà di quelli che avevano preso parte alle sessioni sinodali di zona (800 militari di ogni Arma e grado);

- i rappresentanti della Croce Rossa Italiana e i membri dell’Associazione Per l’Assistenza Spirituale alle Forze Armate;

- alcune famiglie come soggetto sinodale.

Vennero invitati in qualità di osservatori, gli Ordinari Militari delle altre Nazioni e alcuni rappresentanti di altre confessioni religiose.

Durante i quattro giorni delle Assemblee Generali, il nostro Ordinariato Militare visse una vera esperienza di Chiesa: ogni giornata fu caratterizzata dalla Celebrazione Eucaristica e scandita dalla celebrazione comune delle ore canoniche. I documenti sinodali, presentati in modo da farne emergere l’originalità e le novità di quelle scelte che dovevano essere approvate, vennero definitivamente votati.

Alcune personalità portarono il loro saluto all’Assemblea: primo fra tutti, il Presidente della Repubblica, l’On. Oscar Luigi Scalfaro; il Segretario di Stato di Sua Santità, il Card. Angelo Sodano; il Prefetto della Congregazione per i Vescovi, il Card. Lucas Moreira Neves; l’Arcivescovo di New York (già cappellano militare), il Card. John O’Connor e il Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, il Card. Camillo Ruini.

Il Sinodo si concluse solennemente nella Basilica di San Pietro dove l’Arcivescovo Ordinario Militare presiedette la Celebrazione Eucaristica a cui presero parte tutti gli Ordinari Militari, i cappellani militari, i cappellani collaboratori e una rappresentanza dei cappellani militari in congedo.

Nella Basilica, gremita di circa settemila militari giunti da ogni parte d’Italia, vi erano presenti il Ministro della Difesa e le massime Autorità militari delle Forze Armate. A mezzogiorno giunse Sua Santità Giovanni Paolo II che, dopo aver ascoltato l’indirizzo di saluto dell’Ordinario Militare ed aver ricevuto in omaggio le icone rappresentanti i tre centurioni, rivolse la sua parola all’Assemblea e con la Benedizione Apostolica concluse la celebrazione del primo Sinodo della Chiesa Ordinariato Militare d’Italia.

In occasione del Pellegrinaggio Militare a Lourdes, durante la Celebrazione Eucaristica alla grotta di Massabielle, l’Arcivescovo promulgò solennemente il Sinodo e si impegnò ad attuarlo per il rinnovamento della Chiesa Ordinariato Militare d’Italia che in tal modo vuol iniziare il Terzo Millennio.

 

 

 

 

 

Decreti del Sinodo

Indizione

 

 

La nostra Chiesa Ordinariato Militare affonda le sue radici nell’entusiastica risposta con cui centinaia di sacerdoti vollero seguire, sotto la guida del Vescovo da Campo Mons. Angelo Bartolomasi, i giovani chiamati alle armi per la prima guerra mondiale.

All’inizio della nostra storia si colloca il coraggioso servizio di sacerdoti santi ed eroici come Giovanni Antonietti, Giulio Bevilacqua, Giulio Facibeni, Agostino Gemelli, Primo Mazzolari, Giovanni Minzoni, Giovanni Semeria e tanti altri.

La Sede Apostolica e lo Stato Italiano diedero riconoscimento a questo servizio spirituale costituendo l’11 marzo 1926 l’Ordinariato Militare per l’Italia.

La seconda guerra mondiale vide accorrere, come agli inizi, numerosi sacerdoti desiderosi di condividere con i propri fedeli i pericoli della guerra: sotto la guida pastorale dello stesso Vescovo da Campo, ormai Ordinario Militare, risposero con sacerdotale generosità alla necessità di una presenza spirituale in quel doloroso momento.

Le tragiche circostanze belliche fecero emergere uomini insigni per santità e coraggio: Giovanni Brevi, Aldo Del Monte, Carlo Gnocchi, Igino Lega, Giovanni Mazzoni, Giovanni Minozzi, Sergio Pignedoli, Arrigo Pintonello, Secondo Pollo, Mario Schierano, Luigi Todeschini che, con numerosi altri confratelli, caratterizzano il secondo tempo della nostra storia.

Il lungo periodo di pace seguito alla conclusione del conflitto mondiale e il Concilio Ecumenico Vaticano II hanno illuminato la riflessione sul nostro servizio, riconoscendo in esso non soltanto un ministero svolto da alcuni sacerdoti, ma una vera Chiesa di servizio presente nelle Forze Armate d’Italia.

Il 21 aprile 1986 la Santa Sede con la Costituzione Apostolica Spirituali Militum Curae assimilò gli Ordinariati Militari alle diocesi, riconoscendo in tal modo, il passaggio da un servizio di Chiesa a una Chiesa di servizio.

A dieci anni da questo riconoscimento, a settanta dalla nascita di questa Chiesa e all’alba del Terzo Millennio, auspicando uno stile sempre piú evangelico e volendo adeguare le strutture pastorali alle urgenti esigenze della nuova evangelizzazione, dopo aver ascoltato il parere di uomini saggi e interrogato il Consiglio Presbiterale

 

indíco

il primo Sinodo della

Chiesa Ordinariato Militare d’Italia.

 

L’unico desiderio che ci muove è di offrire a Cristo una Chiesa in cui possa compiacersi e indicare agli uomini che servono la Patria in armi, un segno tangibile della presenza del Salvatore in mezzo a loro.

Consapevoli dell’impegno che ci attende, affinché ciascun fedele possa esprimersi ed essere ascoltato in questo tempo di conversione, confidiamo nell’aiuto di Dio Padre e nella docilità di tutti allo Spirito Santo che ci anima, perché il Vangelo di Cristo sia annunciato con fedeltà e coraggio.

Io stesso darò inizio a questa nuova evangelizzazione compiendo una Visita Pastorale a tutta la nostra Chiesa, per annunciare e ascoltare ciò che lo Spirito le suggerisce.

Confidando nell’aiuto di Maria Santissima, la Vergine fedele, e nell’intercessione dei nostri Santi, iniziamo con fiducia questo cammino verso il nuovo Millennio.

 

+ Giuseppe Mani

 

 

Dato in Lourdes alla grotta di Massabielle il 29 maggio 1999

 

 

 

 

I Sinodo Chiesa Militare

 

 

 

 

La Chiesa Ordinariato Militare

1. La Chiesa Ordinariato Militare ha la grazia di celebrare il suo primo Sinodo in questi anni che immediatamente precedono il terzo millennio dell’era cristiana. È un’occasione privilegiata per rileggere, alla luce della Parola di Dio e della propria esperienza, il piano che il Signore ha su di essa e per approfondire la propria identità di popolo di Dio radunato tra i militari, nell’unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, insieme al proprio Pastore [1].

2. All’inizio della nostra storia si colloca l’opera di molti sacerdoti che si dedicarono all’assistenza spirituale dei militari già prima della Grande Guerra del 1915-1918, per cui volontariamente si affiancarono a quei cristiani militari che combatterono per l’Unità d’Italia.

3. Vogliamo qui ricordare questi sacerdoti che, in guerra e in pace, sono stati sempre pastori di tutti i loro militari, testimoniando con la loro vita e con il loro servizio l’amore a Cristo. Uniti al suo sacrificio con l’adempimento fedele della loro missione, talvolta eroica fino all’effusione del sangue, li veneriamo quali fondatori della Chiesa Ordinariato Militare e riconosciamo il loro operato quale contributo alla formazione della coscienza nazionale del popolo italiano.

4. Al termine del conflitto apparve necessario continuare a rendere questo servizio ecclesiale a vantaggio dei militari, bisognosi di una concreta e specifica opera pastorale. Nel 1926 la Santa Sede e lo Stato Italiano assicurarono l’assistenza spirituale alle Forze Armate costituendo il Vicariato Castrense per l’Italia: sacerdoti cattolici in possesso di quei requisiti ritenuti necessari dalla Chiesa e dallo Stato, furono nominati cappellani militari ed assimilati al rango degli Ufficiali.

5. Il papa Pio XI nominò quale suo delegato, un Ordinario Militare per l’Italia insignito della dignità di Arcivescovo. Si organizzò cosí, in uno spirito di “servizio di Chiesa”, l’assistenza spirituale alle Forze Armate sia in tempo di guerra che in tempo di pace [2].

6. Con la Costituzione Apostolica Spirituali Militum Curae del 1986, il papa Giovanni Paolo II ha giuridicamente assimilato la realtà ecclesiale militare a quella delle diocesi, compiendo un significativo passaggio da un “servizio di Chiesa” ad una “Chiesa di servizio”.

7. Questa nuova realtà della nostra Chiesa consiste nell’essere una peculiare circoscrizione ecclesiastica [3] comprendente ogni realtà militare: luoghi, persone, familiari conviventi. Perciò, anche a motivo dei membri che lo compongono, l’Ordinariato Militare si può definire: Chiesa particolare, territoriale, personale [4].

 

 

Chiesa Ordinariato Militare: Popolo di Dio e Corpo mistico di Cristo

8. La denominazione “Chiesa Ordinariato Militare” esprime la sua natura teologica:

Chiesa particolare, nella quale è realmente presente la Chiesa di Cristo, una, santa, cattolica e apostolica;

Ordinariato, la sua struttura organizzativa;

Militare, la sua specificità.

9. La Chiesa Ordinariato Militare ha coscienza di realizzare la propria vocazione vivendo nella comunione e compiendo integralmente la missione a lei affidata da Cristo.

10. Particolare privilegio e segno d’attenzione della Chiesa universale verso i militari è il fatto che ciò che costituisce un battezzato membro della Chiesa Ordinariato Militare non è tanto l’abitare in un determinato territorio, quanto l’essere chiamato ad un particolare servizio.

11. La Chiesa Ordinariato Militare è articolata in Zone Pastorali e in comunità parrocchiali. Queste ultime comprendono ogni realtà militare fornita di quelle strutture logistiche indispensabili per una vita ecclesiale e guidata da un cappellano militare con funzione di parroco.

12. Questa Chiesa, per il particolare ministero che rende e che fortemente la caratterizza, può a maggior ragione essere denominata quale “Chiesa tutta ministeriale”, cioè tutta “diaconia” verso quei giovani che dalle varie Chiese e da ogni parte d’Italia giungono nelle caserme. Servizio primario che la Chiesa rende al mondo militare è quello di armonizzare il rapporto tra la fedeltà alla legge di Dio e la fedeltà alle giuste leggi degli uomini; tra il Vangelo della vita [5] e l’adempimento del proprio dovere a difesa della vita, correndo il rischio di uccidere o di essere uccisi; tra il perdono e la pena necessaria per ristabilire la giustizia lesa [6]. Per questo difficile ministero e nella totale fedeltà al Vangelo, la nostra Chiesa si impegna ad essere sale, luce e lievito [7].

 

 

Organi del servizio pastorale

13. La Curia dell’Ordinariato Militare ha sede in Roma e costituisce la comunità sacerdotale fondamentale che coadiuva l’Arcivescovo nella costruzione della comunione soprattutto tra i cappellani militari, e nell’opera di evangelizzazione di tutta la Chiesa Ordinariato Militare.

14. La Curia è caratterizzata come comunità d’accoglienza, di servizio ai cappellani e d’animazione di tutta la pastorale.

15. Di accoglienza: è bene che tutti i cappellani conoscano questa comunità sacerdotale nella quale potranno essere ospitati, condividere le proprie esperienze pastorali, ricevere eventuali orientamenti e aiuti.

16. Di servizio: attraverso gli Uffici competenti vengono seguite le pratiche burocratiche concernenti la situazione matricolare e di impiego dei singoli cappellani.

17. Di animazione: attraverso gli Uffici Pastorali competenti a cui fanno riferimento le Commissioni Pastorali, arriveranno alle singole comunità suggerimenti e proposte.

18. La vita della Curia ha una duplice dimensione: interna ed esterna. Secondo le direttive dell’Ordinario Militare, gli Officiali di Curia trascorrono parte del loro tempo a contatto con i cappellani nelle loro sedi di servizio, parte impegnati nella Curia per formulare le necessarie sintesi, programmare e pregare insieme.

19. La Curia è composta dal Vicario Generale, da tre Ispettori-Vicari Episcopali, da eventuali altri Vicari, dal Cancelliere Segretario Generale e da Officiali. Per la loro nomina l’Arcivescovo si sforzerà di seguire solo criteri soprannaturali, dopo aver anche ottenuto il parere del Consiglio Presbiterale [8].

20. Il Vicario Generale, designato dall’Ordinario Militare, è nominato dalla competente autorità statale secondo le norme di legge; ha i diritti e i doveri propri del suo stato a norma del Codice di Diritto Canonico. La sua potestà è ordinaria-vicaria [9], però esercitata a nome del Vescovo [10]. Il Vicario Generale agisce in nome del Vescovo, a lui deve riferire quanto opera, senza mai andare contro la sua volontà e il suo intendimento [11]; deve inoltre collaborare con i Vicari Episcopali ed evitare conflitti e confusione nel governo della diocesi [12]. Con piú immediata e specifica responsabilità, il Vicario Generale è referente dell’Ordinario Militare per i cappellani militari e per la pastorale nelle Forze di Polizia: Carabinieri e Guardia di Finanza.

21. Gli Ispettori, previsti e nominati secondo le norme di legge, sono designati a loro volta dall’Ordinario Militare. Finché dura il loro servizio di Ispettori, sono Vicari Episcopali con responsabilità pastorali organizzative. In particolare, sono referenti dell’Ordinario Militare per i cappellani militari e la pastorale nelle tre Forze Armate: Esercito, Marina, Aeronautica. Sono inoltre Vicari Episcopali, ognuno per un settore pastorale, secondo la volontà che l’Ordinario Militare manifesta.

22. È ruolo specifico degli Ispettori animare fraterni rapporti con i cappellani militari e relazioni amichevoli di collaborazione con i Comandi; rendersi disponibili con visite, consigli e sostegni nelle difficoltà; essere guide illuminate, sempre nella fedeltà al loro mandato, alle direttive dell’Ordinario Militare e alla fiducia che i fedeli ripongono in loro.

23. La Curia Arcivescovile - oltre agli Uffici che servono il ruolo militare dei cappellani - ha ancora Uffici Pastorali, presieduti da un Delegato Episcopale. A ciascuno di questi Uffici corrisponde una Commissione che, col suo Delegato, ha il compito di animare e di organizzare il settore pastorale che gli è affidato.

24. Altri Vicari Episcopali ed Officiali di Curia possono essere nominati dall’Ordinario Militare con compiti specifici, secondo esigenze e meriti [13].

25. Vicario Generale e Ispettori decadono dalle loro cariche qualora l’Ordinario Militare, entro sei mesi dalla sua nomina, non le rinnovi con atto esplicito [14].

26. Il Cancelliere Segretario Generale è nominato dall’Ordinario Militare; conserva questa carica fino a quando lo stesso Ordinario decide diversamente; svolge compiti che il Codice di Diritto Canonico stabilisce per il Cancelliere di Curia; esegue quanto il Consiglio di Curia ha deciso.

 

 

Organismi pastorali consultivi

27. L’Arcivescovo Militare, segno e sacramento di Cristo Pastore, ha la piena responsabilità del governo della Chiesa a lui affidata. Affinché possa decidere secondo la volontà di Dio e per piacere a lui, ricorre alla preghiera e al consiglio dei fedeli. Promuove in tal modo la corresponsabilità alla vita ecclesiale, orientando di conseguenza le proprie scelte cosí da non pentirsi delle sue decisioni: “Fa’ tutto col consiglio e non ti pentirai dopo averlo fatto” [15].

28. Organi di consiglio o consultivi [16] sono: il Sinodo Diocesano, il Consiglio Episcopale, il Consiglio Presbiterale, il Consiglio Pastorale e il Collegio dei Consultori.

29. Il Sinodo Diocesano è indetto e presieduto dall’Ordinario Militare o da suoi Delegati. Mentre nel suo aspetto esterno presenta carattere giuridico istituzionale, nella sua natura profonda è momento di comunione, è la piú significativa delle espressioni della sinodalità a livello di Chiesa particolare [17]. La normativa su questo organismo è data, pur con valenza diversa, dal Direttorio pastorale dei vescovi [18], dal Codice di Diritto Canonico [19], dal Cerimoniale dei vescovi [20] e dalla legislazione particolare della Chiesa Ordinariato Militare [21].

30. Il Consiglio Episcopale è presieduto dall’Ordinario Militare ed è composto dal Vicario Generale e dai Vicari Episcopali; partecipa inoltre, il Cancelliere Segretario Generale dell’Ordinariato con il compito di redigere i verbali e di stenderne i relativi atti. Il Vicario Generale e i Vicari Episcopali sono chiamati a condividere piú direttamente la responsabilità e l’attività pastorale della Chiesa Ordinariato Militare [22].

31. Il Consiglio Presbiterale. Il suo fondamento teologico si trova nell’unità tra presbiteri e vescovo, basata sulla comunione ontologico-sacramentale tra loro, pur nella differenza di grado. Su questa comunione sacramentale e gerarchica si basa il fatto che i presbiteri sono i cooperatori dell’Ordine Episcopale [23] e i vescovi li hanno come i necessari aiuti e consiglieri nel ministero e nella funzione di insegnare, santificare e pascere il Popolo di Dio [24]. Il Consiglio Presbiterale è presieduto dal Vescovo ed è l’espressione qualificata della collaborazione e corresponsabilità del Presbiterio nel coadiuvare il Vescovo nel governo della Chiesa Ordinariato Militare. L’attività è regolata a norma del canone 495 del Codice di Diritto Canonico e dagli Statuti approvati dall’Ordinario Militare.

32. Il Consiglio Pastorale è la manifestazione della comunione tra tutti i fedeli che, sotto la guida del Vescovo, esercitano il diritto ed adempiono il dovere di cooperare attivamente - ciascuno secondo il proprio carisma e la propria condizione - all’edificazione del Corpo Mistico di Cristo. Compiono questo in virtú della loro partecipazione al triplice dono-missione e dignità: profetica, sacerdotale, regale di Cristo [25].

33. Il Consiglio Pastorale a livello nazionale è presieduto dall’Arcivescovo, a livello di zona pastorale è presieduto dal Capo Servizio, a livello parrocchiale di caserma è presieduto dal cappellano militare. Questo Consiglio è regolato a norma del canone 536 del Codice di Diritto Canonico e dagli Statuti approvati dall’Ordinario Militare.

34. È auspicabile che, ove possibile, il Consiglio Pastorale sia potenziato da tre Centri Sacramentali-Pastorali: profetico, sacerdotale, regale. Dei tre Centri Pastorali fanno parte sia i componenti del Consiglio Pastorale, che altri fedeli. La costituzione di questi centri avviene informando l’Ordinario e sottoponendoli alla sua approvazione e alla sua preghiera.

 

 

Organismi consultivi - deliberativi

35. Collegio dei Consultori. È costituito a norma del canone 502 del Codice di Diritto Canonico; lo presiede l’Ordinario Militare e, nei casi previsti, il Consultore con piú anni di ordinazione [26]. In caso di Sede Vacante, entro otto giorni, il Collegio elegge l’Amministratore Diocesano [27]. Nei casi previsti assume le competenze del Consiglio Presbiterale [28]; riceve la professione di fede dell’Amministratore Diocesano [29]; prende atto della Lettera Apostolica che l’Ordinario presenta nel prendere possesso canonico della Chiesa Ordinariato Militare [30]. Il parere di detto Consiglio e il suo consenso sono necessari a norma dei canoni 272, 485, 1018 § 1 e 2, 1277, 1292, 1295.

36. Consiglio per gli Affari Economici. È costituito a norma del canone 492 del Codice di diritto canonico, è presieduto dall’Ordinario Militare o da un suo Delegato; è composto da esperti in materia, eminenti per integrità. Deve essere consultato dal Vescovo a norma dei canoni 444, 1263, 1277, 1281. Il consenso di detto consiglio è necessario a norma dei canoni 1277, 1292, 1287.

 

 

Il popolo cristiano militare

37. Appartengono alla Chiesa Ordinariato Militare e sono soggetti alla giurisdizione dell’Ordinario coloro che, battezzati nella Chiesa Cattolica, fanno parte dell’ordinamento militare: coloro che prestano servizio militare in modo temporaneo e continuativo; gli allievi delle Scuole, Accademie e Istituti di formazione militare; i militari cattolici di altre nazionalità residenti e operanti in Italia quando manchi il loro cappellano; i fedeli - sacerdoti, membri di Istituti religiosi o di Società di vita apostolica, laici - che esercitano in modo permanente un servizio loro affidato dall’Ordinario Militare. In particolare, tra essi vanno ricordati i sacerdoti collaboratori, le religiose addette agli Ospedali militari e i membri dell’Associazione Per l’Assistenza Spirituale alle Forze Armate; il Corpo militare della Croce Rossa Italiana e il Corpo delle Infermiere Volontarie della Croce Rossa Italiana; il personale civile dipendente dall’Amministrazione militare; i componenti delle famiglie dei militari in servizio continuativo e del personale civile dipendente dall’Amministrazione militare, come pure i parenti e le persone di servizio purché residenti nella stessa casa; coloro che prestano servizio nell’ambito del Palazzo del Quirinale e delle residenze facenti parte della dotazione del Capo dello Stato [31].

38. La giurisdizione dell’Ordinario Militare e dei cappellani, cumulativa con quella dei vescovi diocesani e dei parroci, rende possibile che i fedeli militari possano inserirsi ugualmente, se lo desiderano, nelle comunità parrocchiali militari o nelle comunità parrocchiali locali. È bene però, per quanto riguarda la vita parrocchiale, che i fedeli operino una scelta che permetta loro la regolarità di un cammino di fede con la comunità in cui scelgono di inserirsi.

39. Si operi con spirito di servizio e solidarietà, in piena intesa con le Chiese particolari e locali, per il bene spirituale delle Associazioni d’Arma e di ex-combattenti, pur non appartenendo queste alla giurisdizione ecclesiastica dell’Ordinario Militare.

40. Come tutti i cristiani, anche i militari sono chiamati da Dio alla santità che realizzano nel loro stato di militari “in quanto tali”, e non “malgrado” il loro stato. Essi infatti, devono rendersi sempre piú coscienti di essere “servitori della sicurezza e della libertà dei popoli e, mentre adempiono rettamente il proprio dovere, concorrono al mantenimento della pace” [32].

41. Nel mondo militare sono chiamati ad esercitare il loro sacerdozio battesimale elevando a Dio - come offerta a lui gradita - il lavoro e il sacrificio proprio e altrui [33] per la convivenza pacifica tra gli uomini, in unione a tutti coloro che col sacrificio della propria vita hanno reso la suprema testimonianza di amore.

42. Sono autentici ministri e il loro servizio è veramente dono, dovere e missione per la pace e per la difesa degli inalienabili diritti dell’uomo: nella loro vita si realizza la beatitudine degli “operatori di pace”, chiamati figli di Dio [34].

43. Il loro servizio deve essere vissuto come vocazione e missione; se altri motivi fossero stati all’origine della loro scelta militare, la Chiesa li dovrà aiutare a scoprire le motivazioni cristiane del loro servizio e l’utilità della loro missione per i fratelli.

44. Nutrano pensieri di pace e siano animati da carità cristiana, anche qualora fosse necessario da parte loro il ricorso alla forza per una giusta e doverosa difesa degli innocenti, degli indifesi, degli inermi, della società e della Patria che in loro ripongono fiducia e speranza.

45. Il militare cristiano ha oggi la possibilità di incontrare fratelli di ogni estrazione sociale, culturale e religiosa e addirittura - nelle missioni internazionali di pace - di ogni nazionalità, e di condividere con loro la vita di ogni giorno. Verso tutti dovrà distinguersi, non soltanto per l’integrità della propria vita e per l’accoglienza incondizionata verso tutti, ma anche per la chiarezza delle ragioni morali che lo ispirano nella sua professione.

46. Con gli atei avrà atteggiamento di rispetto e di attesa, come verso coloro che non hanno ancora avuto il dono della fede o non lo hanno voluto accettare: Dio è padre di tutti e tutti ama.

47. Ai non cristiani si avvicinerà con uguale rispetto, cercando di conoscere la “loro verità”, soprattutto quando siano fedeli praticanti animati da retta coscienza, ricordando sempre che non si salva nemmeno chi è in seno alla vera Chiesa solo con il corpo ma non con il cuore [35].

48. Incontrando i fratelli separati, con i quali si ha in comune la stessa fede e alcuni sacramenti, cercherà di evidenziare piú ciò che li unisce, che ciò che li divide. Rispettando le differenze, si sforzerà di vivere e compiere con loro il cammino verso l’unità: per essa, il Signore Gesú e la sua Chiesa pregano.

49. Particolare attenzione dedichino a quei fratelli che hanno abbandonato la pratica della vera fede per aderire alle sètte, oggi cosí diffuse anche in Italia. Ritengano primo dovere di carità fare luce sugli errori e, talvolta, sulle strumentalizzazioni di cui molto spesso questi nostri fratelli sono vittime. Con la testimonianza del rispetto e dell’amicizia, in spirito di dialogo tanto sincero quanto fermo, li aiutino a riscoprire le motivazioni autentiche della fede che hanno perduto.

50. Allo stesso modo dialoghino con tutti coloro che non condividono il servizio militare o, anzi, lo ritengono contrario al Vangelo. Oltre alle motivazioni opposte a quest’erronea opinione che la Chiesa Ordinariato Militare non mancherà mai di proporre a tutti, sarà il servizio disinteressato dei soldati in difesa dell’uomo a far trasparire il valore evangelico del loro servizio e della loro vita.

51. La presenza del popolo cristiano all’interno del mondo militare sia perciò qualificata dall’amore che fermenta e nobilita il servizio di tutti, testimoniando e ricordando che la forza e il coraggio, virtú tipiche del militare, raggiungono il loro apice quando si completano nella virtú cardinale della fortezza che reprime il timore, modera la temerarietà [36], sostiene la volontà del bene comune [37] e non degenera mai in violenza provocata dall’odio [38].

 

[1] Cfr. Vaticano II, Lumen gentium, 4.

[2] Cfr. S. Congregazione Concistoriale, Istruzione Sollemne semper del 23.04.1951; Legge 01/06/1961, n. 512.

[3] Cfr. Giovanni Paolo II, Spirituali Militum Curae, 1.

[4] Cfr. G. Ghirlanda, De differentia praelaturam personalem inter et Ordinariatum Militarem seu Castrensem, “Periodica” 76 (1987), pp. 219-251.

[5] Cfr. Giovanni Paolo II, Evangelium Vitae.

[6] La Bibbia afferma questo concetto fondamentale specialmente in rapporto alla redenzione operata da Cristo: Cfr.: Rm. 3,25; 1Gv. 2,2; 1Gv. 4,10.

[7] Cfr. Mt.5,13.14; 13,33; Lc. 13,20-ss.

[8] S. Congregazione per i Vescovi, Ecclesiae imago, 98; 200.

[9] Cfr. Codex Iuris Canonici, 476; 479.

[10] Cfr. Ibid., 131, §2.

[11] Cfr. Ibid., 480.

[12] Cfr. Ibid., 65.

[13] Cfr. Ibid., 477, §1.

[14] Cfr. Modifiche alla Legge 01/06/1961, n. 512.

[15] S. Benedetto, La Regola, 3.

[16] Cfr. E. Miracoli, La legislazione sul Sinodo Diocesano: il Vaticano II nella Chiesa particolare, “Quaderni di Diritto Ecclesiale” 1, (1991), p. 30.

[17] Cfr. Dortel-Claudot, L’èveque et la synodalitè dans le nouveau Code de Droit Canonique, “Nouvelle Revue Thèologique”, 106 (1984) pp. 664-ss.

[18] S. Congregazione per i Vescovi, Ecclesiae imago, 162-165.

[19] Cfr. Codex Iuris Canonici, 460-468.

[20] Liturgia Romana, Caerimoniale Episcoporum, 1069-1176.

[21] Cfr. G. Mani, Regolamento del Sinodo della Chiesa Militare d’Italia, Roma 1997.

[22] Cfr. Codex Iuris Canonici, 473, §4.

[23] Vaticano II, Presbyterorum ordinis, 2.

[24] Cfr. G. Ghirlanda, Consiglio Pastorale Diocesano in Nuovo dizionario di Diritto canonico, Milano 1993.

[25] Cfr. Idem.

[26] Cfr. Codex Iuris Canonici, 502.

[27] Cfr. Ibid., 421.

[28] Cfr. Ibid., 501, §2.

[29] Cfr. Ibid., 833,§4.

[30] Cfr. Ibid., 382, 404.

[31] Cfr. Giovanni Paolo II, Spirituali Militum Curae, X, 3; Statuti dell’Ordinariato Militare, I,8.

[32] Vaticano II, Gaudium et spes, 79.

[33] Cfr. Rm. 12,1.

[34] Cfr. Mt. 5,9.

[35] Cfr. Vaticano II, Lumen gentium, 14.

[36] Cfr. S. Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae, II-II, q.123, aa. 2-3.

[37] Cfr. Ibid., aa. 4-5.

[38] Cfr. infra, 580-ss.

 

 

 

I Pastori

L’Arcivescovo Ordinario Militare

52. L’Arcivescovo Ordinario Militare, in virtú dell’Ordinazione Episcopale e con la missione canonica a lui conferita dal Sommo Pontefice, in comunione con il Vicario di Cristo e insieme al Collegio dei Vescovi, è costituito pastore della Chiesa Ordinariato Militare ed ha responsabilità di governarla con piena potestà. È principio visibile e fondamento dell’unità del suo Presbiterio e dei suoi fedeli, e la rappresenta nel vincolo della pace e dell’amore [39]. Egli è nominato liberamente dal Sommo Pontefice [40]; gode dei diritti ed è tenuto agli obblighi dei vescovi diocesani, fa parte della Conferenza Episcopale Italiana [41]; è in stretta comunione con le altre Chiese e con gli Ordinariati Militari delle altre Nazioni [42]. All’Arcivescovo Ordinario Militare compete - nella Chiesa a lui affidata - tutta la potestà ordinaria, propria e immediata, richiesta per l’esercizio del suo ufficio pastorale [43], nei termini stabiliti dal Codice di Diritto Canonico.

53. La sua giurisdizione si estende a tutti i fedeli (sacerdoti, membri di Istituti religiosi o di Società di vita apostolica, laici) che a diverso titolo appartengono alle Forze Armate o che esercitano in modo permanente un servizio loro affidato dall’Ordinario Militare.

54. Detta giurisdizione è:

personale, perché si esercita sulle persone che fanno parte dell’Ordinariato, anche se fuori dei confini nazionali;

ordinaria, perché annessa all’ufficio stesso;

propria, ma cumulativa con la giurisdizione dei vescovi diocesani.

55. I vescovi diocesani e i parroci locali esercitano, per diritto proprio, la loro giurisdizione su persone e su luoghi militari solo come supplenza, quando cioè mancano l’Ordinario Militare o i suoi cappellani [44] o i sacerdoti collaboratori. Le distinzioni di giurisdizione non siano mai causa di estraneità o indifferenza, ma regnino sempre, tra la Chiesa Ordinariato Militare e le altre Chiese particolari, la carità di Cristo e lo Spirito Santo che riunisce tutti in un solo corpo [45].

56. È proprio dell’Arcivescovo agire nella sua Chiesa in persona Christi, unicamente interessato a renderla immagine del Regno di Dio e, sotto la guida dello Spirito Santo, a condurla nelle vie del Signore. Perciò, si richiede all’Arcivescovo una profonda intimità con il Signore attraverso la preghiera, perché possa essere illuminato in tutta la sua missione a guida del popolo cristiano.

57. Inoltre, l’Arcivescovo è tenuto a servire la sua Chiesa con l’esempio ed è guida ai suoi sacerdoti con la sua operosità apostolica. Ha il compito di annunciare il Vangelo, santificare il popolo cristiano, guidandolo sulla via della salvezza.

58. Per la sua Chiesa, l’Arcivescovo è il primo annunciatore del Vangelo e testimone della risurrezione di Gesú. Dallo stesso Signore ha ricevuto la missione di evangelizzare quando gli è stato detto: “Ricevi il Vangelo e annuncia la parola di Dio con grandezza d’animo e dottrina” [46]; a lui promise di farlo “fideliter et indesinenter” [47].

59. L’evangelizzazione è il principale compito dell’Arcivescovo al quale adempie sia personalmente che attraverso i suoi collaboratori: cappellani militari, diaconi e catechisti, assumendosi la responsabilità che tutto avvenga “custodendo puro e integro il deposito della fede, secondo la tradizione che nella Chiesa si è conservata costante e universale fin dai tempi degli apostoli” [48].

60. L’Arcivescovo curerà perciò ogni forma di evangelizzazione, senza lasciar nulla d’intentato perché Cristo sia annunciato attraverso la predicazione, la catechesi, lo studio e tutto ciò che suggeriranno lo Spirito Santo e la passione per il Vangelo.

61. Disporrà che nella sua Chiesa il Vangelo sia sempre onorato, diventi il criterio di giudizio, il punto di riferimento a cui guardare e sia per tutti “un’energia operante di Dio per apportare la salvezza a chiunque crede” [49].

62. All’Arcivescovo spetta il compito di santificare il suo popolo “perseverando nella preghiera a Dio onnipotente per il bene del suo popolo santo, ed esercitando in modo irreprensibile il sommo sacerdozio” [50].

63. Nell’Arcivescovo, circondato dai suoi presbiteri, è presente lo stesso Signore Gesú che predica e santifica il suo popolo [51]. L’Arcivescovo ricordi sempre che esprime questa presenza quando celebra e presiede le liturgie, specialmente quelle piú solenni, prima fra tutte la celebrazione della Messa Crismale nella Chiesa principale di santa Caterina a Magnanapoli in Roma.

64. L’Arcivescovo provveda inoltre che ai fedeli sia sempre assicurata l’amministrazione dei sacramenti e la guida nella preghiera attraverso i cappellani militari o altri sacerdoti o, nei limiti delle loro rispettive competenze, attraverso i diaconi e i ministri straordinari dell’Eucaristia.

65. L’Arcivescovo non faccia mancare gli orientamenti necessari perché i sacerdoti e i fedeli camminino sulle orme di Cristo nella via della salvezza anzi, come il Buon Pastore, preceda il suo gregge indicando la strada.

66. Con paterna carità l’Arcivescovo ami tutti coloro che gli sono affidati, primi fra tutti i sacerdoti e i diaconi, suoi piú immediati collaboratori nel servizio alla Chiesa e ai fratelli. Sia sempre accogliente con i poveri e i bisognosi e, come il Buon Pastore, vada in cerca della pecora smarrita per ricondurla all’unico ovile di Cristo.

67. Per i cappellani militari sarà padre, fratello e amico, interessandosi della loro situazione spirituale e materiale. Riserverà specialissima sollecitudine verso i sacerdoti malati, anziani, lontani dai loro familiari o in particolari difficoltà materiali e spirituali. Con responsabilità farà giungere ai cappellani la sua approvazione e, con carità, le correzioni necessarie, sempre consapevole del legame sacramentale che li unisce alla sua persona.

68. Oltre all’attenzione ai singoli cappellani, curerà che si sviluppi e cresca un’autentica vita di Presbiterio, famiglia spirituale dei sacerdoti dove, in fraterna amicizia, ogni sacerdote possa essere sostenuto ed edificato per una vita serena ed un servizio sempre piú qualificato.

69. L’Arcivescovo, attraverso la Visita Pastorale, conosca i suoi fedeli e, interessandosi anche alle condizioni materiali, si faccia portavoce delle loro necessità.

70. L’Ordinario Militare, dinanzi allo Stato, è il primo responsabile “dell’alta direzione del servizio assistenza spirituale alle Forze Armate” [52]. Esercita tale funzione nel rispetto e nella tutela dei principi della libertà di religione, secondo le norme concordatarie e statali.

 

 

Il presbiterio

71. Il Presbiterio della Chiesa Ordinariato Militare costituisce una sola famiglia sacerdotale di cui l’Ordinario Militare è come il padre [53]. Esso è composto dai sacerdoti - sia diocesani che religiosi - che nella Chiesa Ordinariato Militare svolgono un servizio pastorale stabile. Insieme formano un unico Ordine Presbiterale [54] in forza del Sacramento e della comunione gerarchica con l’Ordine Episcopale [55].

72. Tutti i cappellani militari, pur compiendo il servizio pastorale in diversità di ambienti, di armi, di specialità, formano un unico Presbiterio fondato sulla fraternità di sacerdoti [56] e sull’unità della missione [57].

73. Il Presbiterio della nostra diocesi è articolato in Zone Pastorali nelle quali è presente la Chiesa Ordinariato Militare. Le distinzioni zonali sono finalizzate a una maggiore conoscenza e comunione tra i cappellani e ad una piú immediata applicazione ed efficacia delle loro iniziative pastorali, cui si affianca l’impegno dei laici.

74. Il Presbiterio di zona è presieduto da un Capo Servizio nominato dall’Ordinario Militare. Tutti i cappellani militari, quando convocati dal Capo Servizio delle rispettive zone di appartenenza, sono tenuti a partecipare alle riunioni presbiterali.

75. Il Capo Servizio serve la comunione presbiterale zonale curando che le direttive pastorali per la Chiesa Ordinariato Militare abbiano accoglienza ed attuazione nel suo ambito di competenza. Pianifica incontri periodici con i cappellani della zona per organizzare l’attività pastorale. Informa l’Ordinario di tutto quanto può riguardare ogni parrocchia militare o avere particolare rilevanza per il servizio pastorale.

76. Visita i cappellani e si accerta che non manchino i mezzi necessari per la pastorale. Condivide la responsabilità pastorale dei suoi cappellani, si preoccupa della loro formazione permanente e prende a cuore la persona e il ministero di ognuno. Vigila che da parte dei cappellani vi sia osservanza dei doveri ecclesiastici a norma del Codice di Diritto Canonico.

77. L’Ordinario Militare può rimuovere liberamente o per giusta causa, secondo la sua prudente decisione, il Capo Servizio di zona [58].

 

 

Il cappellano militare

78. Il cappellano militare è un sacerdote cattolico che, fornito delle necessarie qualità per svolgere proficuamente questa speciale missione pastorale, esercita il suo ministero in forma stabile sotto la giurisdizione dell’Ordinario Militare.

79. Il cappellano militare può essere incardinato nella Chiesa Ordinariato Militare o in altra diocesi o, se sacerdote religioso, nell’Ordine, nella Congregazione, nell’Istituto di appartenenza senza che ciò costituisca pregiudizio alcuno tra gli stessi cappellani.

80. Il sacerdote cattolico idoneo a compiere il servizio di cappellano militare è nominato con decreto del Presidente della Repubblica, previo nulla osta del proprio Ordinario (vescovo diocesano o superiore maggiore) su designazione dell’Ordinario Militare e proposta del Ministro della Difesa.

81. È competenza propria dell’Ordinario Militare l’istituzione ecclesiastica di cappellano militare e il conferimento della missione canonica nella sua Chiesa.

82. La missione canonica affidata dall’Arcivescovo Ordinario Militare ad un sacerdote conferisce carattere di stabilità, fatto salvo quanto disposto dalle leggi dello Stato. Al tempo stesso, considerate le esigenze pastorali a volte delicatissime e urgenti della Chiesa Ordinariato Militare, è richiesta a tutti pienissima e generosa accettazione di mobilità. Di norma, il cappellano non superi cinque anni di azione pastorale nello stesso reparto militare.

83. Tutti i cappellani militari, sia sacerdoti diocesani incardinati nell’Ordinariato o in altre diocesi, che sacerdoti religiosi vincolati dai Voti, durante il loro servizio di cappellani militari dipendono dall’Ordinario Militare.

84. I sacerdoti cappellani militari incardinati nella Chiesa Ordinariato Militare, anche quando collocati in congedo conservano detta dipendenza, a meno che non ottengano l’incardinazione in altra diocesi.

85. Il cappellano militare gode dei diritti ed è tenuto ad osservare i doveri dei parroci, cumulativamente con il parroco del luogo.

86. Con legge dello Stato è assicurato ai cappellani militari uno stato giuridico che tutela ed onora le loro persone, il ruolo e la dignità di sacerdoti.

87. Il cappellano militare abbia sempre presente di essere sacerdote di Cristo e di essere assimilato di rango ai diversi gradi degli Ufficiali: ricordi che questa sua seconda condizione è in funzione dell’annuncio e “a causa del Vangelo”.

 

 

I religiosi

88. Nella Chiesa Ordinariato Militare sono presenti i religiosi come cappellani militari e le religiose, in special modo, per l’assistenza negli ospedali militari. I religiosi e le religiose arricchiscono di doni e carismi la nostra Chiesa ed il servizio di assistenza spirituale. Le religiose sappiano di essere attese ed accolte quale presenza evangelica di carità nei luoghi di cura. Tutti perseverino nella fedeltà alla vocazione e al carisma del proprio Istituto mantenendo stretti legami e validi rapporti con i loro superiori. L’Ordinariato Militare informa i Superiori Maggiori dell’operato dei religiosi e ne apprezza il loro apostolato.

 

 

I diaconi permanenti

89. L’Ordinariato Militare, consapevole che a livello teologico ed ecclesiale il diaconato permanente costituisce una preziosa completezza sacramentale, ricerca ed apprezza le vocazioni al diaconato permanente; cura il loro discernimento e formazione; compie approfondimenti e analisi prima di decidere nel merito alla preparazione, all’incardinazione e al loro inserimento nella Chiesa Ordinariato Militare, per un’adeguata pastorale.

 

 

I ministeri laicali istituiti

90. Ai militari che lo desiderano e ne sono degni, la Chiesa Ordinariato Militare, dopo adeguata preparazione, è disposta a conferire i ministeri del lettorato e dell’accolitato, o l’incarico di ministro straordinario dell’Eucaristia. La Chiesa conferisce questi ministeri per potenziare il suo impegno nell’evangelizzazione e nella catechesi, nella liturgia e nella carità, nel servizio e nell’edificazione del Corpo Mistico di Cristo [59].

91. Questo servizio diviene particolarmente utile quando non sia possibile garantire la presenza del cappellano militare per presiedere la preghiera, per celebrare la liturgia della Parola, per amministrare e custodire l’Eucaristia. È importante infatti, che in ogni realtà militare in cui è presente un rilevante numero di uomini, sia custodita l’Eucaristia.

 

 

Maria, modello di santità

92. In questa sua esperienza di grazia, la Chiesa Ordinariato Militare guarda a Maria quale suo modello di santità: venera lei, vergine e Madre di Dio, concepita senza peccato e piena di grazia. Nella Comunione dei santi, venerati con lei come nostri intercessori, contempla in Maria assunta la nostra madre, la madre della Chiesa, la regina della pace.

93. Questo Sinodo ha iniziato il suo cammino considerando la propria identità di Chiesa originata dalla Trinità; ora, in comunione con tutta la Chiesa, invoca l’intercessione della Madre di Dio e madre degli uomini affinché “tutte le famiglie dei popoli, in pace e in concordia, siano felicemente riunite in un solo popolo di Dio, a gloria della santissima e indivisibile Trinità” [60].

 

 

[39] Cfr. Vaticano II, Lumen gentium, 23.

[40] Cfr. Giovanni Paolo II, Spirituali Militum Curae, II, 2.

[41] Cfr. Ibid., III.

[42] Cfr. Ibid., II,4.

[43] Cfr. Codex Iuris Canonici, 381.

[44] Cfr. Giovanni Paolo II, Spirituali Militum Curae, II, 2.

[45] Cfr. Messale Romano, Preghiera Eucaristica III.

[46] Liturgia Romana, De Ordinatione Episcopi, 29.

[47] Ibid., 19.

[48] Idem, 19.

[49] Rm. 1,16.

[50] Liturgia Romana, De Ordinatione Episcopi, 26.

[51] Ibid., 18.

[52] Legge 01/06/1961, n. 512, art. 2.

[53] Cfr. Vaticano II, Christus Dominus, 28.

[54] Cfr. Vaticano II, Presbyterorum ordinis, 1.

[55] Cfr. Giovanni Paolo II, Pastores dabo vobis, 17.

[56] Cfr. Vaticano II, Lumen gentium, 41.

[57] Cfr. Vaticano II, Presbyterorum ordinis, 1; 2; 10.

[58] Cfr. Codex Iuris Canonici, 554.

[59] Cfr. C.E.I., Evangelizzazione e Ministeri, Roma, 1977.

[60] Vaticano II, Lumen gentium, 69.

 

 

 

L’evangelizzazione

1. La Chiesa Ordinariato Militare, consapevole che il Regno di Dio le si è fatto piú vicino attraverso la grazia dell’esperienza sinodale [1], sente di essere chiamata a perfetta conversione accogliendo con fede e con totale disponibilità il Vangelo efficace e potente [2], “potenza di Dio per la salvezza” [3], “capace di condurre alla fede” [4], di operare liberazione e salvezza, di creare comunità.

2. Essa ha coscienza che per iniziativa divina è consacrata al servizio del Vangelo [5] a lei affidato [6] per portarlo, quale parola vivente, ai militari, ai loro familiari e in tutte le caserme: adempiendo questa missione rende culto gradito a Dio [7].

3. Comprende, inoltre, che Vangelo e apostolato sono legati da intima relazione [8]: si impegna perciò, a fare tutto per il Vangelo [9] considerando l’apostolato non solo come concetto portante della propria dottrina ed ecclesiologia, ma come essenziale alla sua missione evangelizzatrice.

4. La nostra Chiesa, fedele alla missione, sente il dovere di evangelizzare, e “guai se non lo facesse” [10]. Affinché possa compiere questo servizio, chiama tutti ad essere comunità evangelizzatrice e con discernimento considera le componenti essenziali dell’evangelizzazione:

- la pre-evangelizzazione,

- il messaggio e la sua efficacia,

- il soggetto evangelizzante,

- l’evangelizzazione,

- nuova evangelizzazione e catechesi,

- Chiesa ordinariato militare profetica.

 

 

La pre-evangelizzazione

5. La Chiesa Ordinariato Militare, consapevole che la Parola di Dio è definitivamente vittoriosa, prende atto con serenità ed impegno della condizione di scristianizzazione del nostro popolo, verificabile in special modo attraverso i numerosi giovani militari che da ogni parte d’Italia giungono nelle caserme.

6. Si riconosce perciò “in stato di missione” e, affinché la sua opera evangelizzatrice sia efficace, compie la scelta necessaria e prioritaria di una pre-evangelizzazione per suscitare, nella potenza di Dio, la fede che verrà alimentata con l’evangelizzazione.

7. D’altra parte, se consideriamo come paradigma di ogni evangelizzazione la parabola del seminatore evangelico [11], risulta evidente come la maggior fatica del seminatore non sia quella di spargere il seme della Parola, ma quella di preparare il terreno dei cuori.

8. La pre-evangelizzazione non è dunque, dimensione accessoria dell’evangelizzazione, legata a contingenze storiche: è dimensione essenziale. Non è mai esistita né mai esisterà nella Chiesa un’evangelizzazione efficace che non sia preceduta ed accompagnata da un inserimento, graduale e rispettoso, negli usi e costumi dei destinatari dell’annuncio che il Regno di Dio si è fatto vicino all’uomo e, soprattutto, non sia accompagnata da opere di carità che lo rendano credibile: “Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà messo dinanzi, curate i malati che vi si trovano, e dite loro: Si è avvicinato a voi il Regno di Dio” [12].

9. La Chiesa Ordinariato Militare propone come elementi essenziali di pre-evangelizzazione la sua presenza e testimonianza evangelica di Chiesa che prepara e opera per l’evangelizzazione. Infatti, “il messaggio della salvezza, per manifestare dinanzi agli uomini la sua forza di verità e di irradiamento, deve essere autenticato dalla testimonianza di vita dei cristiani” [13]. E ancora: “La testimonianza della vita cristiana e le opere buone compiute con spirito soprannaturale hanno la forza di attirare gli uomini alla fede e a Dio” [14]. La nostra Chiesa si impegna perciò ad offrire l’esempio, la trasparenza e la credibilità di vita cristiana specialmente nella carità e nella povertà, nel rispetto della vita e della dignità umana, nell’affermazione della giustizia, nell’amore ai poveri, nell’impegno per la pace. Sente anche necessari l’attenzione, l’ascolto, il dialogo e quindi, la conoscenza delle persone, degli ambienti e della loro cultura, la condivisione e le opere di misericordia.

10. Per quanto possibile, la Chiesa Ordinariato Militare si propone di dedicare intelligente, prudente e rispettosa attenzione alla cultura militare, ai metodi e sistemi didattici, ai principi e contenuti ispiratori - filosofici e ideologici, teorici e pratici - della dottrina e della prassi militare, nei molteplici livelli: addestrativi, operativi, di Scuole specialistiche, di Accademie, di Scuole di Applicazione, di Scuole di Guerra, di Centri Alti Studi per la Difesa.

11. La Chiesa Ordinariato Militare, attraverso una piú profonda conoscenza della realtà in cui opera e sempre rispettosa per le scelte sul piano personale, vuole adempiere fedelmente il compito istituzionale del suo servizio alle Forze Armate, “istituito per integrare, secondo i principi della religione cattolica, la formazione spirituale delle Forze Armate stesse” [15]: sono principi di dignità e promozione umana, di verità e di libertà, di giustizia e di solidarietà, di carità e di pace. Sono invocati dalla coscienza umana a livello universale, trovano risposta nella dottrina cattolica e nella sua attenzione all’uomo.

12. Pur conoscendo difficoltà e tenendo presente esperienze passate, questo Sinodo, con una precisa lettura delle Norme di principio [16] e del Regolamento di disciplina militare [17], vede possibile ed auspica da parte delle competenti autorità l’inserimento durante l’orario di servizio, di corsi promozionali umani ed etico formativi, unitamente ad altre possibili e nuove iniziative.

 

 

Il messaggio e la sua efficacia

13. Dio non ha mai cessato di parlare all’uomo e di far giungere a lui il suo messaggio: anche nella tragedia del peccato originale, il primo lieto annunzio di salvezza, il “protovangelo”, assicurò la vittoria definitiva sul demonio e sul peccato [18].

14. “Dio, che aveva già parlato nei tempi antichi molte volte e in diversi modi ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio” [19], che ha inviato per noi “Salvatore e Redentore, fatto uomo per opera dello Spirito Santo e nato dalla Vergine Maria” [20]. Egli è il Verbo eterno del Padre [21] e sua Parola vivente; Egli stesso, Figlio di Dio, è Vangelo [22]. La sua nascita è annunziata come Vangelo [23].

15. I contenuti dell’annunzio del Vangelo sono da Gesú stesso enunciati nella sinagoga di Nazareth quando rivela, per la prima volta, la sua missione: gioia per i poveri, liberazione per i prigionieri, luce per i ciechi, libertà per gli oppressi, tempi nuovi di misericordia e di grazia [24].

16. All’inizio del suo ministero in Galilea, Gesú predica il Vangelo di Dio: “Il tempo è compiuto e il Regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al Vangelo” [25]. Gesú, con i suoi prodigi, manifesta presente il Regno di Dio [26].

17. L’evangelizzazione apostolica ripropone gli stessi contenuti della predicazione compiuta da Gesú facendo della sua morte e risurrezione e dell’esperienza che la Chiesa ha di questo evento, il cuore di tutto l’annunzio. Gli Apostoli lo vedono risorto, lo toccano, dialogano e mangiano con lui [27].

18. Con la potenza dello Spirito Santo, il giorno stesso di Pentecoste, la risurrezione di Cristo diviene l’argomento principale della predicazione di Pietro [28]; la gioia di questo evento viene ugualmente predicata e testimoniata dagli altri Apostoli.

19. Alla luce della risurrezione gli Apostoli e le comunità ecclesiali riconsiderano tutta la rivelazione e sperimentano l’efficacia di quanto vedono e annunziano: l’adempimento in Cristo di tutte le promesse divine [29]; la forza di Dio per la salvezza [30]; la grazia del perdono e il dono dello Spirito Santo [31]; la pace per mezzo di Cristo [32]; la sua insondabile ricchezza [33]; il Vangelo che giunge ovunque, porta frutto e si sviluppa [34]; la forza di salvezza nella morte e risurrezione di Cristo [35]. Il Vangelo diviene cosí rivelazione di un grande mistero: l’amore di Dio ci rende figli adottivi e redenti [36], con grazia sovrabbondante, nella signoria e sovranità di Cristo, capo di tutta la creazione [37].

20. La nostra Chiesa si pone nella vitale e mai interrotta Tradizione cristiana: per evangelizzare i suoi fedeli trae da questa fonte e fa proprie la sua spiritualità e dottrina.

 

 

Il soggetto evangelizzante

21. La Chiesa Ordinariato Militare è soggetto evangelizzante. L’evangelizzazione costituisce la sua identità piú profonda, la sua vocazione e missione essenziale. Essa esiste per evangelizzare, vale a dire per predicare e insegnare, essere il canale del dono della grazia, riconciliare i peccatori con Dio, perpetuare il Sacrificio del Cristo. [38]

22. La Chiesa Ordinariato Militare compie questo mandato nella consapevolezza che lo Spirito Santo è il principio ispiratore sia dell’azione evangelizzatrice che di quanti sono chiamati a compierla [39].

23. La nostra Chiesa ha coscienza di adempiere a questo dovere in ogni sua azione: per questo sente di essere chiamata ad attivare tutti i carismi e i ministeri di cui è dotata dallo Spirito secondo la loro specificità ed organicità [40]. Essa è impegnata affinché in special modo i militari e le persone che vivono nella loro casa ricevano l’annuncio evangelico e diventino comunità di salvezza, resa a sua volta evangelizzatrice con l’abbondanza dei carismi, dei doni e dei ministeri di cui è dotata dallo Spirito Santo. Questo Sinodo auspica un crescente numero di famiglie disposte a realizzare un simile ideale.

24. Primo responsabile dell’evangelizzazione nella nostra Chiesa è l’Arcivescovo Ordinario Militare, in quanto primo testimone della risurrezione di Cristo e del suo Vangelo.

25. Per suo mandato i cappellani militari evangelizzano con spirito di servizio e con autorità, non a titolo personale, ma come ministri di Cristo e in nome della Chiesa. Arcivescovo e cappellani sanno che “prima loro missione è annunziare la parola di salvezza seguendo il mandato del Signore: ‘Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura’ [41], e in tal modo costituire e incrementare il Popolo di Dio” [42].

26. I cappellani militari, anche a costo di sacrifici, siano predicatori fedeli e generosi della Parola di Dio, con intelligenza ai segni dei tempi, con amore soprannaturale verso tutti, specialmente verso i giovani militari. “Diano il primato alla testimonianza della vita che fa scoprire la potenza dell’amore di Dio e rende persuasiva la sua Parola” [43].

27. Questa vocazione e missione costituiscono “un tratto della nostra identità che nessun dubbio dovrebbe mai incrinare, nessuna obiezione mai eclissare: come pastori siamo stati scelti dalla misericordia del Sovrano Pastore [44], nonostante la nostra insufficienza, per proclamare con autorità la Parola di Dio, per radunare il Popolo di Dio, per animare incessantemente questa comunità raccolta attorno al Cristo secondo la sua piú intima vocazione” [45].

28. Strettamente collegata all’azione evangelizzatrice dell’Arcivescovo Ordinario Militare, dei cappellani, dei sacerdoti collaboratori e dei diaconi è la presenza testimoniante ed efficace dei religiosi e delle religiose, parte eletta della nostra Chiesa [46]: con i carismi propri della loro vita religiosa siano tra noi esempio e fermento di fede.

29. Degna di gratitudine e di lode è la particolare missione evangelizzatrice ed umanitaria delle suore, dei medici, delle Infermiere Volontarie della Croce Rossa Italiana negli ospedali militari, e dell’Associazione PASFA.

30. Nella Chiesa, ogni cristiano - non solo sacerdote, diacono o religioso - ma anche cristiano laico militare, è soggetto attivo della missione evangelizzatrice [47]: evangelizzato e reso idoneo a questa missione, a sua volta evangelizza. “Qui è la prova della verità, la pietra di paragone dell’evangelizzazione: è impensabile che un uomo abbia accolto la Parola e si sia dato al Regno, senza diventare uno che a sua volta testimonia e annunzia” [48].

31. L’esperienza di vita militare che implica, per quasi tutte le ore del giorno, condivisione - specialmente da parte dei giovani, degli effettivi e del quadro permanente - presenta per ogni militare cristiano una preziosa occasione per trasmettere il Vangelo di Cristo anche ai fratelli piú lontani. In tal modo, i militari diventano apostoli di altri militari, secondo l’insegnamento della Chiesa [49]. Particolarmente in occasione del suo primo Sinodo, la nostra Chiesa li sostiene nella loro opera, li loda e benedice, fa affidamento sulla loro sempre crescente collaborazione.

32. Tali evangelizzatori, con l’amicizia - e piú ancora con la forza della loro fede - spesso avvicinano alla Chiesa e al cappellano i propri compagni, a volte non ancora battezzati o, addirittura, non credenti.

33. Direttamente o su segnalazione dei cappellani militari, l’Arcivescovo Ordinario Militare può conferire il ministero del lettorato e affida l’incarico di catechista sia a militari che a civili idonei.

34. Tutti gli evangelizzatori ordinati, istituiti o di fatto, ricerchino la verità e, posseduti dalla Parola di Dio, adempiano a questo difficile ministero confidando nella grazia del Signore e preparandosi con la preghiera, con lo studio e con le buone opere.

35. La santità personale resti la meta obbligatoria di ogni evangelizzatore. Ciò nonostante, Dio può agire anche per opera di uno strumento indegno, in quanto è sempre Dio che opera e non la santità soggettiva di chi annuncia, per quanto grande essa sia [50].

36. Con fedeltà, sempre e dovunque si predichi la totalità dell’annuncio cristiano, anche se non ancora realizzato nella propria vita: la santità soggettiva del predicatore rimane sempre subordinata alla santità oggettiva del messaggio [51].

37. Non manchi mai il conforto di sentire Cristo presente nella missione evangelizzatrice; infatti, quando i suoi inviati annunziano il Vangelo [52] e fanno tutto per il Vangelo, [53] sentono di essere sostenuti “con potenza e con Spirito Santo” [54].

 

 

[1] Cfr. Mc. 1,14.

[2] Cfr. Eb. 4,12.

[3] Rm. 1,16.

[4] At. 15,7.

[5] Cfr. Rm. 1,1.

[6] Cfr. 1 Ts. 2,4.

[7] Cfr. Rm.1,9.

[8] Cfr. 2 Cor. 10-13; Gal. 2,7.

[9] Cfr. 1 Cor. 9,22.

[10] Cfr. 1 Cor. 9,16.

[11] Mt. 13, 1-23.

[12] Lc. 10, 8-9.

[13] Catechismo della Chiesa Cattolica, 2044.

[14] Vaticano II, Apostolicam actuositatem, 6.

[15] Legge 01/06/1961, n. 512, art. 1.

[16] Cfr. Legge 11/07/1978, n. 382; Norme di principio sulla disciplina militare, art. 10.

[17] Cfr. Regolamento di disciplina militare, art. 35.

[18] Cfr. Gen. 3,15.

[19] Eb. 1,1.

[20] Cfr. Liturgia Romana, Preghiera Eucaristica II; Credo Niceno-Costantinopolitano.

[21] Cfr. Gv. 1,1.

[22] Cfr. Mc. 1,1; Cfr. G. Friedrich, Evangelo nel Nuovo Testamento, Brescia 1993.

[23] Cfr. Lc. 2,10.

[24] Cfr. Lc. 4,18-19.

[25] Mc. 1,15.

[26] Cfr. Mt. 12,28.

[27] Cfr. Lc. 24,29; 36-40; Gv. 20, 19-29; 21,9-13.

[28] Cfr. At. 3,14-ss.

[29] Cfr. At. 13,32.

[30] Cfr. Rm. 1,16.

[31] Cfr. At. 2,38; 3,36; 10,43; 13,38; 17,30.

[32] Cfr. At. 10,36.

[33] Cfr. Ef. 3,8.

[34] Cfr. Col. 1,6.

[35] Cfr. 1 Cor. 15, 1-5.

[36] Cfr. Ef. 1, 5-8.

[37] Cfr. Ef. 1,10.

[38] Cfr. Paolo VI, Evangelii Nuntiandi, 14.

[39] Cfr. Giovanni Paolo II, Lettera enciclica Redemptoris missio, 21; Catechismo della Chiesa Cattolica, 852.

[40] C.E.I., Orientamenti e itinerari di formazione dei catechisti, Roma 1991, 1.

[41] Mc.16,15.

[42] Vaticano II, Prebiterorum ordinis, 4.

[43] Congregazione per il Clero, Direttorio per il ministero e la vita dei presbiteri, Roma 1994, 45.

[44] Cfr. 1 Pt. 5, 4.

[45] Paolo VI, Evangelii Nuntiandi, 68.

[46] Cfr. Vaticano II, Christus Dominus, 33-35; Ad gentes, 18, 40; Codex Iuris Canonici, 607; Catechismo della Chiesa Cattolica, 927.

[47] C.E.I., Direttorio Catechistico Generale, Roma 1971, 475

[48] Paolo VI, Evangelii Nuntiandi, 24.

[49] Cfr. Vaticano II, Lumen gentium, 35; Catechismo della Chiesa Cattolica, 905.

[50] Cfr. J. Ratzinger, Dogma e predicazione, Brescia 1974, p. 53.

[51] Cfr. Idem.

[52] Cfr. Mc. 8, 35.

[53] Cfr. 1 Cor. 8,23.

[54] 1 Tess. 1,5.

 

 

 

L’evangelizzazione

38. Questo Sinodo riconosce ed apprezza l’azione evangelizzatrice che moltissimi cappellani militari e semplici fedeli hanno compiuto, in guerra o in pace, come ministri e apostoli di Cristo.

39. Affinché questo divino mandato sia adempiuto sempre piú efficacemente, la Chiesa Ordinariato Militare, nella grazia di questo suo cammino sinodale, intende rileggere, con riferimento alla realtà militare, la Parola di Dio; verificare l’efficacia della propria azione e organizzare una nuova evangelizzazione.

40. I militari sono, insieme a Gesú, protagonisti di alcuni avvenimenti evangelici: Gesú incontra un centurione, esaudisce la sua preghiera e loda la sua fede [55]; ai piedi della croce, il centurione lo riconosce e lo proclama Figlio di Dio [56]. Questi avvenimenti hanno però come protagonista una singola persona. L’unica testimonianza biblica di una prima comunità militare cristiana la troviamo negli Atti degli Apostoli ai capitoli 10-11.

41. Il luogo biblico che la nostra Chiesa avverte quasi fondante la sua missione è l’evangelizzazione che Pietro compie nella casa del centurione Cornelio e, nella luce della rivelazione accolta con fede e docilità, lo indica quale modello di militare ben disposto ad accogliere e a vivere il Vangelo.

42. Egli, “pio e timorato di Dio” [57], ripudia l’idolatria; cerca Dio con cuore sincero vivendo alla sua presenza. Pratica la giustizia e fa elemosina; ama e tratta con pari dignità ogni persona; onora l’autorità.

43. Ricerca ed accoglie l’apostolo Pietro che gli porta l’annuncio di salvezza e, docile all’ascolto della Parola di Dio, si abbandona totalmente alla volontà divina credendo pienamente a Cristo.

44. Riceve e vive il Battesimo e, chiedendo insieme alla sua comunità familiare e militare di essere confermato nella fede e nella carità, si dispone a ricevere il dono dello Spirito Santo.

45. Anche dal comportamento di Pietro la nostra Chiesa trae alcune indicazioni per la propria opera evangelizzatrice. Egli è attento ai segni dei tempi, ascolta con docilità la voce di Dio e, vincendo i pregiudizi, si rende disponibile e accogliente verso tutti.

46. Predispone e annunzia il Vangelo e con autentica testimonianza porta a tutti l’annunzio che Gesú Cristo è risorto e in lui risorto tutta la vita risorge.

47. Sa scoprire in ogni persona l’immagine di Dio e la gloria divina che in loro risplende; apprezza i doni, i carismi e i ministeri. Rigenera nei sacramenti; riconcilia con Dio proponendo, quale modello, la vita nuova in Cristo.

48. Alla luce di queste pagine degli Atti degli Apostoli la Chiesa Ordinariato Militare si verifica, assume nuovi impegni e responsabilità crescenti. Con l’evangelizzazione si edifica e intende manifestarsi come nuova Chiesa di Pietro e di Cornelio [58].

49. Chiesa che nella propria realtà militare continua il mistero dell’incarnazione di Cristo, della sua passione, della sua crocifissione e morte per testimoniare con la forza dello Spirito e insieme a tutte le Chiese, che Cristo è davvero risorto.

50. Chiesa che unita a Pietro, al Papa e al proprio Arcivescovo sente l’urgente chiamata a rinnovarsi nella fede, nella speranza e nella carità, per compiere con potenza divina la sua missione evangelizzatrice.

 

 

La catechesi

51. “Tra catechesi ed evangelizzazione non c’è né separazione o opposizione e nemmeno un’identità pura e semplice, ma esistono stretti rapporti di integrazione e reciproca complementarità. La catechesi è un momento di tutto il processo di evangelizzazione” [59]. Insieme all’evangelizzazione, intimamente collegata ad essa, la Chiesa Ordinariato Militare sente che “la catechesi è un suo dovere sacro e un suo diritto imprescrittibile” [60]. Dovere derivante dall’imperativo che Cristo stesso ha rivolto alla sua Chiesa. Diritto, nella prospettiva teologica, perché ogni battezzato in virtú del suo Battesimo deve ricevere dalla Chiesa una formazione che gli permetta di raggiungere la pienezza della vita cristiana. Diritto, nella prospettiva dei diritti dell’uomo, perché ogni persona umana deve avere la possibilità di cercare la verità religiosa e di aderirvi liberamente [61].

52. La Chiesa Ordinariato Militare attingendo alle fonti della Rivelazione, al Magistero, alla Liturgia, propone ai militari e alle loro famiglie un’adeguata catechesi per una conoscenza sempre piú profonda del mistero di Cristo e per attuare un’esperienza intima di comunione con lui nella piena adesione alla sua Persona.

53. Questa autentica catechesi perciò, “è incessantemente richiesta per una vivida e attiva diffusione della Parola di Dio, per la conoscenza piú approfondita della persona e del messaggio salvifico di nostro Signore Gesú Cristo e consiste nell’ordinata e progressiva educazione della fede, unita ad un continuo processo di maturazione della fede medesima” [62].

54. Con fedeltà alla dottrina cattolica questo Sinodo ribadisce tre aspetti importanti che meritano, ai nostri giorni, una particolare attenzione: l’integrità del contenuto e l’equilibrio espositivo e di linguaggio; la dimensione ecumenica; la presentazione oggettiva della verità cattolica [63].

55. La catechesi sia, con fede ed intelligenza, adattata ai giovani militari e al loro servizio, evidenziandone la generosità, il sacrificio, la giustizia e la carità, la promozione della dignità umana, la pace tra le nazioni: si curi cioè di portare la forza del Vangelo nel cuore della vita militare, ministero di sicurezza e di libertà.

56. Nella sua azione pastorale il cappellano militare ricorra alla collaborazione di catechisti, autentici educatori nella fede [64], accompagnandoli nella loro completa adesione alla fede, educandoli ad una fedele comunicazione del messaggio di salvezza, sviluppando in loro l’atteggiamento spirituale di discepoli e missionari [65].

57. È auspicabile che, in tempo breve, la Chiesa Ordinariato Militare provveda a dotarsi di un suo testo di catechesi adattato alla particolare situazione della vita militare.

 

 

Destinatari dell’evangelizzazione e della catechesi: militari e loro famiglie

58. La persona umana, nella piena verità della sua esistenza - quindi in questa particolare condizione di militare - nella sua dimensione personale e sociale - nella famiglia, nella società, nella propria nazione o popolo, nell’ambito dell’intera umanità - è la prima strada che la Chiesa deve percorrere nell’adempimento della propria missione. L’uomo è la prima e fondamentale via della Chiesa, via tracciata da Cristo stesso, via che immutabilmente passa attraverso il mistero dell’incarnazione e della redenzione [66].

59. La Chiesa Ordinariato Militare sente perciò doverosa la sua presenza in ogni luogo dove il militare esercita la sua professione per essere solidale con lui. Condivide le stesse situazioni, affronta con lui le medesime difficoltà cercando di rendere la vita militare conforme alla dignità umana [67]. La nostra Chiesa è accanto al militare per sostenerlo e motivarlo nella sua missione, comunicandogli il lieto annunzio della salvezza.

60. Oltre al personale del Quadro Permanente, la gran parte delle persone militari affidate alle cure pastorali della Chiesa Ordinariato Militare è costituita dai giovani, sia volontari che di leva, capaci sia di gesti generosi ed eroici, che di scelte folli e disperate; giovani animati da ideali di speranza o totalmente demotivati.

61. Chi entra nelle caserme si porta il carico della propria esperienza familiare, civile, ecclesiale e culturale. Si offra loro piena comprensione e disponibilità per compensare le carenze che potrebbero sussistere nella loro personalità: a volte si dovrà completare una formazione umana, altre si dovrà ricostruire l’uomo e rigenerarlo nella misericordia.

62. In questa situazione si registra da parte dei giovani militari, anche del Quadro Permanente, una crescente richiesta di ricevere il sacramento della Confermazione o anche, per la prima volta, dell’Eucaristia. Spesso inoltre, viene richiesta una preparazione al sacramento del Matrimonio.

63. Verso le persone che in numero sempre crescente chiedono di diventare cristiani ricevendo il Battesimo, sono necessari sollecitudine, amore misericordioso e paziente: bisogna che nella loro vita, quanto piú possibile, si formi pienamente Cristo [68], sia accolto interamente, senza riserve e con gioia.

64. Il cammino di catechesi, di spiritualità e di preghiera, di partecipazione alla vita comunitaria e di buone opere, sia graduale ma sempre completo, anche se, a causa dei tempi ristretti, necessariamente celere. Tutto si compia nella totale fedeltà alla dottrina cattolica, senza divagazioni peregrine e devianti, in modo essenziale e incisivo.

65. La Chiesa Ordinariato Militare si prende cura in particolar modo delle famiglie e intende rivolgere loro ogni sollecitudine perché risuoni sempre nella loro vita la parola evangelizzatrice. Con le famiglie dei militari vuol condividere le gioie, le preoccupazioni, le difficoltà e i disagi anche molto gravi, in special modo quelli a motivo di trasferimenti, per sistemazione di casa, per gravi infermità, per servizi che comportano gravose lontananze e per quell’insieme di sacrifici che, richiesti dal servizio militare, sono condivisi dai familiari.

66. Questo Sinodo apprezza i sacrifici che le famiglie affrontano, assicura loro solidarietà ed esprime gratitudine. Al tempo stesso rivolge loro la parola del Vangelo che corrobora, dona serenità e gioia.

67. Le famiglie dei militari, destinatarie privilegiate dell’azione evangelizzatrice, si rendano disponibili e idonee a compiere esse stesse la missione di portare l’annuncio della gioia. I genitori non si dimentichino di essere i primi educatori della fede dei loro figli e che la loro famiglia, Chiesa domestica, è la cellula fondamentale di quella piú grande dei figli di Dio.

 

 

Momenti e modi per l’evangelizzazione e per la catechesi

68. La preparazione ai sacramenti, in particolare alla Confermazione e, a volte, all’Eucaristia, costituisce il luogo piú impegnativo di evangelizzazione e di catechesi per i nostri militari. La preparazione al Matrimonio rappresenta poi un nuovo momento di evangelizzazione e di grazia: queste occasioni vengano utilizzate con particolare responsabilità.

69. La predicazione domenicale è luogo privilegiato di evangelizzazione: si compia questo nobilissimo ministero con fedeltà e piena responsabilità. L’omelia sia preparata con la lettura e la meditazione dei testi biblici, sia sostenuta dalla preghiera, sia appropriata e riservata ai ministri ordinati [69]. Dal testo sacro proclami le meravigliose opere di Dio, illustri i misteri di Cristo e formi i fedeli secondo le norme della vita cristiana [70].

70. La celebrazione del “Precetto pasquale”, al termine di un cammino quaresimale nutrito dall’ascolto della Parola di Dio, dalla preghiera, da opere di carità e di penitenza, offre l’opportunità di annunciare con gioia il mistero pasquale di Cristo, morto e risorto per la nostra salvezza. In occasione di questa celebrazione pasquale, la comunità cristiana si senta piú direttamente chiamata a testimoniare nella vita il mistero che celebra nella fede.

71. Altre circostanze di evangelizzazione sono offerte nelle ricorrenze dei Santi Patroni: siano momenti dignitosi dove traspaia la fede e la devozione della nostra Chiesa. La vita dei Santi venga sempre rapportata alla vita e al mistero di Cristo.

72. I pellegrinaggi sono una necessaria conseguenza dell’essere pellegrini sulla terra. Finora si sono avuti pellegrinaggi militari a Lourdes con frutti incalcolabili di grazia. A questi se ne aggiungono altri a Roma, in Terra Santa, a Fatima, a Loreto, a Pompei, ad Assisi o in altri significativi luoghi di spiritualità. Ogni pellegrinaggio conservi la sua autenticità di ricerca e di progresso spirituale.

73. I cappellani militari sono esortati ad impegnarsi efficacemente affinché il pellegrinaggio conservi una spiritualità propria, sia occasione di autentica evangelizzazione e non di evasione.

74. I ritiri spirituali, specialmente prima della celebrazione del sacramento della Confermazione, si sono rivelati provvidenziali. Secondo le antiche tradizioni cristiane, non si tralasci mai l’annuncio kerigmatico: si riproponga cioè, in modo sintetico ed incisivo, tutto il mistero cristiano.

75. Se davanti a grandi sofferenze per eventi tragici e luttuosi si addice maggiormente il silenzio, venga con forza annunciata la Parola di Dio, l’unica capace di consolare i cuori. Si colgano queste occasioni come momenti privilegiati di solidarietà, di condivisione e di evangelizzazione.

76. Per quanto possibile, anche in occasione di conferenze, di semplici saluti, di incontri occasionali, si trovi spazio per qualche momento di spiritualità, fortemente illuminato dalla Parola di Dio.

 

 

Nuova evangelizzazione e nuova catechesi

77. Al “Nuovo Modello di Difesa” devono poter corrispondere, da parte della Chiesa Ordinariato Militare, una nuova evangelizzazione e una nuova catechesi. La fede cristiana infatti, perché possa radicarsi, ha bisogno di sviluppo e di nuove forme d’espressione capaci di assicurarne la continuità e, allo stesso tempo, di proporre in modo nuovo il messaggio della salvezza [71]. Perciò, “nuova evangelizzazione” non certo riguardo alla sostanza: non un Vangelo “nuovo”, ma annuncio nuovo per linguaggio adatto agli uditori [72], nuovo per espressione e comprensione; nuovo per metodi; nuovo perché inserito dignitosamente in spazi e tempi, secondo principi di integrazione e collaborazione, con criteri di compatibilità e di fiducia.

78. L’azione catechetica della Chiesa è a vantaggio di ogni uomo e delle istituzioni: perciò, non deve essere imprigionata [73] perché fa rinascere a vita nuova [74]; agisce come parola di pace [75]; dona redenzione e salvezza [76]; fa risplendere la vita di immortalità [77]; riveste l’uomo dell’armatura di Dio [78] e della sua santità.

79. Mentre la nostra società sta andando verso forme di servizio militare volontario, è necessario che i giovani vengano formati non solo professionalmente, ma anche spiritualmente, aiutandoli a scoprire che la loro vita è una vocazione al servizio.

80. Bisogna cioè assicurare agli arruolati, insieme ad una degna sistemazione, anche la consapevolezza della dignità del loro servizio. Una preparazione etica e professionale è indispensabile a uomini che, anche se in maniera subordinata, devono sempre assumersi delle responsabilità personali.

81. I Reparti, le Accademie, le Scuole e i vari Corsi di preparazione professionale, sono luoghi favorevoli per la formazione morale, nel pieno rispetto della libertà di coscienza e di religione.

 

 

Chiesa Ordinariato Militare: Chiesa profetica

82. La Chiesa Ordinariato Militare sente di compiere con carattere profetico la missione evangelizzatrice a lei affidata. Perciò, si impegna ad evangelizzare in profondità la cultura militare, partendo dalla persona, inserendola sempre in rapporti interpersonali e con Dio [79].

83. Avverte grave e urgente il problema di una rievangelizzazione e di una piú profonda e matura educazione alla fede. Rispetta il senso religioso presente nella realtà italiana e militare, lo apprezza e utilizza come occasione e punto di partenza per l’annunzio della fede [80].

84. Nella fedeltà alla dottrina cattolica, in piena comunione con il Sommo Pontefice e con tutte le Chiese particolari, la Chiesa Ordinariato Militare afferma, per la sua missione evangelizzatrice, il proprio ruolo profetico e si propone a tutti come “presenza di pace”, ripudiando la guerra come mezzo di soluzione dei conflitti, anche secondo il dettato della nostra Costituzione [81].

85. Afferma i presupposti ed i contenuti di pace: la verità, la libertà, la giustizia e la carità. Sente di non poter escludere, come ultima possibilità, il ricorso alla forza e di dover invocare l’ingerenza umanitaria per la difesa di un popolo, per la necessità di mantenere la pace tra i vari contendenti ed evitare stragi di popolazioni innocenti, di deboli, di oppressi.

86. Come già nel passato, ancor maggiormente ora nella grazia di questo Sinodo, la Chiesa Ordinariato Militare compie la sua missione evangelizzatrice con totale condivisione di fatiche e di pericoli, fino alla testimonianza suprema del sangue.

 

 

[55] Cfr. Mt. 8, 5.

[56] Cfr. Mt. 27, 54.

[57] At. 10, 3; Cfr. At. 10, 7.

[58] Cfr. At. 10, 24; 27.

[59] Giovanni Paolo II, Catechesi tradendae, 18.

[60] Ibid., 14.

[61] Idem 14; ivi cit.: Vaticano II, Dignitatis humanae, 2.

[62] Sinodo dei Vescovi, Città del Vaticano 28.10.1977, 1.

[63] Giovanni Paolo II, Catechesi tradendae, 30-34

[64] Giovanni Paolo II, ibid., 22; ibid. cit.: Vaticano II, Presbyterorum ordinis, 6.

[65] Cfr. C.E.I., Orientamenti e itinerari di formazione dei catechisti, Roma 1991, III, 1-3.

[66] Cfr. Giovanni Paolo II, Redemptor hominis, 14.

[67] Cfr. Idem.

[68] Cfr. Gal. 4,19.

[69] Cfr. Giovanni Paolo II, Catechesi tradendae, 48.

[70] Cfr. S. Congregazione per i Vescovi, Ecclesiae Imago, 59.

[71] Cfr. C.E.I., Direttorio catechistico generale, Roma 1971, 2.

[72] Cfr. Ibid., 33-34.

[73] Cfr. 2 Tm. 2, 9.

[74] Cfr. 1 Pt. 1, 23.

[75] Cfr. Ef. 2, 17.

[76] Cfr. Ef. 1, 13.

[77] Cfr. 2 Tm. 2, 10.

[78] Cfr. Ef. 6, 10-17.

[79] PAOLO VI, Evangelii nuntiandi, 20.

[80] C.E.I., Direttorio catechistico generale, Roma 1971, 2.

[81] Cfr. Costituzione della Repubblica Italiana, art. 11.

 

 

 

La liturgia

1. “Dio, nostro Salvatore, il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità” [1], “mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge, per riscattare coloro che erano sotto la legge, perché ricevessimo l’adozione a figli” [2]. Egli, unico mediatore tra Dio e gli uomini, ha dato se stesso in riscatto per tutti [3]. Per compiere l’opera della nostra salvezza “assume la nostra realtà umana e non perde la sua realtà di Dio” [4]. Nell’unica Persona divina è assunta l’umanità del Figlio di Dio fatto uomo [5] ed è strumento della nostra salvezza. “Cristo (...) ha compiuto l’opera della nostra salvezza, in quanto egli era Dio e uomo: affinché in quanto uomo patisse per la nostra redenzione, e in quanto Dio la sua passione fosse per noi salutare” [6].

2. Gesú Cristo ha compiuto quest’opera di redenzione con l’incarnazione e con tutta la sua esistenza in terra, ma in special modo per mezzo della sua passione, morte, risurrezione. Dal costato di Cristo, morto sulla croce, è scaturito il mirabile sacramento di tutta la Chiesa [7] che, per mezzo dello Spirito Vivificatore, è costituita sacramento universale di salvezza [8].

3. “Come Cristo fu inviato dal Padre, cosí anche lui ha inviato gli Apostoli [9], ripieni di Spirito Santo [10], non solo perché, predicando il Vangelo a tutti gli uomini [11], annunziassero che con la sua morte e risurrezione ci ha liberati dal potere di Satana e dalla morte e ci ha trasferiti nel Regno del Padre [12]; ma anche perché attuassero, per mezzo del Sacrificio e dei sacramenti sui quali si impernia tutta la vita liturgica, l’opera della salvezza che annunciavano” [13].

4. “Per realizzare l’opera della nostra salvezza Cristo è sempre presente nella sua Chiesa e in modo speciale nelle azioni liturgiche. È presente nel Sacrificio della Messa sia nella persona del ministro, sia soprattutto sotto le Specie Eucaristiche” [14]: anche dopo la celebrazione della Messa è proprio lui, veramente, realmente, sostanzialmente presente sotto quelle Sacre Specie. Con la sua virtú è presente negli altri sacramenti di modo che, quando si battezza, è Cristo stesso che battezza [15]; è lui che perdona nel sacramento della Riconciliazione; è lui che con la Confermazione dona lo Spirito Santo e conferma nella fede; è lui che con il sacramento dell’Ordine Sacro configura alcuni a se stesso, Capo e Mediatore tra Dio e gli uomini; è lui che crea nuove famiglie col sacramento del Matrimonio; è lui che con il sacramento dell’Unzione degli infermi unisce il malato e il moribondo a sé, sofferente e morente. È lui che parla quando nella Chiesa si legge la Scrittura; è ancora lui presente quando due o tre lodano e pregano riuniti nel suo nome [16].

5. In quest’opera Gesú associa sempre a sé la Chiesa, sua sposa, che prega il suo Signore e insieme a lui, nella presenza dello Spirito Santo, rende il culto al Padre. Per questo ogni celebrazione liturgica, in quanto opera di Cristo e della sua Chiesa, è l’azione sacra per eccellenza e nessun’altra azione della Chiesa ne uguaglia l’efficacia. Infatti, “la liturgia è il culmine verso cui tende l’azione della Chiesa e insieme, la fonte da cui promana tutta la sua virtú. Il lavoro apostolico infatti, è ordinato a che tutti, diventati figli di Dio mediante la fede e il Battesimo, si riuniscano in assemblea, lodino Dio nella Chiesa e prendano parte al Sacrificio e alla Mensa del Signore” [17].

6. Si curi che nelle celebrazioni liturgiche ciascuno svolga con fede e dignità il proprio ruolo secondo l’ordine e il grado che gli appartiene: chi presiede, lo faccia con competenza; gli altri sappiano che con la loro presenza e la loro azione esprimono la varietà dei doni e dei carismi di cui il Padre arricchisce la sua Chiesa.

7. La Chiesa Ordinariato Militare in piena fedeltà alla Parola di Dio, alla Tradizione e al Sacro Magistero, in particolar modo alla Costituzione liturgica del Concilio Vaticano II si impegna ad avere in sommo onore la sacra liturgia, a studiarla con intelligenza e comprenderla con fede, a celebrarla con amore e a viverla lasciandosi trasformare in perenne liturgia di lode.

 

 

Chiesa Ordinariato Militare: sua pastorale liturgica

Cultura militare e cultura liturgica: culture dei segni

8. La Chiesa Ordinariato Militare esprime la sua carità pastorale nel portare la liturgia al popolo militare ed inserire questo popolo nella liturgia. Questa duplice azione, nell’obbedienza dovuta alla legislazione liturgica, comporta adattamenti della liturgia al popolo militare, alla sua cultura e alle sue situazioni, come pure alle sue tradizioni.

9. Detti adattamenti richiedono sapienza pastorale e dottrina, obbedienza all’autorità della Chiesa, vera conoscenza del mondo militare. Spetta perciò all’Ordinario Militare decidere ed approvare quegli adattamenti consentiti dall’autorità ecclesiastica per rendere la liturgia piú accessibile.

10. Il mondo militare, cosí come la liturgia, valorizza i segni e per loro mezzo si esprime simbolicamente. Segno rilevante è l’adunata che, oltre ai fini pratici, esprime l’unione e quasi l’unità dell’intero popolo militare. L’alza e l’ammaina bandiera all’inizio e alla fine della giornata richiamano che l’amore per la Patria deve muovere tutte le azioni del militare, ricordando tutti coloro che sono caduti nell’adempimento del loro dovere. La bandiera, ufficialmente consegnata dal Capo dello Stato e fedelmente custodita e onorata nell’ufficio del Comandante, rappresenta ed è il simbolo della Patria: il militare giura davanti ad essa e con essa è avvolto il suo corpo se cade dopo essere stato a lei fedele.

11. Il mondo militare inoltre, è fortemente gerarchizzato. La vita militare si pone in rapporto alla gerarchia, alla categoria etica del dovere ed è ordinata e disciplinata in ogni attività e manifestazione: tutto viene ritmato da ordini espressi con precise parole o squilli di tromba.

12. Il mondo religioso, caratterizzato da libera scelta, ha evidenziato una situazione psicologica non facile da comprendere nella cultura militare dove tutto ciò che è importante e vero, non solo si può fare, ma si deve fare. Perciò, se da un lato si richiede particolare accortezza e sapienza pastorale per garantire ai militari di attendere liberamente alle loro pratiche religiose, è altrettanto necessario che l’assicurare la totale libertà non comprometta, per la mentalità militare, l’importanza della sfera religiosa nella dimensione totale dell’uomo. Per questo si richiede che la pastorale sia soprattutto orientata alla formazione e all’animazione che assicurino la partecipazione volontaria alle celebrazioni liturgiche.

13. La realtà religiosa nei confronti delle strutture militari deve essere sempre oggetto di riflessione e di attento discernimento per non imporre obblighi o per non mortificare la fede quando voglia esprimersi ufficialmente anche in questo ambito. Le “Norme di principio sulla disciplina militare” e il “Regolamento di disciplina militare” sono di valido aiuto per tutelare la libertà religiosa, il rispetto della libertà di coscienza, l’adempimento dei propri doveri e per illustrare i criteri di compatibilità tra esigenze spirituali e di servizio con le responsabilità dell’azione di comando.

14. Gli usi, le tradizioni e il complesso delle ritualità militari possono costituire predisposizioni che meritano di essere apprezzate ed utilizzate per una piena comprensione e partecipazione liturgica.

15. Tradizioni culturali e di santità testimoniano che già in passato immagini e linguaggio militare sono stati utilizzati positivamente per esprimere concetti religiosi e liturgici. Il termine “sacramentum”, che significava l’atto del giuramento militare [18], è stato utilizzato dal linguaggio teologico cristiano per denominare “sacramenti” sia le celebrazioni liturgiche che, in special modo, quei segni sensibili efficaci della grazia, istituiti da Gesú Cristo per santificare e rendere culto a Dio [19]. Specialmente in rapporto alla liturgia e alla testimonianza di vita cristiana coronata con il martirio, è possibile affermare che l’esperienza militare è vantaggiosa per la fede; è come propedeutica naturale alla piú alta milizia per Cristo [20] e, rettamente compiuta, giunge anche ad essere premiata con la grazia del martirio [21].

16. Adattamenti della liturgia al popolo militare siano radicati nelle sue piú nobili tradizioni e non si prescinda mai da esse. Siano compresi ed ammessi con rispetto, particolarmente nelle celebrazioni piú solenni, lo stile e i modi con i quali il popolo militare esprime onori, solidarietà e devozione: inquadramento, squilli di tromba, picchetti, resa degli onori con le armi, preghiera al Santo Patrono.

17. L’elevazione e l’inserimento del popolo militare nella liturgia è compito fondamentale dell’Arcivescovo Ordinario Militare e dei cappellani. Questo compito richiede un’autentica catechesi liturgica da non trascurare mai, specialmente nelle celebrazioni in cui tutto dovrà essere predisposto con massima diligenza. In modo adatto e preciso venga data spiegazione dei vari segni affinché i presenti possano parteciparvi con piena coscienza e assistere con intelligenza, fede e devozione.

18. Le celebrazioni liturgiche nelle caserme siano bene organizzate; si svolgano con dignità e prestigio; siano realizzate come dimensione etica e spirituale; siano partecipate e vissute con fede.

19. Affinché realtà storiche spirituali tanto delicate e sacre siano sempre trattate con la dovuta venerazione e competenza, con disciplina e dovuto rispetto, l’Ufficio Liturgico dell’Ordinariato Militare stabilirà relazioni con gli Uffici competenti dello Stato Maggiore della Difesa, cercando di instaurare una piena armonia.

 

 

Segni militari e segni liturgici

20. Nel mondo militare come nella liturgia i segni occupano uno spazio cosí rilevante da poter parlare di una vera e propria “cultura dei segni”. Attraverso un’adeguata catechesi sarà necessario precisare la sostanziale differenza tra i segni militari e quelli liturgici. I primi infatti, sono segni espressivi e rappresentativi di una realtà, mentre gli altri sono espressivi ma efficaci di ciò che significano: la bandiera rappresenta la Patria ma non è la Patria; l’Eucaristia non rappresenta Cristo, ma è Cristo stesso. Nella catechesi ai militari, la cui sensibilità ai segni è parte integrante della propria cultura, venga chiaramente precisata sia l’analogia che la sostanziale differenza tra lo spirito d’appartenenza alle Forze Armate e lo spirito di appartenenza alla Chiesa universale, famiglia dei figli di Dio.

21. La testimonianza della sublimità della liturgia che esprime il tremendum et fascinosum è affidata alla fede e alla sensibilità dei singoli cappellani militari. Sarebbe grave se coloro che pongono segni efficaci della presenza di Dio fossero superati in dignità e gravità da chi esprime segni solo rappresentativi.

22. Se la Chiesa Ordinariato Militare deve impegnarsi ad avvicinare la liturgia al popolo militare, il suo impegno maggiore è di inserire questo popolo nella liturgia stessa anzi, farlo diventare liturgia di lode. A poco infatti varrebbero le celebrazioni se non fossero espressive di una trasformazione della vita di tutti, nella vita del Cristo. Queste celebrazioni, tesori immensi e perle preziose, non potrebbero arricchire chi non le apprezza o, anzi, le disprezza [22].

23. È quindi impegno di tutta la Chiesa Ordinariato Militare orientare ogni persona con la predicazione e la catechesi a fare della propria vita un sacrificio vivente, santo, gradito a Dio: è questo infatti, il vero culto spirituale [23] richiesto dal nostro Battesimo.

 

 

L’Eucaristia

Celebrazione eucaristica: culto e sacrificio

24. La Celebrazione Eucaristica è il centro del culto cristiano. Infatti, “ogni volta che il Sacrificio della Croce, col quale Cristo è stato immolato, viene celebrato sull’altare, si perpetua e rinnova l’opera della nostra redenzione” [24]. Questo Sacrificio è necessario per formare la comunità cristiana; è per lei radice e cardine [25]; è fonte e culmine di tutta l’evangelizzazione [26]; è culmine e centro di tutti i sacramenti in quanto rende presente lo stesso loro autore [27]; è fonte e culmine di tutta la vita cristiana [28].

25. L’Eucaristia è tutto Cristo. In lui è assunta e redenta la creazione, l’uomo e la storia. In lui e per lui troviamo grazia e si compie la nostra santificazione. In lui, per lui, con lui, nell’azione dello Spirito Santo, è reso il culto perfetto a Dio Padre. Gesú Cristo Eucaristia, incarnato, immolato e risorto a gloria del Padre e per noi, è sempre nella comunione trinitaria di amore col Padre e con lo Spirito Santo; è sempre con noi che lo crediamo presente, che annunziamo la sua morte, proclamiamo la sua risurrezione, siamo in attesa della sua venuta gloriosa alla fine dei tempi [29].

26. La Celebrazione Eucaristica riattualizza l’atto d’amore con cui Cristo Dio ha salvato gli uomini dal peccato e “ha dato loro il potere di diventare figli di Dio” [30]: nell’Eucaristia infatti, è reso presente Cristo nell’atto supremo del suo amore redentivo, nella sua intatta novità attraverso la Parola e con il Sacramento. Per questo nella Chiesa tutto gravita attorno alla liturgia e quindi, all’Eucaristia. L’Eucaristia, a maggior ragione, si può perciò definire: “Il culmine verso cui tende l’azione della Chiesa e insieme la fonte da cui promana tutta la sua virtú” [31]. Essa è il centro vitale e trasformante di ogni persona “eucaristizzata” in grado di affermare: “Non sono piú io che vivo, ma è Cristo che vive in me” [32].

 

 

Celebrazione eucaristica e partecipazione

27. Alla Celebrazione Eucaristica ciascuno deve partecipare con il ruolo che a lui compete. È necessario perciò che abitualmente venga proposta una catechesi sull’Eucaristia affinché i fedeli vengano preparati ad ogni celebrazione, senza che nulla sia scontato né abitudinario o logoro; affinché come con il Sacrificio della Croce si rinnova l’atto redentivo di Cristo in tutta la sua efficace novità, cosí chi si associa ad esso lo faccia con tutto lo stupore e l’adorazione di chi vive una novità assoluta e sublime.

28. Si curi una partecipazione per quanto possibile attiva da parte dell’assemblea evitando, attraverso la collaborazione di un discreto commentatore e di un animatore di canti, che la celebrazione si svolga come un monologo del celebrante.

29. La struttura della celebrazione liturgica sia chiara e lineare il suo svolgimento. In particolare, per la Celebrazione Eucaristica è necessario che i fedeli non assistano come estranei e muti spettatori a questo grande mistero della fede ma, mediante una comprensione piena dei gesti e delle parole, partecipino consapevolmente, pienamente e attivamente [33].

30. Sia sempre reso evidente il senso di ogni gesto liturgico: lo stare in piedi, seduto o inginocchiato, portare le offerte, scambiarsi il segno della pace, recarsi a ricevere la comunione, inchinarsi per la benedizione finale o, nel caso di solenne partecipazione di reparti in armi, assumere la posizione di attenti o riposo. Anche i gesti di chi presiede siano significativi, perché anche dalla dignità e devozione intima con cui li compie, dipendono i frutti della partecipazione dell’intera assemblea.

 

 

Elementi della celebrazione eucaristica

31. È straordinaria la ricchezza e varietà delle parole e dei gesti liturgici: dalle letture ai canti, dai dialoghi alle offerte; dall’epiclesi, invocazione dello Spirito Santo per consacrare le offerte, all’anamnesi, memoria dei doni di salvezza già compiuti. Tutto sia detto e fatto nella totale fedeltà a questo ordine dato dal Maestro: “Fate questo in memoria di me” [34].

32. Elementi necessari per la celebrazione sono: il ministro e le parole essenziali da lui pronunziate, gli elementi materiali prescritti e i gesti rituali. Questo insieme manifesta che la celebrazione liturgica è cosmica: investe la creazione ed impegna tutto l’uomo nella sua unità esistenziale di anima e di corpo, nella sua individualità personale e nella sua dimensione comunitaria.

33. Il pane e il vino, elementi materiali per la celebrazione scelti da Cristo stesso, esprimono nel sacramento la sua iniziativa, la sua “discesa”, l’azione alla quale il cristiano si sottomette e si associa con la fede. Il Cristo si dona a noi e noi lo riceviamo secondo le modalità stesse che lui e la Chiesa hanno scelto per celebrare l’alleanza con l’uomo.

34. Nulla si trascuri affinché ogni Celebrazione Eucaristica abbia dignità e si riveli quale azione liturgica piú importante: lo indichino i fedeli con il loro modo di partecipare, il celebrante nel presiedere; gli spazi adattati e approntati con diligenza; il tempo a disposizione; i paramenti e gli arredi sacri, pur modesti ma sempre dignitosi. Tutto quanto prescritto per la celebrazione liturgica ha infatti un preciso significato: le candele sull’altare, le tovaglie che ricoprono l’altare, i vasi sacri, i paramenti del sacerdote, tutto deve esprimere rispetto e devozione per i Sacri Misteri che, pur celebrati nei tempi e negli spazi terreni, ci trasferiscono nel sacro e nell’eterno.

35. Si richiedono perciò, atteggiamenti e disposizioni particolari per poter partecipare in pienezza e verità. In particolare si ribadisce la necessità di essere in grazia per poter adorare e ricevere Gesú Eucaristia: “Nessuno mangi questa carne prima di averla adorata” [35].

 

 

Eucaristia e vita militare

36. Partecipando alla Celebrazione Eucaristica che rende presente il Signore mentre opera la nostra redenzione e ricevendolo nella Comunione, veniamo uniti vitalmente a lui che vuol inserirsi nel piú profondo e concreto dell’uomo: infatti, non c’è nulla di piú concreto dell’atto d’amore con cui Cristo ha salvato e continua a salvare ogni giorno l’umanità.

37. Per un militare che fa della sua vita un impegno per difendere l’uomo e i suoi valori inalienabili, disposto al sacrificio di se stesso, l’Eucaristia deve costituire la trama della sua esistenza: solo in essa ogni sua azione, in unione a colui che ha donato la vita per i fratelli, amando “non a parole né con la lingua, ma con i fatti e nella verità” [36], viene trasfigurata.

38. Gesú Cristo, presente sotto le Specie Eucaristiche durante e dopo la Messa, si manifesta come “colui che serve” [37] e si fa cibo di vita eterna per tutti. A sua imitazione il cristiano militare si dispone a servire i fratelli non lasciando spazio né a fantasie né a illusioni: “Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri” [38]. A questo autentico realismo del Mistero Eucaristico si devono conformare tutte le nostre celebrazioni.

39. Catechesi evidente ed efficace per affermare la centralità dell’Eucaristia sia la celebrazione della Messa quotidiana in ogni realtà militare in cui risiede il cappellano, ad ora conveniente e dopo opportuna comunicazione, per offrire a molti la possibilità di parteciparvi. Nessuna scusa è plausibile per tralasciare la celebrazione quotidiana in caserma e celebrarla altrove: infatti, è compito fondamentale del parroco celebrare l’Eucaristia per il suo popolo e con il suo popolo. Ogni cappellano si impegnerà quindi a promuovere la partecipazione dei fedeli alla Messa quotidiana senza mai dimenticare, anche in situazioni particolari, che la Celebrazione Eucaristica ha per se stessa natura pubblica e sociale.

40. L’attuale periodo di ristrutturazione della vita militare comporta non pochi problemi per la celebrazione dell’Eucaristia domenicale nelle caserme a causa della forte riduzione del personale presente nei giorni festivi. Sempre affermata e fatta salva la necessità di soddisfare il precetto festivo, vissuto come appuntamento di rinnovata fedeltà a Dio, si studino, caso per caso, soluzioni pastorali da adottare perché non manchi all’ambiente militare l’abbondanza di grazie della celebrazione domenicale.

41. Dove vi è ampia partecipazione da parte del popolo residente in ambienti e in villaggi militari, si celebri con solennità l’Eucaristia, si incentri su di essa tutta la vita pastorale ed essa segni l’incontro fondamentale della comunità.

42. La storia della nostra Chiesa Ordinariato Militare ha pagine bellissime scritte da cappellani militari che in guerra hanno celebrato l’Eucaristia anche nelle condizioni piú difficili, traendo da essa la forza per continuare questo servizio ai fratelli, con grave rischio della propria vita.

43. Molti sono i modi di celebrare l’Eucaristia nella nostra Chiesa Ordinariato Militare: in forma solenne nelle grandi cerimonie commemorative dello Stato o delle Forze Armate; con grande partecipazione di popolo per eventi particolari quali convegni e funerali; con la comunità presente in caserma utilizzando la cappella destinata al culto o ampi locali come palestre, cinema o all’aperto o, addirittura, in una cabina sulle navi o sotto una tenda. Il cappellano ricordi prima di tutto che la Celebrazione Eucaristica è quanto di piú importante può fare per il suo popolo e lí è spiritualmente presente tutta la Chiesa che da quella celebrazione attinge forza per la sua testimonianza.

44. L’Eucaristia sia sempre celebrata con grande dignità e le siano dati luogo e tempo adeguati. Nelle cerimonie ufficiali non sia mai relegata in uno spazio secondario o ristretto; sia resa possibile una partecipazione attiva dell’assemblea, garantendo ai fedeli la possibilità di accostarsi all’Eucaristia. Non si preveda mai uno spazio di tempo inferiore alla mezz’ora.

45. La centralità dell’Eucaristia sia anche espressa dalla cura con cui ne viene preparata la celebrazione: si studi il modo migliore perché l’assemblea possa partecipare con il canto, con la musica o con il silenzio. Meglio il silenzio che canti improvvisati o di dubbio gusto. È formalmente proibito durante la Celebrazione Eucaristica l’uso di dischi e di registrazioni di musica e di canti.

46. Si curi la verità di tutto ciò che attiene all’Eucaristia: le candele siano di cera; i fiori veri; le tovaglie e i paramenti siano semplici, puliti e dignitosi; i vasi sacri siano sempre in perfetto ordine sia per la doratura che per l’assoluta limpidezza; si provveda ad un impianto di amplificazione quando necessario per la vastità dell’assemblea. Intorno all’altare tutto sia autentico, esprima dignità e semplicità.

 

 

[1] 1 Tm. 2,4.

[2] Gal. 4,4-5.

[3] Cfr. 1 Tm. 2,5.

[4] S. Leone Magno, Sermo 27,1.

[5] Cfr. Denzinger, 252-263; 301-ss; 426; 436-ss; 516.

[6] S. Tommaso d’Aquino, Summa Contra Gentiles, IV, 74.

[7] S. Agostino, Enarrationes in Psalmos, 138,2.

[8] Cfr. Vaticano II, Lumen gentium, 48b; Gaudium et spes, 45.

[9] Cfr. Gv. 20,21.

[10] Cfr. At. 2,4.

[11] Cfr. Mc. 16,15;3,14-15; 6,7; Mt. 10,1; Lc. 6,13; Lc. 9,1.

[12] Cfr. At. 26,18.

[13] Vaticano II, Sacrosanctum Concilium, 6.

[14] Ibid., 7.

[15] Idem; ivi cit.: cfr. S. Agostino, In Ioannis Evangelium Tractatus, VI, Cap. I, n.7.

[16] Cfr. Vaticano II, Sacrosanctum Concilium, 7.

[17] Cfr. Ibid., 10.

[18] Presso Cesare, Livio, Tacito, il termine sacramentum si trova usato per indicare: giuramento militare, arruolamento, servizio militare. Con gli stessi significati è usato da Cicerone in diverse sue opere. De officiis, I, II; Pro domo sua, 29; Pro milone, 27.

[19] Cfr. Ch. Mohrmann, Sacramentum dans les plus anciens teste chrétiens, “The Harvard Theological Review”, 47 (1954), pp. 141-152; cfr. E. Ruffini-E. Lodi, Mysterion e Sacramentum, Bologna 1987. Tertulliano è il primo autore cristiano latino che usa il termine sacramentum per indicare le celebrazioni cristiane, ibid. p. 110.

[20] Cfr. J. Fontaine, Le culte des martyrs militaires et son expression poétique au IV siècle, “Augustinianum” (1980), p. 162.

[21] Cfr. S. Gregorio Nisseno, Secondo discorso in onore dei Santi Quaranta Martiri, Migne, Pg. XLVI, 757.

[22] Cfr. Mt. 7,6.

[23] Cfr. Rm. 12,1.

[24] Vaticano II, Lumen gentium, 3.

[25] Cfr. Ibid., 6.

[26] Cfr. Vaticano II, Presbyterorum ordinis, 5.

[27] Cfr. Vaticano II, Ad gentes, 9.

[28] Cfr. Vaticano II, Lumen gentium, 11.

[29] Cfr. Messale Romano, Acclamazione dopo la consacrazione.

[30] Gv. 1,12.

[31] Vaticano II, Sacrosanctum Concilium, 10.

[32] Gal. 2, 20.

[33] Cfr. Vaticano II, Sacrosanctum Concilium, 48.

[34] Lc. 22,19; Mt. 26,26; Mc. 14, 22; 1 Cor. 11, 23-24.

[35] S. Agostino, Enarrationes in Psalmos, 98,9.

[36] 1 Gv. 3, 18.

[37] Lc. 22, 27.

[38] Gv. 13,13.

 

 

 

Culto del Santissimo Sacramento

47. Il dono della Pasqua Eucaristica è intimamente legato alla celebrazione liturgica e tende essenzialmente alla Comunione: l’Eucaristia infatti, è stata istituita per essere nutrimento. Gesú ha detto: “Prendete e mangiate; questo è il mio corpo” [39]; “Chi mangia questo pane vivrà in eterno” [40]. Questo nutrimento è la Persona stessa del Signore la cui presenza permane anche dopo la celebrazione: è su questa realtà che si fonda il culto eucaristico.

48. Gesú Cristo ha preso un corpo e nell’Eucaristia, sotto le specie del pane e del vino, si offre a noi; da noi è adorato perché lí è veramente, realmente e sostanzialmente presente; nel suo sangue ha fondato la nuova ed eterna alleanza e, offrendosi quale nutrimento, vuol donarci la sua salvezza.

49. Per questo, in ogni cappella delle varie comunità militari dove si celebra ordinariamente la santa Messa, si conservi l’Eucaristia e la sua presenza venga segnalata sia da una lampada sempre accesa, che dalla dignità con cui è tenuto il tabernacolo. Durante le missioni quando non è presente il cappellano, si garantisca sempre la presenza dell’Eucaristia in ogni realtà militare in cui sia presente in un numero consistente di uomini attraverso il ministero degli accoliti o dei ministri straordinari. [41]

 

 

I sacramenti

Sacramenti dell’iniziazione cristiana

50. I sacramenti sono segni efficaci della grazia istituiti da Gesú Cristo con i quali egli attraverso la Chiesa conferisce la grazia, santifica i suoi fratelli e rende culto al Padre. Essi sono quindi i mezzi della nostra salvezza che non solo suppongono la fede ma la nutrono, la irrobustiscono e la esprimono. È di grande importanza che i fedeli comprendano i segni e l’efficacia dei sacramenti e vi si accostino con fede e devozione per nutrire la loro vita cristiana.

51. Si accerti che tutti i membri della comunità parrocchiale abbiano ricevuto i sacramenti dell’Iniziazione cristiana. Attraverso un’adeguata catechesi alle famiglie si prepari il Battesimo dei neonati curando che i genitori siano per i loro figli i primi maestri nella fede e nella preghiera. La famiglia continui a seguire i propri figli anche nella preparazione all’Eucaristia e alla Confermazione: infatti, la famiglia è la prima cellula di Chiesa, la “Chiesa domestica”.

52. Le varie comunità, sotto la responsabilità del cappellano, organizzino la preparazione ai sacramenti secondo le indicazioni della Conferenza Episcopale Italiana e l’Ufficio Catechistico dell’Ordinariato Militare. Il periodo di preparazione ai sacramenti sia vissuto come educazione alla fede e alla vita evangelica.

53. Molti sono i giovani che durante il servizio militare si riavvicinano alla fede o ritornano alla pratica della vita cristiana. Molti di essi hanno ricevuto solo il Battesimo, altri anche l’Eucaristia, sempre meno sono quelli che hanno ricevuto anche la Confermazione. La Chiesa Ordinariato Militare invita ed accoglie tutti coloro che, durante la loro permanenza nel mondo militare, vogliono intraprendere un serio cammino di fede.

54. Sia cura di ogni cappellano militare conoscere le scelte religiose, il grado di religiosità e di pratica dei fedeli che gli sono affidati, per offrire a ciascuna categoria adeguate proposte che rispondano alle loro attese, suscitando desiderio di ripresa e di approfondimento del cammino di fede.

55. Si organizzino corsi di preparazione ai sacramenti dell’Iniziazione cristiana per gli adulti, seguendo le direttive e i programmi dell’Ufficio Catechistico dell’Ordinariato Militare. Ad ogni persona si assicuri continuità nella preparazione e affinché ciò avvenga anche nei trasferimenti, vi siano lettere di segnalazioni tra i cappellani.

56. Le celebrazioni dei sacramenti, specialmente quelli dell’Iniziazione cristiana e dell’Ordine Sacro, si compiano con solennità e venga coinvolta l’intera comunità militare per partecipare a questi momenti quali occasioni piú adatte per esprimere la propria vitalità spirituale.

57. Ministro della Confermazione è il Vescovo ma può essere conferita anche da un presbitero che ne abbia ricevuta la facoltà. Nella Chiesa Ordinariato Militare la facoltà è permanentemente conferita al Vicario Generale, agli Ispettori e ai Capi Servizio, finché dura il loro incarico e solo nelle aree di loro competenza.

 

 

Sacramento della riconciliazione

58. Il sacramento della Riconciliazione sia tenuto in grande stima e reso possibile con totale disponibilità dei cappellani.

59. Si curi soprattutto la possibilità di riceverlo prima della celebrazione dell’Eucaristia prevedendo, soprattutto nelle grandi solennità, disponibilità di tempo e sacerdoti.

60. Anche nell’occasionale amministrazione del Sacramento, spesso preceduto da una conversazione fraterna, si manifesti la sacralità di ciò che si sta compiendo. Non manchino in tempi particolari, celebrazioni penitenziali comunitarie curando che, nonostante il maggior numero di presenti, ci sia lo spazio per l’ascolto di ciascuno.

 

 

Sacramento dell’Unzione degli infermi

61. Il sacramento dell’Unzione degli Infermi dona forza spirituale all’ammalato o al ferito, configura a Cristo, santifica le sofferenze sopportate con amore, unge con l’olio della consolazione. Questo Sacramento, insieme agli altri sacramenti, trovi posto di onore nella catechesi e nella celebrazione della Chiesa Ordinariato Militare.

62. Gli ospedali militari di lungodegenza e i policlinici militari sono i luoghi privilegiati per incontrare i fedeli militari o i loro familiari gravemente ammalati, portando loro il conforto della fede.

63. Il cappellano militare e l’intera Chiesa Ordinariato Militare sia sempre memore che l’infermo è come sacramento di Cristo. Egli si identifica nel malato: “...ero malato e mi avete visitato; ...l’avete fatto a me” [42].

 

 

Sacramento dell’ordine sacro

64. La celebrazione delle Ordinazioni Presbiterali dei giovani della nostra Scuola, per la Chiesa Ordinariato Militare rappresenta uno dei piú grandi doni di Dio e un segno di approvazione per il suo servizio pastorale: siano vissute come grande evento ecclesiale e come occasione privilegiata per una nuova evangelizzazione vocazionale.

 

 

Sacramento del matrimonio

65. Il sacramento del Matrimonio per la maggior parte dei nostri fedeli è celebrato dopo il loro ingresso nel mondo militare o, per i militari di leva, dopo il loro congedo. Considerata l’importanza anche pastorale di questo Sacramento, la Chiesa Ordinariato Militare ha dedicato alla realtà della famiglia un intero documento di questo Sinodo.

 

 

I sacramentali

66. Sono distinti dai sacramenti ma da essi derivati. A differenza dei sacramenti istituiti direttamente da Gesú Cristo, essi sono istituiti dalla Chiesa con efficacia dispositiva alla grazia. Per la loro celebrazione si seguano i libri approvati dall’autorità ecclesiastica. La Chiesa Ordinariato Militare curi la pubblicazione di un suo “Rituale”, nella piena osservanza delle norme canoniche per quanto riguarda gli adattamenti alla nostra realtà.

 

 

L’anno liturgico

Cristo, centro dell’anno liturgico

67. L’anno liturgico è il cammino di una vita orientata dai misteri di Cristo, è l’organizzazione cristiana del tempo che permette al credente di situarsi religiosamente. È importante averne chiare le coordinate per saper orientare nella santificazione del tempo il mondo militare con i suoi particolari ritmi e punti di riferimento.

68. Come l’anno civile si svolge lungo il moto di rivoluzione della terra attorno al sole, cosí l’anno liturgico ripresenta nella sua completezza il mistero di salvezza operato da Gesú Cristo: suo fulcro è la celebrazione del mistero pasquale di Cristo e tutto gravita attorno ad esso.

69. A differenza dell’anno civile che si può intendere racchiuso in se stesso come un cerchio, l’anno liturgico si configura aperto come un arco: punto di partenza è il progetto salvifico di Dio, punto d’arrivo è il compimento di tutte le cose nella gloria del Padre.

 

 

Cicli dell’anno liturgico

70. L’anno liturgico è segnato dall’idea della venuta gloriosa del Signore che si realizza attraverso tre tappe fondamentali. Al termine di ciascuna di esse c’è una “epifania” dell’amore di Dio per l’umanità. Queste tre tappe determinano tre cicli: il ciclo dell’Avvento, il ciclo pasquale e il ciclo ordinario.

71. Il ciclo dell’Avvento conduce alla manifestazione della nascita di Cristo. “Dio mandò suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge per riscattare coloro che erano sotto la legge, perché ricevessimo l’adozione a figli” [43]. Egli si nasconde nella condizione umana: è avvolto in fasce e deposto in una mangiatoia [44].

72. Il ciclo pasquale realizza l’opera della redenzione attraverso la croce e la risurrezione, per completarsi nell’effusione dello Spirito Santo. È la manifestazione gloriosa delle “imperscrutabili ricchezze” dell’amore di Dio per noi, in Cristo [45].

73. Il ciclo del tempo ordinario si apre con l’effusione dello Spirito Santo sugli Apostoli e non si ferma se non alla conclusione definitiva dei tempi. Infatti, l’anno liturgico “si conclude aperto” nell’attesa del Signore che ritornerà nella sua gloria alla fine dei tempi. Questo ciclo tende verso la manifestazione della definitiva venuta di Cristo: “Vieni, Signore Gesú” [46].

 

 

Anno liturgico e vita militare

74. Il cappellano militare è l’animatore, il pedagogo, il maestro di fede che sa orientare, proponendo il grande mistero di Cristo secondo i diversi momenti dell’anno liturgico. Sostenuto dalla preghiera liturgica saprà, pur nelle situazioni piú diverse, vivere insieme a Cristo e alla Chiesa quel mistero che la liturgia propone.

75. Il dinamismo della vita militare e la diversità delle situazioni non aiutano a penetrare il mistero e a vivere il ciclo liturgico proposto: in piena navigazione o lontani da casa per operazioni di pace o in situazioni molto precarie in cui possono trovarsi le Forze di Polizia, è difficile celebrare quella gioia pasquale che deve caratterizzare tutta la vita del cristiano e che tuttavia deve essere sempre proposta.

76. Spetterà quindi alla creatività del cappellano inserire i propri fedeli nella liturgia, non soltanto celebrando riti, ma elevando i sentimenti e le tensioni di ciascuno verso Dio affinché le attese di tutti diventino avvento; le prove, mistero pasquale; le gioie, risurrezione.

77. Si celebri sempre con dignità ed essenzialità la liturgia che la Chiesa propone per i diversi tempi, non cedendo alla tentazione di ridurre o affrettare, ma anzi, preparando e coinvolgendo perché la partecipazione, anche di pochi, sia profondamente vissuta.

 

 

Venerazione di Maria e dei santi nella vita militare

78. La Vergine Maria e i santi sono i nostri compagni di viaggio durante tutto l’anno. La liturgia celebra la loro memoria e il popolo cristiano chiede con la preghiera il loro sostegno; si lascia accompagnare dal loro esempio; trova nella loro devozione un valido appoggio per la propria fede.

79. Il mondo militare ha tradizioni lodevolissime di fede e di devozione a Maria e ai santi, onora la loro memoria e riconosce nella loro vita un esempio. La Chiesa Ordinariato Militare è custode fedele di questa fede del suo popolo e coglie l’occasione del Sinodo per un riconoscimento ufficiale di tutti i Santi Patroni alla cui intercessione sono affidate le singole Armi, Specialità, Servizi e Corpi Militari.

80. Maria, Madre di Gesú e Madre nostra, è venerata da tuta la Chiesa Ordinariato Militare: verso di lei si rivolge la devozione di tutti, in particolar modo nelle difficoltà e nei pericoli. È invocata anche con titoli che qualificano la sua protezione per alcune singole Armi e Corpi Militari. Patrono di tutta la Chiesa Ordinariato Militare è San Michele Arcangelo; patrono dell’Esercito è San Cornelio, il centurione di Cesarea; patrona dell’Aeronautica è la Madonna di Loreto, patrona della Marina è Santa Barbara; patrona dell’Arma dei Carabinieri è la Virgo Fidelis; patrono della Guardia di Finanza è San Matteo; sono ancora affidati

- alla Madonna del Cammino, il Corpo dei Bersaglieri;

- a San Michele Arcangelo, il Corpo dei Paracadutisti;

- a San Gabriele Arcangelo, l’Arma delle Trasmissioni;

- a San Marco, le Truppe Anfibie dell’Esercito e della Marina Militare;

- a Santa Barbara, l’Arma di Artiglieria, l’Arma del Genio, il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco;

- a San Giorgio, l’Arma della Cavalleria;

- a San Martino, l’Arma della Fanteria;

- a San Cristoforo, il Corpo Automobilistico;

- a San Maurizio, il Corpo degli Alpini;

- a San Giovanni da Capestrano, i cappellani militari;

- a San Camillo de Lellis, la Sanità Militare;

- a Santa Caterina da Siena, il Corpo delle Infermiere Volontarie della Croce Rossa Italiana e l’Associazione per l’Assistenza Spirituale alle Forze Armate;

- al Beato Francesco Faa’ di Bruno, il Corpo Tecnico dell’Esercito.

81. La nostra Chiesa venera con particolare devozione e gratitudine quei santi martiri che, fin dai tempi apostolici e nei primi secoli del cristianesimo, hanno testimoniato la fede nella condizione militare.

82. Con particolare amore e devozione veneriamo i santi e i beati che hanno fatto parte della nostra Chiesa Ordinariato Militare: la martire Antonia Mesina, figlia e nipote di carabinieri; il beato p. Pio da Pietrelcina, soldato della Sanità; il beato Secondo Pollo, cappellano morto in guerra sul fronte albanese, il religioso San Riccardo Pampuri.

83. Onoriamo anche i Servi di Dio: don Angelo Roncalli, poi papa Giovanni XXIII, sergente della Sanità e cappellano militare; don Carlo Gnocchi; don Giulio Facibeni; padre Igino Lega; il vicebrigadiere dei Carabinieri Salvo d’Acquisto. Preghiamo perché il Signore voglia glorificare anche in terra questi e altri servi fedeli che hanno testimoniato Cristo nel mondo militare.

84. Con la Chiesa preghiamo per “coloro che ci hanno preceduto nel segno della fede e dormono il sonno della pace” [47]. Nella speranza piena di immortalità [48] la Chiesa Ordinariato Militare celebra le esequie dei suoi figli come passaggio da vita a Vita e li unisce al mistero pasquale di Cristo morto e risorto. In quei momenti di dolore annunzia con piú forza il Vangelo della nuova vita in Dio.

85. Il mondo militare ricorda i suoi caduti e la nostra Chiesa Ordinariato Militare anima questa memoria con la sua fede nella vita eterna e nella comunione dei santi. Siano perciò onorati cimiteri e i sacrari militari perché diventino sempre piú luoghi di preghiera e di suffragio.

 

 

La preghiera

La preghiera liturgica

86. La liturgia è perfetta quando i credenti partecipano ad essa uniti a Cristo con tutto se stessi, corpo e cuore: proprio col cuore si compie l’atto liturgico perfetto: “Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente” [49].

87. Tutto ciò che il Padre ha rivelato è per invitare l’uomo ad entrare in comunione con lui: perciò, la Chiesa Ordinariato Militare si offre come strumento per realizzare questa comunione con Dio attraverso la preghiera, l’annuncio della Parola, la liturgia e la carità.

88. La Chiesa Ordinariato Militare vuole essere una Chiesa che prega e si propone come maestra di preghiera; ritiene sia questo la specifico della sua missione e l’originalità del suo intervento per la promozione di ogni uomo.

 

 

La preghiera nella vita militare

89. Nel mondo militare la preghiera fa parte delle sue tradizioni piú belle. In essa si riconosce ogni Arma e con essa vengono scanditi i momenti piú significativi della vita del soldato. La Chiesa Ordinariato Militare prende atto di questa grazia che intende conservare fedelmente.

90. I cappellani militari si sentano impegnati come evangelizzatori e maestri di preghiera perché la verità che annunciano appaia sempre come una rivelazione che Dio fa della sua vita a chi vuol introdurre nella comunione con sé.

91. I cappellani siano guide personali e comunitarie della preghiera dei fedeli, autentici mediatori della comunione tra l’uomo e Dio, tra la creatura e il suo Creatore.

92. Siano maestri di preghiera per le famiglie perché siano, a loro volta, maestre di preghiera per i propri figli. Ai giovani fidanzati insegnino che la preghiera ottiene la grazia della fedeltà. Agli adulti indichino la preghiera quale sostegno alle responsabilità e alle fatiche della vita.

93. La Chiesa, anche nella sua struttura naturale, è luogo dell’incontro col Signore: le nostre siano decorose, anche se modeste; in esse tutto orienti alla preghiera siano ben visibili il tabernacolo, l’immagine della Madonna e dei Santi Patroni. Nelle cappelle non manchino mai il Vangelo e i sussidi che possano aiutare la preghiera comunitaria o personale.

94. Sia privilegiata la preghiera liturgica, perché dalla liturgia scaturisce e ad essa deve tendere la preghiera personale. Oltre all’Eucarestia si curi la possibilità di celebrare anche con un piccolo gruppo, le Lodi o i Vespri.

95. Non si trascurino e anzi si propaghino le altre preghiere entrate nel patrimonio comune della fede del nostro popolo: il Rosario, la Via Crucis, le novene in preparazione alle principali feste e la visita al Santissimo Sacramento.

96. Si formino e si aiutino gruppi di preghiera: si vigili però sull’autenticità delle loro esperienze e se ne curi la qualità, avendo sempre presente che è lo Spirito Santo che muove le anime alla comunione con Dio.

 

 

[39] Mt. 26, 26.

[40] Gv. 6, 58.

[41] Cfr. Infra, nn. 90-91.

[42] Cfr. Mt. 25, 36; 40.

[43] Gal 4,4.

[44] Cfr. Lc 2, 1-ss.

[45] Cfr. Ef. 3, 8.

[46] Ap. 22, 20.

[47] Messale Romano, Canone Romano.

[48] Cfr. Sap. 3,4.

[49] Mt. 22, 37; Mc. 12, 29-30; Lc. 10, 27-28; Lc. 18, 19,20; Dt. 6,5; Gios. 22,5.

 

 

 

La carità

1. “Dio è amore” [1] e attraverso Gesú ha voluto rivelarci la sua vita intima cosí da divenire il modello di ogni vita personale e comunitaria. Dio, origine e fine a cui tutto tende perché in lui “viviamo, ci muoviamo ed esistiamo” [2], cosí si è manifestato:

- “Dio ha mandato il suo Figlio unigenito nel mondo, perché noi avessimo la vita per lui. In questo sta l’amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati” [3]. “Egli non ha risparmiato il proprio Figlio ma lo ha dato per tutti noi” [4].

- Il Figlio suo, Gesú Cristo, “ha dato se stesso per i nostri peccati, per strapparci da questo mondo perverso” [5]; per amore liberamente si è consegnato alla morte [6] e ci ha riconciliati con Dio [7].

- Lo Spirito Santo, donato dal Figlio sulla croce [8] e nel giorno di Pentecoste effuso sulla Chiesa [9], è Spirito di comunione [10] ed effonde nei nostri cuori il dono della carità [11]. Egli ci ispira a proclamare con fede e amore che Gesú è il Signore [12]; Egli grida nei nostri cuori e ci permette di invocare Dio chiamandolo Abbà [13], Padre, parola che esprime tenerezza e intimità filiale.

2. Rivelandosi come “Amore”, Dio ci insegna che la legge fondamentale della perfezione umana, e perciò della trasformazione del mondo, è il nuovo comandamento della carità: “Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, cosí amatevi anche voi gli uni gli altri” [14]. Coloro che credono al suo amore, sono da lui resi certi che la strada della carità è aperta a tutti gli uomini e che gli sforzi intesi a realizzare la fraternità universale non sono vani [15].

3. Dio, con la rivelazione della sua vita trinitaria, si partecipa alla sua Chiesa e, attraverso la Chiesa, agli uomini. Perciò, la Trinità è la verità piú profonda della Chiesa che dimora in Dio, e Dio dimora in essa, perché le ha donato il suo Spirito [16]. La Chiesa, edificata nella carità [17], si modella sulla carità stessa di Dio, permane in comunione con lui [18], compie la sua missione di salvezza servendo per amore.

4. Il mistero dell’amore trinitario rifulge nell’uomo creato “a immagine e somiglianza di Dio” [19], il quale “ci ha scelti prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità, predestinandoci ad essere suoi figli adottivi” [20].

5. Il vero discepolo di Cristo è contrassegnato dall’amore non solo verso Dio, ma anche verso il prossimo: il segno che è passato dalla morte alla vita è caratterizzato dall’amore per i fratelli. Nell’amore realizza pienamente la sua vita: è se stesso amando e facendo propria la misura dell’amore di Gesú: “Egli ha dato la sua vita per noi; quindi anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli” [21]. Questo è il comandamento per eccellenza che riassume la legge e i profeti [22]; è la via piú eccellente [23]; è il segno distintivo dei veri discepoli [24]; è il fondamento di tutto l’ethos umano.

6. Per imparare la verità della carità, la Chiesa Ordinariato Militare guarda a Maria, la prima dei discepoli, la Madre del Signore e della Chiesa. Lei “...tutta santa e immune da ogni macchia di peccato, dallo Spirito Santo è stata come plasmata e concepita nuova creatura” [25]. Lei è il sí perfetto dell’umanità all’amore eterno di Dio.

 

 

Chiesa Ordinariato Militare: Chiesa della carità

Sorgente divina della carità

7. La Chiesa Ordinariato Militare si riconosce originata e sostenuta dalla comunione del Dio Uno e Trino: Padre, Figlio e Spirito Santo. Sente che ha ricevuto dal Padre e dal Figlio risorto il dono dello Spirito, “lo Spirito del Padre vostro che parla in voi” [26], “lo Spirito del Figlio suo che grida: Abbà, Padre!” [27].

8. Dal Padre, per mezzo di Cristo e nell’azione dello Spirito Santo, la nostra Chiesa, come Maria, ha coscienza che Dio compie in lei grandi cose rendendola comunione di amore e colmandola di santità. Lo Spirito Santo è la radice e il fondamento della sua comunione ecclesiale, “produce quella meravigliosa comunione dei fedeli e tanto intimamente tutti congiunge in Cristo, da essere il principio dell’unità della Chiesa” [28]. Essa germoglia da una radice sacramentale, fiorisce nell’affetto collegiale, fruttifica nella corresponsabilità e collaborazione pastorale.

9. Lo stesso Spirito la rende “luogo in cui l’amore di Dio per gli uomini può essere in qualche modo sperimentato e quasi toccato con mano” [29]. Perciò, per grazia la Chiesa Ordinariato Militare sperimenta che la comunione non è un vago sentimento o un ideale generico ma uno dei doni piú grandi che Gesú ha chiesto al Padre affinché il mondo creda.

 

 

Carità e servizio militare

10. Solo l’amore può trasformare il mondo: il servizio militare, caratterizzato dalla difesa dei valori dell’uomo, dovrà perciò avere quale movente l’amore per i fratelli, nella difesa della giustizia e nella costruzione della pace. Per questo la nostra Chiesa si impegna ad essere Chiesa del servizio e della carità. L’amore è il messaggio centrale di tutto il Vangelo e costituisce il grande segno che induce a credere al Vangelo stesso.

11. È necessario che la realtà ecclesiale militare dia sempre testimonianza della carità e, arricchita dai doni ricevuti da ciascuno dei suoi membri, proceda nel cammino della missione di amore. L’annuncio della Parola che salva e la presenza del Salvatore nell’azione dello Spirito Santo giunga al cuore di ogni uomo per operare in lui la progressiva trasformazione, da cuore di pietra in cuore di carne, da cuore di carne in cuore di Cristo.

12. In questo servizio di amore, con piena lealtà, la Chiesa Ordinariato Militare fa proprie le affermazioni del Concilio: “La Chiesa non è mossa da alcuna ambizione terrena; essa mira a questo solo: a continuare, sotto la guida dello Spirito Paraclito, l’opera stessa di Cristo, il quale è venuto nel mondo a rendere testimonianza alla verità [30]. “Non rivendica a se stessa altra sfera di competenza se non quella di servire amorevolmente e fedelmente, con l’aiuto di Dio, gli uomini” [31].

 

 

Comunione ecclesiale di amore

13. Nella potenza dell’amore divino la Chiesa Ordinariato Militare diviene capace di farsi tutto a tutti per la salvezza [32] fino a dare la propria vita per amore di Dio e dei fratelli [33]. Realizzata come comunione di amore, per amore serve l’uomo, toglie i peccati dal suo cuore e gli comunica la santità di Dio.

14. Alla grazia di essere Chiesa, comunione di amore, questo Sinodo che si celebra nella docilità alla voce dello Spirito di Dio, risponde con responsabili impegni per rinnovarsi e progredire nella carità.

15. La nostra Chiesa è consapevole di potersi rinnovare attraverso lo spirito di carità. “Questa deve oggi assumere il posto che le compete, il primo, il sommo, nella scala dei valori religiosi e morali, non solo nella teorica estimazione, ma altresí nella pratica attuazione della vita cristiana” [34].

16. Affinché ciò si realizzi, è necessaria una conversione permanente e un’ascetica esigente in tutta la nostra realtà ecclesiale.

17. Nella Chiesa Ordinariato Militare il diritto e la giustizia, ispirate dalla carità, siano temperati dalla dolcezza della misericordia. Quando si ritengano utili, non manchino l’ammonizione e la correzione fraterne, attuate con spirito e metodo evangelici, sempre precedute ed accompagnate dalla preghiera.

 

 

Il Vescovo il suo presbiterio

18. Questo Sinodo riconosce il Vescovo quale “presidente e ministro della carità” [35], “maestro, padre, amico e fratello buono e misericordioso, pronto a comprendere, a compatire, ad aiutare” [36], disposto anche a dare la vita per amore a Cristo e alla Chiesa.

19. La carità è principio costitutivo della Chiesa e, in special modo, del Presbiterio. È significativo il fatto che Gesú nell’Ultima Cena abbia dato insieme i tre doni: la nuova Legge dell’amore, il Sacerdozio e l’Eucaristia.

20. È necessario che i cappellani militari vivano tra loro in sincera carità fraterna, fondata sulla carità di Cristo, sulla comune sacra Ordinazione, sulla stessa missione affidata dalla Chiesa e il comune apostolato [37]. Ciascuno dei presbiteri militari infatti, è legato ai confratelli con il vincolo della carità, della preghiera e dell’incondizionata collaborazione [38]. Sia dunque perfetta la comunione di spirito tra i cappellani militari e sia intenso lo scambio di preghiere, di serena amicizia e di aiuti di ogni genere [39].

21. L’intima amicizia con Cristo e la fratellanza presbiterale aiutino i cappellani ad elevare i sentimenti del loro animo e ad approfondirli in spirito di consacrazione, con indefettibile fedeltà all’unico amore di Cristo [40].

22. Lo spirito di povertà, di obbedienza, di castità e il celibato sono frutti della carità che animano il presbitero e manifestano un cuore indiviso, una vita che ha come movente e forza un amore senza riserve verso Cristo e la Chiesa, uno zelo ardente verso le anime affidate al suo ministero.

 

 

La famiglia

23. La famiglia, nata dal sacramento del Matrimonio come mistero di amore tra Cristo sposo e la Chiesa sua sposa [41], realizza la “Chiesa domestica”, diviene vivente immagine della Trinità. Nella famiglia ogni uomo si educa e si realizza nella carità disponendosi all’apertura ai fratelli per portare ovunque lo stesso spirito e fare di ogni ambiente una porzione della universale famiglia umana.

24. Data la condizione particolare del servizio militare, la famiglia non può essere indifferente, anzi costituisce il supporto fondamentale perché il servizio si svolga in modo motivato e sereno.

25. La famiglia è per tutti, per il militare in particolare, scuola di fedeltà ed esperienza di sicurezza, richiamo continuo alla realtà delle situazioni, rispetto per ogni uomo chiunque egli sia, esperienza fondamentale di amore.

26. Mentre questo Sinodo non ignora le peculiarità delle famiglie dei militari, esorta le autorità competenti perché, considerando le loro particolari difficoltà e problemi, possano garantire a ogni militare di essere valido aiuto per la propria famiglia e a questa consentire partecipazione e condivisione alla missione militare.

27. Lavorare per la famiglia è il primo e fondamentale passo per chi intende seriamente lavorare per l’uomo, edificare la nuova società fondata sulla cultura dell’amore e costruire la pace universale. La Chiesa Ordinariato Militare, scegliendo di servire il cuore dell’uomo, adotta quella della famiglia quale via preferenziale di tutto il suo lavoro pastorale.

28. In questo impegno di educazione del cuore la Chiesa Ordinariato Militare guarda alla famiglia come al supporto fondamentale della sua missione. In essa il cuore umano si riposa e si ricrea nella carità, ritrova i valori fondamentali della persona umana, riconosce il giusto modo di rapportarsi con le persone e vede in essa l’immagine su cui si dovrà realizzare la perfezione di ogni comunità, compresa quella militare, della nazione e dell’universale famiglia umana.

 

 

Carità verso l’uomo

29. Pur dinanzi ad evidenti fragilità della condizione umana, la nostra Chiesa, particolarmente attraverso questo suo primo Sinodo, vuole confortare ogni uomo e rassicurarlo che Dio ci sostiene, ci aiuta, ci invita alla conversione perché ci ha creati solo per amore. Dio è piú grande del cuore dell’uomo e con la misericordia e il perdono rigenera e dona un cuore nuovo capace di amare.

30. Siano resi sempre piú luoghi di esercizio della carità le realtà in cui i militari vivono, si addestrano ed esercitano la loro professione. In essi la carità sia vissuta come accoglienza incondizionata, condivisione degli stessi spazi vitali e nel servizio si sperimenti la fraternità.

31. Lo specifico del servizio militare potrebbe far correre il rischio di trasformare la forza in violenza, la difesa in aggressione, la potenza in sopraffazione. Per questo, la Chiesa Ordinariato Militare, riconoscendo nella virtú della fortezza la caratteristica del suo servizio a difesa dell’uomo [42], con forza si impegna ad aiutare i propri figli perché il dono della fortezza sia invocato e ricevuto con animo puro.

32. L’azione di comando degli uomini è massima responsabilità nei confronti dei propri fratelli. Si ricordi sempre che comandare non significa soltanto trasmettere ordini, ma coinvolgere responsabilizzare e animare. Per questo la nostra Chiesa si fa carico di proporre un’assidua e permanente formazione alla carità per preparare adeguatamente quei militari investiti di particolari responsabilità.

33. Si abbia particolare attenzione, in special modo per i giovani delle Accademie e delle Scuole, di curare la formazione integrale dell’uomo, sia in vista della vita familiare che per le responsabilità del comando di altri uomini. L’esperienza familiare infatti, può essere supporto fondamentale per una corretta esperienza di comando. Lo “stile di famiglia” può fare dei nostri ambienti militari un vero luogo educativo: i superiori si rapportino ai giovani con la loro ricca esperienza di padri e di educatori e tra tutti si instauri un clima fraterno.

34. Il rispetto dell’altro sarà la base di un rapporto da sviluppare fino a diventare amicizia. I militari, soprattutto quelli provenienti da comunità ecclesiali in cui hanno fatto forte esperienza di Chiesa, si sentano impegnati a creare anche nell’ambiente militare lo stesso stile di vita quale migliore predisposizione all’evangelizzazione.

35. Si curi soprattutto che la vita comune rappresenti sempre occasione di promozione per la persona, prevenendo ogni forma di sopraffazione e di violenza, rendendo vana ogni forma di arrangiamento a discapito del prossimo e correggendo coraggiosamente ogni espressione di oscenità degradante ed umiliante.

36. La caserma può cosí diventare luogo di accoglienza, di condivisione ed esperienza di autentica fraternità universale per giovani provenienti dalle piú diverse realtà sociali, culturali e di esperienze di vita; può essere sicuramente luogo in cui sperimentare, nell’integrazione delle varie culture locali, la ricchezza dell’unità nazionale.

37. Ogni comunità militare inoltre, potrà diventare attraverso la testimonianza evangelica, luogo per un’autentica testimonianza di vita per uomini che sono a servizio di grandi valori. “In forza del precetto della carità, che è il piú grande comando del Signore, ogni Cristiano è sollecitato a procurare la gloria di Dio con l’avvento del suo regno e la vita eterna a tutti gli uomini: perché conoscano te, l’unico vero Dio e colui che egli ha mandato, Gesú Cristo” [43].

38. I cristiani sono chiamati ad essere fermento per la santificazione del mondo militare, offrendo la testimonianza evangelica della loro vita “col fulgore della loro fede, della loro speranza e carità” [44]. “Spinti dalla carità che è da Dio, operano il bene verso tutti, ...eliminando ogni malizia e inganno, ipocrisie, invidie, maldicenze, attraendo, in questo modo, a Cristo” [45]. Amano non riducendo l’amore a merce di scambio, ma con amore gratuito e con perdono inesauribile: il perdono esprime infatti ricchezza di misericordia e di amore. La carità li rende capaci di esprimere il vero spirito delle beatitudini, sopportando anche persecuzioni per amore della giustizia [46].

39. La forza della nostra testimonianza sia attinta ai sacramenti, particolarmente all’Eucaristia che comunica e alimenta la carità [47] e si invochi incessantemente la potenza dello Spirito Santo che è forza e dolcezza, giustizia e pace.

40. La condizione militare comporta servizi a volte estenuanti, missioni lontane, trasferimenti e solitudini, lontananza da persone care: si ricordi perciò che sentimenti ed affetti verrebbero logorati, tra sofferenze e immaturità, se si perdesse il senso del vero amore.

41. La condivisione dei medesimi disagi, specialmente durante le operazioni lontane dalla caserma, sono occasioni per manifestare certe difficoltà non evidenti in altre situazioni, perché spesso celate da riserbo o da uno stile di dignità personale che non le rivela immediatamente: è impegno della nostra Chiesa Ordinariato Militare essere vicino a ciascuno che porta una croce per sostenerlo, offrirgli condivisione e procurargli aiuto.

42. Scoprire queste “povertà” non è facile: perciò, insieme all’impegno personale, si dia vita in ogni parrocchia militare ad un “osservatorio della carità” per individuare e provvedere alle varie necessità. Questo osservatorio opererà in stretto collegamento con l’Ufficio Caritas dell’Ordinariato Militare.

43. Non si trascuri la collaborazione tra le varie organizzazioni caritative sia della Chiesa Ordinariato Militare che delle Chiese locali sul cui territorio vive il nostro popolo. La collaborazione nella carità infatti, è l’elemento che meglio esprime la comunione tra le varie Chiese locali.

 

 

Carità nella comunità nazionale

44. La comunità nazionale ha tributato piú volte pubblico riconoscimento alle Forze Armate per il loro disinteressato servizio in difesa delle persone, soprattutto piú povere e in maggiore difficoltà.

45. In momenti di calamità nazionale i militari sono tra i primi che con il loro servizio, disinteressato e lontano dalla pubblicità, soccorrono i bisognosi. La nostra Chiesa presente tra loro riconosce in questi gesti la piú pura applicazione del Vangelo e li sostiene con l’incoraggiamento, la preghiera e l’aiuto materiale.

46. In simili circostanze non di rado alcuni dei nostri militari hanno offerto la vita: la nostra Chiesa li riconosce come i suoi eroi perché nel testimoniare con l’offerta della propria vita il servizio ai fratelli consiste la pienezza della carità.

47. La Chiesa Ordinariato Militare guarda ancora con particolare affettuosa attenzione agli uomini delle Forze Armate impegnati a combattere la criminalità. Esprime loro, anche attraverso questo Sinodo, la propria compiacenza e il riconoscimento per il valore insostituibile di questo servizio.

 

 

Carità nella comunità internazionale

48. Il cristiano militare, uomo della carità di Cristo per servire i fratelli, difendendo i valori fondamentali della vita dell’uomo tiene fisso lo sguardo su tutto il mondo nel quale è impegnato a difendere o garantire la pace.

49. Nutrendo il desiderio della pace e fraternità universale dilata il suo cuore e, rendendolo capace di una carità sempre piú grande, lo libera progressivamente da ogni forma di chiusura e di egoismo che impoveriscono e mortificano l’uomo.

50. In questa luce di fraternità universale il cristiano militare interviene prontamente dove è richiesta la sua opera in difesa della pace e va in soccorso alle popolazioni bisognose con tutta la ricchezza della civiltà del popolo italiano e con la forza della fede e dell’amore della sua Chiesa.

51. Come si è già verificato piú volte, la sua presenza rappresenta per molti una prima evangelizzazione che può aprire la porta alla conoscenza piena della verità e all’accoglienza del dono della salvezza.

52. Grande è la responsabilità del militare nelle missioni di pace: sia pure con la sua presenza armata, egli deve garantire rispetto e attenzione non soltanto alle persone ma anche alla loro cultura e alla loro fede. Grande stima riserverà ai militari delle altre nazionalità con i quali è chiamato a collaborare nella condivisione degli stessi ideali di sincera solidarietà.

53. Sia sempre fedele nell’osservare il diritto naturale delle genti e i suoi principi universali; onori i trattati e le convenzioni internazionali: essi rendono possibile la coesistenza del diritto internazionale di guerra e del diritto internazionale di pace.

54. La Chiesa Ordinariato Militare segue i suoi soldati nelle loro missioni di pace e li considera portatori della sua carità.

55. Di grande importanza per la crescita nella carità sono gli incontri internazionali dei militari, primo tra tutti il pellegrinaggio annuale a Lourdes: la comunione tra i vari Ordinari Militari, i cappellani e i militari delle diverse nazionalità è di grande aiuto per edificare la carità universale che deve animare l’intera famiglia umana.

 

 

A servizio della carità

56. La Chiesa Ordinariato Militare per poter assolvere al compito inderogabile di educare alla carità ed essere sempre attenta ai poveri in cui riconosce la presenza del Cristo, organizza la Caritas diocesana che, in collaborazione con la Caritas nazionale, rappresenta il centro animatore di tutta la nostra Chiesa.

57. Alla Caritas diocesana corrisponde la Caritas parrocchiale che agisce attraverso “l’osservatorio della carità” presente in ogni comunità militare e che costituisce il centro di osservazione, di animazione e di intervento nei confronti delle povertà presenti. Quest’ultimo curerà di coordinarsi con gli Uffici Caritas delle varie Chiese locali in cui vive il mondo militare. Appositi statuti e regolamenti organizzeranno la Caritas della nostra Chiesa a livello centrale e periferico.

58. Siano tenute in massima considerazione tutte le forme di volontariato presenti nel mondo militare: l’Associazione Per l’Assistenza Spirituale alle Forze Armate, la Croce Rossa Italiana, l’Opera di san Vincenzo e tutte quelle organizzazioni che si rivolgono alle diverse povertà dell’uomo.

 

 

Solo l’amore è credibile

59. La carità è linguaggio e componente essenziale dell’evangelizzazione, è attuazione esistenziale del Vangelo, è il tempio in cui si celebra la liturgia. L’evangelizzazione che deve essere nuova nel suo ardore, nei suoi metodi e nelle sue espressioni, trova nell’attuazione della carità la forza del suo slancio e la verifica della sua efficacia. Infatti, solo l’amore è credibile perché “se vedi la carità, vedi la Trinità” [48].

60. La Chiesa Ordinariato Militare è consapevole che senza la carità non si è niente e nulla giova. Perciò, i suoi membri desiderano soprattutto essere conosciuti come “coloro che si amano” [49]. In occasione di questo Sinodo, con l’apostolo Paolo ribadisce questa virtú come via piú eccellente di qualsiasi altra e ripropone per essa gli elogi divinamente ispirati: “La carità è paziente, è benigna la carità; non è invidiosa la carità, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia, ma si compiace della verità. Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. La carità non avrà mai fine... Queste dunque le tre cose che rimangono: la fede, la speranza e la carità; ma di tutte piú grande è la carità [50].

 

 

[1] 1 Gv. 4, 8.

[2] At. 17, 28.

[3] 1 Gv. 4, 9-10.

[4] Cfr. Rm. 8, 32.

[5] Gal. 1, 4.

[6] Cfr. Gv. 10, 17-18; Eb. 10, 5-7.

[7] Cfr. Rm. 5, 10.

[8] Cfr. Gv. 19, 30.

[9] Cfr. At. 2, 1-4.

[10] Cfr. Ef. 4, 3; Fil. 2, 1.

[11] Cfr. Rm. 5, 5.

[12] Cfr. 1 Cor. 12, 3.

[13] Cfr. Rm. 8, 15; Gal. 4, 6.

[14] Gv. 13, 34.

[15] Cfr. Vaticano II, Gaudium et spes, 38 a.

[16] Cfr. Rm. 4, 13.

[17] Cfr. Ef. 4, 16.

[18] Cfr. 1 Gv. 4, 7.

[19] Cfr. Gen. 1, 26.

[20] Ef. 1, 4.

[21] 1 Gv. 3, 16

[22] Cfr. Mt. 22, 34-40.

[23] 1 Cor. 12, 31.

[24] Cfr. Gv. 13, 35.

[25] Vaticano II, Lumen gentium, 56.

[26] Mt. 10, 20.

[27] Gal. 4, 6.

[28] Vaticano II, Unitatis redintegratio, 2 b; cfr. At. 2, 1-4.

[29] Giovanni Paolo II, Allocuzione a Loreto per il Convegno della Chiesa Italiana, 1985, 5.

[30] Vaticano II, Gaudium et spes, 3 d; cfr. Mt. 20, 28.

[31] Vaticano II, Ad gentes, 12c.

[32] Cfr. 1 Cor. 9, 19.

[33] Cfr. Gv. 15, 13.

[34] Paolo VI, Ecclesiam suam, III.

[35] S. Congregazione per i Vescovi, Ecclesiae Imago, 124.

[36] Paolo VI, Sacerdotalis caelibatus, 93.

[37] Cfr. Vaticano II, Lumen gentium, 28.

[38] Cfr. Vaticano II, Presbyterorum ordinis, 8.

[39] Cfr. Paolo VI, Sacerdotalis caelibatus, 80.

[40] Cfr. Ibid., 76.

[41] Cfr. Ef. 5, 22-33.

[42] Cfr. infra, 580-ss.

[43] Vaticano II, Apostolicam actuositatem, 3 b.

[44] Vaticano II, Lumen gentium, 31b.

[45] Vaticano II, Apostolicam actuositatem, 4.

[46] Idem.

[47] Cfr. Ibid., 3.

[48] S. Agostino, De Trinitate, VIII, 8, 12.

[49] Cfr. Gv. 13, 35.

[50] 1 Cor. 13, 4-ss.

 

 

 

La famiglia

1. La Chiesa Ordinariato Militare in modo particolare durante questo suo primo Sinodo rivolge la propria attenzione alla famiglia, auspicando che ogni militare l’apprezzi come bene preziosissimo, modello sociale e supporto fondamentale per la sua missione di difensore della pace.

2. La famiglia, in quanto struttura e capolavoro uscito dalle mani del Creatore, è cellula fondamentale della società umana, la origina e la modella.

3. Dio ha scelto l’immagine dell’amore sponsale per esprimere l’alleanza stipulata con Israele: “Io passai vicino a te e ti vidi. La tua età era ormai l’età dell’amore ed io stesi il lembo del mio mantello su di te... ed entrai in alleanza con te. E divenisti mia” [1]. “Ti farò mia sposa per sempre, ti farò mia sposa nella giustizia e nel diritto, nella benevolenza e nell’amore... e tu conoscerai il tuo Signore” [2].

4. Cristo, Dio fatto uomo, ha realizzato in modo perfetto l’alleanza sponsale tra la divinità e l’umanità e nel suo sacrificio della croce ha compiuto l’alleanza sponsale tra lui sposo e la Chiesa sua sposa. In rapporto a questo grande mistero “la realtà naturale del matrimonio diventa, per volontà di Cristo, vero e proprio sacramento della nuova alleanza, segnato dal sigillo del sangue redentore di Cristo” [3].

5. “Soltanto nella fede gli sposi possono scoprire ed ammirare in gioiosa gratitudine a quale dignità Dio abbia voluto elevare il matrimonio e la famiglia costituendoli segno e luogo dell’alleanza tra Dio e gli uomini, tra Gesú Cristo e la Chiesa sua sposa” [4].

6. L’amore di Dio vivifica la famiglia: “Infatti, come un tempo venne incontro al suo popolo con un patto di amore e fedeltà [5], cosí ora il Salvatore degli uomini e Sposo della Chiesa [6] viene incontro ai coniugi cristiani attraverso il sacramento del Matrimonio. Inoltre, rimane con loro perché, come Egli stesso ha amato la Chiesa e si è dato per lei [7], cosí anche i coniugi possano amarsi l’un l’altro fedelmente, per sempre, con mutua dedizione” [8].

7. Tuttavia, l’amore che unisce gli sposi tra di loro e con Dio “non ha il suo principio nella natura, ma in Dio ed essi sono esattamente come Cristo che, unito alla sua sposa la Chiesa, non è meno col Padre” [9].

8. Con la grazia del sacramento del Matrimonio la famiglia realizza la sua vocazione e missione: nel matrimonio gli sposi “diventano una sola carne” [10] e il Sacramento, inserendoli nel mistero di Cristo sposo e della Chiesa sua sposa [11], li rende cooperatori di Dio nell’opera della procreazione [12].

9. La famiglia cristiana, oltre ad esprimere l’alleanza di Dio con il suo popolo e di Cristo con la Chiesa, diviene icona vivente della Trinità, comunione di vita e di amore. Gesú stesso ci ha rivelato la realtà intima della sua “Famiglia divina”.

10. Nella famiglia di Nazareth vediamo pienamente realizzate le caratteristiche della famiglia cosí come voluta da Dio: alleanza sponsale, icona e partecipazione del mistero trinitario, abitazione di Dio. Facciamo riferimento ad essa quale immagine evangelica per tutte le famiglie.

11. Come la famiglia di Nazareth ogni famiglia riceve da Dio una missione fondamentale per l’umanità: “Custodire, rivelare e comunicare l’amore quale riflesso vivo e reale partecipazione dell’amore di Dio per l’umanità e dell’amore di Cristo Signore per la Chiesa sua sposa” [13].

12. Con il sacramento del Matrimonio l’amore coniugale, che partecipa dell’amore divino, è assunto, sostenuto e arricchito dalla forza redentiva di Cristo e dall’azione salvifica della Chiesa perché i coniugi, in maniera efficace, siano condotti a Dio e siano aiutati nello svolgimento della sublime missione di padre e di madre.

13. A livello umano, nessuna cosa può rendere grande l’uomo quanto l’essere sposo e padre; niente può rendere grande la donna quanto essere sposa e madre. Le relazioni familiari sembrano un riflesso di quelle trinitarie: lo sposo per la sposa e la sposa per lo sposo, la madre e il padre per i figli, i figli per i genitori.

14. Questo Sinodo riconosce e rispetta il valore della famiglia costituita da un matrimonio puramente naturale fondato sulla volontà sincera di coloro che non hanno voluto o non hanno potuto celebrare il sacramento del Matrimonio. Questo Sacramento infatti, oltre alla volontà espressa con il consenso, presuppone, come gli altri sacramenti, il dono della fede [14].

 

 

La famiglia “Chiesa domestica”

Famiglia, cellula di Chiesa

15. La famiglia cristiana, nata dal Sacramento, è costituita da Dio come “la cellula prima e vitale della società” [15]; è “come Chiesa domestica” [16]; “si deve mostrare come santuario domestico della Chiesa” [17]. In essa, come in un frammento, la Chiesa vive il suo mistero.

16. “I cristiani, già consacrati a Dio con il Battesimo, nuovamente sono corroborati e quasi consacrati [18] col sacramento del Matrimonio per i doveri e la dignità del loro nuovo stato. Ed essi, compiendo in forza di tale Sacramento il loro dovere coniugale e familiare, nello spirito di Cristo, per mezzo del quale tutta la loro vita è pervasa di fede, speranza e carità, tendono a raggiungere sempre piú la propria perfezione e la mutua santificazione, ed assieme rendono gloria a Dio” [19].

17. I coniugi, creati a immagine del Dio vivente e costituiti in un’autentica dignità personale, siano uniti da mutuo affetto, dallo stesso modo di sentire e da comune santità [20], cosí che, seguendo Cristo principio di vita [21], nelle gioie e nei sacrifici della loro vocazione, attraverso il loro amore fedele, possano diventare testimoni di quel mistero di amore che il Signore ha rivelato al mondo con la sua morte e la sua risurrezione [22].

18. Gli sposi sono per la Chiesa il richiamo permanente di ciò che è accaduto sulla croce. Sono l’uno per l’altra e per i figli, testimoni della salvezza e della gioia della risurrezione loro donate con il sacramento del Matrimonio dal quale il loro compito educativo riceve la dignità e la vocazione di essere un vero e proprio “ministero” della Chiesa al servizio dell’edificazione dei suoi membri [23].

19. “L’autentico amore coniugale godrà piú alta stima e si formerà al riguardo una sana opinione pubblica, se i coniugi cristiani danno testimonianza della fedeltà e dell’armonia nell’amore oltre che nella sollecitudine dell’educazione dei figli, e se fanno la loro parte nel necessario rinnovamento culturale, psicologico e sociale a favore del matrimonio e della famiglia” [24].

20. La famiglia, vivendo dell’amore sacramentale, deve formare gli uomini all’autentico amore reciproco e verso tutti; non si chiuda in se stessa ma, mossa dalla carità e dal senso della giustizia, esprima la propria disponibilità nell’accoglienza e nel servizio del prossimo.

 

 

Diritti e doveri della famiglia

21. La famiglia cristiana è la prima comunità chiamata ad annunziare il Vangelo ad ogni persona portandola, attraverso una progressiva educazione e catechesi, alla piena maturità umana e cristiana [25].

22. È dovere inalienabile e non delegabile dei genitori essere i primi educatori dei figli per “formarli, con la parola e l’esempio, nella fede e nella pratica della vita cristiana” [26]. Già dai primi anni di vita siano per i loro figli maestri di preghiera. In special modo, i figli siano da loro accompagnati e ben preparati ai sacramenti dell’Iniziazione cristiana.

23. Nell’intimo della famiglia come nella Chiesa, tutti i componenti evangelizzano e sono evangelizzati: i genitori comunicando ai figli il Vangelo possono anche riceverlo da loro stessi. I giovani possono contribuire a rendere la famiglia “sempre piú vera scuola di forza spirituale e di allenamento alle grandi conquiste umane e sociali” [27], evangelizzatrice di altre famiglie e dell’ambiente in cui è inserita [28].

24. Spetta ancora ai genitori, avvalendosi dell’azione pastorale della Chiesa, dare ai loro figli un’intelligente e completa educazione anche in materia di sessualità. È loro dovere aiutarli nella scoperta e nella realizzazione della loro specifica vocazione al matrimonio o alla totale consacrazione a Dio nella vita religiosa o sacerdotale.

 

 

Santità della famiglia, modello di Chiesa

25. La santità della famiglia è la via maestra e il percorso obbligato per costruire una società nuova e migliore e per ridare speranza nell’avvenire.

26. La famiglia, per il fatto stesso di essere icona della Trinità e “microcosmo sociale” [29], è il modello ideale al quale configurare le relazioni umane e dare forma alle strutture sociali, perché l’umanità possa realizzare la sua vocazione di universale famiglia umana.

27. La Chiesa, famiglia dei figli di Dio, chiede alla famiglia cristiana di “rendere manifesta a tutti la viva presenza del Salvatore nel mondo e la genuina natura della Chiesa, sia con l’amore, con la generosa fecondità, con l’unità e la fedeltà degli sposi, sia con l’amorevole cooperazione di tutti i suoi membri” [30].

28. La società è sempre in rapporto diretto a ciò che è la famiglia: la società di domani già inizia con la famiglia di oggi. Questo Sinodo è fermamente convinto che saranno le famiglie a salvare la famiglia, se consapevoli della loro forza educativa e forti della potenza di Dio.

 

 

La situazione della famiglia militare

29. Il servizio militare coinvolge tutto l’uomo e necessariamente ciò influisce sulla sua famiglia, caratterizzandola profondamente.

30. La Chiesa Ordinariato Militare comprende e condivide la condizione militare ben sapendo che essa impone pesanti ritmi di vita e disponibilità a numerosi spostamenti: nel progettare il loro matrimonio i fidanzati tengano presente questa particolare situazione dei militari.

31. Questo Sinodo, con la voce stessa del Concilio Vaticano II, chiede alle pubbliche autorità “di collaborare al bene del matrimonio e della famiglia..., di considerare come sacro dovere rispettare, proteggere e favorire la vera natura delle famiglie e la loro prosperità domestica” [31]. “Si tenga conto delle esigenze familiari per quanto riguarda l’alloggio, l’educazione dei figli, le condizioni di servizio, la sicurezza sociale e gli oneri fiscali” [32].

32. I militari avvertono e vivono con apprensione la difficoltà, conseguente ai numerosi spostamenti, di reperire un alloggio. Questo Sinodo invita le competenti autorità a considerare la gravità di questo fatto e i particolari disagi cui sono sottoposte le loro famiglie.

33. La nostra Chiesa rivolge inoltre pressanti appelli alle Chiese particolari affinché le famiglie dei militari trovino particolare accoglienza e attenzione pastorale cosí da agevolare il loro inserimento nella nuova realtà ecclesiale e sociale.

34. Sia riservata speciale attenzione alle famiglie dei caduti in servizio. Si offra loro solidarietà e collaborazione per alleviare le difficoltà morali e materiali derivanti da cosí gravi lutti. Si mantengano rapporti di amicizia anche con le famiglie dei congedati e degli appartenenti alle Associazioni d’Arma: questo Sinodo le considera, almeno moralmente, parte della nostra Chiesa.

 

 

La nostra pastorale familiare

35. La Chiesa Ordinariato Militare, consapevole della delicatezza e dell’importanza dell’istituzione familiare, impegna le proprie energie nel preparare, sostenere e sviluppare le famiglie affidate alla sua cura pastorale.

 

 

Preparare alla famiglia

36. L’ideale che deve animare i genitori cristiani nell’opera educativa dei figli sia la preparazione per realizzare nella loro vita quella vocazione a cui Dio li ha chiamati: renderli capaci di un amore fedele e di una dedizione totale. Per questo i genitori si impegnino, fin dalla piú tenera età, ad aiutarli a superare ogni forma di egoismo, offrano sempre il consiglio e l’esempio della vita perché la loro azione educatrice sia efficace e credibile, ricordando che i figli credono piú a testimoni che a maestri.

37. Fin dalla preparazione ai sacramenti dell’Iniziazione cristiana la vita sia proposta come vocazione, considerando il matrimonio o lo stato di consacrazione come vocazioni fondamentali su cui fondare la vita e su cui radicare ogni altra forma di servizio.

38. Il periodo di fidanzamento è tempo propizio per il discernimento della chiamata personale a sposare quella persona ed è per i fidanzati un importante tirocinio per “nutrire e potenziare il loro fidanzamento con un amore casto” [33], nella maturazione spirituale del rapporto affettivo.

39. Questo tempo di formazione è caratterizzato da una propria spiritualità [34]. La nostra Chiesa perciò si fa premura di organizzare corsi di preparazione al sacramento del Matrimonio affermandone con chiarezza le sue note essenziali. Auspica che nelle Scuole, nelle Accademie, nei Reparti di formazione di Ufficiali, di Sottufficiali e di volontari, si collabori per formare le coscienze dei giovani ai piú nobili valori della realtà familiare. Inoltre, offrendosi ai fidanzati come guida, assicura loro un autentico itinerario spirituale per guidarli alla maturità della fede.

40. La preparazione al Matrimonio nella realtà militare sia fatta con massima cura, considerando come primaria la formazione dei futuri sposi. La preparazione avvenga possibilmente in coppia, ma si accolga con uguale fiducia anche uno solo dei fidanzati che per motivi professionali sono lontani l’uno dall’altro. In questo caso, si assicuri all’assente la conoscenza delle riflessioni proposte, in maniera che i due possano dialogare, conoscersi meglio e progredire insieme nel cammino di spiritualità. La preparazione sia integrata da incontri di coppia con esperti e con sacerdoti qualificati.

41. Per la preparazione si seguano le apposite disposizioni emanate dall’Ordinariato Militare e, possibilmente, si faccia in modo che non si svolga nell’imminenza della celebrazione del Sacramento, ma sia vissuta con spazio di tempo adeguato e con la serenità necessaria per un reale discernimento finale.

42. Anche nei casi di piú immediata preparazione, la preghiera di coppia occupi il primo posto: se ne insegni il modo, si offrano sussidi e se ne verifichi il cammino ricordando che la preghiera comune è il cardine di ogni famiglia autenticamente cristiana.

43. La compilazione della documentazione sia colta anche come particolare occasione per spiegare il significato di quanto è richiesto: il Battesimo, la Confermazione, lo stato libero. Questo momento non appaia come una serie di atti burocratici, ma esprima la dignità del sacramento del Matrimonio, degli impegni e della preparazione spirituale necessaria per celebrarlo.

44. Le nostre chiese siano sempre a disposizione per la celebrazione del Matrimonio dei fedeli appartenenti all’Ordinariato Militare: la preparazione del rito e l’addobbo a festa della Chiesa siano realizzati con finalità di catechesi mistagogica, cioè con piena comprensione dei riti visibili e, per quanto possibile, della grazia invisibile.

 

 

Sostenere la famiglia

45. Nella sua opera evangelizzatrice la Chiesa Ordinariato Militare intende provvedere al bene delle famiglie educando le singole persone e le famiglie stesse a farsi prossimo reciprocamente, aiutandosi a superare le difficoltà e le prove comuni.

46. Alle famiglie che si sentono chiamate a essere di aiuto ad altre, propone un’adeguata preparazione, consapevole che solo una famiglia può offrire ad un’altra valido sostegno e autentica comprensione.

47. A supporto del cammino delle famiglie in difficoltà, si promuovano e si istituiscano consultori familiari dove vengano accolte, ascoltate, sostenute ed educate al rispetto della vita. Se necessario, vengano orientate verso altre strutture purché moralmente sicure.

48. La comunità cristiana sia particolarmente premurosa nei confronti delle persone sole per vedovanza, per separazione dovuta a trasferimenti, per infermità, per età avanzata o per scelta. Attesa la delicatezza delle loro situazioni, siano aiutate a superare i disagi tipici di uno stato di solitudine o di voluto isolamento.

49. I sacerdoti e i membri degli Istituti di vita consacrata che operano nella nostra Chiesa, pur nel sostanziale rispetto del carisma proprio e originario, considerino l’apostolato rivolto alle famiglie come uno dei compiti prioritari, reso ancor piú urgente dall’odierna situazione [35].

 

 

Sviluppare la famiglia

50. Crescere è dovere delle singole famiglie per realizzare pienamente la grazia del sacramento del Matrimonio.

51. L’Eucaristia “È la fonte stessa del matrimonio cristiano e nel dono eucaristico della carità la famiglia trova il suo fondamento” [36]. L’Eucaristia è l’essenza della vita della Chiesa e il centro attorno al quale si realizza la Chiesa domestica.

52. La preghiera trasmette l’energia piú forte ed efficace perché la famiglia cristiana assuma ed assolva in pienezza tutte le sue responsabilità di cellula prima e fondamentale della società umana. In tal senso l’effettiva partecipazione alla vita e alla missione della Chiesa nel mondo è proporzionale alla fedeltà e all’intensità della preghiera con la quale la famiglia cristiana si unisce alla vita che è lo stesso Cristo Signore [37].

53. La famiglia cristiana è comunità i cui vincoli sono rinnovati da Cristo mediante la fede e i sacramenti. La sua partecipazione alla vita della Chiesa deve avvenire secondo una modalità comunitaria: si prepari in essa, con un’autentica vita cristiana, la partecipazione all’Eucaristia festiva dove la comunità parrocchiale, “famiglia di famiglie”, esprime la sua vita e dona alle singole cellule la linfa vitale per tutto il cammino settimanale.

54. I coniugi in quanto coppia, i genitori e figli in quanto famiglia, vivano insieme il loro servizio alla Chiesa e al mondo. Nella fede siano un cuor solo e un’anima sola mediante il comune spirito apostolico che li anima e la collaborazione che li impegna nelle opere di servizio alla comunità ecclesiale e civile [38].

55. La famiglia, chiamata alla perfezione cristiana, nella santità trova la pienezza del suo sviluppo e la sua piena maturità. La Chiesa Ordinariato Militare sia attenta a quanto lo Spirito opera nelle famiglie e si impegni a curare lo sviluppo di tutte quelle grazie con cui Dio guida le famiglie alla perfezione.

56. Questo Sinodo auspica che sia riconosciuta ad ogni livello la santità delle famiglie che hanno camminato sulla via della perfezione e, in quanto famiglie, vengano proposte alla venerazione e all’esempio di tutta la Chiesa attraverso la canonizzazione.

57. La formazione alla vita spirituale delle nostre famiglie sia accompagnata dalla considerazione delle loro particolari condizioni. La Chiesa Ordinariato Militare si impegna con crescente zelo ad affermare i sacrosanti diritti e doveri della famiglia e ad operare affinché essa sia riconosciuta come “soggetto di diritti e di doveri, precedente allo Stato e a qualsiasi altra comunità” [39]. Ogni individuo sia sempre considerato come membro di una famiglia verso la quale ha diritti e doveri.

58. La Chiesa Ordinariato Militare considerando la famiglia come oggetto delle sue attenzioni pastorali e destinataria di evangelizzazione, auspica che la famiglia stessa diventi soggetto di evangelizzazione e di iniziativa pastorale soprattutto nei confronti delle altre famiglie.

59. La pastorale familiare dell’Ordinariato Militare sarà coordinata da un apposito Ufficio Centrale al quale faranno riferimento i responsabili delle singole Zone Pastorali. A detto Ufficio è affidato il compito di proporre, animare e verificare la pastorale familiare nella nostra Chiesa.

60. è auspicabile che in tutte le Zone Pastorali e possibilmente in ogni parrocchia militare, si realizzino incontri, programmati a livello di Chiesa Ordinariato Militare, per una catechesi permanente a favore delle famiglie dei militari. Nelle Zone Pastorali si giunga alla formazione di un consultorio familiare o si utilizzino quelli delle Chiese locali.

 

 

Aiutare la famiglia

61. Si abbia particolare attenzione alle famiglie in difficoltà, si preghi per esse e con delicatezza e rispetto si faccia il possibile per sostenerle e salvarle dalla separazione o dal divorzio.

62. Si considerino con rispetto quelle famiglie che non hanno alla loro origine la celebrazione del sacramento del Matrimonio: esse non solo non sono fuori dalla Chiesa, ma sono oggetto di particolare attenzione pastorale. Si cerchi con prudenza di avvicinarle, si studi la loro situazione e i motivi che indussero a quella scelta e, intravvedendone la possibilità, non si faccia mancare la proposta della celebrazione del Sacramento.

63. Con zelo pastorale e per quanto possibile con sollecitudine, si curi di regolarizzare la posizione matrimoniale di quei casi che secondo la legge della Chiesa si possono risolvere con dispensa e con sanazione in radice.

64. Le famiglie che provengono dal fallimento di un precedente matrimonio siano in primo luogo aiutate a verificare la validità di esso. L’Ufficio Giuridico dell’Ordinariato Militare si faccia carico di studiare le varie situazioni e se apparissero dubbi di nullità, si avvii il processo canonico presso i competenti Tribunali Ecclesiastici.

65. I Tribunali Ecclesiastici competenti per l’Ordinariato Militare in materia matrimoniale sono: per la prima istanza il Tribunale Regionale del Lazio; per l’appello il Tribunale di Appello presso il Vicariato di Roma; la Rota Romana, nei casi previsti.

66. Qualora non risultasse la nullità del precedente matrimonio non si abbandoni la famiglia, specialmente quando ancora impegnata nell’educazione dei figli, ma sia accompagnata con carità e misericordia in un cammino di fede perché possa giungere a delle scelte conformi al Vangelo. Diversa è la condizione di coloro che vivono separati e perciò diversa sarà nei loro confronti l’azione pastorale.

67. Qualunque sia la situazione familiare, quando i coniugi manifestano sentimenti religiosi e si impegnano a dare un’educazione cristiana, non si pongano difficoltà alla celebrazione del Battesimo e dei sacramenti dell’Iniziazione cristiana per i loro figli; anzi, si colga l’occasione per invitare rispettosamente i genitori a rivedere la situazione matrimoniale in cui si trovano.

 

 

Famiglia e nuova evangelizzazione

68. La Chiesa Ordinariato Militare a conclusione di questo documento sinodale, riafferma che la famiglia ha bisogno di essere nuovamente evangelizzata; deve riscoprire il suo ruolo di cellula primaria della società e della comunità cristiana; deve vivere la dignità di “Chiesa domestica”, “comunità credente ed evangelizzante, comunità in dialogo con Dio, comunità al servizio dell’uomo” [40]. All’interno di essa infatti, si vive la primordiale esperienza dell’incontro con Dio.

69. Non è facile pensare ad un avvenire migliore se la famiglia non diventa luogo privilegiato dell’accoglienza della vita, della crescita della persona, scuola di sapienza umana e di formazione spirituale.

70. In concomitanza con la celebrazione della “Giornata della vita”, in ogni parrocchia militare venga promossa dal cappellano con la collaborazione delle famiglie, la “Settimana della famiglia”. In detta ricorrenza le famiglie dei militari vivano forti esperienze di spiritualità: celebrazioni penitenziali ed eucaristiche, preghiere personali e comunitarie e si rinnovino gli impegni assunti con il matrimonio.

71. Questo Sinodo è profondamente convinto che la nuova evangelizzazione, il futuro della nostra Chiesa, della società civile e militare, dipenda in gran parte dalla “Chiesa domestica”. Ritiene pertanto che la presenza salvifica della Chiesa nel mondo passi in maniera singolare attraverso la famiglia, nata e sostenuta dal matrimonio cristiano [41]. Sente perciò necessario e primario impegno pastorale, edificare e dilatare la comunità ecclesiale attraverso la fondazione di nuove Chiese domestiche.

 

 

[1] Ez. 16, 8; Cfr. Ez. 16, 60-63.

[2] Os. 2, 21-22.

[3] Giovanni Paolo II, Lettera alle famiglie, Roma 1994, p. 18; Cfr. 1 Cor. 6,20.

[4] Id., Familiaris consortio, 51.

[5] Cfr. Os. 2; Ger. 3, 6-13; Ez. 16 e 23; Is. 54.

[6] Cfr. Mt. 9,15; Mc. 2, 19-20; Lc. 5, 34-35; Gv. 3, 29; 2 Cor. 11,2; Ef. 5,27; Ap. 19, 7-8; 21, 2.9.

[7] Cfr. Ef. 5, 25.

[8] Vaticano II, Gaudium et spes, 48; Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 1603.

[9] S. Giovanni Crisostomo, Omelia sul Matrimonio, III, 3.

[10] Cfr. Gn. 2, 24.

[11] Cfr. Ef. 5, 32.

[12] Cfr. Gn. 1, 28.

[13] Cfr. Giovanni Paolo II, Familiaris consortio, 17.

[14] Cfr. Sinodo dei Vescovi, 1980.

[15] Vaticano II, Apostolicam actuositatem, 11d.

[16] Idem.

[17] Idem.

[18] Cfr. Pio XI, Casti connubii.

[19] Vaticano II, Gaudium et spes, 48 d.

[20] Cfr. Sacramentarium Gregorianum, Migne, PL. 78, 262.

[21] Cfr. Rom. 5,15 e 18; 6, 5-11; Gal. 2, 20.

[22] Cfr. Vaticano II, Gaudium et spes, 52g.

[23] Cfr. S. Tommaso d’Aquino, Summa Contra Gentiles, IV, 58.

[24] Vaticano II, Gaudium et spes, 49 e.

[25] Cfr. Giovanni Paolo II, Familiaris consortio, 2.

[26] Codex Iuris Canonici, 774.

[27] Giovanni Paolo II, Saluto ai partecipanti ai Giochi della gioventú, Vaticano, 2 ottobre 1980.

[28] Cfr. Paolo VI, Evangelii nuntiandi, 71.

[29] G. Rocher, Introduction á la sociologie générale, Montreal 1968, p. 48.

[30] Vaticano II, Gaudium et spes, 48 g.

[31] Ibid., 52b; Catechismo della Chiesa Cattolica, 2210.

[32] Vaticano II, Apostolicam actuositatem, 11c.

[33] Vaticano II, Gaudium et spes, 49 a.

[34] Cfr. C.E.I., Direttorio di pastorale familiare per la Chiesa in Italia, Roma 1993, p. 59, 43.

[35] Cfr. Giovanni Paolo II, Familiaris consortio, 74.

[36] Cfr. Ibid., 57.

[37] Cfr. Ibid., 62.

[38] Cfr. Ibid., 50.

[39] Cfr. O.N.U., Carta dei Diritti della Famiglia, 30.

[40] Giovanni Paolo II, Familiaris consortio, 50.

[41] Cfr. C.E.I., Evangelizzazione e sacramento del Matrimonio, Roma 1975.

 

 

 

I giovani

1. L’immagine piú espressiva della Chiesa Ordinariato Militare è quella di una grande famiglia con molti figli giovani. Questi infatti, costituiscono la maggioranza dei componenti di questa Chiesa che durante questo Sinodo pensa a loro con particolare senso di responsabilità alla ricerca di linee pastorali adeguate, considerando il periodo della loro giovinezza quale momento fondante la vita di ogni uomo [1]. Essi sono la giovinezza di ogni famiglia, della società, delle nazioni e dell’intera umanità; sono la giovinezza della nostra Chiesa e delle nostre Forze Armate.

2. Come ogni famiglia anche la Chiesa Ordinariato Militare “guarda se stessa nei giovani” [2], presta ad essi la massima attenzione consapevole che, impegnandosi per questi giovani, lavora per tutti i giovani d’Italia, anche per quelli che hanno operato scelte diverse per servire la collettività.

3. Questa attenzione acquista una particolare rilevanza nella situazione odierna della società italiana ed europea: infatti, siamo messi di fronte ad una vera e propria “emergenza giovani”, della cui urgenza e drammaticità si sono rese particolarmente conto le famiglie.

4. Se dunque l’immagine della nostra Chiesa come “grande famiglia con molti figli giovani” è qualcosa di piú di un’efficace figura retorica, è fondamentale che la Chiesa Ordinariato Militare si impegni in prima persona per l’attuale “emergenza giovani”, secondo le sue limitate eppur concrete possibilità. Allo stesso tempo, proprio per questo suo impegno e questa sua peculiare relazione con il mondo giovanile, spetta proprio a questa Chiesa invitare l’intera società italiana, civile ed ecclesiale, ad impegnarsi perché l’emergenza giovani trovi immediate ed efficaci risposte.

 

 

La situazione giovanile attuale

5. La presenza di tanti giovani nel nostro mondo militare ci offre uno spaccato quasi completo dell’odierna società giovanile italiana con tutti i suoi valori e limiti, le sue speranze e illusioni, le sue reali capacità e le sue utopie, con tutti i suoi drammi e le sue disperazioni.

6. Chi in questi ultimi anni si è impegnato a servizio dei giovani è ben consapevole della progressiva e verticale caduta di valori e di prospettive che li ha colpiti. Alla crisi dell’Istituto familiare con il conseguente aumento di giovani con famiglie divise, alla crisi ormai cronica dalla fine degli anni ‘60 del rapporto fra i giovani e la Chiesa, ora si è aggiunta anche quella delle Istituzioni scolastiche.

7. L’ulteriore problema dell’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro e la prospettiva di non poter attingere nel futuro a molte delle odierne sicurezze sociali, giustifica il numero sempre crescente di quei giovani che oggi si sentono soli e senza prospettive per affrontare il loro futuro.

8. A questi motivi familiari e socioeconomici che, in parte possono spiegare le radici dell’attuale disagio giovanile, si aggiunge la mancanza di valori e modelli che la cultura minimalista oggi dominante non è in grado di offrire.

9. È triste vedere come i nostri giovani, prime vittime di questa cultura, siano succubi di una mentalità che privilegia l’attenzione esclusiva all’immediato e i propri interessi, quali unici valori a cui uniformare i propri progetti e comportamenti. Paradossalmente, le stesse “forze di progresso” che propagano una tale cultura, lamentano nei giovani una mancanza d’intraprendenza, una debolezza psicologica e assenza di prospettive.

10. Anche la famiglia cristiana sembra sia diventata succube di una tale mentalità e, d’altra parte, anche la formazione che i giovani ricevono nei nostri gruppi e associazioni non è piú sufficiente ad arginare l’individualismo e l’edonismo imperanti nella società contemporanea.

11. Troppo spesso tale formazione, impregnata di malinteso spiritualismo e ostentato pauperismo, non riesce a preparare moralmente il giovane alle reali e concrete battaglie della vita. In tal modo, nell’età adulta o si abbandonano le precedenti impostazioni “convertendosi” all’individualismo dilagante, o si corre il rischio di restare al margine della società.

12. Questa situazione di profondo disagio del mondo giovanile moltiplica le responsabilità della nostra Chiesa Ordinariato Militare che in occasione di questo Sinodo si impegna a stringere particolari vincoli di collaborazione con le altre Chiese diocesane a servizio di quei giovani che, anche se per breve tempo, vivono la condizione militare.

 

 

Accoglienza e ascolto dei giovani

13. Nei confronti dei giovani, l’atteggiamento iniziale della nostra Chiesa è di accoglienza, rispetto e simpatia sia per quanti scelgono il servizio militare, che per coloro che scelgono altra forma di servizio, con la consapevolezza che queste si integrano e si completano, soprattutto quando le necessità dei fratelli diventano piú urgenti.

14. Nel contesto della particolare emergenza giovani sopra ricordata, questo fondamentale atteggiamento di accoglienza dovrà assumere delle speciali connotazioni per la nostra Chiesa: si tratterà cioè di creare clima, occasioni, strutture di accoglienza e di ascolto del giovane che si avvicina per la prima volta al mondo militare.

15. Se ogni ambiente deve essere educativo ed elevante per ogni uomo, ancor piú quando al suo interno conta un gran numero di giovani. Infatti, “tutti gli uomini hanno l’inalienabile diritto ad una educazione che promuova la formazione della persona umana sia in vista del suo fine ultimo, sia per il bene delle varie società di cui l’uomo è membro ed in cui, divenuto adulto, avrà mansioni da svolgere” [3].

16. Il tempo del servizio militare, tempo di “addestramento”, sarà caratterizzato dalla massima recettività o dal totale rifiuto da parte dei giovani nella misura in cui l’ambiente e la proposta saranno altamente educative e propositive: solo cosí l’addestramento militare diventerà addestramento ed educazione alla vita e alle sue grandi responsabilità.

17. Perché ciò si realizzi occorre che il giovane venga accolto non solo in maniera virile, ma anche rispettosa della sua persona, come in un’autentica comunità. Da qui nasce la responsabilità per la nostra Chiesa di creare, animare e difendere questo clima di serenità e promozione umana all’interno della caserma.

18. La pur breve esperienza della vita militare può trasformarsi in un grande momento educativo per le caratteristiche particolari che essa presenta: per una vita in comune con persone di diversa estrazione sociale, culturale e regionale; per una disciplina posta a fondamento della vita comune; infine, per la possibilità di superare le proprie barriere provinciali o anche regionali attraverso le operazioni di pace in altri Paesi.

 

 

Contenuti generali della formazione: educare alla vita

Unità e complementarietà dei diversi piani educativi

19. Educare alla vita è l’aspetto fondamentale del progetto educativo cristiano. La stessa educazione alla fede è al servizio della vita, sia di quella terrena, che di quella eterna. Restituire ai nostri giovani l’amore e il rispetto della vita, vissuta come dono di Dio da sviluppare, è dunque l’obbiettivo principale dell’azione educativa della nostra Chiesa.

20. Educare il giovane al rispetto della vita deve essere obbiettivo fondamentale anche per l’Istituzione militare. Infatti, non è possibile avere persone professionalmente preparate a svolgere dei compiti in difesa della pace e della collettività, quando non siano state educate a valorizzare e rispettare la propria ed altrui vita.

21. Nell’ambito di questo progetto generale si inserisce lo specifico contributo che la Chiesa Ordinariato Militare offre per la formazione della coscienza dei giovani: a tutti consente una formazione piú generale ai valori basilari per il rispetto, la difesa e la promozione della vita umana, al fine di vivere il servizio militare quale autentico servizio alla giustizia e alla pace; a quei giovani che vivono nelle Scuole e nelle Accademie militari offre una formazione piú specifica, finalizzata a fare del militare di professione un autentico cristiano ed effettivo servitore della giustizia e della pace [4].

 

 

Rispetto della propria vita

22. Educare al rispetto della propria vita in quanto dono di Dio per gli altri, è il primo atteggiamento da far maturare nei giovani. L’attuale clima culturale, economico e sociale non favorisce questo atteggiamento: si è diffuso infatti, un certo disprezzo per la propria esistenza, un atteggiamento passivo nei confronti di essa tendente piú a “lasciarsi vivere”, che ad essere protagonisti delle proprie scelte, soprattutto quando il futuro sembra essere difficile e insicuro.

23. Per poter superare efficacemente i motivi di fondo di questo disagio, la nostra Chiesa - nonostante la vastità delle problematiche e il tempo limitato a sua disposizione - sente l’urgenza di far maturare nei suoi giovani, fiducia e ottimismo nei confronti della vita, sostenendoli sia con i mezzi soprannaturali della fede, della speranza e della carità cristiane, che con l’aiuto della grazia, cosí da poter efficacemente lottare contro tutto ciò che mette in pericolo il valore della loro esistenza.

24. Perciò, occorre aiutare il giovane a comprendere i profondi cambiamenti del mondo che lo circonda, moltiplicando iniziative di incontro e di formazione. Queste dovranno riguardare ciò che sta piú a cuore a chi vuole costruirsi un futuro: il lavoro, la famiglia, l’impegno sociale, i mutamenti del mondo economico, politico, sociale, previdenziale, sia a livello nazionale che internazionale.

25. Attraverso questo programma globale, fatto di stimoli e suggestioni alla riscoperta dei valori concreti che rendono la vita meritevole di essere vissuta, bisogna poi far emergere nel militare di professione, le motivazioni che stanno alla base della propria scelta: occorre cioè far comprendere che tali motivazioni non possono essere esclusivamente economiche, altrimenti avremmo non dei professionisti, ma dei mercenari.

 

 

Rispetto della vita altrui

26. “La vita vale in quanto è spesa per gli ideali superiori di altruismo, di abnegazione e di amore per il bene del prossimo in difficoltà. Darete, in questo modo, un preciso significato alla vostra vita, attuando una chiara parola del Signore, quando dice nel Vangelo di Giovanni: “Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati” [5].

27. Il rispetto e il servizio agli altri non nasce all’improvviso o al verificarsi di calamità naturali o di crisi internazionali: è un atteggiamento che va preparato e vissuto nel quotidiano. Occorre dunque educare i giovani militari a quel virile rispetto che esalta la dignità non solo dell’uomo che lo riceve, ma anche di colui che lo sa dare.

28. Ciò significa vigilare ed operare concretamente perché ad una cultura e ad una pratica che spesso è quella della sopraffazione del piú debole, si sostituisca una cultura della solidarietà; e perché si affermi tra i giovani una nuova mentalità secondo la quale l’adempimento del proprio dovere non è fatalità a cui sottostare passivamente o cui cercare di sfuggire, ma è un servizio reso agli altri. Pertanto, siano valorizzate e adeguatamente preparate le prime responsabilità di “comando”, ricordando di aver a che fare con degli uomini e non con passivi esecutori.

 

 

Rispetto dell’ambiente

29. In un progetto concreto d’educazione alla vita non risulta fuori luogo insegnare ai giovani il rispetto dell’ambiente in cui vivono e lavorano: la caserma è il loro ambiente e la loro casa. È indispensabile ricercare e valorizzare in essa, luoghi e spazi che consentano un’elevazione culturale e morale: biblioteche, sale di lettura e ambienti ricreativi.

30. Moltiplicando sia le occasioni di incontro e confronto, che le iniziative per un utilizzo costruttivo dei tempi e degli spazi comuni, si aiuteranno i giovani a reagire in maniera preventiva alla cultura del vandalismo, lesiva della dignità e dell’interesse proprio ed altrui.

 

 

Gestire il tempo libero

31. La vita è costituita dal tempo che si ha a propria disposizione: gestire il proprio tempo significa gestire la propria vita. Educare il giovane militare alla vita vuol anche dire aiutarlo a gestire il proprio tempo.

32. Il tempo libero è certamente tempo per una giusta evasione dagli impegni quotidiani; ciò non contrasta con il ritenerlo tempo utile per migliorarsi o addirittura, occasione opportuna per mettersi gratuitamente al servizio degli altri.

33. La Chiesa Ordinariato Militare programmi perciò una serie di vere e proprie “occasioni formative” per tutti i suoi giovani, possibilmente in collaborazione con le associazioni giovanili diocesane o cittadine, favorendo in tal modo l’integrazione tra i giovani militari e i loro coetanei.

34. Tali iniziative potranno riguardare, oltre che attività di tipo spirituale e religioso, anche incontri e momenti di confronto con esperti che aiutino i giovani militari a diventare progettuali nei confronti della propria esistenza: occorre dare ad essi dei validi motivi per sperare nella loro vita.

35. Queste iniziative dovranno perciò aiutare i giovani secondo due direttive fondamentali: individuare i principi da abbracciare e i comportamenti fondamentali da attuare per poter costruire una famiglia stabile; orientarsi negli attuali e tumultuosi cambiamenti del mondo religioso, sociale, politico ed economico.

36. La Chiesa Ordinariato Militare invita inoltre i propri giovani ad inserirsi nelle attività di pastorale giovanile organizzate dalle Chiese locali, auspicando che tali occasioni d’incontro e di formazione possano prevedere anche la costituzione di centri formativi, culturali e ricreativi, stabili a livello cittadino.

37. Tali nuovi ed originali impegni formativi richiedono una presenza piú incisiva dei cappellani militari e dei loro collaboratori piú impegnati, oltre che l’approvazione e il sostegno dell’autorità militare.

 

 

Contenuti generali della formazione: educare alla fede

Riscoperta del vangelo

38. “Sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza” [6]: è questo il lieto annuncio che un cappellano militare, impegnato nell’azione pastorale sopra descritta, deve essere in grado di “rappresentare in maniera viva” [7] agli occhi dei suoi giovani.

39. Partendo da questa concreta testimonianza diventerà piú facile svolgere la sua azione evangelizzatrice, guidandoli ad un incontro personale col Cristo attraverso il messaggio del Vangelo, concreta risposta agli eterni problemi della vita dell’uomo.

40. Il Vangelo non è libro di devozione, ma progetto di vita, trattato fondamentale d’architettura per la costruzione della propria esistenza.

 

 

Vita sacramentale

41. Altro momento fondamentale da proporre ai nostri giovani per la riscoperta della fede, è quello di una piú approfondita vita sacramentale, cominciando da una preparazione e partecipazione piú attiva all’Eucaristia domenicale.

42. La Chiesa della caserma diviene poi, possibilità offerta a tutti di poter trascorrere momenti di preghiera personale o comunitaria davanti all’Eucaristia. Se anche un piccolo gruppo frequentasse assiduamente questo incontro personale con il Signore, si creerebbe tra tutti un clima favorevole per la riscoperta della fede.

43. L’amicizia e la familiarità con i giovani militari può essere l’opportunità per indurre molti di loro ad una serena apertura di coscienza con il cappellano fino a giungere alla celebrazione del sacramento della Riconciliazione.

44. Infine, per molti dei nostri giovani il servizio militare costituisce la prima occasione per avvicinarsi alla vita sacramentale o per riprenderla in occasione della preparazione al sacramento della Confermazione. Perciò, questo Sinodo raccomanda vivamente che l’itinerario di preparazione ai sacramenti dell’Iniziazione cristiana abbia un posto di preminenza in tutta la pastorale sacramentale militare.

 

 

Esperienza di Chiesa

45. Solo nel modo in cui il cappellano sarà riuscito a creare un clima di accoglienza, di amicizia e di condivisione e nella misura in cui l’incontro con Cristo, attraverso il Vangelo e l’Eucaristia, sarà divenuta l’esperienza di molti, si potrà validamente introdurre i nostri giovani anche ad un’autentica esperienza di Chiesa.

46. Uno dei fondamentali criteri di autenticità di questa esperienza di Chiesa sarà il costatare fra i giovani il diffondersi di un atteggiamento di gioioso servizio agli altri. La vita militare è piena di tali occasioni piccole e grandi, umili e sconosciute: mediante il Vangelo e la grazia di Dio ognuno di tali momenti può trasformarsi in un’occasione per creare autentico spirito di servizio evangelico.

47. Per la quasi totalità di questi giovani il periodo della vita militare sarà anche l’unica esperienza fatta di vita in comune con un sacerdote. Questa condivisione della vita quotidiana con il proprio cappellano, può cambiare la vita del giovane, confermarlo nei suoi pregiudizi verso i sacerdoti o aprirlo definitivamente ad una dimensione nuova e piú impegnata del suo essere cristiano. La consapevolezza di tutto questo deve costituire un momento di seria riflessione per tutti cappellani militari.

 

 

I soggetti educanti

48. Primi responsabili dell’educazione dei giovani militari sono gli Ufficiali e i Sottufficiali incaricati della vita della caserma: chiunque porta un grado è direttamente o indirettamente responsabile di uomini e può essere per la loro formazione, occasione di crescita o di regresso.

49. Molti giovani segnati dalle prove della vita, in particolare dall’esperienza di una famiglia divisa, possono ritrovare nell’attenzione intelligente di un superiore quella fiducia e quella gioia che permettono loro di guardare con serenità al loro futuro.

50. Perciò, insieme ai loro militari i superiori instaurino nelle caserme un clima sereno e costruttivo, propositivo di valori e preventivo di gesti tipici di uomini massificati, anziché di fratelli e amici che vivono come in famiglia.

51. I giovani sono i migliori educatori dei giovani: questo Sinodo invita tutti coloro che nelle loro comunità familiari, parrocchiali e sociali hanno ricevuto una formazione piú accurata a non nascondersi tra la massa, ma a qualificarsi mettendosi a servizio di tutti per creare un ambiente sereno ed educativo.

52. I cappellani militari, insieme agli altri incaricati della formazione, sono gli animatori di questo ambiente: portino in esso con l’attiva presenza, con una coerente testimonianza e con proposte adeguate, i valori evangeli, efficace predicazione per quelli che non credono.

53. In particolare, i cappellani ricordino di essere stati mandati per gli uomini e non per le strutture. Loro compito specifico è di essere disponibili all’incontro personale, non soltanto aspettando, ma ricercando anche i piú lontani. I giovani hanno particolare bisogno di essere ascoltati: solo in questo modo si possono conoscere le loro necessità e preparare strutture adeguate alle loro esigenze. Il cappellano, libero da ogni altro problema, senta di essere mandato solo per i suoi militari e prima di tutto per ascoltarli, sostenerli, consolarli, animarli e consigliarli con spirito autenticamente evangelico.

 

 

Le modalità dell’azione educatrice

54. I giovani che hanno scelto il servizio di leva sono coloro che permangono nella Chiesa Ordinariato Militare solo per breve tempo: non per questo vengano trascurati anzi, si approfitti di questa occasione per far sperimentare una nuova realtà di Chiesa, soprattutto se da tempo avevano interrotto la pratica religiosa. La nostra Chiesa sia immediatamente riconoscibile in caserma attraverso la costante presenza dei cappellani.

55. Durante un primo incontro in cui verrà presentata loro la Chiesa Ordinariato Militare e soprattutto il ruolo del cappellano, si informi subito che nelle loro varie destinazioni troveranno accoglienza: un altro cappellano e nuovi amici saranno disponibili per un cammino di fede. Le persone disponibili o bisognose di particolare attenzione siano segnalate ai cappellani delle ulteriori destinazioni, perché non manchi loro particolare accoglienza e aiuto. Si presentino loro i servizi e le disponibilità che la Chiesa offre, sia per la vita sacramentale che per una possibile verifica della propria vita.

56. Per gli allievi Ufficiali o Sottufficiali si consideri soprattutto che essi intraprendono un servizio per tutta la vita: si dia quindi la massima importanza all’educazione nelle Scuole e nelle Accademie militari, curando che diventino sempre piú ambienti di vera educazione e non solo di apprendimento di una professione.

57. Si curi in particolare di offrire a ciascuno valide motivazioni per vivere la loro professione militare come vera vocazione. Il loro progressivo inserimento nel mondo militare sia sempre illuminato da motivazioni alte e nobili, come la difesa dei fratelli e dei loro valori, affinché l’addestramento al coraggio e al rischio non indurisca il cuore ma lo nobiliti e lo renda sempre piú generoso.

58. Si ricordi che nella vita militare i gradi rappresentano sempre responsabilità nei confronti degli uomini loro affidati e che comandare non significa soltanto dare ordini, ma coinvolgere, animare, responsabilizzare, trascinare con l’esempio. Non si dimentichi mai che il comando è un servizio e che, per il Vangelo, chi è primo è servo di tutti [8].

59. Il cappellano militare che può disporre della presenza prolungata degli allievi, proponga loro un’autentica e sistematica formazione alla vita spirituale, offrendo sia un accompagnamento personale, che gli altri aiuti necessari per progredire nella via della fede. Non si dimentichi mai che ogni cristiano, quindi anche ogni militare, è chiamato alla santità.

60. Ogni cappellano elabori perciò, una proposta adeguata alla permanenza nel contesto della struttura militare: niente sia affidato alla casualità, ma si provveda, anche in relazione ai periodi piú brevi, a presentare ai giovani i valori irrinunciabili; per i periodi piú lunghi, si preveda una proposta educativa piú articolata, tenendo presenti sia l’età che la condizione dei soggetti.

 

 

I valori a cui educare

Valore della vita, della giustizia e della pace

61. La Chiesa Ordinariato Militare è consapevole della sua responsabilità di contribuire all’educazione integrale dei suoi giovani ed ha la certezza che un militare autenticamente cristiano sarà anche il miglior militare come pure il miglior cittadino, sposo e padre. Nel rispetto di ogni persona, ha la consapevolezza di contribuire efficacemente alla difesa di quei valori che sono alla base della vita militare e della stessa società civile.

62. La nostra Chiesa è impegnata ad educare a quei valori che i suoi membri, per particolare vocazione e missione, sono chiamati a difendere fino al dono totale di sé: la vita, la giustizia e la pace.

63. Il primo dei valori che deve sostenere l’opera del militare è quello della vita umana, intesa quale prezioso dono di Dio. Per difenderla egli è autorizzato anche all’uso della forza. Per tale motivo potrebbe trovarsi in un conflitto interiore: solo chi è amante della vita e autentico cristiano può adeguatamente porsi ed efficacemente risolvere questo dissidio.

64. Il rispetto della giustizia è l’altro grande valore che il militare è chiamato a difendere in tutte le sue dimensioni: difesa della persona, dell’ordine sociale, del diritto, dei confini nazionali e, addirittura, difesa della pace in occasione di conflitti internazionali.

65. Coloro che hanno ricevuto dalla società l’autorizzazione all’uso delle armi per difendere i valori fondamentali dell’uomo non possono essere che uomini di pace. La difesa della pace dovrà essere sentita da tutti come il principale dovere, inerente la propria missione, sia all’interno della propria Nazione che a livello internazionale.

66. Pertanto, in occasione di questo suo Sinodo la Chiesa Ordinariato Militare si impegna ad educare efficacemente il cuore di ogni militare al rispetto della vita, della giustizia e della pace chiedendo per tutti gli uomini, con insistente preghiera a Dio, il dono della pace, primo tra i doni dello Spirito Santo.

 

 

Vita come risposta ad una vocazione

67. Educare i giovani alla vita, significa aiutarli a scoprire la propria vocazione e aiutarli a realizzarla. La nostra Chiesa sarà attenta ad ogni persona perché si senta realizzata e motivata in quello che fa.

68. Pertanto, si inviti a scoprire il servizio militare come vera e propria vocazione al servizio dei fratelli; questa possibilità sia offerta in particolare a coloro che hanno scelto questa strada, primariamente per motivi occupazionali.

69. La vocazione alla famiglia precede la scelta della vita militare: quest’ultima deve trovare in quella il suo supporto. Infine, si ricordi che ogni vocazione si riassume nell’unica chiamata alla felicità per la quale Dio ci ha creati e che raggiungeremo pienamente in lui, dopo essere vissuti nell’amore.

70. La massiccia presenza di giovani nella Chiesa Ordinariato Militare influenza fortemente la sua fisionomia e le impone di essere rivestita di quelle specifiche caratteristiche che qualificano il periodo della giovinezza, affinché i giovani - non solo si sentano accolti - ma con la loro attiva presenza, sappiano di conservarla giovane, senza macchia e senza ruga.

71. L’impegno di accoglienza, di ascolto e di attenzione ai giovani fa della nostra realtà una “Chiesa della speranza”, tutta protesa verso il futuro che essa stessa, con la grazia dello Spirito, ha coscienza di costruire fin dal presente.

 

 

[1] Cfr. Giovanni Paolo II, Lettera apostolica in occasione dell’Anno internazionale della gioventú, Città del Vaticano 1985, 1.

[2] Cfr. Ibid., 15.

[3] Vaticano II, Gravissimum educationis, 2.

[4] Cfr. infra, nn. 558-ss.

[5] Giovanni Paolo II, Il Papa ai militari, Roma 1989, p. 61.

[6] Gv. 10,10.

[7] Cfr. Gal 3,1.

[8] Cfr. Mc. 9, 35.

 

 

 

Il cappellano militare

1. “Quando parliamo del Sacerdozio e ne diamo testimonianza, dobbiamo farlo con grande umiltà, consapevoli che Dio ‘ci ha chiamati con una vocazione santa, non già in base alle nostre opere, ma secondo il suo proposito e la sua grazia’. Contemporaneamente ci rendiamo conto che le parole umane non sono in grado di reggere il peso del mistero che il sacerdozio porta in sé” [1].

2. Questi sentimenti del Sommo Pontefice Giovanni Paolo II hanno ispirato questo documento del primo Sinodo che la Chiesa Ordinariato Militare ha celebrato per chiarire e verificare in special modo l’identità dei suoi cappellani militari. Sente ora l’urgenza di dover corrispondere fedelmente a quella vocazione e missione particolare che la Chiesa universale le ha affidato attraverso il servizio insostituibile dei suoi sacerdoti.

 

 

Identità del cappellano militare

3. Il cappellano militare è cosí denominato per la sua condizione di sacerdote cattolico che, fornito delle necessarie qualità per svolgere proficuamente questa speciale missione pastorale all’interno della realtà militare, esercita il suo ministero in forma stabile sotto la giurisdizione dell’Arcivescovo Ordinario Militare.

4. L’istituzione ecclesiastica di cappellano militare e il conferimento della missione canonica è competenza propria dell’Ordinario Militare; la nomina di cappellano militare è invece effettuata con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Ministro della Difesa [2], previa designazione dell’Ordinario Militare.

5. Il servizio specifico di cappellano militare presenta le seguenti caratteristiche:

- stato di sacerdote cattolico e complesso dei diritti-doveri inerenti al grado di cappellano militare [3];

- assimilazione di rango ai diversi gradi militari [4];

- incompatibilità di qualsiasi occupazione o attività che esuli dai compiti di cappellano militare in servizio permanente [5];

- presenza continua e condivisione della vita dei militari;

- esigenza di frequente mobilità.

6. L’aggettivo “militare” che caratterizza questo particolare ministero sacerdotale è assunto e condiviso lealmente, affinché la Chiesa possa portare il gioioso annuncio del Vangelo all’interno della stessa realtà militare. Il cappellano sappia che in questo modo egli incarna la mediazione di Cristo Pastore nelle istituzioni e nella vita di questi cristiani, uomini in armi.

7. Il cappellano militare, nella fedeltà al sacro ministero, come servizio e solo per il servizio, assuma con umiltà i gradi ed i successivi avanzamenti per anzianità o merito [6]: farsi servo di tutti per guadagnare a Cristo il maggior numero di persone [7] e farsi tutto a tutti per salvare a ogni costo qualcuno [8], costituisce sicuramente il titolo preferenziale.

8. La condizione di cappellano militare richiede particolari qualità:

- disposizione ad una pastorale autentica ma adeguata allo stile della vita militare, dinamico e operativo;

- piena disponibilità all’accoglienza e alla ricerca dei piú lontani ed in difficoltà;

- condivisione piena del tempo e dei disagi nella complessità della vita militare;

- giovinezza di spirito, anche se in età matura, per questo ambiente costituito soprattutto di giovani;

- stabilità e maturità affettiva e psicologica, necessarie per superare solitudine e scoraggiamento;

- trasparenza di vita, autenticità evangelica e sacerdotale;

- grande intimità con Dio e passione per il Vangelo.

 

 

Preparazione

9. Tutta la Chiesa Ordinariato Militare abbia particolare cura delle vocazioni sacerdotali, chiedendole a Dio attraverso la preghiera, promuovendo settimane e incontri vocazionali per i militari e sostenendo qualsiasi forma di vocazione possa manifestarsi durante il servizio militare: il cappellano sia attento nell’individuare, incoraggiare e sostenere i giovani a lui affidati o i sacerdoti idonei per il servizio di cappellano militare.

10. L’Ordinariato Militare accetti coloro che, già sacerdoti, desiderano entrare nel nostro Presbiterio; accolga con gioia le vocazioni al Presbiterato, curando nell’apposita Scuola per cappellani militari, la formazione di quanti aspirano al sacerdozio, preparandoli a ricevere gli Ordini Sacri.

11. La Scuola per cappellani militari è istituita dall’Ordinario Militare conformemente alle modifiche apportate alla legge n. 512 del 1 giugno 1961 con le quali il Ministero della Difesa la riconosce e se ne assume gli oneri. In essa siano accolti tutti i giovani - preferibilmente provenienti dal mondo militare - che, avendo completato gli studi secondari, desiderano prepararsi al Presbiterato aspirando a divenire cappellani militari. Per la preparazione culturale e teologica gli aspiranti cappellani militari frequentino possibilmente le Università o gli Atenei Pontifici romani; la loro educazione sia seguita dai superiori nominati dall’Ordinario stesso.

12. Per la loro formazione ci si attenga fedelmente a tutte le norme emanate dalla Chiesa per i candidati al Presbiterato. Durante la preparazione, oltre al discernimento vocazionale, si offra un orientamento allo specifico servizio di cappellano militare, curando contatti e inserimenti periodici negli ambienti militari.

13. I candidati ammessi al Diaconato possono scegliere l’incardinazione sia nella Chiesa Ordinariato Militare che in altra diocesi, preferibilmente quella di origine.

14. Per quei sacerdoti provenienti da diocesi, Ordini, Congregazioni Religiose o Istituti di vita consacrata che chiedono di inserirsi nel Presbiterio dell’Ordinariato, si attui una specifica preparazione affinché, con retto discernimento, possano impegnarsi in questa particolare forma di apostolato.

15. L’età massima per accedere al servizio di cappellano militare è di 48 anni non compiuti. I primi due anni si svolgano nel ruolo di complemento, consentendo sia all’Ordinario che al nuovo cappellano militare reciproca conoscenza ed autentica verifica. Trascorso questo tempo di prova, dopo richiesta dell’interessato, con giudizio insindacabile dell’Ordinario Militare e a norma di legge, dal ruolo di complemento si transiti nel ruolo del servizio permanente.

 

 

Ufficio

16. Il cappellano militare, nell’ambito a lui assegnato e nei confronti delle persone a lui affidate, gode dei diritti ed è tenuto ad osservare i doveri dei parroci [9]. I cappellani militari curino particolari rapporti fraterni con i parroci del luogo: con loro infatti, esercitano la giurisdizione cumulativa [10] per il bene delle anime.

17. L’Ordinario Militare, affidando al cappellano la cura di una parte del suo gregge, lo nomina parroco di quella porzione di Chiesa e dispone che venga immesso nel nuovo ministero con un rito, significativo del ruolo e della responsabilità assunta per i suoi fedeli. Insieme agli altri cappellani partecipa al ministero episcopale di istruire, santificare e governare il Popolo di Dio [11].

 

 

Servo di tutti per guidare

18. “Pascete il gregge di Dio chi vi è affidato, sorvegliandolo non per forza ma volentieri, secondo Dio; non per vile interesse, ma di buon animo; non spadroneggiando sulle persone a voi affidate, ma facendovi modello del gregge” [12]. Il cappellano militare si impegni perciò totalmente nella vita evangelica, mostrando con tutto se stesso di incarnare l’immagine del Buon Pastore che pasce e dà la vita per il suo gregge.

19. Sia sempre disponibile ad accogliere chiunque ricorre a lui per qualsiasi necessità, ricordando però di essere chiamato a sostituire la pastorale dell’accoglienza pura e semplice con quella della ricerca intraprendente, andando anche verso quelli che da lui preferiscono stare lontano.

20. Il cappellano militare superi la tentazione della massa e viva con gioia l’incontro con ogni persona, sempre unica e irripetibile: l’importanza di un incontro si pone in rapporto al mistero di ciascuna persona che lo vive, all’intensità della fede delle persone che si incontrano, ai misteriosi disegni della Provvidenza che conosce tempi e momenti.

21. Come Gesú Buon Pastore che conosce e chiama per nome le sue pecore [13], il cappellano si prepari a servire ricercando le esigenze di chi è stato affidato alle sue cure. Individui coloro che ancora non hanno ricevuto i sacramenti dell’Iniziazione cristiana per proporre loro, dopo un’adeguata preparazione, la possibilità di riceverli [14].

22. Con profondo rispetto e disponibilità, il cappellano militare sia sempre sollecito anche verso le persone che appartengono ad altre confessioni religiose: a loro favore intervenga presso i Comandi affinché possano osservare le loro pratiche religiose e, per quanto possibile, insieme alle rispettive comunità.

23. Il Servizio di Assistenza Spirituale vuol cosí essere una doverosa risposta, anche oltre la dimensione propriamente religiosa, alle insopprimibili e crescenti esigenze spirituali di coscienze libere; vuol essere proposta e aiuto per ricercare e realizzare, nell’esperienza religiosa, gli ideali supremi della vita: non ricerca privilegi e concessioni ma è fedele adempimento di quanto, nel rispetto democratico delle libertà personali, è accolto e tutelato dalla vigente normativa in materia.

24. La presenza del cappellano, ponendosi come segno autentico di libertà, di rispetto, di benevolenza e di servizio verso tutti, potenzia la tranquillità e l’armonia dell’ambiente, per cui la stessa convivenza umana raggiunge forme piú elevate di decoro e di solidarietà.

 

 

Per evangelizzare

25. “Vorrei gridarvi due parole. Innanzitutto: annunciate la Parola in tutta chiarezza, indifferenti al plauso o al rifiuto! Secondo: annunziate la Parola con tutto l’amore del Buon Pastore che si dà, che cerca, che comprende” [15].

26. Compito principale del cappellano e ragione della sua presenza tra i militari sia di annunciare il Vangelo. Senta di essere verso tutti debitore del Vangelo, nel senso che a tutti deve comunicare la sua verità e l’annuncio della salvezza nel Signore [16]. Come testimoniato dal diacono S. Efrem Siro, ‘dipinga con le azioni della propria vita le pagine del Vangelo che egli legge’: la sua vita sia quindi, testimonianza e profezia evangelica.

27. Non trascuri l’evangelizzazione per “categorie”: il Vangelo è per tutti, ma ognuno ha bisogno di un particolare annuncio per poterlo attuare nella propria vita. Le reclute, i volontari a ferma prolungata o i militari in servizio permanente, siano aiutati ad attuare il Vangelo secondo le loro peculiari responsabilità.

28. Particolare cura sia garantita a questi ultimi e alle loro famiglie, residenti per lungo tempo nel medesimo luogo. Il cappellano ne curi la catechesi, particolarmente la preparazione dei figli ai sacramenti dell’Iniziazione cristiana o dei giovani al sacramento del Matrimonio.

29. Luogo privilegiato di evangelizzazione e di santificazione siano i pellegrinaggi militari. I cappellani li favoriscano, sapientemente li organizzino e con zelo li animino perché diventino per tutti momento di ricerca, di conversione e di grazia.

 

 

Per santificare

30. Unitamente alla missione di guida e pastore il cappellano militare sia, ad immagine di Cristo Sacerdote, il Mediatore tra Dio e il suo popolo per rendere culto a Dio e compiere l’opera di santificazione. In modo eminente esercita questa mediazione celebrando l’Eucaristia e amministrando i sacramenti.

31. L’Eucaristia è “sorgente e culmine di tutta la vita della Chiesa” [17]; costituisce, il centro della vita spirituale e della pastorale, è la grande gioia ed il conforto della vita di un sacerdote. Questo Sinodo raccomanda perciò vivamente che il cappellano militare celebri ogni giorno l’Eucaristia nella cappella della propria comunità e all’ora pastoralmente piú adatta: con questa liturgia il cappellano prega per tutti.

32. Strettamente unito all’Eucaristia è il sacramento della Riconciliazione. È necessario ridare al ministero della confessione tutta quell’importanza che gli spetta [18]. A questo ministero del perdono bisogna dare la priorità rispetto ad altre attività: perciò, ogni cappellano sia sempre disponibile per la celebrazione di questo Sacramento della misericordia divina e lui stesso vi acceda con una certa regolarità per favorire in sommo grado la necessaria conversione del cuore. Ricorra possibilmente allo stesso sacerdote, affinché sia resa possibile una direzione spirituale, necessaria in particolar modo ai cappellani militari.

33. Per l’amministrazione del Sacramento il cappellano militare sia sempre e in tutto fedele alla dottrina della Chiesa e si attenga alle norme disciplinari emanate. [19] Sia prudente e discreto nel porre le domande [20] ricordando di essere giudice e medico, ministro della divina giustizia e misericordia [21]. Consideri inoltre che in Dio la misericordia è quasi radice dell’amore divino [22], è la manifestazione piú eccellente del suo stesso amore [23]. Non neghi l’assoluzione quando richiesta dal penitente ben disposto [24] ricordando che è proprio nel confessionale che si manifesta e si attua la misericordia di Dio.

34. La nostra Chiesa abbia in onore i sacramentali, specialmente le benedizioni e le devozioni largamente diffuse. In particolare, si conservi o si introduca la tradizione della benedizione pasquale nei luoghi dove si vive e lavora.

 

 

[1] Giovanni Paolo II, Dono e Mistero, Roma 1996, pp. 9-10.

[2] Legge, 01/06/1961, n. 512, art. 17.

[3] Cfr. Ibid., art.16.

[4] Cfr. Ibid., art. 15.

[5] Cfr. Ibid., art. 30.

[6] Ibid., artt. 85-87.

[7] Cfr. 1 Cor. 9, 19.

[8] Cfr. 1 Cor. 9, 22.

[9] Cfr. Spirituali Militum Curae, VII.

[10] Cfr. Ibid., IV; VII.

[11] Cfr. Vaticano II, Presbyterorum ordinis, 7.

[12] 1 Pt. 5, 2-3.

[13] Cfr. Gv. 10, 11-16.

[14] Cfr. infra nn. 229-ss.

[15] Giovanni Paolo II, Discorso alla Conferenza Episcopale Tedesca, Fulda 17-11-1980, 5.

[16] Cfr. Vaticano II, Presbyterorum ordinis, 4.

[17] Vaticano II, Lumen gentium, 11.

[18] Cfr. Giovanni Paolo II, Esortazione Apostolica post-sinodale Reconciliatio et paenitentia, Roma, 02/12/1984, pp. 185-275.

[19] Cfr. Codex Iuris Canonici, 978, § 2.

[20] Cfr. Ibid., 979.

[21] Cfr. Ibid., 978, § 1.

[22] Cfr. S. Tommaso d’Aquino, Commento alla Lettera agli Efesini, II, c. 4; l. 2, 86.

[23] Cfr. Id., Summa Theologiae, II-II, q. 30, a. 4.

[24] Cfr. Codex Iuris Canonici, 980.

 

 

 

Spiritualità

Radicato in Cristo

35. “I sacerdoti sono obbligati a tendere alla perfezione, poiché essi che hanno ricevuto una nuova consacrazione a Dio mediante l’Ordinazione sono elevati alla condizione di strumenti vivi di Cristo Eterno Sacerdote, per proseguire nel tempo la sua mirabile opera che ha reintegrato con divina efficacia l’intero genere umano” [25]. Agendo in persona di Cristo e col dono di una grazia speciale, possono avvicinarsi piú efficacemente alla perfezione di colui del quale sono rappresentanti: la debolezza della natura umana trova sostegno nella santità di lui che si è fatto per noi pontefice “santo, innocente, incontaminato, segregato dai peccatori” [26].

36. La spiritualità del cappellano militare presenta caratteristiche originali. Infatti, per la particolare situazione pastorale egli non si identifica con nessuno dei comuni stili sacerdotali anche se ne assume alcune caratteristiche.

37. Sempre presente accanto ai suoi giovani, condivide la loro stessa vita ma sa rimanere solo, veramente solo, quando la caserma si svuota per libere uscite, permessi, licenze. È presente con gli Ufficiali nei momenti solenni della vita militare ed è a contatto con le piú alte autorità, ma sa vivere solo dell’essenziale durante le esercitazioni e i campi, nelle missioni di pace all’estero. Ha disponibilità di spazi e di movimento nelle caserme e nei campi, ma sa condividere la stessa tenda durante le esercitazioni o la stessa cabina di una nave durante gli imbarchi.

38. La sua solitudine sia quella di Cristo “solo sul monte a pregare”; la sua disponibilità sia quella di Cristo che si è fatto tutto a tutti pur di guadagnare ad ogni costo qualcuno; la sua presenza tra i grandi sia caratterizzata dalla stessa libertà di Cristo; la carità tra i poveri dalla sua pazienza; l’attività tra i giovani dalla sua gioia. La molteplicità dei suoi compiti e la complessità dei problemi non gli permettono sempre di armonizzare la propria vita interiore con l’attività esterna. Per ottenere quest’unità di vita non gli possono bastare né l’ordine puramente esteriore delle attività pastorali né la sola pratica degli esercizi di pietà, quantunque di grande utilità. Tale unità indispensabile per il proprio equilibrio personale, può essere raggiunta solo seguendo nel proprio ministero l’esempio di Cristo Signore il cui cibo era fare la volontà di Colui che lo aveva mandato [27].

 

 

In comunione ecclesiale

39. La spiritualità personale del cappellano militare produce frutti e riceve aiuto nella vita di un Presbiterio strettamente unito al proprio Vescovo: “il Presbiterato, ben reputato degno di Dio, è molto unito al Vescovo come le corde alla cetra” [28].

40. Il Presbiterio della nostra Chiesa, articolato in Zone Pastorali, sia realmente il luogo in cui i cappellani si conoscono, accrescono la loro stima vicendevole, vivono la fraternità e gustano l’amicizia di Cristo.

41. Ogni cappellano possa sempre fare affidamento sulla carità e fedeltà degli altri confratelli. Siano perciò sempre pronti a comprendere, difendere, soccorrere e soprattutto a perdonare. Con il loro amore soprannaturale in Cristo Sacerdote e con zelo per la salvezza dei fratelli, rendano credibile e facciano riconoscere la Chiesa Ordinariato Militare come “comunione di amore”.

42. L’unità tra tutti i presbiteri militari si concretizzi nella preghiera e nella stima vicendevole. In particolare, si ricordino i confratelli negli anniversari e ricorrenze fondamentali della loro vita e si mettano in comune le proprie esperienze pastorali attraverso i mezzi di stampa dell’Ordinariato e attraverso l’attiva partecipazione alle convocazioni annuali di tutto il Presbiterio.

43. La famiglia sacerdotale di ogni cappellano è il Presbiterio della Chiesa Ordinariato Militare. Sia però disponibile ed accogliente anche verso il Presbiterio della Chiesa particolare e locale in cui vive ed opera, conservando inoltre rapporti di amicizia e di stima con il Presbiterio della diocesi di incardinazione o con la Comunità religiosa di appartenenza: la comunione è sempre frutto dello Spirito.

44. Ogni cappellano viva in profonda comunione spirituale con qualche confratello; a lui faccia costante riferimento come a consigliere e guida illuminata che parli al suo cuore, lo esorti e lo corregga con carità, lo aiuti nella ricerca di Dio e nell’adempimento della sua volontà.

 

 

Vita di preghiera: l’Ufficio divino

45. L’Ufficio Divino celebrato da solo o con la partecipazione dei fedeli, con tanto maggior fervore quanto piú profondamente convinti di osservare l’esortazione di pregare senza interruzione, irradia su tutto il giorno la luce dell’Eucaristia rendendo l’intera giornata tempo del Signore. Alle Lodi si celebra sempre la Risurrezione di Cristo, a Terza la Pentecoste, a Sesta l’Ascensione e la missione alla Chiesa di evangelizzare, a Nona il Venerdí Santo, a Vespro Cristo luce che non tramonta, con la Compieta la sepoltura di Cristo nell’attesa di risorgere a nuova vita.

 

 

Lectio divina e meditazione

46. è necessario che il cappellano militare conservi continuo contatto con le Sacre Scritture mediante la lectio divina, lo studio accurato, la preghiera e la contemplazione in modo tale da consentire un autentico colloquio tra Dio e l’uomo. Infatti, “quando preghiamo parliamo con lui, lui ascoltiamo quando leggiamo gli oracoli divini” [29]. Il confronto continuo con la Parola di Dio, letta, meditata, pregata, contemplata, sia luce e sostentamento che illumina e rafforza la vita di ogni giorno [30].

 

 

Esame di coscienza

47. Ogni giorno il cappellano militare trovi spazio per un esame di coscienza sui propri comportamenti esterni ed anche sulle disposizioni interiori, con sincerità e verità, confidando sempre in “Dio ricco di misericordia” [31]. La presenza dello Spirito Santo e l’abituale verifica della fedeltà agli impegni assunti aiutino ad essere presenza evangelica tra tutti i fedeli.

 

 

Ritiri ed esercizi spirituali

48. Mensilmente ogni cappellano, da solo o con tutti i cappellani della zona pastorale, non si faccia mancare un tempo di piú intensa preghiera e riflessione da trascorrere nel proprio ambiente o in altro luogo adatto alla preghiera e alla riflessione.

49. Annualmente l’Ordinariato Militare provveda ad organizzare corsi di esercizi spirituali affinché tutti i cappellani possano, insieme ai loro confratelli, vivere in un autentico clima di Presbiterio la loro tensione verso la perfezione sacerdotale.

 

 

Devozione a Maria

50. “La Madonna è la Madre del Sommo ed Eterno Sacerdote, la Regina degli Apostoli, l’Ausilio dei Presbiteri. Nel loro ministero essi devono quindi venerarla e amarla con devozione e culto filiale” [32]. Ogni cappellano militare concretizzi la devozione a Maria con la preghiera del Rosario: proponga e insegni questa preghiera semplice e completa, faccia di essa argomento della sua catechesi. “La Santissima Vergine conduce sicuramente a Gesú, al Salvatore, affinché voi diventiate, come preti, i servitori del suo Amore” [33].

 

 

Pratica delle virtú sacerdotali

51. Questo Sinodo, riproponendo ad ogni cappellano militare la memoria e la gioia della grazia dell’Ordinazione sacerdotale, invita ognuno a considerare gli impegni liberamente e solennemente assunti dinanzi a Dio e alla sua Chiesa: pur non costituendo vincolo di voto come per i religiosi, richiedono tuttavia di essere onorati con fedele osservanza, sostenuti dalla pratica delle virtú cristiane e da una filiale devozione a Maria. In particolare, ricorda e raccomanda a tutti i cappellani militari lo spirito di povertà, il celibato e la castità, l’obbedienza e l’osservanza della disciplina ecclesiastica.

52. Lo spirito di povertà caratterizza il Vangelo di Cristo: fonda la nostra fiducia piú sull’aiuto di Dio che non sui beni materiali; ricorda a noi stessi e insegna al mondo uno stile di vita caratterizzato piú dal possesso dei beni spirituali che da quelli economici con la conseguente necessità di limitare e subordinare il possesso e l’uso di questi ultimi [34].

53. La verginità consacrata dei sacri ministri manifesta l’amore totale di Cristo per la sua Chiesa e la soprannaturale fecondità di questo connubio [35]. Essa non è richiesta dalla natura stessa del sacerdozio [36] ma anche il Vaticano II non ha esitato a confermare solennemente l’antica legge del celibato sacerdotale [37] che, unitamente alla perfetta castità, deve essere il risultato di una laboriosa e quotidiana conquista da parte del sacerdote [38] per poter efficacemente sorreggere la scelta esclusiva, perenne e totale di Cristo.

54. La carità, principio costitutivo della Chiesa, non toglie però l’esercizio della virtú dell’obbedienza anzi, lo vede richiesto sia dall’ordine conveniente ad ogni ben compaginata società, sia soprattutto dalla costituzione gerarchica della Chiesa. L’obbedienza del cappellano militare sia mossa principalmente da motivi di fede e sia scuola di umiltà evangelica. L’obbedienza cristiana, espressione di autentica carità, sia vincolo e garanzia di unità.

55. All’obbedienza si rapporta l’osservanza della disciplina ecclesiastica. “La parola disciplina, derivando dal termine ‘discepolo’, che nell’ambito cristiano caratterizza i seguaci di Gesú, ha un significato di particolare nobiltà” [39]. Il cappellano militare sia in costante ascolto del suo maestro, il Cristo, perché da lui apprenda la norma per il proprio comportamento e su di essa modelli la propria vita. La legge con le proprie normative, anche a livello di disposizioni interne alla nostra Chiesa, regolano infatti la vita dei discepoli nella comunità cristiana, perché questi con la loro docile e fedele osservanza possano realizzare la vocazione cristiana portando frutti in abbondanza [40].

 

 

Formazione permanente

56. Alla base di tutto il dinamismo della vita sacerdotale e punto di partenza per una continua formazione, si colloca l’esortazione dell’apostolo Paolo: “Ti ricordo di ravvivare il dono di Dio che è in te per l’imposizione delle mie mani” [41].

57. La formazione permanente del presbitero consiste soprattutto nel penetrare sempre piú profondamente nel mistero della propria missione e compierlo con la possibilità di avvicinarsi sempre piú alla perfezione di Cristo e trovare nella sua santità sostegno per la propria debolezza. “Dato che ogni sacerdote agisce a nome di Cristo stesso, fruisce anche di una grazia speciale in virtú della quale, mentre è al servizio della gente che gli è affidata e di tutto il popolo di Dio, egli può avvicinarsi piú efficacemente alla perfezione di colui del quale è rappresentante, e la debolezza dell’umana natura trova sostegno nella santità di lui” [42].

58. Il cappellano militare sia quindi attento al modo con cui annuncia, celebra e conduce il popolo di Dio che gli è stato affidato. Attraverso l’esame quotidiano delle proprie responsabilità e la periodica revisione di vita si impegni a superare quei difetti che per la debolezza umana possono renderlo meno gradito a Dio e meno efficace nel servizio ai fratelli.

59. Si preoccupi di un costante aggiornamento teologico che gli consenta di approfondire la dottrina che insegna e di essere sempre in perfetta comunione con il Magistero della Chiesa.

60. L’Ordinariato Militare attraverso i suoi Uffici Pastorali disponga un costante aggiornamento dei propri cappellani, promuovendo incontri e proponendo occasioni di formazione sia per le Zone Pastorali che per tutto il Presbiterio dell’Ordinariato.

61. I cappellani militari si tengano aggiornati anche degli sviluppi del mondo militare di cui fanno parte, in special modo per tutto quanto riguarda la riflessione sul tema della pace e della difesa.

 

 

Conclusione del servizio pastorale

62. Giunti al compimento dell’età prevista dalla legge i cappellani militari, pur dovendo lasciare il servizio, non vengono però separati dalla Chiesa Ordinariato Militare del cui Presbiterio fanno ancora parte.

63. I cappellani, qualora incardinati nella Chiesa Ordinariato Militare, rimangono a pieno diritto membri del suo Presbiterio e possono assumere incarichi di collaborazione o di assistenza a quelle realtà militari dove non è richiesto un cappellano militare in servizio attivo; oppure, con spirito di autentico servizio, potrà offrire la sua opera pastorale ad una Chiesa locale.

64. I cappellani non incardinati nella Chiesa Ordinariato Militare rimangono moralmente a lei uniti attraverso l’Associazione Cappellani Militari; ad essa potranno continuare ad offrire la propria collaborazione.

65. Al termine di questo documento, il Sinodo della Chiesa Ordinariato Militare fa propria e rivolge ai cappellani l’esortazione del Sommo Pontefice Giovanni Paolo II: “I vostri nomi sono scritti in cielo quando cercate di vivere, secondo la fede, tutta la pienezza del sacerdozio sacramentale, di questo dono ineffabile che Cristo vi ha fatto e di cui dovete sempre rendere grazie” [43].

 

 

[25] Vaticano II, Presbyterorum ordinis, 12.

[26] Cfr. Idem, 12.

[27] Cfr. Ibid., 14.

[28] S. Ignazio d’Antiochia, Lettera agli Efesini, IV, 1.

[29] Cfr. Vaticano II, Dei Verbum, 25; S. Ambrogio, De Officiis, I, 20; 88.

[30] Ibid.

[31] Ef. 2, 4.

[32] Vaticano II, Presbyterorum ordinis,18.

[33] Giovanni Paolo II, Con voi sono Sacerdote, Roma 1991, p. 162.

[34] Cfr. Paolo VI, Ecclesiam suam, II.

[35] Cfr. Vaticano II, Sacerdotalis caelibatus, 26.

[36] Cfr. Vaticano II, Presbyterorum ordinis, 16; Sacerdotalis caelibatus, 17.

[37] Cfr. Vaticano II, Sacerdotalis caelibatus, 17.

[38] Cfr. Ibid., 73.

[39] C.E.I., Comunione comunità e disciplina ecclesiale, 3.

[40] Cfr. V. De Paolis, Sanzione e disciplina, in Nuovo dizionario di Diritto canonico, Torino 1993, pp. 956-957.

[41] 2 Tim. 1, 6.

[42] Vaticano II, Presbyterorum ordinis, 12.

[43] Giovanni Paolo II, Con voi sono sacerdote, Roma 1991, p. 137.

 

 

 

La pace

1. I militari sono sicuramente tra coloro che ritengono la pace bene primario per l’umanità. Essi, la cui vita è addestramento ad una eventualità che tutti desiderano mai si realizzi, sarebbero tra i primi a subirne le nefaste conseguenze.

2. La Chiesa Ordinariato Militare percepisce vivamente questo desiderio di pace che è nel cuore di ogni uomo e si pone nel mondo militare quale comunità di credenti che, con ogni mezzo, intende realizzare la beatitudine evangelica degli operatori di pace [1].

 

 

La pace: dono di Dio, impegno dell’uomo

3. La pace non è solo un punto importante del messaggio cristiano, ma ne è come la sostanza. Pace è il canto degli angeli sulla grotta di Betlemme alla nascita di Cristo. [2] Pace è il dono che Cristo lascia alla sua Chiesa nell’Ultima sua Cena: “Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi”. [3] “Pace a voi” [4] è il saluto che Gesú rivolge ai suoi discepoli dopo la risurrezione.

4. Dio ha concepito in Cristo un piano di pace e riconciliazione universale e le lettere di Paolo traboccano di meraviglia e di gioia per questa scoperta: “Egli ci ha fatto conoscere il mistero della sua volontà...per realizzarlo nella pienezza dei tempi: il disegno cioè di ricapitolare in Cristo tutte le cose, quelle del cielo come quelle della terra”. [5] La pace si identifica con Gesú stesso:” Egli infatti è la nostra pace” [6]; “Piacque a Dio di far abitare in lui ogni pienezza e per mezzo di lui riconciliare a sé tutte le cose, rappacificando con il sangue della croce gli esseri della terra e quelli del cielo”. [7]

5. Pertanto, il credente sa con certezza che la pace è prima di tutto dono di Dio; anzi, è la sintesi di tutti i doni di Dio: “È Dio che costruisce la pace, poiché è lui che dona all’umanità tutto il creato perché l’uomo lo gestisca e lo faccia progredire nella solidarietà. È lui che iscrive nella coscienza dell’uomo le leggi che lo obbligano a rispettare la vita e il suo prossimo. Egli non cessa di chiamare l’uomo alla pace ed è lui il garante dei suoi diritti. Egli vuole una coesistenza tra gli uomini che sia espressione di rapporti reciproci fondati sulla giustizia, sul rispetto e sulla solidarietà. Egli li aiuta anche intimamente a realizzare la pace o a ritrovarla attraverso lo Spirito Santo” [8].

6. La Parola di Dio sulla pace resta sterile se la Parola cade su un cuore di pietra: solo se cambia il cuore, cambia il mondo e il cuore dell’uomo lo può cambiare solo la preghiera. È nella preghiera che l’uomo si mette in religioso ascolto e percepisce la forza rivoluzionaria del messaggio delle beatitudini; è la preghiera che mette i cuore dell’uomo sotto l’azione dello Spirito Santo.

7. La prima forza della Chiesa è la preghiera e non c’è nulla che possa sostituirla. Tutto ciò che si fa nel mondo per la pace, serve; ma non basta senza la preghiera. Per questo “i cristiani sono chiamati ad unirsi a tutti gli uomini sinceramente amanti della pace, per implorarla da Dio ed attuarla” [9]. “Bisogna rivolgere incessanti preghiere a Dio, affinché dia la forza di intraprendere con perseveranza e condurre a termine con coraggio quest’opera di sommo amore per gli uomini (eliminare la guerra) per la quale si costruisce virilmente la pace” [10].

8. “Se Dio ci invita a chiedere la pace è perché questo umile atto trasforma misteriosamente le persone che pregano e le mette sul cammino della riconciliazione e della fratellanza” [11]. Chi prega ama e acquista la capacità di amare anche i nemici perché, se l’uomo ama Dio, cessa di essere nemico e diventa figlio di Dio e fratello in Cristo.

9. Da solo l’uomo non può darsi la pace perché nel suo cuore c’è quella volontà di potenza contro cui Cristo ha lottato nel deserto: “Tutte queste cose io ti darò, se prostrandoti, mi adorerai” [12]. Da solo l’uomo non può dominare questa volontà di potenza che il peccato alimenta nel suo cuore. Ecco perché dobbiamo far corale, ardente implorazione: “Signore, donaci tu la pace, quella che il mondo non può dare”.

10. Oltre a essere dono di Dio, la pace è il frutto dell’impegno umano ottenuto con il rispetto della dignità degli altri uomini e mediante la pratica assidua della fratellanza. La vera pace non può essere semplicemente assenza di guerra e non può ridursi al semplice equilibrio delle forze contrastanti: essa è insita nell’ordine stesso che Dio ha voluto dare alla sua creazione ed è intimamente legata alla verità sull’uomo e sul mondo [13].

11. La pace è fondamentale diritto dell’uomo. Non si può ottenere senza la tutela dei beni delle persone, senza la libera comunicazione fra gli esseri umani, senza il rispetto della dignità dei singoli e dei popoli, soprattutto senza un’instancabile ricerca e salvaguardia della giustizia.

12. La pace è “la tranquillità dell’ordine” [14], frutto della giustizia [15] ed effetto della carità [16] per cui, essendo la volontà umana labile e per di piú ferita dal peccato, l’acquisto e il mantenimento della pace esigono il costante dominio delle passioni di ognuno e la vigilanza della legittima autorità [17].

13. L’imperativo morale della pace richiede che si debba fare tutto ciò che è ragionevolmente possibile per evitare la guerra, dati i mali e le ingiustizie irreparabili di cui è causa.

14. Tutti sono chiamati ad impegnarsi per evitare la guerra. Occorre superare un clima in cui la guerra è considerata un modo accettabile per risolvere i conflitti tra gli Stati. “La guerra non può essere un mezzo adeguato per risolvere completamente i problemi esistenti tra le nazioni. Non lo è mai stato e non lo sarà mai” [18].

15. La Chiesa Ordinariato Militare fa sua in questo Sinodo la scelta costituzionale dell’Italia che “ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia tra le nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo” [19]. La guerra non è inevitabile: è sempre il frutto delle decisioni degli uomini.

 

 

[1] Cfr. Mt. 5, 9

[2] Cfr. Lc. 2, 14.

[3] Gv. 14, 27.

[4] Gv. 20, 19.

[5] Ef. 1, 9-10.

[6] Ef. 2, 14.

[7] Col. 1, 19-20.

[8] Giovanni Paolo II, Discorso al Corpo Diplomatico presso la S. Sede del 10 Gennaio 1987.

[9] Vaticano II, Gaudium et spes, 78.

[10] Ibid., 82.

[11] Giovanni Paolo II, Discorso al Corpo Diplomatico presso la S. Sede del 10 Gennaio 1987.

[12] Mt. 4, 9.

[13] Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 2304.

[14] S. Agostino, De Civitate Dei, XIX, 13.

[15] Cfr. Is. 32, 17.

[16] Cfr. Vaticano II, Gaudium et spes, 78

[17] Cfr. Idem.

[18] Giovanni Paolo II, Discorso del 17 gennaio 1991.

[19] Costituzione della Repubblica Italiana, art. 11.

 

 

 

Il servizio militare alla pace

16. Il Concilio Vaticano II ricorda che “gli uomini, in quanto peccatori, sono e saranno sempre sotto la minaccia della guerra, fino alla venuta di Cristo” [20]. Per questo “la guerra non è purtroppo estirpata dalla condizione umana. Finché esisterà il pericolo della guerra e non ci sarà un’autorità internazionale competente, munita di forze efficaci, una volta esaurite tutte le possibilità di pacifico accomodamento, non si potrà negare ai governi il diritto ad una legittima difesa” [21]. Occorre sempre ricordare, però, che “altra cosa è servirsi delle armi per difendere i giusti diritti dei popoli, altra cosa è voler imporre il proprio dominio su altre nazioni. Né la potenza bellica rende legittimo ogni suo uso militare o politico” [22].

17. La tradizionale dottrina della “guerra giusta” [23] non è una dottrina che “benedice” la guerra: è una dottrina che impone condizioni rigidissime per giustificare ogni ricorso all’uso delle armi. Come ricorda il Catechismo, “occorre contemporaneamente: che il danno causato dall’aggressione alla nazione o alla comunità, sia durevole, grave e certo; che tutti gli altri mezzi per porvi fine siano risultati impraticabili o inefficaci; che ci siano fondate condizioni di successo; che il ricorso alle armi non provochi mali o disordini ancora piú gravi del male da eliminare... Nella valutazione di quest’ultima condizione ha un grandissimo peso la potenza dei moderni mezzi di distruzione” [24].

18. A tale proposito, in un suo altro documento la Chiesa ricorda che: “Quando non vi è piú nessuna proporzione tra il danno causato e i valori che si tenta di salvaguardare, è meglio subire l’ingiustizia piuttosto che difendersi con tali mezzi” [25].

19. Lo Stato ha il dovere di difendere i cittadini dall’aggressione. Coloro che legittimamente portano la responsabilità del bene comune devono valutare rigorosamente le condizioni di legittimità morale per giustificare il ricorso all’uso della forza militare.

20. Sull’esempio di Cristo, la Chiesa Ordinariato Militare ama profondamente la propria Patria ed insegna ad amarla “con grandezza d’animo e lealtà, senza ristrettezze di spirito, cioè in modo da prendere contemporaneamente in considerazione e volere il bene di tutta la famiglia umana che è unita con ogni sorta di legami tra razze, popoli e nazioni” [26]. Riconosce altresí in caso di necessità “ai pubblici poteri il diritto e il dovere di imporre ai cittadini gli obblighi necessari alla difesa nazionale” [27].

21. Pieno rispetto riserva “a coloro che per vari motivi di coscienza ricusano l’uso delle armi, mentre accettano qualche altra forma di servizio alla comunità” [28]; come pure a coloro che “rinunciando alla violenza nella rivendicazione dei loro diritti, ricorrono a quei mezzi di difesa che sono, del resto, alla portata anche dei piú deboli, purché ciò si possa fare senza pregiudizio dei diritti e dei doveri degli altri e della comunità” [29].

22. La nostra Chiesa considera tutti coloro che si sono messi al servizio della comunità scegliendo di attendere stabilmente alla professione militare nei vari Corpi e Armi dell’Esercito, quali “ministri della sicurezza e della libertà dei popoli che, se rettamente compiono il proprio dovere, concorrono veramente alla stabilità della pace” [30].

23. I militari sono perciò invitati a considerare il loro compito un autentico “servitium”, cioè una mansione orientata al bene dei fratelli, alla difesa della loro vita e dei loro diritti. Per i militari cristiani tale servizio ha origine innanzitutto dalla comune vocazione battesimale, per cui sono chiamati a svolgerlo con particolare disinteresse, serietà e professionalità, determinate da questa ulteriore dimensione teologale.

24. Il loro compito è ancora un “ministerium” che la comunità civile, la comunità ecclesiale e Dio stesso affidano loro, affinché possano svolgere adeguatamente il servizio della difesa, della giustizia e del mantenimento della pace come impegno e responsabilità.

25. È infine, un “munus”, un dono associato a particolari grazie di Dio che rende ogni battezzato responsabile dei propri fratelli secondo le sue specifiche capacità, attitudini e mansioni nella vita, nella famiglia e nella società.

26. Nella società odierna le nostre Forze Armate sono spesso chiamate a portare il loro contributo per la difesa della pace attraverso la partecipazione a missioni internazionali. Queste missioni costituiscono un importante apporto alla costruzione di un’autentica “Comunità di nazioni” che la Chiesa, “cattolica” per sua intima natura, non può che auspicare e favorire con ogni mezzo a sua disposizione.

27. Il contributo che le missioni militari di pace forniscono alla costruzione di questa Comunità sovranazionale si esplica attraverso: la prevenzione di guerre o di conflitti interetnici; la protezione delle popolazioni in particolari momenti di grave tensione e violenza; il mantenimento di una tregua o di una fragile pace; l’accesso per tutti ai beni di prima necessità; la riconciliazione tra popolazioni a lungo contrapposte.

 

 

L’educazione della persona alla giustizia e alla pace

28. La Chiesa Ordinariato Militare è consapevole della sua specifica responsabilità nella formazione morale del militare, oggi piú che mai chiamato ad essere efficace difensore della giustizia ed autentico costruttore della pace. Intende perciò svolgere questa sua missione nei limiti delle sue specifiche prerogative e con i tradizionali mezzi a sua disposizione.

29. Tale compito educativo è rivolto anche a tutti coloro che nell’ambiente militare sono sensibili ai valori del piú autentico umanesimo, nel pieno rispetto delle convinzioni religiose o ideali.

 

 

La via militare alle beatitudini

30. In questo progetto di educazione alla pace, la Chiesa Ordinariato Militare si rivolge personalmente a ciascun militare per formare in ognuno un cuore nuovo e introdurli alla “logica di Dio”, infinitamente piú sapiente ed efficace della “logica del mondo”.

31. Consapevole che Dio ha affidato la costruzione di un mondo nuovo ai poveri di spirito, ai miti, ai misericordiosi, ai puri di cuore, agli assetati di giustizia, il militare cristiano che porta le armi e sa di poter essere costretto ad usarle, sappia che la sua vita è inserita nello spirito delle beatitudini che gli conferisce il ruolo di “operatore di pace”.

32. Poter realizzare tutto questo nel quotidiano è difficile per tutti. Ancor piú per chi, come i militari e le Forze di Polizia, è costretto a confrontarsi con chi sistematicamente usa la violenza, anche nei suoi modi piú barbari, per sopraffare il diritto e la giustizia.

33. D’altra parte, l’insegnamento della Chiesa è sempre coerente ed intransigente nell’affermare “la perenne validità della legge morale durante i conflitti armati” [31]: “Né per il fatto che è disgraziatamente scoppiata una guerra, diventa per questo lecita ogni cosa tra le parti in conflitto” [32].

34. In particolare, coloro che rivestono i gradi piú alti di responsabilità, devono sempre ricordare che “le azioni manifestamente contrarie al diritto delle genti e ai suoi principi, non diversamente dalle disposizioni che le impongono, sono dei crimini. Non basta un’obbedienza cieca a scusare coloro che vi si sottomettono. Cosí lo sterminio di un popolo, di una nazione o di una minoranza, dev’essere condannato come peccato mortale. Si è moralmente in obbligo di fare resistenza agli ordini che comandano un genocidio” [33].

35. Data la delicatezza del compito cui è chiamato, non ci si attende da lui il semplice desiderio e rispetto della giustizia che deve caratterizzare la vita morale di ogni uomo; dal militare si esige di essere un vero e proprio “affamato e assetato di giustizia” [34] secondo lo spirito piú autentico delle beatitudini. Gli si chiede cioè di essere una persona che ha fatto del desiderio di rispettare, affermare e difendere la giustizia, un valore assoluto cui dedicare tutta la vita anche a costo dell’estremo sacrificio: solo grazie a questo desiderio di giustizia trasfigurato dalla carità, il militare diviene autentico costruttore di pace.

 

 

La via militare alla santità

36. La vita militare, disponibile fino all’eroismo, anche dal punto di vista umano diviene piú che una semplice professione: è un’autentica missione. Quando cristianamente vissuta, diviene autentica via alla santità, a quella santità che ci identifica con il Cristo che dà la vita per i suoi amici.

37. Specifico della “via militare” all’unica santità cristiana, è la carità che spinge il militare cristiano a fare della propria persona un servitore a tempo pieno di quella giustizia che si desidera promuovere e difendere con ogni mezzo lecito, anche a costo del sacrificio della vita.

38. Perciò, se tipica virtú militare è il coraggio, quella specifica alla quale il militare cristiano dev’essere educato per poter divenire autentico ed efficace costruttore di pace, è la fortezza: essa è quella virtú che rende capace l’uomo di non desistere dal conseguimento del bene, anche quando divenisse talmente arduo da mettere in pericolo la propria incolumità [35].

39. La fortezza è virtú cardinale inscindibile dalla giustizia e dalla prudenza: sarebbe impossibile agire in modo corretto senza una definizione chiara dei valori di giustizia cui orientare le proprie scelte e senza la capacità di giudicare quali decisioni morali adottare in ogni situazione particolare.

40. Educare i militari a divenire autentici servitori della giustizia e costruttori di pace, implica sviluppare in essi una completa formazione morale, in particolare alle due virtú fondamentali o “cardinali” della giustizia e della fortezza.

 

 

Giustizia e fortezza: virtú del militare costruttore di pace

Educazione morale come educazione alle virtú

41. Le virtú sono quei comportamenti stabilmente acquisiti, conseguenti a lungo addestramento, che rendono l’uomo capace di superare il divario morale fra desiderio e realtà, fra i valori di cui si è convinti e le scelte che concretamente si è capaci di compiere nella vita.

42. Nondimeno - e qui si inserisce il ruolo insostituibile della fede e della Chiesa nell’educazione morale della persona - la grazia di Dio può aiutare fortemente la volontà del singolo nell’acquisizione delle virtú stesse, perché - quando si desidera, si ama fortemente qualcosa - si moltiplicano le energie fisiche e morali per conseguire quanto desiderato: ecco perché l’amore di Dio, la sua grazia, fa, crea, costruisce i santi.

43. Senza l’acquisizione delle virtú la vita morale si trasformerebbe in astratto moralismo e l’insegnamento morale si limiterebbe a quella inutile enunciazione di principi in cui tutti si trovano concordi senza per questo sentirsi obbligati a cambiare né i propri comportamenti né la realtà che li circonda.

44. La retta moralità consiste solo in minima parte in ciò di cui si è intellettualmente convinti: consiste essenzialmente nel bene che ci si è resi capaci di compiere e che, effettivamente, si compie. L’autentica educazione morale allora non è che in minima parte enunciazione di giusti valori: essa è soprattutto addestramento alle virtú, per consentire all’individuo di realizzare quei valori in comportamenti concreti.

 

 

Molteplici contenuti della giustizia

45. La virtú della giustizia “rende stabilmente capace la volontà di dare a ciascuno ciò che propriamente gli appartiene” [36]. Perché si possegga la giustizia, è necessario che l’uomo abbia costantemente, e dunque “virtuosamente”, la volontà di dare a ciascuno ciò che di diritto gli appartiene.

46. Alla giustizia si oppongono tutta una serie di disordini morali dai quali dipende la maggior parte delle tensioni fra gli uomini: l’omicidio, il furto, l’ingiuria, la calunnia, le frodi economiche, legali e fiscali, la sopraffazione, la privazione illegale delle libertà, il ricatto, le invasioni, la schiavitú, i genocidi. Sono tutti disordini fra loro molto diversi, eppure tutti riconducibili alla violazione della giustizia.

47. Un’autentica formazione alla giustizia verso coloro che ne sono “servitori a vita” come i militari, deve innanzitutto combattere questi vizi, queste violazioni gravi della giustizia in ogni loro odiosa manifestazione, sia all’interno dell’ambiente militare, che verso le popolazioni servite dai militari stessi.

48. L’educazione alla giustizia non può non considerare le tre dimensioni fondamentali della giustizia: sostanziale, amministrativa e legale.

49. Dimensione sostanziale o “giustizia commutativa”: il principio fondamentale che deve regolare la condotta del militare verso il prossimo deve essere quello di “dare a ciascuno ciò che gli spetta”. Questo principio, quando elevato alla perfezione cristiana, ha come unica motivazione l’amore verso Dio e il prossimo: un amore che deve essere totalmente gratuito.

50. L’amore legato alla giustizia invece, si distingue da questo in quanto dà, solo quanto strettamente dovuto. Il militare perciò, non sarà mai un operatore di carità come un qualsiasi volontario di un’associazione umanitaria. È bene non dimenticare mai questo, soprattutto durante le missioni di pace.

51. Dimensione amministrativa o “giustizia distributiva”: nell’assegnazione di incarichi, obblighi, ricompense e punizioni è essenziale osservare la stretta giustizia, senza cedere a preferenze personali, pressioni o raccomandazioni. I criteri devono essere esclusivamente quelli della funzionalità, delle capacità e del merito.

52. Essenziale per educare ed educarsi a questa dimensione della giustizia, soprattutto per chi è investito dei vari gradi del comando, è l’esame onesto e sincero sui veri motivi che stanno conducendo o hanno condotto ad operare determinate scelte.

53. Dimensione sociale o “giustizia legale”: questa dimensione è fondamentale per il militare, incaricato dallo Stato della difesa della giustizia legale.

54. Il principio che guida in generale questa dimensione della giustizia è quello secondo cui non solo non si deve far nulla contro la legge scritta, ma si devono indurre altri ad osservarla.

55. Normalmente, questa “induzione all’osservanza” si deve esercitare con l’esempio. Il militare ha in piú il compito di esercitarla, a volte, con la forza senza violare né la legge scritta, né le due precedenti dimensioni della giustizia.

 

 

Dal coraggio alla fortezza

56. Due sono gli atti propri del coraggio: assalire e resistere. A somiglianza del soldato in prima linea, occorre talvolta attaccare gli avversari, talvolta invece è necessario resistere con fermezza per non perdere ciò che si è conquistato.

57. Malgrado le apparenze è molto piú difficile e penoso il resistere che l’attaccare, perché non siamo noi, ma l’avversario a prendere l’iniziativa. Ecco perché il martirio, tanto nella vita militare come nella vita cristiana, è l’atto piú eroico della fortezza e consiste nella capacità di non venir meno alla giustizia per paura della morte [37].

58. La virtú della fortezza, essendo essenzialmente una capacità stabile di autocontrollo, non ha contenuti suoi propri come la giustizia. Esiste tuttavia tutta una serie di “virtú ausiliare” alla fortezza che si suddividono in due categorie principali, in relazione ai due atti caratteristici della fortezza: quello di “intraprendere” opere di giustizia e quello di “resistere” alle difficoltà.

59. Le virtú fondamentali, che aiutano l’uomo ad intraprendere coraggiosamente opere a favore della giustizia e della pace, sono essenzialmente la “grandezza d’animo” e la “generosità”.

60. La grandezza d’animo o magnanimità è la virtú che ci fa intraprendere opere grandi per il bene comune, con prontezza d’animo e fiducia negli esiti [38]. La magnanimità suppone un’anima nobile ed elevata ed è virtú talmente alta da identificarsi in qualche modo con la stessa santità. Il magnanimo infatti, non è invidioso, non è rivale di nessuno perché non si sente umiliato a motivo del bene degli altri. È un amico fedele che non mente mai, che dice quello che pensa senza preoccuparsi dell’opinione altrui. È aperto e sincero, non imprudente né ipocrita. Oggettivo nella sua amicizia, non chiude gli occhi per non vedere i difetti dell’amico. Non si meraviglia eccessivamente degli uomini, delle cose o degli avvenimenti. Ammira soltanto quello che è nobile, grande, elevato. Non ricorda le ingiurie ricevute: le dimentica facilmente e perdona. Non si rallegra eccessivamente degli applausi, né si rattrista per le offese. Non si lamenta per le cose che gli mancano, né le esige dagli altri. La magnanimità è molto rara tra gli uomini perché suppone l’esercizio di tutte le virtú: in realtà, veramente magnanimi sono soltanto i santi.

61. La generosità o magnificenza è il coraggio di intraprendere opere rilevanti per il bene comune nonostante il grande dispendio di energie e di mezzi materiali e spirituali che esse implicano [39]. Alla generosità cosí intesa si oppongono la meschinità e lo sperpero [40].

62. Inoltre, la resistenza alle difficoltà che si incontrano nelle opere di giustizia è l’altra azione tipica della fortezza, soprattutto quando le si affrontino con la necessaria generosità e grandezza d’animo. “Pazienza”, “longanimità”, “costanza”, sono le virtú da sviluppare per rendere l’animo del militare “forte” anche in questo senso.

63. La pazienza non s’identifica affatto con la sola rassegnazione, come spesso si crede, ma va ben oltre. Con “pazienza” s’intende infatti, la virtú che rende capaci di sopportare senza tristezza e scoraggiamento le sofferenze fisiche e morali, innumerevoli per tutti, ma soprattutto per chi s’impegna al servizio del bene [41]. L’elevatezza morale di questa virtú che per il cristiano giunge fino all’assimilazione della propria pazienza a quella di Cristo, si realizza a diversi livelli: la rassegnazione, senza lamentele e impazienze, di fronte alle prove della vita; la pace e la serenità nell’affrontarle; la lieta accettazione o “perfetta letizia” per cui le prove, affrontate per gli altri e per la gloria di Dio, provocano quasi un’interiore gioia; la “follia della croce” per cui queste prove, non solo non vengono rifiutate, ma vengono addirittura ricercate per accrescere sia la nostra capacità di bene, che l’assimilazione a Cristo: “Quanto a me invece non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesú Cristo, per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo” [42].

64. La longanimità è forse la virtú oggi piú difficile da insegnare e da vivere, perché del tutto opposta ai falsi idoli della nostra cultura. La “lunga speranza”, come qualcuno l’ha definita, è infatti la capacità di saper attendere con perseveranza l’affermazione del bene: è il contrario di quella cultura del “tutto e subito” oggi dominante e che caratterizza la debolezza morale delle giovani generazioni.

65. La costanza. È qui soprattutto che emerge il ruolo della grazia e quindi l’importanza di essere cristiani e, nel nostro caso, militari cristiani. Chi non crede e soprattutto non spera in un compimento divino e soprannaturale della giustizia nel Regno di Dio, posto di fronte a prove terribili o al fallimento completo di tutta la sua opera di bene, non può che ragionevolmente disperare. Cosí, o rinuncerà cinicamente o si indurirà in un’ostinazione cieca.

66. Invece, chi è mosso dalla grazia di Dio e crede in un compimento ultramondano della giustizia, può ragionevolmente sperare contro ogni speranza e restare serenamente irremovibile nell’opera di bene che aveva intrapreso. Anzi, piú incontra difficoltà, piú aumentano le energie interiori per affrontarle: qui sta la differenza tra un santo con l’eroismo delle sue virtú e chi santo non è.

67. Costruire la pace servendo la giustizia è una di quelle opere di cui nessun uomo potrà mai vedere il compimento se non in maniera parziale e provvisoria.

68. Per questo tra i militari che si pongono al servizio della giustizia, solo chi è affamato di giustizia potrà “essere beato”, perché sa di poter comunque “essere saziato”, senza dover illanguidire nell’utopia, indurirsi nell’ostinazione o scoraggiarsi nella disperazione.

69. Costui, lavorando per la pace mediante il suo servizio alla giustizia, scoprirà di lavorare per una pace che non potrà mai essere soltanto “quella che il mondo può dare” [43]. Invece, scoprirà di essere beato perché agisce, non come uomo soltanto, ma come vero “figlio di Dio” [44]; come uno “nato non da sangue, né da volere di uomo” [45], ma “rigenerato dall’acqua e dallo Spirito” [46] per “una speranza che non delude” [47].

70. Affinché i militari restino fedeli alla loro missione di servitori della giustizia e della pace, c’è dunque bisogno di militari cristiani, militari che vivano fino all’eroismo la duplice beatitudine degli “affamati di giustizia” e degli “operatori di pace”.

 

 

L’animazione evangelica dell’ambiente militare

71. La Chiesa Ordinariato Militare ritiene che supporto fondamentale per la vita del militare e per la sua educazione alla pace sia la famiglia: essa è il luogo fondamentale dell’esperienza dell’amore e della pace. In essa si sperimenta come la vita e la pace siano frutto di un amore che arriva fino alla rinuncia completa di se stesso, per il bene e la vita dell’altro.

72. La famiglia, massimo bene naturale di ogni uomo, incoraggia e spinge il militare nella sua missione in difesa di tutte le famiglie. La presenza e il ricordo delle famiglie dei militari caduti impegnano tutti noi nella nostra missione, dandoci piena consapevolezza di cosa possa significare difendere la giustizia e costruire la pace fino all’eroismo della carità, all’eroismo del dono della vita. Un eroismo reso incommensurabilmente piú grande dalla consapevolezza di star privando la propria famiglia degli affetti piú cari e dei sostegni piú sacri, per il bene e la salvezza di altre famiglie. Nessun eroico militare o eroico poliziotto caduto nell’assolvimento del proprio dovere è eroe da solo: lo è inscindibilmente con la sua famiglia.

73. Nessuno degli altri ambienti in cui si svolge la vita del militare può raggiungere la profondità e la rilevanza formativa della propria famiglia; nonostante ciò, tutti possono diventare luoghi dove, nello stile del Vangelo, si formano “i costruttori di pace”.

74. Nella mentalità comune gli ambienti militari spesso sono considerati in senso dispregiativo - “vita da caserma”, “modi da caserma”, “linguaggio da caserma” - eppure, questi nascondono notevoli potenzialità educative: la sobrietà dello stile di vita del militare nella navigazione, nei campi, nelle caserme; l’assoluta vigilanza su se stesso imposta dall’uso delle armi - dalle piú semplici, alle piú sofisticate e complesse come gli aerei -; la necessità della condivisione; la sussidiarietà di tutti, sono le premesse per una vita essenziale, libera da sovrastrutture e da consumismi.

75. Quando la vita di ciascuno prende senso dal Vangelo, può costituire una premessa indispensabile per lo sviluppo di un autentico stile di vita cristiano: stile di rispetto, di accoglienza vicendevole, di corresponsabilità, componenti essenziali di una cultura di pace. Ogni ambiente dove vivono e lavorano i militari può diventare una vera comunità di fratelli che, in un clima di reciproca educazione alle virtú militari e cristiane, vicendevolmente si edificano.

76. La comunità nazionale svolge un ruolo insostituibile nella formazione dei militari come servitori della giustizia e costruttori di pace. Tale funzione si esplica principalmente creando un clima di apprezzamento e di accoglienza riconoscente verso i militari per quanto fanno per il mantenimento dell’ordine, per la difesa dei diritti dei cittadini, per il soccorso nelle grandi calamità, per il servizio internazionale a garanzia della pace.

77. Il servizio militare ha bisogno del sostegno dei cittadini piú di qualunque altro servizio reso alla società: creare un clima culturale ed una forte opinione pubblica a favore dei valori morali e dei compiti umanitari svolti dai militari è il contributo piú importante che una nazione possa offrire all’educazione dei propri militari, come servitori della giustizia e costruttori della pace.

78. D’altra parte, il cammino irreversibile dell’unità europea, nel contesto ancora piú generale della globalizzazione a livello mondiale, esige di allargare ulteriormente i confini nazionali del servizio militare e del sostegno ad esso da parte delle opinioni pubbliche dei vari paesi. Il mondo militare, che ha tante caratteristiche comuni pur nelle diverse realtà nazionali, ha un ruolo fondamentale nella creazione di una cultura dei valori della giustizia e della pace a livello sovranazionale.

79. Questo ruolo, che il mondo militare può svolgere nel mutato contesto internazionale, ha in Occidente il suo alleato piú naturale nella Chiesa che è “cattolica”, ossia universale, per sua intima natura. La Chiesa Ordinariato Militare italiana si impegna, in collaborazione con le altre Chiese Ordinariati Militari, a organizzare incontri internazionali per promuovere conoscenza, apprezzamento e amicizia tra i militari delle varie nazioni: quanto già avviene al vertice, può e deve avvenire anche alla base. Le varie esperienze di collaborazione tra le Forze Armate delle varie nazioni nelle operazioni internazionali di pace ne sono una valida prova.

 

 

[20] Vaticano II, Gaudium et spes, 79.

[21] Idem.

[22] Idem.

[23] S. Agostino, Contra Faustum, XXII, 75.

[24] Catechismo della Chiesa Cattolica, 2309

[25] Commissione Pontificia Justitia et Pax, La Santa Sede e il disarmo, 3 - 10 - 1976.

[26] Vaticano II, Gaudium et spes, 75

[27] Catechismo della Chiesa Cattolica, 2310.

[28] Vaticano II, Gaudium et spes, 79.

[29] Ibid., 78.

[30] Ibid., 79.

[31] Catechismo della Chiesa Cattolica, 2312.

[32] Vaticano II, Gaudium et spes, 78.

[33] Catechismo della Chiesa Cattolica, 2313.

[34] Cfr. Mt. 5, 6

[35] S. Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae, II-II, q.123, a.3.

[36] Ibid., q. 58, a.1.

[37] Ibid., q. 126, a.6c e ad 1.

[38] Cfr. Ibid., q. 129.

[39] Cfr. Ibid., q. 134.

[40] Cfr. Ibid., q. 135, aa.1-2.

[41] Cfr. Ibid., q. 136.

[42] Gal. 6, 14.

[43] Gv. 14, 27.

[44] Mt. 5, 9.

[45] Gv. 1, 13.

[46] Gv. 3, 5.

[47] Rm. 5, 5.