LA QUESTIONE DELL’OBBEDIENZA E IL POTERE DEI MODERNISTI

[Articolo inserito per gentile concessione dell’Autore]

 

 

 

 

Il ritorno di modernismo che caratterizza questi cinquant’anni dalla fine del Concilio Vaticano II si può dividere in due periodi che manifestano la tenacia, la potenza e il potere di persuasione che ha questo complotto contro la Chiesa che agisce nel suo stesso interno facendo sí, come ebbe a dire Paolo VI, che la Chiesa stia compiendo un’”opera di autodemolizione”.

Il primo periodo è caratterizzato dal famoso ‘68: la contestazione chiassosa e sbracata e nel contempo il divulgarsi selvaggio e incontrollato tra seminaristi, giovani, preti, religiosi e teologi, di dottrine ereticali in campo dogmatico e morale. I vescovi, presi di sprovvista e per non fare la figura di quei “profeti di sventura” o dei conservatori preconciliari, hanno per lo piú lasciato fare, a volta con la formula ad experimentum, (“vediamo come va”), come se la verità di una dottrina dipendesse dal successo che incontra. Siccome in molti casi il successo c’è stato, quello che prima era un “provar se funziona”, si è stabilizzato, è diventato un dato scontato e indiscusso. I pochi che han tentato di farlo, quale che fosse la loro autorità o autorevolezza, magari in nome del Magistero precedente o della Tradizione, sono stati additati al pubblico dileggio come “anticonciliari”.

La disobbedienza al Magistero e al Papa stesso, apertamente o nascostamente manifestata, in nome di un non meglio precisato “spirito del Concilio”, ha cominciato a diventare un costume diffuso tra i fedeli, intellettuali e popolo, tra il clero, i teologi e i moralisti. È nato il cosiddetto “dissenso cattolico”, e Paolo VI parlò del “Magistero parallelo”.

Le idee ereticali e moderniste, soprattutto filoprotestanti, cominciarono ad essere liberamente, tranquillamente ed impunemente insegnate nelle scuole della chiesa e nelle pubblicazioni a stampa di molte cosiddette case editrici “cattoliche”. Lo scandalo e il turbamento dei fedeli pii e ortodossi era considerato con irrisione e compatimento dai modernisti - cosiddetti “progressisti” - sempre piú sicuri di sé e certi di essere la nuova Chiesa del futuro e della modernità, “nel cuore del mondo”, la “Chiesa dei poveri”, la “Chiesa dal basso”, la “Chiesa del dialogo”, direttamente guidata dallo Spirito, veramente evangelica e attenta alla “Parola di Dio” e ai “segni dei tempi”.

In questo primo periodo, c’è stata la possibilità da parte di modernisti, sempre piú dominanti nei mezzi della comunicazione sociale, penetrati nelle famiglie, nella scuola, nella cultura, nelle università, negli ambienti di lavoro, nelle parrocchie, nei movimenti, negli ambienti accademici e dell’educazione cattolica, nei seminari e negli istituti religiosi, di formare tutta una generazione di nuovi preti, nuovi religiosi, nuovi capi, nuovi vescovi fino a nuovi cardinali e tutto ciò davanti ad una resistenza debolissima da parte di buoni pastori e della S. Sede, essa stessa indebolita ed inquinata da infiltrati ultraraccomandati da prelati ambiziosi e di dubbia ortodossia.

Quale è stato il risultato catastrofico? Lo abbiamo oggi sotto gli occhi in misura crescente e lo si poteva immaginare ed è stato di fatto immaginato e previsto dai piú chiaroveggenti - i “profeti di sventura”; dovremmo dire meglio: le “sentinelle” inascoltate - o, diciamo piú semplicemente, previsto da quelli dotati di buon senso: che gradatamente dai modernisti, dai falsi maestri lasciati liberi di spargere i loro errori, sarebbe sorta come di fatto è sorta tutta una categoria o generazione di detentori del potere ecclesiastico a vari livelli, piú o meno accaniti o convinti, molti oscillanti e doppiogiochisti, imbevuti delle loro idee e quindi in grado non solo di diffondere idee moderniste, ma di farle applicare, pena la persecuzione o addirittura sanzioni disciplinari in nome dell’”obbedienza” a coloro che hanno voluto o vogliono rimanere fedeli al Magistero della Chiesa; pene ancor piú severe contro coloro che non solo restano fedeli alla sana dottrina, ma rivelano e denunciano, soprattutto se studiosi e o teologi, con nomi e fatti, nonché prove e precise accuse, gli errori e le malefatte dei modernisti, i quali sono molto abili nel nascondere l’insidia sotto le apparenze del vero, per cui si irritano moltissimo verso coloro che avvertono i fedeli del pericolo nascosto e usano toni di richiamo ai diffusori ed inventori dell’errore.

Finché possono, si sforzano di ignorarli, soprattutto se non hanno seguito, ma quando si accorgono che i fedeli aprono gli occhi, passano alle minacce e alla violenza. Sta sorgendo cosí una specie di inquisizione alla rovescia: gli eretici non solo oggi sono ben visti, ma addirittura hanno l’audacia, come già accadde nel sec. XVI nei paesi cattolici invasi dai protestanti, grazie al nefando potere ottenuto, di ostacolare o bloccare coloro che difendono la sana dottrina e vogliono difendere il popolo di Dio dall’epidemia della menzogna e della falsità, origine di ogni disordine morale. Speso i pastori a causa di un’insufficiente formazione teologica, anche se sono buoni e zelanti, si limitano alla condanna degli errori morali, senza rendersi conto anzi, addirittura a volte osteggiando in buona fede o per paura, quei teologi che mettono in luce la radice teoretica dell’errore.

Ma la cosa ridicola o tragicomica che rivela la raffinata ipocrisia di questi farisei che sono i modernisti è lo “scandalo” - pretto scandalo farisaico - dal quale le loro candide anime sono turbate nel vedere o sapere di cattolici coraggiosi che osano resistere od opporsi a prelati, insegnanti, formatori, superiori o vescovi che vorrebbero farli tacere o convincere di errori, dando quindi ordini o impartendo proibizioni invalide e quindi inapplicabili, e dimenticando il perentorio ordine della Scrittura: “non mettere la museruola al bue che trebbia”, simili a criminali dirigenti sanitari che vorrebbero impedire ai medici di curare i malati.

Sono i primi loro a disobbedire alla verità e alle direttive del Vangelo e al Sommo Pontefice ed osano dare ordini in contrasto con la sana dottrina o i principi morali e giuridici della Chiesa. Sono quelli stessi che nel ‘68 o sulla scia del’ 68 sbraitavano contro i “baroni” e contro l’”autoritarismo”, si sentivano autorizzati a contestare Papa e vescovi perché a dir loro espressione del rigorismo dogmatico, della “Chiesa dei ricchi”, del dispotismo e della teocrazia medioevali, dell’”era costantiniana”, del “trionfalismo barocco”, del legalismo farisaico, dell’inquisizione, della sessuofobia, e via discorrendo. Adesso invece chiedono obbedienza assoluta e chi li contraddice è paragonato ad uno che disobbedisce ad un precetto divino, ammesso che essi continuino a credere al vero Dio e non facciano dio di se stessi, secondo la sublime intuizione di un certo gnosticismo panteista.

Siamo cosí entrati nel secondo periodo, nel quale assistiamo sempre piú di frequente a fatti sconcertanti e scandalosi, dove soprattutto sono coinvolti vescovi e superiori: alcuni proibiscono la celebrazione della Messa tridentina, altri gestiscono seminari nei quali a S. Tommaso si è sostituito Rahner, alcuni fermano l’ingresso in seminario ai giovani benintenzionati o li obbligano ad adattarsi se vogliono avanzare nella carriera, mentre aprono la strada agli aspiranti modernisti incentivandoli nella loro ambizione, alcuni sono aperti sostenitori di eresie e promuovono chi le condivide, altri perseguitano in vari modi i cattolici che non vogliono altro che essere cattolici, alcuni proteggono docenti modernisti e reprimono docenti ortodossi.

Si è giunti al punto di favorire cause di beatificazione dalle prospettive assolutamente improbabili, come quella di Mons. Tonino Bello, solo perché rispecchia un modello di modernista, e di ostacolare vergognosamente altre cause solo perché danno fastidio ai modernisti.

Che ne è dell’obbedienza in queste situazioni? Non se ne è forse pervertito il significato? Che vale obbedire a superiori che a loro volta disobbediscono alla Chiesa e al Papa? Possibile che a disobbedire al Papa non capiti nulla, mentre il disobbedire ad un superiore modernista sia cosa temibile? Si dà inoltre che essendo il modernismo diffuso e prestigioso, il seminarista, il sacerdote, il teologo che resistono agli abusi del superiore modernista facciano la figura del disobbediente.

Il potere dei modernisti è oggi cosí forte e la seduzione che esercitano cosí insidiosa che occorre una gran dose di coraggio per resistere alla loro prepotenza e un discernimento molto fine per riconoscere i pericoli.

Prima di decidere di continuare a compiere il proprio dovere in fedeltà alla Chiesa contro il volere o il sopruso del superiore, occorre innanzitutto valutare con prudenza e sicurezza l’entità e la qualità di detto sopruso e calcolare in anticipo con un margine di probabilità se la resistenza al superiore non procuri eventualmente danni al resistente maggiori di quelli che ci sarebbero nei fedeli nel caso egli si adattasse all’ingiusto provvedimento.

La resistenza al tiranno è giustificata dalla prospettiva di proteggere o salvaguardare il bene comune anche con forte scapito personale. Un S. Tommaso Moro o un S. Tommaso Beckett hanno accettato la morte quando si sono accorti che la loro obbedienza al re avrebbe arrecato alla Chiesa inglese un danno superiore a quello che sarebbe loro incorso col rinunciare alla loro stessa vita.

La salvezza delle anime, soprattutto se molte, è un bene superiore ai propri interessi personali, ci fosse in gioco anche la vita stessa. In linea di principio, uno stimato e noto teologo vittima di un sopruso da parte dei superiori può dar buon esempio sia adattandosi che rifiutando di sottomettersi; dipende dalle circostanze, che vanno ben calcolate. Abbiamo esempi nei santi sia nell’uno che nell’altro caso. Alcuni vanno fino al martirio, altri, come un S. Giovanni della Croce, che fuggí dal carcere ingiustamente voluto dai superiori.

Se poi si tratta solo di pene minori come l’esilio o la diffamazione o la perdita dei propri beni, l’isolamento o il carcere o cose del genere, potrà esser conveniente accettare queste cose nella speranza che a volte si avvera di poter esser riabilitati e riprendere liberamente la propria missione. Abbiamo di ciò tanti esempi nella vita di santi e di eroici pastori e testimoni di Cristo.

Possono infatti darsi situazioni non cosí drammatiche o perché l’obbedire non reca un gran danno ai fedeli o perché non reca gran danno al testimone della fede. In certi casi è prudente e non da vili rassegnarsi alla violenza, se ciò non reca troppo scandalo ai buoni e non troppo pregiudizio al perseguitato.

Infatti potrebbe verificarsi che, nel caso di resistenza, il perseguitato verrebbe a trovarsi, per quanto riguarda un efficace esercizio del suo apostolato, in condizioni peggiori a quelle che potrebbe conservare obbedendo al superiore. Per questo noi vediamo come nella storia santi teologi o vescovi o predicatori si sono adattati senza ribellarsi a diverse misure ingiuste non in nome dell’obbedienza ma per motivi di convenienza al fine di non subire vessazioni maggiori.

Avviene cosí che il vero obbediente, ossia chi obbedisce innanzitutto a Dio e alla Chiesa, faccia oggi la figura del disobbediente in questo clima di tale confusione che non distingue piú chi appartiene da chi non appartiene alla Chiesa, perché i modernisti hanno diffuso un falso concetto di Chiesa in base al quale sono riusciti o con l’inganno con l’astuzia o con la forza ad imporre il loro potere facendo la figura dei rinnovatori del cristianesimo e delle avanguardie della Chiesa.

La loro attuale spavalderia, l’empia audacia che li guida nello spregio della vera obbedienza alla Chiesa nell’illusione di essere i vincitori, saranno invece i fattori dell’indebolimento del loro potere, perché la Provvidenza divina sopporta sí i malvagi ma non oltre un certo limite. Essa li tollera perché generano i santi. “Se non ci fossero i boia, dice S. Tommaso, non ci sarebbero i martiri”. Ma siccome Dio vuol salvare tutti mentre i modernisti mettono molti nel rischio di dannarsi, certamente Dio non permetterà piú a lungo questo stato di cose e col suo potere di giustizia e di misericordia farà in modo che le sorti della Chiesa possano risolversi sí che essa, senza per questo essere esente dalla croce, possa però camminare meno afflitta sul sentiero della storia.

 

Fontanellato (PR), 18 gennaio 2013

 

P. Giovanni Cavalcoli, OP

 

 

 

 

 

 

I testi originali sono reperibili anche nel sito Web dedicato allo studio del pensiero filosofico e teologico del Servo di Dio Padre Tomas Maria Tyn, O.P.

 

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