Ho la gioia di parteciparti che sei stato promosso Secondo Cappellano Militare Capo assimilato al rango di Tenente Colonnello. Tu sai quanto abbiamo desiderato l’integrazione dei ruoli stabiliti dalla legge del 1961 e questa tua promozione ne è un frutto. Rendiamo grazie a Dio.

Cosa significa per un sacerdote ascendere nei gradi della qualifica militare? Alcuni lo ritengono contrario allo spirito sacerdotale, io no, penso invece che sia utile per servire meglio il Vangelo in questa nostra Chiesa. Come un titolo di studio o altri meriti possono qualificare un apostolo disponendo gli altri ad un ascolto piú interessato, cosí i gradi nel mondo militare. Un Colonnello è piú ascoltato di un Tenente perché il grado rivela età, esperienza, qualificazione, riconoscimento di meriti per un buon servizio reso.

Lo spirito con cui si ricevono i gradi deve essere totalmente evangelico. La nostra legge che ci qualifica sacerdoti «assimilati di rango al grado di...» ha bisogno di essere integrata dalla scelta personale, di non voler conformare i in niente a questo mondo per cui chi ha un grado «viva come se non lo avesse perché passa la scena di questo mondo». Per Cristo accettiamo tutto, anche di farci militari con i militari, Generali con i Generali, ma per poter salvare i fratelli attraverso il Vangelo, unicamente per questo.

Un prete, che è “in questo mondo ma non di questo mondo” pensa ai gradi come i santi pensavano ai gradi di umiltà, perché dovendo servire i fratelli è l’unica dimensione che il grado può richiamarci. I gradi ci son dati per servire meglio, per servire è indispensabile essere umili per cui al grado a cui ci assimilano per anzianità nel nostro ministero, non può che corrispondere un eguale grado di umiltà. S. Benedetto nella sua Regola descrive la pratica di umiltà in dodici gradi. Se al Tenente, con cui comincia la nostra assimilazione, si assegna il primo, a te tocca il quarto quello che, dice - S. Benedetto - è di chi, proprio nell’obbedire in cose difficili e contrarianti o anche di fronte ad offese che gli vengono inflitte, abbraccia in silenzio e consapevolmente la pazienza e sopportando non si stanca, né viene meno, poiché la Scrittura dice «chi persevererà fino alla fine sarà salvo» (Reg. Cap. VII).

Ti auguro davvero di progredire nella umiltà per diventare sempre piú il servo buono e fedele come il buon Pastore.

So che non ti mancano le tentazioni prima di tutte quella di una certa stanchezza dopo tanti anni di servizio che potrebbe portarti a “tirare a campare” ormai arrivato alla fine. No, per carità! Proponi subito di concludere in salita, ancora hai davanti a te vent’anni buoni di ministero attivo. L’altra tentazione potrebbe essere l’inamovibilità: «Ormai nessuno mi può toccare, altrimenti me ne vado». Se parli cosí vuol dire che ti sei adagiato. Fammelo sapere e ti aiuterò personalmente a superare questo genere di tentazione, anzi tieniti pronto perché questa tentazione è bene prevenirla. L’altra tentazione può essere quella della raggiunta sicurezza economica, sentendoti garantito per il futuro: «Una volta Colonnello posso star tranquillo». Per carità! La nostra unica sicurezza è il Signore: «Stolto, questa stessa notte ti sarà tolta la tua vita...».

Personalmente questa comunicazione della tua promozione l’accompagno con tanta preghiera e la speranza che rappresenti occasione di novità di vita, disponibilità di servizio, freschezza di stile. Ti aspetto per un confronto di rinnovamento che produca in te frutti di autentica novità.

Ormai, anche ufficialmente, entri nella categoria dei Cappellani con il maggior numero di anni di servizio: fa sí che i giovani guardando a te vedano un modello di disponibilità al servizio, maturità di consiglio, dolcezza di padre, distacco dalle cose terrene, appassionato di Cristo e della salvezza dei fratelli, vero uomo «dal cuore indiviso».

+ Giuseppe Mani, Arcivescovo

 

 

 

 

 

Cfr. MANI G., Lettera Pastorale per la Festa di S. Ignazio di Lojola, in Bonus Miles Christi, 1-2 (1999), 26-27.