Premettiamo alcune considerazioni a questo interessante articolo di Jean-Robert Armogathe. Nessun articolo, specie se breve, può esaurire una questione cosí delicata come quella galileiana. All’Autore certamente non saranno sfuggiti alcuni aspetti della vicenda che, tuttavia, riteniamo sia bene esplicitare. Come evidenziato dallo stesso Armogathe, le chiese ortodosse e protestanti furono ben piú intransigenti nel rigettare le tesi copernicane e le altre innovazioni scientifiche che - di fatto - provenivano dal mondo cattolico. In altri contesti molto probabilmente la scienza avrebbe subito ben altre - e ben piú gravi - battute di arresto.

Ma a segnare il dissidio fra la Chiesa Cattolica e la scienza moderna non fu il “caso Galilei”; in questo dissentiamo rispettosamente da alcune espressioni contenute nell’articolo; espressioni che riteniamo siano da addebitarsi solo alla concisione della trattazione e non certo ai limiti del suo Autore.

Il dissidio tra scienza e fede, in realtà fu soprattutto un frutto artificioso della storiografia post-illuminista anticlericale, delle istanze intellettuali massoniche e dell’amplissima vulgata protestante che colse spesso ogni occasione offertagli in funzione anticattolica. Prova ne sia che la questione galileiana esploderà in tutta la sua virulenza mediatica e anti-religiosa non nel ‘600 ma sul finire del ‘700 e ancor piú nel’800.

Come rilevato dall’Armogathe, il caso Galilei, per la Chiesa Cattolica, fu una questione meramente disciplinare e tale sarebbe rimasta se il fatto non fosse stato strumentalizzato artatamente elevandolo ad una questione di principio fra la Chiesa e la scienza. Questione che non aveva e non ha alcuna ragion d’essere.

Un ultimo appunto: provvidenzialmente la condanna di Galileo non rappresentò affatto - come afferma l'Autore - "il tramonto della scienza cattolica". Premesso che la scienza non può essere aggettivata in senso religioso, la parabola scientifica in seno alla Chiesa andrà ben oltre Galileo Galilei, raggiungendo, in personaggi come Angelo Secchi e George Lemaître (solo per fare alcuni esempi), vertici scientifici e tecnici di spessore ben maggiore. Ciò non toglie che il "caso Galilei" sia stata una proficua lezione.

È una storia che continua ancora oggi, in tanti laici, religiosi ed ecclesiastici che - proprio grazie alla fede - hanno fatto e fanno della scienza un'autentica missione.

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GALILEO: OCCASIONE FALLITA O PROFICUA LEZIONE?

Don Jean-Robert Armogathe

Ordinario di Storia delle idee religiose e scientifiche nell’Europa moderna

Ecole Pratique des Hautes Études - Sorbona - Parigi

Relazione al convegno «Il caso Galileo. Una rilettura storica, filosofica, teologica»

Firenze - 26-30 maggio 2009

Fondazione Niels Stensen

 

 

 

 

La condanna di Galileo non poteva accadere in un momento meno propizio: le ultime due generazioni avevano di fatto assistito ad una rivoluzione culturale senza precedenti, di cui la Chiesa cattolica era stata il promotore e il diffusore. Nel 1582 il papato aveva proposto al mondo la riforma del calendario: era stata cosí dimostrata la perizia degli astronomi cattolici. Il calendario gregoriano (da papa Gregorio XIII) era opera della stupenda ricerca matematica accolta e sviluppata dalla Chiesa, soprattutto dai padri gesuiti del Collegio romano. Rimane come un monumento permanente della Controriforma cattolica.

Gli interlocutori incontrati da Galileo a Roma - che l’avevano festeggiato con molti onori - erano convinti di avere ammaestrato il tempo: avevano dotato il mondo di un calendario ‘perpetuo’, con la piú esatta (e quasi perfetta) misura del tempo. Le potenze protestanti avevano respinto una tale riforma, che rendeva manifesto ai loro occhi quanto la Roma papale fosse la sede dell’Anticristo, la nuova Babilonia, che voleva sostituirsi a Dio stesso nel dominio del tempo, cancellando la datazione pasquale stabilita dal Concilio di Nicea e sottraendo dieci giorni alla durata del mondo, anticipando cosí il regno dell'Anticristo. La riforma del calendario è stato il segno piú patente della dominante competenza degli scienziati cattolici

Ma era inserita in tutta una serie di misure decise dal Concilio di Trento per incrementare la formazione del clero - seminari maggiori creati dai vescovi, collegi dei gesuiti e di altre congregazioni e ordini, accademie scientifiche: Roma aveva moltiplicato le istituzioni di insegnamento e di ricerca, con un vigore educativo che voleva essere la risposta alle riforme universitarie dei protestanti (basta ricordare Melantone, «il precettore della Germania»). Numerosi religiosi erano impegnati nel campo della ricerca scientifica, scambiandosi dati sperimentali, osservazioni astronomiche, documenti vari, nel proficuo «commercio epistolare» della respublica litteraria

All’inizio della Controriforma la Chiesa si è voluta dotare dei mezzi disciplinari ed educativi idonei per combattere e bloccare l’estensione del movimento riformatore. Questa politica si è rivelata feconda, e ha contributo a gran parte della riconquista cattolica (soprattutto nella Germania meridionale e nell’Europa centrale). Dal canto loro, i pontefici romani si sono affermati come mecenati delle scienze e delle arti, ad un livello mai uguagliato. Galileo stava tra i lumi di questa scienza cattolica, era stato festeggiato dai gesuiti romani e godeva dell’amicizia di tanti cardinali, tra i quali Maffeo Barberini (papa Urbano VIII dal 1623 al 1644).

 

 

 Galileo Galilei

Portrait of Galileo Galilei - 1636
Justus Sustermans (1597-1681)
National Maritime Museum, Greenwich, London (UK)

 

 

 

 

Gli studiosi hanno ricostruito i motivi della sua condanna: sono di natura politica, diplomatica, disciplinare (il non avere obbedito alla cosiddetta «ingiunzione del 1616» di non pubblicare nulla sull’eliocentrismo), personale (aveva perso la fiducia del papa). La dimensione dottrinale del reato è scarsa, e i giudici non hanno insistito su questo aspetto.

Il «caso» non ha suscitato dibattiti teologici, si trattava per i contemporanei di un caso disciplinare. Tanto piú che i decreti delle congregazioni romane non erano ricevuti nella maggior parte dell’Europa cattolica, dove i regni (Spagna, Francia, Sacro Impero) e tanti altri Stati (Venezia) erano molto gelosi della propria indipendenza dalle decisioni romane: Index non viget era la parola d’ordine della maggioranza dei Paesi cattolici. 

Eppure i danni dalla sentenza del 1633 sono stati cospicui: si è consumata la rottura tra la Chiesa e la visione moderna, scientifica, del mondo. Si è detto che la condanna di Fénelon, nel 1699, era stata «il tramonto dei mistici» (Louis Cognet), allo stesso modo, la condanna di Galileo è stata il tramonto della scienza cattolica. Le sequele del decreto si sono allargate ben al di là del semplice fatto di una messa all’Indice. La scienza moderna si è da allora in poi sviluppata spesso senza la Chiesa e spesso contro di lei. Il colpo tirato nel campo della cosmologia ha fatto tante vittime collaterali nella critica storica e filologica e nel campo dell’erudizione. Il modernismo del primo Novecento, la cui ombra ha coperto la storia intellettuale cattolica per mezzo secolo, mi pare una lontana eppure genuina sequela di questa condanna del 1632.

È palese che Galileo Galilei rimane un eroe scomodo per gli zelanti dello scientismo laicista; non era certo un metafisico e, nonostante le prove subite dalla sua Chiesa, è rimasto un buon cristiano. Arthur Koestler ha ricordato le debolezze del grand’uomo: non ha inventato il cannocchiale, né il microscopio, né il pendolo isocrono, ha sbagliato in diversi campi (le maree), non ha rilevato le macchie solari e non ha potuto provare il copernicanesimo. Eppure, è stato il padre della dinamica - e questo basterebbe perché sia considerato tra i padri della scienza nuova.

 

 

 "Sidereus Nuncius"

Il Sidereus Nuncius di Galileo Galilei

 

 

 

 

La sua condanna ingiustificata ne ha fatto il martire dell'oscurantismo clericale e il simbolo dell’autonomia del pensiero scientifico. Le Chiese ortodosse sono rimaste a lungo anti-copernicane; i grandi riformatori protestanti si sono opposti all’eliocentrismo. Purtroppo, il caso Galileo è rimasto come una macchia per la sola Chiesa cattolica e ha inquinato le relazioni tra la Chiesa e la scienza per due secoli. 

Invano la condanna è stata cancellata, la Chiesa si è voluta riconciliare con la scienza contemporanea (basta ricordare l’abate agostiniano Gregor Mendel o, nel secolo scorso, il canonico belga Georges Lemaître), «ha invitato i premi Nobel al Vaticano» (si ricorda il bel libro di Regis Ladous), ha incoraggiato le istituzioni scientifiche (la Specola vaticana, l’Accademia pontificia): ci vorranno parecchie generazioni, e gli sforzi meritevoli di tanti papi (tra quali Pio XI e Pio XII), per riconciliare pienamente la Chiesa e la scienza moderna e ricucire i loro legami, senza mai allontanare totalmente il sospetto di opportunismo (in parte verificato, negli ambienti romani, intorno alla figura di Teilhard de Chardin). 

Eppure, nonostante i danni, non si può dare del caso Galileo un giudizio del tutto negativo. Si può sostenere pure che questa condanna fatale è stata di fatto molto utile nella storia del pensiero dottrinale e dell’insegnamento magisteriale della Chiesa cattolica. La memoria della condanna e delle sue sequele ha lasciato una traccia segnata: un atteggiamento di grande cautela nei confronti di ogni giudizio sulle nuove teorie scientifiche. Si è avverata una chiara distinzione di ordine tra le verità rivelate e quelle inventate dall’ingegno umano. Può darsi che la causa sia il timore di sbagliarsi di nuovo, di non volere aprire un ‘nuovo caso Galileo’, o la convinzione dei piani diversi della scienza e della Rivelazione. 

I due libri, quello delle Scritture e quello della Natura (per proporre un’immagine familiare, dal Medioevo in poi, alla mente occidentale), richiedono un’ermeneutica diversa, con delle regole proprie; la loro lettura non si può mescolare.

L’evoluzionismo, avversato dalle Chiese fondamentaliste americane, non è stato condannato. Sempre attenti alle norme morali e al rispetto della dignità umana, i pontefici romani hanno accolto con interesse e benevolenza i progressi della genetica, delle neuroscienze, le grandi tesi della cosmologia. I nuovi dati scientifici sono insegnati nelle scuole cattoliche; da mezzo secolo, non c’è piú un Indice, e Sigmund Freud non è stato anatematizzato... 

L’apertura dell’Archivio del Sant’Uffizio, voluta dall’attuale pontefice, ha svelato un’amministrazione molto preoccupata della disciplina interna e cosciente della sua debolezza nel controllare la produzione intellettuale. Galileo era troppo noto agli ambienti romani (e curiali) e la sua ‘disubbidienza’ troppo patente per rimanere illeso.

Ma la Chiesa ha approfittato del caso: questa occasione fallita è stata una proficua lezione, che ha facilitato nel Novecento l’aggiornamento cattolico nei confronti dei nuovi orizzonti scientifici.

 

 

 

 

 

 

Cfr. ARMOGATHE J.-R., Galileo: occasione fallita o proficua lezione?, in Avvenire, 24-05-2009, s. p.