Promulgando la Costituzione Apostolica Spirituali Militum Curae (1) del 21 aprile 1986, Giovanni Paolo II ha riformato i Vicariati Militari fin qui chiamati «Vicariatus Castrenses» e ha dato loro, dopo trentacinque anni di esperienza e secondo le intenzioni del Vaticano II, una nuova regolamentazione che permette loro di instaurare una pastorale piú responsabile, piú adattata e meglio organizzata, per una parte importante del popolo di Dio: i militari, le loro famiglie con le loro istituzioni e i loro diversi alloggi: le caserme, le scuole militari, e il loro personale insegnante, gli ospedali e il loro personale, medici, infermieri, spesso religiose. A queste istituzioni si aggiungono le chiese o oratori destinati ai militari, con gli edifici che servono ad una pastorale diretta: curia, locali di riunione, biblioteche ecc... Contando le persone che dipendono da questo «Vicariato», esse sono persino di gran lunga piú numerose di quelle di alcune diocesi del Paese. I «Vicariati Castrensi», nella detta Costituzione, sono chiamati «Ordinariati Militari», termine che sottolinea nel modo migliore la natura di questa circoscrizione ecclesiastica di tipo speciale, ma che per diversi aspetti è uguale ad una diocesi. Questa circoscrizione non conosce la limitazione di un proprio territorio. L'Ordinariato si estende su tutto il territorio nazionale e si prende cura di tutti i militari, accompagnandoli ugualmente fuori del territorio in caso di guerra, in caso di occupazione o di presenza stabile sul territorio di altre nazioni. In un certo senso, l'Ordinariato ha un territorio, quello di una nazione, ma su questo territorio alcune parti gli sono affidate in modo speciale secondo i luoghi che l'esercito occupa; in certi paesi gli è affidata la cura pastorale della polizia, della gendarmeria, dei militari incaricati delle dogane ecc... Per sostenere ulteriormente questa pastorale militare, la Costituzione ha voluto assicurare agli Ordinariati Militari una maggiore autonomia in vista di un'azione pastorale piú adattata e meglio seguita.

L'Ordinario Militare sarà di preferenza un Vescovo, al pari di un Vescovo diocesano; avrà il suo presbiterio; dei religiosi e delle religiose; dei laici militari che, come collaboratori, partecipano alla sua responsabilità di pastore per questa parte del popolo di Dio. È importante notare subito che l'Ordinario Militare fa parte di diritto della conferenza dei Vescovi della nazione e ad essa porta il frutto della propria esperienza; un'esperienza che riflette l'impatto della pastorale diocesana; pastorale militare - e questo è da rimarcare - che spesso deve supplire alle insufficienze della pastorale diocesana e perfino alle sue negligenze. Essa è un'occasione unica per contattare quei giovani che la Chiesa diocesana non aveva potuto incontrare. Il ruolo dell'Ordinario Militare nella conferenza dei Vescovi del Paese non è secondario. La sua presenza sorpassa l'orizzonte, piú limitato, delle diocesi e può, in modo preciso, completare le preoccupazioni dei Vescovi diocesani. Che il documento Spirituali Militum Curae (S.M.C.) sia importante risalta dal fatto che la situazione di questi vicariati aveva costituito l'oggetto dell'istruzione Sollemne semper della Congregazione dei vescovi, promulgata il 23 aprile 1951. Questa istruzione che organizzava i vicariati esistenti - il primo fu quello del Cile, eretto da Pio X il 3 maggio 1910 - era di fatto piú importante di ciò che suggeriva la sua natura giuridica di semplice istruzione. Questa volta, Giovanni Paolo II non ha voluto promulgare queste nuove norme soltanto attraverso un Motu Proprio; egli ha dato ai vicariati una «legge-quadro», di cui il contenuto del documento S.M.C. sottolinea l'importanza e la stabilità. È propriamente una Costituzione Apostolica; la Costituzione è abituale per l'erezione delle Chiese particolari, delle diocesi nuove e di altre circoscrizioni ecclesiali ad esse equiparabili. Cosí, l'Ordinariato Militare supera, in una certa maniera, l'importanza delle diocesi, territori fortemente ristretti e, potremmo dire, può avere, viste le circostanze e secondo le nazioni, un orizzonte quasi universale. Esso deve, in ogni caso, far fronte ad una pastorale piú difficile e dove la testimonianza della carità cristiana e della pace vera domanda un coinvolgimento personale costante e forte.

La preparazione e la pubblicazione di tale documento è stata possibile grazie alla collaborazione degli Ordinariati, collaborazione che supponeva una riflessione teologica speciale, una preoccupazione pastorale comune, un adattamento alle differenziate situazioni nazionali: da quelle di una grande potenza mondiale, a quelle di un paese dal territorio ristretto, ma spesso di influenza non trascurabile. I Vicariati erano stati fatti oggetto di certe raccomandazioni da parte del Vaticano II (2); le riunioni organizzate per numerosi Vicariati (3); la convocazione di un primo congresso mondiale dei Vicariati Castrensi dal 7 al 10 ottobre 1980, hanno permesso di sottolineare l'importanza e di vedere l'urgenza di una nuova regolamentazione di questi Vicariati, per meglio rispondere alla loro vera natura di circoscrizioni ecclesiastiche giuridicamente assimilate alle diocesi. Il Codice ne aveva tenuto conto (4). All'ultimo momento, questa allusione ai Vicariati Castrensi fu soppressa (5) la preoccupazione pastorale della Chiesa rimase affermata - anche se in maniera mediocre - in un solo canone, il c. 569, che tratta dei cappellani militari. I principi necessari per fondare la Costituzione che commentiamo rimasero fermi: è sufficiente rileggere i cc. 568, 372, par. 2 e 373. Una cosa è certa: se la Chiesa particolare era considerata come territoriale, questo tratto non è essenziale alla sua natura. Lo affermava già il c. 372, par. 1: «pro regula», diceva il testo individuando in questo fatto un'applicazione piú larga prevista nel par. 2 dello stesso c. 372. Stessa posizione per quanto riguarda le parrocchie, che di fatto sono territoriali - «regula generali» dice il c. 518 - ma che possono essere personali, come dice lo stesso canone e come ricorda anche il c. 813.

Un incontro dei Vicari Castrensi dell'America Latina fu importante: quello che si tenne a Bogotà dal 23 al 28 febbraio 1981. Questa assemblea formulò l'augurio che i Vicariati Castrensi diventassero delle diocesi personali (6). Un nuovo incontro di Vicari Militari latino-americani ebbe luogo in Venezuela, dal 20 al 23 febbraio 1983. Vista la promulgazione del Codice, questa assemblea domandò al Sommo Pontefice l'applicazione del c. 372, par. 2 ai Vicariati Castrensi. Un altro passo importante fu compiuto dal secondo congresso mondiale dei Vicari Castrensi che si tenne dal 9 all'11 aprile 1984. La questione della natura e della posizione di questi Vicariati fu studiata a fondo. In seguito a quel congresso, una commissione speciale preparò un testo che trattava dei Vicariati Castrensi; fin dall'inizio essa ritenne che la promulgazione si dovesse fare attraverso una Costituzione Apostolica. Questo testo fu inviato nel febbraio 1985 ai Vicariati; le loro osservazioni furono studiate il 4 giugno 1985. Cosí, furono introdotti numerosi aspetti nuovi o importanti: si prevedeva l'incardinazione di chierici, la possibilità di avere un seminario proprio e dei tribunali; si mise a punto il tema delle relazioni del Vicariato con la conferenza dei Vescovi. Il testo cosí modificato, fu presentato all'approvazione del Papa che lo promulgò il 21 aprile 1986. La denominazione dei Vicariati divenne, dopo le nuove consultazioni, quella di «Ordinariati Militari» o «Ordinariati Castrensi», se si preferisce il termine «Castrensis» a quello piú bellicoso di «Militaris» (7). La redazione di questa Costituzione ha dovuto, dunque, considerare numerosi problemi, lasciando, tuttavia, la flessibilità necessaria ad ogni Ordinariato perché potesse redigere il proprio statuto in modo che gli fosse permesso di rispondere ai bisogni reali dei suoi fedeli, fino ad oggi troppo poco seguiti o addirittura quasi abbandonati.

Tutto era da riconsiderare: l'Ordinariato Militare può avere il proprio seminario, un clero che può incardinare ed un presbiterio proprio. Inoltre, l'Ordinario Militare deve avere la sua curia; può nominare i suoi vicari generali o episcopali, avere il proprio economato, nominare i propri cappellani i quali, come i parroci, sono incaricati della cura di una parte determinata del popolo cristiano che viene loro affidata. Certi elementi sono essenziali e obbligatori in virtú della Costituzione e devono essere osservati; altri possono essere scelti o preferiti essendo piú adattabili alla situazione di ogni Ordinariato. Altri elementi, infine, possono essere considerati nella preparazione dello statuto dell'Ordinariato nazionale, qualora si mostrassero necessari o veramente utili ad una pastorale efficace, anche se esigerebbero - sembra - una disposizione speciale e non prevista dal testo della Costituzione promulgata. Le prime parole della Costituzione, il suo «incipit» - Spirituali Militum Curae - dà il senso di tutta questa nuova legislazione: rendere la pastorale dei militari piú efficace, piú adattata, meglio strutturata, seriamente preparata; in modo da coprire, tanto quanto si può fare, tutte le situazioni; e da rispondere a tutte le esigenze di una vita cristiana fervente e missionaria. Non si tratta solamente di aiutare dei cristiani già formati, desiderosi di una pratica religiosa fervente; si vuole un Vicariato testimone del Vangelo, responsabile dell'annuncio della buona novella ovunque siano presenti i militari che gli sono affidati e le loro famiglie. Una pastorale speciale, una pastorale della mobilità, una pastorale missionaria. Questi sono gli aspetti che, a partire dallo studio approfondito della nuova Costituzione Apostolica, si impongono come fini particolari di questa legislazione e come caratteri specifici di questo ministero apostolico, speciale e sempre attuale. Alcuni aspetti della vita cristiana non sono di sua competenza e non dipendono dalla sua missione propria: ma una vera Spiritualis Militum Curae suppone tutti gli aspetti della azione pastorale. La Costituzione Apostolica S.M.C. è divenuta, cosí, una legge particolare, aperta, flessibile - come del resto si attendeva - dove, in maniera originale ed esemplare, il legislatore universale tien conto della «giusta autonomia» supposta per le comunità ecclesiali particolari, le missioni speciali e i carismi propri (8). Per rendersi maggiormente conto del valore di questa Costituzione e facilitarne l'applicazione nella redazione dei nuovi statuti che gli Ordinariati Militari dovevano presentare alla Congregazione dei Vescovi prima del 21 luglio 1987, è importante commentare i quattordici articoli di questa Costituzione.

 

 

 1. Natura ed erezione degli Ordinariati Militari

Gli Ordinariati Militari sono giuridicamente assimilati alle diocesi (cc. 368-369). Questo è il fatto di maggior interesse. Non si chiamano piú Vicariati Castrensi, «Vicariatus Castrenses», secondo una terminologia romana che conosceva i campi militari e l'esercito di terra: oggi le forze armate sono di terra, di aria e di mare. Non sono piú inoltre «Vicariati»; non agiscono piú in nome del Sommo Pontefice da cui dipendevano in modo speciale cosí come dipendono da lui i Vicariati Apostolici (c. 372, par. 1) o le Amministrazioni Apostoliche (c. 372, par. 2). Essi sono giuridicamente assimilati alle diocesi. Questo è affermato all'art. 1 della Costituzione Apostolica ed è ricordato ancora al n. 4 dell'art. II. Sono delle circoscrizioni ecclesiastiche. In effetti, gli Ordinariati sono, in un certo senso, territoriali; sono incaricati della pastorale che cura l'esercito di una nazione, ma essi superano le diocesi di un paese e si estendono su tutto il territorio nazionale. Questa è la ragione per la quale non sono stati chiamati «diocesi militari», denominazione che avrebbe presentato una certa confusione. Inoltre, l'Ordinariato si estende a tutta la presenza dell'esercito in terra straniera, sia essa in basi militari stabili, strategiche; in paesi amici, in terre conquistate o in regioni protette. Il principio è, dunque, il seguente: «dove sono i militari di una nazione, si estende l'Ordinariato Militare di questa». Resta un caso speciale, non previsto dalla Costituzione: quello della presenza internazionale di un gruppo di militari, come sono, ad esempio, i «caschi blu».

Questi ultimi dipendono personalmente dal loro Ordinariato nazionale, ma nel luogo di residenza essi possono dipendere da un solo cappellano che, allora, sarebbe delegato dai diversi Ordinariati di appartenenza di coloro che gli sono affidati, soldati e loro famiglie. Ogni Ordinariato è retto da statuti propri approvati dalla Santa Sede. Questo statuto deve tener conto della situazione di ogni paese, delle persone che dipendono da questo Ordinariato, dei luoghi dove l'esercito è presente, cosí come delle convenzioni che una nazione può avere con la Santa Sede sotto forma di concordato o di accordo particolare. La Costituzione S.M.C. non deroga alle stipulazioni di tali convenzioni. L'erezione degli Ordinariati è fatta dalla Santa Sede e, piú precisamente, dalla Congregazione dei Vescovi o, nei territori di missione, dalla Congregazione per l'evangelizzazione dei popoli. L'erezione di un Ordinariato non si fa se non dopo aver richiesto il parere della conferenza nazionale dei Vescovi; la Santa Sede può, tuttavia, in vista di un bene piú universale o di una situazione particolare, decidere liberamente l'erezione di un Ordinariato Militare nazionale e prima di promulgare il suo statuto, su numerosi punti, dovrà tener conto delle convenzioni già fatte con la nazione nella quale si erige l'Ordinariato o prendere accordi con la nazione e i suoi rappresentanti. Questo impegnerà sempre, per quanto riguarda la Santa Sede, l'intervento del Consiglio degli Affari Pubblici della Chiesa, competente in materia di concordati, accordi e relazioni diplomatiche. I fedeli di un Ordinariato Militare, per il fatto che sono militari o legati a questo stato, sono membri di diritto dell'Ordinariato, pur restando fedeli della Chiesa particolare alla quale appartengono «ratione domicilii vel ritus».

 

 

II. L'Ordinario Militare

Poiché l'Ordinariato Militare è assimilato giuridicamente alle diocesi, il suo primo pastore è normalmente - «pro norma» - un Vescovo; egli ha i medesimi doveri e diritti di un Vescovo diocesano, a meno che, in ragione della natura delle cose o secondo gli statuti particolari dell'Ordinariato, i suoi poteri siano modificati, ristretti o aumentati. Per il fatto di questa sua posizione, l'Ordinario dovrà esser liberato da tutte le altre funzioni; incarichi o responsabilità; bisogna che egli sia interamente dedito al suo Ordinariato. Dunque, è importante che l'Ordinario Militare sia Vescovo nel senso pieno del termine, pastore proprio dell'Ordinariato e collega dei Vescovi della stessa nazione. Questa uguaglianza deve facilitare la sua collaborazione con i membri dell'episcopato del paese, nella sua conferenza dei Vescovi. Inoltre, se in un paese piú esteso ci sono delle conferenze provinciali o regionali di Vescovi, è auspicabile che l'Ordinario Militare possa assistere alle loro riunioni. Il suo apporto pastorale sarà sempre istruttivo per gli altri Vescovi; talvolta li illuminerà sulla situazione reale delle loro rispettive diocesi. In piú, se vi fosse conflitto fra due giurisdizioni - quella della diocesi e quella dell'Ordinariato - sarebbe meglio che queste difficoltà fossero appianate all'interno della stessa conferenza dei Vescovi. Che cosa pensare della situazione di certe nazioni dove un Vescovo diocesano, perfino il presidente della conferenza dei Vescovi, o un Arcivescovo, è «ipso facto» Ordinario Militare? Il meno che si possa dire è che si tratta sempre piú di un titolo che non di una reale responsabilità. Il vicario generale di questo Vescovo per i militari sarà il solo ad avere l'esperienza pastorale che comporta questa carica. Si può dire, senza esagerare, che, escluso dalla conferenza dei Vescovi, il vicario generale dell'Ordinario Militare, non potrà far parte della sua esperienza ai Vescovi diocesani; e questi saranno privati della sua informazione e della sua collaborazione a livello di decisioni o di orientamenti della conferenza nazionale o regionale dei Vescovi. L'articolo II presuppone, anzitutto, le circostanze e le disposizioni attuali. Ciononostante, queste devono essere riviste alla luce della Costituzione Apostolica S.M.C.

Tali circostanze potranno consigliare un'altra soluzione, «nisi peculiaria Nationis adiuncta aliud suadeant»? Notiamo, anzitutto, che ciò che può favorire o esigere un'altra soluzione, deve avere rapporto con il paese, la nazione come tale. Una nazione può non avere o avere pochi militari e quindi, una presenza ufficiale della Chiesa in ambito militare può non essere augurabile o possibile; questo fatto è molto comprensibile là dove i cattolici sono minoritari, o dove la diversità. dei culti non permette un'azione pastorale favorevole; ovvero dove la presenza attiva di un Ordinariato Militare cattolico susciterebbe delle gelosie, delle opposizioni, dei veri conflitti tra le parti politiche o tra culti differenti. Quanto alla nomina dell'Ordinario, è normale che in molti paesi il Governo e, piú precisamente, l'autorità militare ne siano avvertiti; il loro accordo può facilitare il suo compito; se per convenzione o concordato la conferenza dei Vescovi o il governo possono presentare un candidato di loro scelta, spetta alla Santa Sede, dopo le consultazioni richieste, per esempio dei Vescovi del paese o di alcuni di loro, nominare l'Ordinario Militare. Occorre, tuttavia, rimarcare che il Concilio Vaticano II ha domandato che questi interventi non abbiano piú luogo (CD 20). Questo desiderio è oggi strettamente codificato, al c. 377, par. 5. Se, d'altra parte, nelle Chiese d'Oriente l'Ordinario è nominato dal Patriarca o dal Sinodo dei Vescovi, spetta alla Santa Sede confermare l'elezione, la designazione o la nomina del candidato (c. 377, par. 1). Nella Costituzione Apostolica S.M.C. non è stata trattata una questione, quella delle informazioni regolari quanto ai possibili candidati a questo compito.

Tali informazioni e consultazioni sono previste dal Codice al c. 377, par. 2 e par. 4. Se ogni tre anni le conferenze dei Vescovi devono presentare alla Santa Sede una lista di possibili candidati all'episcopato, sarà utile che in queste informazioni triennali sia presentata alla Santa Sede una lista speciale di candidati all'Ordinariato Militare. Questo sembra normalmente richiesto dalla situazione speciale dell'Ordinariato, dalla specificità di questo compito pastorale, dalla posizione dell'Ordinario, dalla sua conoscenza dell'ambiente e dei suoi problemi. Se l'Ordinario Militare è un Vescovo residenziale, nominandolo bisogna tener conto delle responsabilità reali che da questo fatto gravano su di lui; se egli nomina un vicario generale o un provicario - sia esso un prete della sua diocesi o di un'altra - perché esso sia ordinato Vescovo ausiliare dell'Ordinario Militare occorre che la consultazione sia piú larga e piú seria di quella prevista al c. 377, par. 4, dove si dice che il Vescovo diocesano presenta lui stesso alla Santa Sede tre candidati possibili. La pratica presenta evidenti difficoltà, perché queste scelte sono troppo personali per poter anche essere sempre le piú valide. Ci si rende conto che nel caso in cui bisogna nominare un Ordinario Militare che sia Vescovo, o che sia Vescovo colui che agisce come vicario generale o pro-vicario di un Vescovo residenziale, le consultazioni saranno di vero aiuto se vengono fatte secondo norme piú esigenti di quelle previste al c. 377, par. 4.

 

 

III. Ordinariato e Conferenza nazionale dei Vescovi

Un articolo speciale della Costituzione S.M.C. tratta dell'Ordinario Militare come membro della conferenza dei Vescovi del proprio Paese. Si poteva inserire questa prerogativa nell'articolo II. Del resto, il fatto che sia divenuta l'oggetto di un articolo particolare, l'articolo III, sottolinea l'importanza di questa norma che fa risaltare ancor meglio come l'Ordinariato sia Chiesa particolare, con i suoi fedeli, la sua giurisdizione propria, ordinaria, personale; il suo clero, i suoi religiosi, all'occorrenza con i suoi seminaristi, con le sue chiese, la sua curia, i suoi vicari generali ed episcopali, i suoi cappellani, considerati all'articolo VII come parroci; i suoi cappellani ausiliari che sono come i vicari parrocchiali di un cappellano ordinario; i preti collaboratori; con le sue scuole, ospedali, case di riposo per persone anziane, i suoi tribunali. Non si poteva dare migliore immagine di una vera Chiesa particolare. In virtú dell'articolo III, l'Ordinario Militare, che è prelato e pastore di una Chiesa particolare, anche se non fosse Vescovo, dovrà far parte della conferenza dei Vescovi.

 In certi paesi si è avuto come Vicario Castrense un Vescovo residenziale o lo stesso presidente della conferenza dei Vescovi. In questo caso gli è difficile avere un contatto reale con le persone che da lui dipendono; non le rappresenta, anzi, non le conosce neppure. Non si vede perché il vicario generale o il provicario, dato che porta la responsabilità di questa Chiesa particolare, non possa far parte di diritto della conferenza dei Vescovi. Ci si domanda, non senza seria ragione, se non ci troviamo davanti ad una «fictio iuris» che bisognerebbe evitare. La solennità con la quale è stato posto questo principio in un articolo speciale, non prova solo la volontà del legislatore di sottolineare il carattere di Chiesa particolare dell'Ordinariato Militare; ma anche la volontà positiva che alla conferenza dei Vescovi sia presente colui che ha esperienza e piena responsabilità. Evitare la presenza di un Ordinario Militare, Vescovo o no, fa contrasto con la partecipazione di numerosi Vescovi ausiliari. Di piú, vedendo le persone che dipendono dall'Ordinario Militare, il numero dei preti che formano il suo presbiterio e il numero dei religiosi a servizio dell'Ordinariato, ci si domanda, non senza ragione, come possa un Vescovo diocesano, che ha già una diocesi propria, conoscere veramente un insieme cosí diversificato, un gruppo di persone in grande mobilità ed estendere la sua attenzione a tutta la nazione, ai luoghi in cui l'esercito si trova ed anche alle difficoltà politiche che nell'esercito provocano i rapporti fra Chiesa e Stato.

Tutto considerato, il principio è saggio, la sua applicazione è fondata nel diritto e nella realtà pastorale. Se si sono previste delle eccezioni, queste dovranno essere rare e seriamente motivate. Una ragione pastorale maggiore per esigere la presenza dell'Ordinario Militare è il carattere proprio di questa pastorale specializzata. Non avendo le statistiche complete, neppure in materia sacramentale, è sufficiente almeno riprendere qui le informazioni dell'Annuario Pontificio del 1987 a riguardo del battesimo conferito nell'Ordinariato talvolta anche a giovani militari che non hanno ricevuto il sacramento in parrocchia: nel 1986, in Brasile, il numero dei battezzati ammontava a 5727; nel 1986, negli Stati Uniti sono 14212; 7294 nelle Filippine; 4728 nel Cile; 3971 nel Perú; 2375 in Argentina; 2383 in Spagna; 1796 in Francia; 1404 in Canada; 503 in Colombia; 590 in Gran Bretagna; 469 in Australia; 408 in Germania; 439 in Belgio. Tenendo conto della popolazione dei paesi elencati, certe cifre rappresentano una proporzione talvolta assai elevata e indicano la portata di un apostolato importante, che non può essere ignorato dalla conferenza dei Vescovi. Bisognerebbe poter stabilire la stessa cosa per la confermazione, le prime comunioni, i matrimoni e, se possibile, i processi matrimoniali. E questo non renderebbe ancora tutta l'ampiezza della pastorale dell'Ordinariato Militare.

 

 

IV. Il potere dell'Ordinario Militare

Il quarto articolo della Costituzione S.M.C. definisce anzitutto la natura del potere dell'Ordinario Militare; la norma avrebbe potuto enumerare gli organismi dell'Ordinariato, come sono previsti per la Chiesa diocesana e come si fa per buona parte degli articoli V, XIII e XIV. Qui offriremo una visione generale dell'organizzazione dell'Ordinariato, cercando di trattare piú oltre i casi previsti esplicitamente dalla Costituzione. Il potere di governare, la giurisdizione dell'Ordinario Militare, è personale, ordinaria, propria. Una giurisdizione personale non è limitata a un territorio; è data in favore di persone che sono affidate all'Ordinario là dove esse si trovano. Una giurisdizione ordinaria è data con l'ufficio affidato a colui che deve esercitarlo; può essere delegata e anche suddelegata a discrezione di colui che possiede questa giurisdizione. Tale giurisdizione è «propria», e si esercita in piena responsabilità; non è «vicaria», cioè, non si esercita a nome di colui che si rappresenta o che si sostituisce. I Vescovi diocesani hanno una giurisdizione territoriale, ordinaria e propria. In quanto territoriale viene esercitata sul territorio ed è limitata al territorio di una diocesi, ma può esercitarsi al di fuori della diocesi in favore dei fedeli della diocesi. Dunque, bisogna concludere che la giurisdizione personale è universale, perché viene esercitata in favore delle persone affidate a colui che se ne prende la cura, là dove esse si trovano. Per questa ragione non si può parlare di una diocesi militare, essendo la diocesi limitata territorialmente. «Diocesi personale» è una denominazione inesatta; contiene un contrasto e, dunque, deve essere evitata. La si ritrova, tuttavia, nel decreto Presbyterorum Ordinis 10 e fu impiegata nell'accordo concluso tra la Santa Sede e la Spagna. Per ragioni di esattezza, si eviterà, dunque, questa denominazione e si userà una terminologia generale, conformemente ai termini stessi della Costituzione S.M.C. Non si vede perché si dovrebbe mantenerla, pur ritrovandosi in un accordo intervenuto tra la Santa Sede ed una determinata nazione. Il termine «Ordinario» è classico nel diritto (cf. c. 134, par. 1).

L'Ordinario Militare è chiamato cosí perché la sua giurisdizione è personale; essa è data in favore dei militari, delle loro famiglie e di tutti coloro che sono a loro servizio, servizio personale o nelle istituzioni esistenti in loro favore: ospedali, scuole, case di riposo per persone anziane, ecc... Si può, quindi, dire che l'Ordinariato Militare è una Chiesa particolare; il suo Pastore ha una giurisdizione personale, non territoriale, che si esercita in favore dei militari e in tutti i luoghi in cui essi sono di passaggio o si stabiliscono per un certo tempo o anche definitivamente: caserme, amministrazione militare, campi, luoghi di intrattenimento e luoghi di conflitto. In un certo modo tale giurisdizione può essere detta «territoriale»; essa prende origine in rapporto alla nazione di cui i militari fanno parte; ma sul territorio del paese essa viene esercitata in tutte le diocesi della nazione. Su un punto essa è tuttavia speciale, perché «cumulativa». Per sé, l'Ordinario dei militari è il loro Vescovo proprio. Tuttavia, questi possono indirizzarsi al loro Vescovo diocesano - al Vescovo della diocesi d'origine - e al Vescovo diocesano della diocesi in cui risiedono, dove soggiornano o dove fossero di passaggio. Questo aspetto amministrativo della giurisdizione che concerne i militari, permette una piú grande libertà di azione e di scelta; essa assicura ai militari e alle loro famiglie l'aiuto pastorale necessario; e permette loro di ricevere i sacramenti nella loro diocesi di origine o di domicilio, cosa apprezzabile soprattutto per il battesimo dei bambini, il loro matrimonio, i funerali di famiglia. Questa norma facilita l'aiuto pastorale ai giovani, i quali non restano se non poco tempo nell'esercito, il tempo del loro servizio militare.

Data l'assimilazione giuridica alla Chiesa particolare, l'Ordinariato Militare può avere le strutture pastorali abituali alle diocesi, a meno che la mobilità e la dispersione dei membri dell'Ordinariato rendano la cosa difficile o addirittura impossibile. In una diocesi, secondo il diritto vigente, si ha: a) una «curia dell'Ordinariato», prevista dai cc. 469-494; b) un «consiglio episcopale» che riunisce i vicari generali ed episcopali attorno all'Ordinario Militare (c. 473, par. 4); c) un «vicario generale» (c. 475, par. 1) e dei «vicari episcopali» (c. 476) se questi sono utili al buon governo dell'Ordinariato. Si potrebbe avere un vicario generale o un vicario episcopale per ogni tipo di armata: aviazione, marina, fanteria; d) un «consiglio presbiterale» presieduto dall'Ordinario, costituito e convocato secondo gli statuti dell'Ordinariato Militare (cc. 495-50l), vedendo a questo riguardo l'articolo VI, par. 6 di cui tratteremo piú avanti; e) un «collegio dei consultori» scelti tra i membri del consiglio presbiterale, cosí come è previsto dal c. 502 e di cui lo statuto dell'Ordinariato dovrà, conformemente al Codice, stabilire le responsabilità e le prerogative; f) un «consiglio pastorale» costituito, secondo il Codice, da presbiteri, religiosi e laici (cc. 511-514). Questo consiglio è utile per studiare i problemi pastorali, valutare l'azione pastorale dell'Ordinariato ed offrire proposte concrete all'Ordinario Militare. Il consiglio pastorale, tuttavia, non è obbligatorio (cf. c. 511); g) un «consiglio economico» presieduto dall'Ordinario (cc. 492-494) le cui funzioni devono essere precisate dagli statuti in corrispondenza con il diritto vigente (cc. 493-494; cf. c. 1278); h) un «consiglio di mediazione» previsto al c. 1733. È facoltativo. Visti i suoi vantaggi, può essere fatto oggetto di precisazioni da stabilirsi nello statuto dell'Ordinariato. L'organizzazione dell'Ordinariato Militare, assimilato ad una Chiesa particolare, chiede riflessione e prudenza. Certe istituzioni sono già previste dalla Costituzione S.M.C. Soltanto l'esperienza può consigliare in avvenire la costituzione di organi facoltativi previsti dalla legislazione vigente per le diocesi (9).

 

 

V. Luoghi in cui si esercita il potere dell'Ordinario Militare

L'articolo V specifica in maniera piú dettagliata l'aspetto cumulativo della giurisdizione ecclesiastica in materia «militare». In esso si stabilisce che nei luoghi riservati ai militari: caserme, accampamenti, scuole, ospedali, campi di addestramento, edifici dell'Ordinariato, la giurisdizione dell'Ordinario Militare è primaria e principale - noi diremmo «esclusiva» - a meno che l'Ordinariato non sia in grado di provvedere alla pastorale necessaria per mancanza di preti o a causa delle distanze o di situazioni eccezionali. Questo articolo, perciò, completa il precedente; permette di evitare situazioni di conflitto e assicura una pastorale adattata ai militari e alle loro famiglie. Può, d'altronde, essere ulteriormente specificato attraverso gli statuti dell'Ordinariato, tenendo conto della legislazione del paese e di eventuali accordi con la Santa Sede. Nel caso in cui l'Ordinariato non possa assumersi la cura delle persone di cui tratta l'articolo V, il Vescovo del luogo e il parroco del luogo agiscono «iure proprio»; non, quindi, come delegati dell'Ordinario Militare. Sarà, tuttavia, prudente, in questo caso, attenersi alle direttive pastorali dell'Ordinario Militare, in spirito di comunione ecclesiale e di reale collaborazione, come esige, d'altra parte, esplicitamente l'articolo II, par. 4.

Questa giurisdizione «cumulativa», inoltre, permette ai militari e alle loro famiglie di agire con piú libertà, di rispettare meglio certe tradizioni familiari, poiché si indirizza di preferenza al clero locale del loro domicilio. Per definire l'applicazione del principio espresso all'articolo quinto, occorre sottolineare bene che la giurisdizione locale - quella del vescovo diocesano e del parroco - non è cumulativa se non nel caso in cui mancassero l'Ordinario Militare e i suoi cappellani. Come spiegare questa clausola? Attenendosi strettamente al testo, l'Ordinario diocesano e il parroco non possono agire in concorrenza con l'Ordinariato Militare. Questo significherebbe che la loro giurisdizione è piuttosto suppletiva che non cumulativa. Notiamo, tuttavia, che questa clausola non copre tutto l'esercizio della giurisdizione, e che si applica ai soli casi menzionati all'articolo quinto, sapendo che la giurisdizione si esercita nei luoghi che appartengono per sé all'Ordinariato. Il termine «stationes» deve, tuttavia, essere inteso in senso largo; esso comprende gli edifici militari come i luoghi dove i militari stazionano, non fosse che per un lasso di tempo assai breve. Queste determinazioni sono importanti per precisare l'uso della giurisdizione, anche se non concernono la questione della validità del suo esercizio. Sono osservazioni necessarie perché ad una prima lettura esse non sembrano chiaramente espresse; mostrano la portata di questa norma e giustificano la sua applicazione.

 

 Fide et bellica virtute

 

 

 

 

 

VI. Il Clero dell'Ordinariato Militare

Non si può immaginare una Chiesa particolare senza clero. Un Vescovo o un Ordinario Militare non possono nulla senza l'aiuto di un clero competente. Questo aspetto dell'Ordinariato Militare è stato considerato con prudenza e realismo. I fedeli che formano questa Chiesa sono numericamente cosí differenti che non era possibile dare una norma generale: bisognava tener conto delle situazioni concrete. Per questo sono state esaminate certe possibilità, ma anche situazioni che costituiscono lo «status quo» e che potrebbero in futuro nuocere alla qualità di questo ministero. Ora, la situazione attuale, al momento della promulgazione, deve tener conto di un gruppo di preti non incardinati nell'Ordinariato, piú o meno preparati al ministero che essi vanno esercitando e che possono, su loro domanda o su quella del loro Vescovo diocesano, lasciare questo ministero. Spesso si incontrano preti che, a causa di difficoltà col loro superiore, preferiscono questo ministero di mobilità che dà loro una piú grande libertà e al tempo stesso una situazione finanziaria piú confortevole. Un compito difficile nella Chiesa suppone un dono speciale, una vocazione, una preparazione adatta, un luogo dove sia possibile confrontare le esperienze e situarsi fin dall'inizio in un lavoro pastorale specifico. Da qui vengono le seguenti questioni: l'Ordinariato ha un clero proprio? Ha preti e diaconi in esso incardinati? Può avere un seminario proprio? Ciò comporta il discernimento di una vocazione particolare, l'accertamento di attitudini speciali, una conoscenza del luogo. I figli dei militari saranno chiamati a dedicarsi a queste funzioni pastorali? La redazione dell'articolo VI suppone questi problemi. Si può dire che risponde a un bisogno e prepara l'avvenire. Il primo paragrafo rinvia anzitutto ai paragrafi innovatori e descrive subito dopo la situazione attuale: di fatto il presbiterio dell'Ordinariato Militare è formato da preti secolari e religiosi che, avendo le qualità necessarie per assolvere bene questo ministero, con l'accordo del loro Ordinario - Vescovo diocesano o superiore religioso - esercitano una funzione nell'Ordinariato. Questa funzione non è determinata nel testo: «Officio in Ordinariatu Militari funguntur».

Questi preti secolari vengono da diocesi costituite in paesi in cui l'armata nazionale o altre forze armate come la gendarmeria, la guardia civile, la guardia di finanza, il servizio delle dogane, richiedono questo ministero pastorale. I religiosi sono membri di diversi istituti religiosi; fra essi si incontrano monaci, religiosi conventuali, chierici regolari e preti di istituti piú recenti senza specializzazioni pastorali determinate; anziani missionari che, per varie ragioni, hanno lasciato il paese di missione dove erano attivi. Se questo insieme di ministri sacri è una testimonianza di generosità e di adattamento, va anche detto che esso non favorisce l'unità di azione in una pastorale difficile, mobile e molto differenziata. Non facilita neppure il compito dell'Ordinario Militare, né l'intesa tra i membri di questo presbiterio, o meglio di questo clero, se esso conta già dei diaconi permanenti a tempo pieno o meno, sposati o celibi. Piú ci si renderà conto della difficoltà di questo genere di ministero, piú si desidererà favorire l'unità di formazione di questo clero, fare attenzione al fatto che possa essere basata su una vocazione personale, riconosciuta come autentica. Quanto ai religiosi, a parte quelli che hanno una vita comunitaria flessibile e adattata a ministeri che suppongono anche lunghe assenze, si vede difficilmente come un lungo periodo di tempo passato in Ordinariato Militare possa permettere un ritorno alla vita cenobitica o conventuale regolare e stabile. Si capisce, tuttavia, il paragrafo secondo dell'articolo VI: Vescovi diocesani e superiori religiosi sono incoraggiati ed esortati a dare i rinforzi necessari di preti competenti all'Ordinariato Militare dei loro paesi. Il passaggio a un Ordinariato Militare di un altro paese non è escluso; ciò potrà porre problemi in tempo di guerra, ma sarà utile per avere ministri sacri della stessa razza o della stessa lingua nei paesi a forte densità di migranti e di rifugiati, avendo acquisito la nazionalità del loro paese di accoglienza. Certamente la carità universale supera le frontiere e le stesse opposizioni che conoscono paesi e nazioni differenti anche in tempo di pace.

Da qui l'importanza del terzo e quarto paragrafo dell'articolo VI. Il paragrafo terzo pone uno dei fondamenti stabili della circoscrizione ecclesiastica che forma l'Ordinariato Militare: con l'approvazione della Santa Sede - questa approvazione fino ad oggi non è stata concessa; essa fu domandata e in certi paesi anche con insistenza - l'Ordinariato Militare può fondare e avere un seminario dove saranno ammessi giovani che si sentono attirati da questo ministero e si ritengono chiamati dal Signore. Il seminario darà loro, dice la Costituzione, «una formazione spirituale e pastorale specifica». Non c'è bisogno di dire che se fosse cosí, tutti i corsi, soprattutto in teologia, dovranno rispondere ai bisogni di questa missione speciale ed essere impregnati della spiritualità che essa suppone. Questa unità tra formazione intellettuale, dottrinale, spirituale e pastorale è ricordata dal Codice del 1983. Si vedano i cc. 242-258 e specialmente i cc. 254, 255, 256, par. 1, 258. Molte questioni che qui si pongono dovranno essere risolte dagli statuti di ogni Ordinariato: se l'Ordinariato ha un proprio seminario, avrà bisogno di una «Ratio institutionis» secondo il c. 242 e di un regolamento proprio richiesto dal c. 243. Ciò suppone necessariamente un'intesa con la conferenza dei Vescovi o con il Vescovo che eventualmente riceverà nel suo seminario i candidati dell'Ordinariato. Questi potranno vivere in una istituzione dell'Ordinariato, convitto o collegio, e seguire i corsi generali del seminario che li riceve; essi potranno vivere ugualmente in seminario dove vengono offerti corsi speciali da preti di lunga esperienza appartenenti al clero dell'Ordinariato.

Queste semplici note sono sufficienti per dimostrare quante questioni sono da considerare a proposito dell'erezione del seminario proprio di un Ordinariato. Senza parlare qui esplicitamente del luogo di erezione, dei professori da incaricare, del rettore, del responsabile della vita spirituale e dei confessori ordinari da procurare secondo i cc. 239, 240, 246, par. 4, 253. Si dovrà, inoltre, considerare il modo attraverso il quale il seminario sarà sostenuto economicamente secondo i cc. 263 e 264 del Codice. Il paragrafo quarto dell'articolo VI avrà, secondo noi, un'applicazione piú rapida anche se resterà delicata. Questo paragrafo permette che l'Ordinariato Militare possa incardinare altri chierici oltre ai ministri sacri formati e ordinati nell'Ordinariato stesso e per il servizio che esso svolge. Questi chierici, nel contesto, sono preti o diaconi appartenenti al clero secolare. I due paragrafi formano dunque un insieme. L'applicazione di questa disposizione canonica può essere ancor piú delicata qualora l'Ordinariato Militare non desiderasse, per il momento, incardinare in un Ordinariato tutti i preti che vi lavorano. Se si fa una scelta, essa può essere penosa per coloro che sono esclusi e restano a lavorare nell'Ordinariato. Può essere cosa migliore cominciare in certi Ordinariati con l'incardinazione dei seminaristi dell'Ordinariato e dei giovani preti che si presentano per l'incardinazione. D'altra parte, anche se un Ordinariato opta oggi per lo «statu quo», sembra che l'evoluzione prevista e favorita dalla Costituzione, susciterà in tutti gli Ordinariati una cura della qualità pastorale e della comunione presbiterale che avvalli sempre piú l'esigenza dell'incardinazione dei chierici nell'Ordinariato Militare. Quanto all'incardinazione di preti diocesani, assegnati momentaneamente al lavoro pastorale tra i militari, bisognerà ottenere l'accordo preliminare di ogni Vescovo interessato (c. 268), a meno che una disposizione della conferenza dei Vescovi voglia facilitare queste trattative o anche dare a tutti questi preti la libera scelta dell'incardinazione come si usa fare quando viene smembrata una diocesi già esistente. In questo caso, tuttavia, la decisione di una conferenza di Vescovi dovrà essere confermata dalla Santa Sede. Solo questa conferma, secondo il c. 455, parr. 1 e 2, la renderà obbligatoria per tutte le diocesi. Bisogna ancora commentare il paragrafo quinto dell'articolo VI.

 Ogni Ordinariato avrà il suo consiglio presbiterale (c. 495). I suoi statuti saranno approvati dall'Ordinario e si terrà conto delle norme eventualmente date dalla conferenza dei Vescovi (c. 496). L'enunciato di questo paragrafo a prima vista è semplice, ma può porre problema. Si devono considerare molte questioni. È normale che l'Ordinario Militare abbia il suo consiglio presbiterale. Questo sembra essenziale alla sua natura di Chiesa particolare come anche al suo buon funzionamento. Tuttavia, gli statuti di questo consiglio esigono adattamento e prudenza. Il consiglio presbiterale non può essere troppo numeroso; deve essere rappresentativo di tutta l'attività dell'Ordinariato - mare, aria, terra, corpi armati - nel paese o nelle basi situate in altri paesi o continenti. Esso riunisce con l'Ordinario, i suoi vicari generali ed episcopali, i rappresentanti dei cappellani, dei cappellani degli ospedali, dei preti in servizio presso le scuole di ogni genere, o dei cappellani a tempo parziale; senza fare differenza tra preti secolari e religiosi. Sono da prevedere riunioni regolari e, se possibile, con i membri del consiglio al completo. Se, viste le distanze e altre circostanze, la cosa si presenterà come difficile, si potrebbero convocare degli eventuali osservatori per ciò che concerne tutta la vita e l'azione dell'Ordinariato. Se vi fosse un seminario, il suo rettore dovrà farne parte di diritto. Anche se il consiglio presbiterale è consultivo, il suo apporto è vitale, soprattutto per gli orientamenti generali dell'azione pastorale. Non potendo entrare nelle questioni circa le persone, la discussione apporta sempre delle informazioni utili alla direzione dell'Ordinariato. Ciò non impedisce che l'Ordinario stesso, viste le sue continue visite pastorali in luoghi diversi, abbia lui stesso dei motivi personali che rendano un voto, anche se pericoloso, deliberativo; ma, poiché il consiglio non può sostituirsi all'Ordinario, soltanto quest'ultimo ha potere decisionale (cf. c. 500, par. 2). La decisione non dovrà mai essere presa alla fine della seduta. Non si può e non si deve dire tutto in pubblico. Talvolta certe affermazioni, una volta fatte, costituiscono un reale ostacolo alla franca collaborazione di tutti.

 

 

VII. I cappellani militari

L'articolo VII che tratta dei cappellani militari ha una maggiore importanza. Innanzitutto, essi sono dei preti che svolgono un incarico pastorale diretto e personale. Secondo lo sviluppo stesso dell'Ordinariato, essi sono sempre piú numerosi e spesso organizzati secondo le differenti realtà della vita militare: terra, aria e mare. La nuova Costituzione dà loro gli stessi poteri che ha il parroco (cc. 519-532; 534-541). Si tratta, tuttavia, di sapere quali cappellani sono muniti di questi poteri pastorali. In effetti, in molti Ordinariati si distingue tra cappellani ordinari e cappellani ausiliari; e, inoltre, bisognerà ancora menzionare quelli che sono occasionali. E possono essere numerosi. Per rendersi conto dell'importanza di questo gruppo di preti - fino ad ora non si è fatta menzione dei diaconi permanenti - è utile considerare il loro numero. Secondo l'Annuario Pontificio del 1987, la Germania Federale conta 107 cappellani ordinari e 142 ausiliari; l'Argentina 80 ordinari e 195 ausiliari; il Canada 65 ordinari e 110 ausiliari; la Francia 171 ordinari e 115 ausiliari; la Gran Bretagna 54 ordinari e 206 ausiliari; l'Italia 150 ordinari e 95 ausiliari; gli Stati Uniti 698 ordinari e 1317 ausiliari. Questi cappellani ausiliari talvolta sono collaboratori di un cappellano ordinario; possono avere ugualmente le stesse responsabilità pastorali di quest'ultimo, senza tuttavia essere permanenti o in servizio a tempo pieno. Il loro lavoro pastorale e i loro poteri dovranno essere definiti negli statuti di ogni Ordinariato nazionale, anche nel caso in cui l'Ordinariato non abbia dei cappellani ausiliari e dei diaconi permanenti. Se si dovesse fare appello a dei laici perché prendano il posto dei preti - la cosa può essere possibile in caso di necessità applicando per analogia il c. 517, par. 2 - sembra necessario non parlare in tal caso di «cappellani», anche se bisogna mantenere il titolo di «cappellania». In questo caso il laico sarà incaricato della cappellania; dev'essere, tuttavia, nominato un prete che abbia i poteri e le facoltà di un cappellano ordinario, l'equivalente del prete di cui parla il c. 517, par. 2. Questo prete, dunque, è responsabile della direzione della pastorale della cappellania.

Come già per l'Ordinario, - Ordinario-Vescovo, prelato o provicario - la Costituzione stabilisce che i poteri del cappellano sono cumulativi con quelli del parroco del luogo. Come viene definito dall'articolo IV, il potere del cappellano è personale, ordinario, legato alla funzione, tanto per il foro interno quanto per il foro esterno. Restano, tuttavia, immutati il potere e la competenza del parroco d'origine o del domicilio del militare in servizio. Quest'ultimo può sposarsi nella sua parrocchia, ricevervi i sacramenti e farvi battezzare i figli. L'articolo VII stabilisce i fondamenti di una vera pastorale presso i militari. Come già abbiamo constatato, sono assolutamente necessarie delle precisazioni che non potevano essere previste o determinate da una legge generale che ha voluto rimanere una legge-quadro, permettendo a ogni Ordinariato di vivere secondo la sua tradizione, e le necessità delle persone e delle situazioni del paese. L'articolo VII rinvia all'articolo IV. Al numero 3 si dice con chiarezza che la giurisdizione del Vescovo diocesano resta cumulativa; il motivo portato è che questi fedeli continuano a essere fedeli della Chiesa particolare i cui membri sono determinati in ragione del domicilio e in ragione del rito. L'ultima clausola è da ricordare: la Chiesa particolare può essere rituale e superare i limiti di una diocesi territoriale; può anche estendersi a tutto il territorio di una nazione. La scelta del clero dello stesso rito prevarrà spesso presso i fedeli che vogliono ricevere i sacramenti nel loro rito proprio, in conformità con la tradizione della loro famiglia, del loro popolo, della nazione in cui son nati e che hanno lasciato come migranti, rifugiati o espulsi.

Poiché la vita militare è piú mobile, poiché l'incarico pastorale è in primo luogo personale e non territoriale, sarà prudente, e perfino necessario, che gli statuti dell'Ordinariato ridimensionino i cc. 522, 524-525. Bisogna domandarsi come sarà applicabile il c. 526, par. 1: è applicabile al caso in cui l'Ordinariato conferisca piú gruppi o posti militari a uno stesso cappellano? Noi crediamo di no. Il Codice qui si riferisce ai parroci territoriali e non ha potuto considerare - non l'ha voluto - i cappellani militari «ordinari», cioè equivalenti ad un parroco di una parrocchia diocesana latina. Una questione delicata riguarda la situazione economica di una cappellania militare. Nella maggior parte dei casi sembra che ogni cappellania non goda di una situazione economica autonoma. È anche difficile prevedere o domandare un contributo da parte dei militari che essa raggruppa, soprattutto quando si tratta di militari in servizio obbligatorio e per un tempo determinato e piuttosto corto. Sovente il cappellano riceve un trattamento che è sufficiente al suo sostentamento e al suo lavoro personale. Spetta allo statuto di ogni Ordinariato prevedere le modalità di sostentamento delle opere della cappellania e degli edifici che probabilmente sono a sua disposizione. Bisognerà avere una situazione già abbastanza stabile per applicare il c. 537 che prevede per ogni parrocchia un consiglio per gli affari economici, di cui il parroco è presidente e che egli rappresenta giuridicamente in virtú del c. 532. Tutto dipenderà ancora una volta dallo statuto dell'Ordinariato approvato dalla Santa Sede.

 

 

VIII. I religiosi in servizio presso l'Ordinariato

L'articolo VIII tratta dei religiosi e delle religiose cosí come dei membri delle società di vita apostolica, chiamate anche società di vita comune, a servizio dei militari dell'Ordinariato. L'Annuario Pontificio, offrendo le statistiche a questo riguardo, non parla che di religiose. È spiacevole che non vi sia un riferimento ai religiosi, preti o laici, che lavorano in questi Ordinariati. Ve ne sono certamente e talvolta sono numerosi. Le religiose sono numerose in alcuni Ordinariati, specialmente quando esse si occupano dei malati negli ospedali militari o dei giovani negli istituti di educazione. La Spagna conta 700 religiose a servizio dell'Ordinariato Militare; l'Italia 285; gli Stati Uniti 264; il Brasile 54; l'Argentina 23; la Colombia 18. Tra i 29 Ordinariati esistenti, 18 non hanno, per il momento, delle religiose al loro servizio. Come si sa, dopo la promulgazione della istruzione Sollemne semper (23 aprile 1951) a proposito dei Vicariati Castrensi, il 2 febbraio 1955 fu pubblicata una istruzione della Congregazione dei Religiosi (ASS 47 (1955) 93-97). Durante la preparazione della Costituzione S.M.C. si era espresso, a proposito dell'articolo che trattava dei religiosi e delle religiose, il voto che questi, se possibile, fossero sistemati in luoghi dove vi fosse una casa dell'Istituto alla quale essi potessero eventualmente essere ascritti e dove essi potessero almeno passare la notte. Questa prescrizione poteva essere ripresa nel momento in cui si sarebbe conosciuta la mobilità dell'esercito e i luoghi vari dove sono riuniti i militari. Inoltre, le religiose che si dedicano al lavoro negli ospedali o nelle scuole, possono spesso fissarsi in quel luogo per formare una comunità. La norma in generale tiene presente piú i religiosi che le religiose. Malgrado tutto, essa sottolinea adeguatamente la gravità della questione. Senza contatto con il proprio Istituto, il religioso ne diventa facilmente estraneo; per lungo tempo assente non può piú adattarsi alle esigenze di una vita comunitaria, soprattutto se questa è conventuale o cenobitica.

Si vede difficilmente un monaco fare il servizio del cappellano militare. Una volta che si trova lontano dal proprio Istituto, egli non vivrà piú in esso... Non accade la stessa cosa quando si tratta di religiosi, membri di un Istituto di piena vita apostolica, piú mobili e piú adattabili a questo genere di vita pastorale. Per quanto si conosce, la Congregazione dei religiosi rimane preoccupata a riguardo dei preti-religiosi cappellani militari. Si augura sempre che essi siano nominati e destinati ad un luogo prossimo ad una casa dell'istituto e che essi non siano chiamati a lavorare fuori della loro provincia religiosa. È fattibile questo? Si può dubitarne. Se si fa appello ai religiosi per questo servizio pastorale, sembra che questo debba essere per stretta necessità, in mancanza di preti diocesani e quindi in loro supplenza, a meno che non esista un istituto eretto per questo ministero specifico e i cui membri abbiano per vocazione una particolare attitudine ed una appropriata formazione. Ma per quanto ne sappiamo nessun istituto di questo genere è stato finora fondato... Per quanto riguarda la situazione di un religioso cappellano militare, ricordiamo che la sua assenza o la sua non-coabitazione in una casa del suo istituto sono previste al c. 665, par. 1; è superfluo dire che non può essere considerato come un esclaustrato (c. 686, par. 1); l'Ordinariato in questo caso applicherà ciò che si stabilisce nel Codice a riguardo della dipendenza dai suoi superiori religiosi (c. 678, par. 2) e, come dice il canone, i vescovi diocesani non mancheranno di spronare all'adempimento degli obblighi della vita religiosa.

Ciò vale anche per tutti gli Ordinari Militari. Nella sua istruzione Sacrorum administri del 2 febbraio 1955, la Congregazione dei religiosi considerava un tempo limitato per il servizio dei religiosi in questione. Ma ciò era utopico. Questi religiosi potevano rimanere in servizio permanente fino al loro pensionamento. È ciò che fece sapere la Congregazione con la lettera del 13 marzo 1984 indirizzata all'Ordinario Militare d'Italia, che proponeva, come possibile soluzione, l'esclaustrazione «ad nutum Sanctae Sedis». Ciò separava di fatto il religioso dal suo istituto e avrebbe avuto come effetto il probabile passaggio al clero diocesano. Oggi questo è ancora piú facile in quanto un Ordinariato ha il diritto di incardinare preti e diaconi. L'incardinazione di un diacono potrebbe esser fatta anche per un fratello religioso a servizio dell'Ordinariato, se questi volesse ricevere il diaconato permanente (cc. 236; 1031, par. 2; 1027; 1034-1037). Si tratterà, dunque, di favorire una collaborazione fraterna e sincera tra l'istituto e l'Ordinariato Militare, per la quale sono da applicare i cc. 680-681 del nuovo Codice. Si terrà conto del c. 677, par. 1 che domanda anzitutto una fedeltà al carisma dell'istituto e del c. 671 che fa obbligo ai religiosi di non assumere alcun ministero e alcun incarico senza aver ricevuto il permesso preliminare del loro legittimo superiore.

 

 

 Corrado Mezzana (1880-1952) - Battaglia

Corrado Mezzana (1880-1952) - Battaglia

 

 

 

 

 IX. L'apostolato dei «Christifideles» dell'Ordinariato

In piena collaborazione con i preti e i diaconi dell'Ordinariato, la Costituzione S.M.C. parla dell'apostolato dei fedeli dell'Ordinariato. I fedeli, «Christifideles», sono tutti i battezzati che hanno un legame con l'Ordinariato. La porzione del popolo di Dio affidata all'Ordinariato sarà ulteriormente definita nell'articolo seguente. Si tratta, dunque, non piú dei soli laici, ma dei religiosi e delle religiose, dei preti, dei cappellani anche se a riposo o in pensione, secolari o religiosi che lavorano o che hanno lavorato presso l'Ordinariato e hanno partecipato alla sua missione pastorale. Il documento supera nettamente l'antica distinzione chierici-laici; e inserisce tutti coloro che sono membri del popolo di Dio nell'Ordinariato. Sono da ricordare i fondamenti teologici di questa posizione: tutti i fedeli devono collaborare all'edificazione del Corpo di Cristo. Per questo si rimanda al c. 208 del Codice nuovo. È un dovere normale ed un diritto fondamentale del cristiano, affermato solennemente dal c. 204, par. 1. Obblighi e diritti vengono anche precisati ai cc. 223, 225, 228-229; 298-299; 327-329; 394, par. 2; bisogna, inoltre, citare i cc. 275, par. 2; 528, par. 1 e par. 2; e cosí pure i cc. 676 e 677, par. 2 hanno qui la loro importanza. Come ricorda la Costituzione S.M.C., è, dunque, uno degli aspetti del compito dell'Ordinario Militare e del suo presbiterio quello di vegliare affinché tutti i fedeli, e i laici evidentemente vi sono compresi, sia a titolo personale, sia in gruppo, si assumano le loro responsabilità apostoliche.

La loro presenza sarà un fermento apostolico e missionario tra gli altri militari coi quali essi vivono. L'ampiezza di questa responsabilità, che comporta il diritto di esercitarla, non ci permette di dare qui un commentario di tutto ciò che comporta una tale situazione. Notiamo, tuttavia, questo: la responsabilità è anzitutto personale; è esercitata da ogni membro dell'Ordinariato come frutto di una iniziativa personale. Può essere esercitata anche in gruppo: un gruppo di amici con un'intesa fraterna o che si costituisce anche in associazione privata (c. 321 ss.) o pubblica (c. 312 ss.) secondo i casi. Questo è tanto piú vero per il fatto che i militari hanno i loro problemi interni: il senso della vita militare e l'ideale della fraternità e della pace; gli obblighi del servizio militare come servizio di pace; servizio nazionale e aiuto internazionale. Tutti questi aspetti necessitano di una riflessione dottrinale e di un'azione apostolica ben preparata. La Costituzione S.M.C. sottolinea il carattere «missionario» dell'apostolato dei fedeli dell'Ordinariato. Abbiamo segnalato il numero dei battesimi amministrati ai militari: giovani in servizio obbligatorio che si sono confrontati, grazie alla presenza di cristiani ferventi, con le esigenze della fede che fu o è quella dei loro parenti e delle loro famiglie, quella alla quale essi aspirano e che vedono concretamente vissuta in un luogo diverso dal loro ambiente di vita; un luogo in cui essi sono riuniti e vivono necessariamente con giovani o persone che il servizio e la carriera militare situano e trasferiscono in modo inatteso. Tutto questo può essere favorevole ad una vera attività missionaria tra i non credenti e i non cristiani. Non sarebbe troppo sottolineare l'importanza di questi contatti provvidenziali e che presto o tardi possono condurre ad una vera conversione. Un giorno bisognerà ritornare su questi aspetti missionari dell'Ordinariato Militare.

 

 

X. I fedeli che fanno parte dell'Ordinariato Militare

L'articolo precedente della Costituzione S.M.C. invitava tutti i fedeli dell'Ordinariato ad essere fermento nel loro ambiente di vita. L'articolo decimo ci dice quali persone ne fanno parte ed estende a tal punto l'appartenenza all'Ordinariato perché questo possa assicurare una pastorale piú organica e meglio adattata alle situazioni dell'ambiente militare. L'articolo I aveva già assimilato gli Ordinariati Militari alle diocesi; questo permette di applicare loro il c. 383, par. 1 che estende il potere del Vescovo diocesano a coloro che sono di passaggio sul suo territorio. Questo è applicabile ai fedeli che soggiornano nei luoghi in cui l'Ordinario esercita il suo potere proprio. Inoltre, se i fedeli di un rito diverso da quello latino fossero privi di un clero proprio, saranno affidati alla cura pastorale dell'Ordinario Militare (c. 383, par. 2). La sua azione si estende, peraltro, a tutti coloro che il c. 383, par. 3 e par. 4 affida al suo zelo pastorale. Detto questo vediamo chi sono coloro che la Costituzione determina come membri dell'Ordinariato, sottomessi alla giurisdizione dell'ordinario Militare. Anzitutto sono i fedeli di rito latino; i militari, uomini e donne; e tutti coloro che, in virtú della legge del paese, sono a servizio delle forze armate. Questo può essere applicato ai civili del Ministero della difesa nazionale, qualunque sia il titolo di questo organo di Stato. Fanno parte dell'Ordinariato anche le famiglie dei militari: spose, ragazzi e giovani maggiorenni; se abitano in una stessa casa, fanno parte della famiglia di un militare, cosí come i parenti e le persone di servizio che abitano presso di lui: questi familiari sono i genitori, zii o zie, cugini o cugine che abitano nella casa del militare.

Leggendo questo articolo sembra che si contempli l'ipotesi che il militare sia un padre o una madre di famiglia. Il caso è differente se solamente un figlio della famiglia fosse obbligato a compiere il suo servizio militare durante piú mesi, secondo le disposizioni della legge civile del paese. Fanno ugualmente parte dell'Ordinariato tutti coloro che seguono i corsi di una scuola militare, scuole di formazione per militari e scuole per i figli dei militari, coloro che sono curati negli ospedali militari o vi prestano servizio: medici, chirurghi, infermieri e infermiere. La stessa disposizione riguarda coloro che soggiornano nelle prigioni militari, o che vivono in una casa di persone anziane o in istituzioni simili fondate per i militari e le loro famiglie. Infine, fanno parte dell'Ordinariato i fedeli, uomini e donne, che in modo stabile esercitano una missione che viene loro affidata dall'Ordinario Militare o che hanno ricevuto il suo permesso in rapporto ad un'iniziativa che avessero preso a servizio dell'Ordinariato o come aiuto a persone che ne fanno parte. È superfluo dire che il termine «religiosi» qui usato permette di considerare le società di vita apostolica e gli istituti secolari, come inclusi in questa disposizione dell'articolo decimo. Gli statuti di ogni Ordinariato nazionale possono stabilire con piú precisione coloro che fanno parte dell'Ordinariato. Questo varrà soprattutto per coloro che, membri della polizia, della gendarmeria o di altri corpi armati, saranno inclusi o considerati come «militari», secondo le leggi del paese dove è stabilito l'Ordinariato. La Costituzione S.M.C. non poteva entrare nei dettagli concreti della sua applicazione, ma le norme dell'articolo decimo permettono di aiutare tutti coloro che dipendono dall'Ordinariato e fanno appello al suo ministero pastorale. Tutte queste persone possono tuttavia, indirizzarsi anche alle istanze diocesane del loro domicilio abituale nel loro paese o all'estero, se la famiglia vi si fosse stabilita per essere piú vicina a un militare in servizio in una regione o nazione determinata.

 

 

XI. Dipendenza dalla Santa Sede

La maggior parte dei 29 Ordinariati esistenti dipende dalla Congregazione dei Vescovi. Fanno, tuttavia, eccezione gli Ordinariati dell'Africa del Sud, del Kenya, dell'Indonesia, della Nuova-Zelanda, della Corea e dell'Uganda. Quelli della Corea, del Kenya e dell'Uganda sono stati eretti «ad instar vicariatus». Ciò denota una situazione ancora precaria e in evoluzione. È auspicabile che gli Ordinariati che ancor oggi dipendono dalla Congregazione per l'evangelizzazione dei popoli, dipendano da un solo dicastero. L'importanza internazionale di queste strutture ecclesiali, l'unità della dottrina e dell'azione sono altrettanti motivi per stabilire questa relazione unica. Essa facilita anche i contatti con l'ufficio speciale organizzato per questi Ordinariati dalla Congregazione dei Vescovi. Nessun Ordinariato di rito orientale è menzionato nell'Annuario Pontificio del 1986. Poiché l'Ordinariato Militare è stato assimilato nel diritto ad una diocesi (art. 1), con le altre Congregazioni della Curia Romana l'Ordinariato avrà gli stessi rapporti che hanno le diocesi. Questo dovrà verificarsi per gli affari concernenti i chierici, gli istituti religiosi e gli istituti secolari, i laici e il loro apostolato, i seminari; tutti questi affari dovranno essere trattati con la Congregazione competente. Potrebbe stabilirsi una speciale relazione con la Commissione «Justitia et Pax». In effetti, il ruolo dell'Ordinariato, come anche quello dei fedeli impegnati nell'ambito che gli è proprio, è un servizio di pace e di giustizia.

La Costituzione S.M.C. afferma che coloro che vivono nell'esercito devono considerarsi «come dei servitori della sicurezza e della libertà dei popoli», e che «volendo adempiere correttamente il loro compito, essi concorrono veramente al mantenimento della pace». Questa citazione di Gaudium et Spes non rinvia soltanto implicitamente al capitolo V di questa Costituzione pastorale che tratta della salvaguardia della pace e della costruzione della comunità delle nazioni, ma essa risponde ad una preoccupazione dei cappellani militari, i quali vogliono riconoscersi come servitori della pace e ministri della carità. Questo fu, d'altra parte, uno dei voti espressi alla fine del secondo congresso mondiale dei Vicari Militari, tenutosi a Roma dal 9 all'11 aprile 1984 (10). Affinché questi rapporti gerarchici tra Roma e gli Ordinariati siano possibili, occorrerà che questi organizzino una loro curia, informandone non soltanto Roma, ma anche tutti coloro che collaborano con l'Ordinariato Militare: clero, religiosi e religiose, laicato. Bisognerà ugualmente stabilire, se è necessario anche negli statuti, la competenza di certi responsabili dell'Ordinariato; oltre al parroco, occorrerà considerare ciò che potrebbe essere l'equivalente del decano e quale posto occupano i numerosi preti che prestano il loro aiuto sia come volontari, sia come giovani militari in servizio obbligatorio nell'esercito.

 

 

XII. Relazioni con la Santa Sede - Gli Ordinari Militari.

Come i Vescovi diocesani, sono tenuti a presentare ogni cinque anni alla Santa Sede una relazione riguardante lo stato dell'Ordinariato, secondo la formula prescritta. In piú, ogni Ordinario Militare, secondo il diritto vigente, deve compiere la visita «ad Limina». Queste prescrizioni sono state riprese dai cc. 399 e 400 del nuovo Codice. A riguardo della visita «ad Limina», la Congregazione Concistoriale aveva già emanato un decreto Ad Sacra Limina, in data 28 febbraio 1959. La Costituzione S.M.C. vi rimanda. Queste due obbligazioni saranno, poco a poco, meglio adattate alla situazione e ai ministeri particolari di questi Ordinariati. È un passaggio che si dovrà fare lentamente. Due questioni si pongono e meritano di essere studiate. L'obbligo della visita «ad Limina», visto il decreto del 1959, è ricordato. Essa si deve fare ogni cinque anni; la relazione sullo stato del Vicariato deve essere preparata in vista di questa visita che nel decreto viene dichiarata essenziale alla struttura della Chiesa e alla sua unità, specialmente in ragione del primato del successore di Pietro. Inoltre, i Vicari Castrensi erano «Vicari» del Sommo Pontefice il quale veniva designato come l'unico Ordinario Militare, «unius Ordinarii Castrensis Romani scilicet Pontificis». I Vicari Militari ricevevano, dunque, come prelati ordinari la loro giurisdizione vicaria. Quando fare questa visita? Il decreto Ad Sacra Limina diceva che si doveva fare con gli altri Vescovi del paese e che un Vescovo diocesano che fosse al tempo stesso Vicario Militare, doveva trattare in una sola visita sia della sua diocesi, sia del Vicariato di cui è responsabile.

Che fare se i numerosi Vescovi di un paese non si recano a Roma tutti nello stesso momento e si raggruppano secondo le diverse regioni del paese? Dove situare oggi l'Ordinario Militare? A quale gruppo appartiene? A quello dove la capitale del paese è rappresentata e dove normalmente sarà situata la sua chiesa principale, la sua cattedrale, la sua curia, eventualmente il suo tribunale e il suo seminario? Non sono questioni secondarie, resta il fatto che se i Vescovi si ritrovano in gruppi distinti, l'Ordinario Militare avrà l'occasione di un contatto soltanto parziale con i suoi confratelli. E questo non sembra utile per l'Ordinariato: molto spesso l'esperienza dell'Ordinario conferma quella dei Vescovi presenti, con o senza di lui. Si pone anche un'altra questione: non si avrebbe un vantaggio se questa visita fosse fatta dagli Ordinari Militari di uno stesso continente? Queste riunioni di Ordinari sono estremamente utili. In America Latina si fanno regolarmente. I due primi congressi internazionali dei Vicari Castrensi hanno dimostrato tale utilità: quello del 1980 e soprattutto quello del 1984 che ha aperto la via alla Costituzione S.M.C. Si deve sperare che una terza riunione internazionale degli Ordinari Militari permetta, dopo un certo tempo, di fare il punto a riguardo dell'applicazione della Costituzione S.M.C.

Quanto al rapporto da stabilire attraverso la relazione quinquennale, la prima che seguirà dopo la promulgazione della Costituzione S.M.C. sarà veramente utile. Si dovranno trattare numerosi punti: la presenza dell'Ordinario alla Conferenza dei Vescovi, la sua ordinazione episcopale, la possibilità dell'incardinazione nell'Ordinariato, la fondazione di un proprio seminario, il programma degli studi, il gruppo dei docenti al quale è affidata la formazione filosofica e teologica dei futuri preti o diaconi permanenti, l'adeguata formazione dei preti secolari o religiosi che prestano servizio nell'Ordinariato, il programma previsto per questa formazione, l'organizzazione di una formazione piú prolungata soprattutto per i giovani preti, il programma degli studi e delle conferenze previste per i cappellani piú anziani e, infine, la situazione e il lavoro apostolico delle religiose nelle istituzioni proprie dell'Ordinariato. Sarà, inoltre, di grande importanza la messa in opera dei consigli dell'Ordinariato: il consiglio presbiterale, i consigli pastorali locali o il consiglio pastorale per tutto l'Ordinariato.

 

 

XIII. Organizzazione dell'Ordinariato e Convenzioni tra la Santa Sede e le diverse nazioni

L'articolo XIII riveste un'importanza particolare. Leggendolo si è innanzitutto colpiti dalla menzione dei concordati e degli altri accordi intercorsi tra la Santa Sede e le diverse nazioni. Ma, leggendolo piú attentamente, questo articolo pone i principi dell'organizzazione dell'Ordinariato Militare. Se taluni punti che in esso si rilevano possono essere dipendenti o condizionati da questi accordi diplomatici, proprio questi assumono grande importanza, anche in altri paesi, per l'organizzazione dell'Ordinariato. L'Ordinariato è una circoscrizione ecclesiastica particolare, assimilata ad una diocesi. Il suo Ordinario sarà normalmente un Vescovo; da qui le seguenti esigenze:

1. L'Ordinariato Militare avrà la sua chiesa «cattedrale», se la si vuole definire cosí, e la sua curia. La determinazione e la localizzazione della loro istituzione può dipendere da accordi anteriori o da convenzioni da rinnovare. Sembra utile che l'Ordinariato si stabilisca nella capitale della nazione, a meno che un'altra città sia piú importante o piú centrale, e permetta contatti piú facili ai preti e agli altri membri dell'Ordinariato.

2. La nomina dei Vicari Generali e degli altri responsabili in servizio alla curia dell'Ordinariato. Alcune nazioni vorrebbero avere dei Vicari Generali o Episcopali specializzati per ogni tipo di corpo dell'esercito e aventi un grado riconosciuto in questi differenti corpi (c. 476). Quanto alla curia, bisognerà prevedere un vicario generale che ne sia incaricato (c. 475) o che possa essere «moderator curiae» (c. 473, par. 2). Queste nomine possono dipendere da convenzioni speciali tra la Santa Sede e la nazione in questione, specialmente in rapporto al finanziamento della curia, alla retribuzione dei suoi membri, ai loro rapporti con le autorità militari e i gradi che solitamente vengono loro attribuiti.

3. Un terzo punto merita uno studio attento: concerne la situazione dei preti e dei diaconi dell'Ordinariato durante e dopo il loro servizio attivo e la loro condizione nell'esercito. Ogni cappellano e i suoi collaboratori, spesso fanno parte dell'esercito, vi ricevono un grado ed una retribuzione appropriata al loro servizio pastorale, ai loro spostamenti, ai luoghi di abitazione e di culto nelle istituzioni militari (caserme, campi militari, scuole, ospedali e prigioni). Questi punti sono da definire secondo gli accordi presi con le autorità del paese. Alcuni di essi potrebbero necessitare di nuove pratiche, consultazioni e trattative. Dovrà essere posta anche la questione delle pensioni e del riposo dei preti e dei diaconi. Sarà data una soluzione differente a seconda dei casi: alcuni preti prenderanno servizio in parrocchia, facendo ritorno nella loro diocesi o istituto religioso. Piú tardi si dovrà prendere in considerazione la situazione dei ministri sacri incardinati nell'Ordinariato e che, data la loro età, non possono piú esercitarvi un ministero retribuito. Bisognerà provvedere, per questi, l'incardinazione in una diocesi della nazione? Non si può prevedere una procedura piú facile e piú rapida in loro favore?

4. Il quarto punto è piú delicato. Nel caso in cui la sede sia vacante, se l'Ordinario Militare è stato trasferito e nominato Vescovo diocesano o ha raggiunto i limiti d'età, la nomina del suo successore dovrà esser fatta nella maniera piú appropriata. Il nunzio o il delegato apostolico in questo caso dovranno intervenire come fanno per la nomina dei Vescovi diocesani della regione (c. 364, n. 4)? Sono sufficientemente in contatto con l'Ordinariato e con le autorità militari? La stessa questione si pone a riguardo della conferenza dei Vescovi: è sufficientemente informata per stabilire una lista triennale di candidati a questo importante compito pastorale (c. 377, par. 2)? Sembra che sia il Vicario Generale dell'Ordinariato a dover, «ipso iure», rimpiazzare l'Ordinario Militare nel caso in cui la sede sia vacante (c. 416); ciò dev'essere previsto ugualmente per il caso in cui la sede sia impedita (c. 412). Questa norma semplificherebbe molte le cose, assicurerebbe una continuità che, specialmente in un Ordinariato Militare, sembra assolutamente necessaria e aiuterebbe a superare le difficoltà inerenti a difficili consultazioni di persone spesso lontane le une dalle altre. Quanto alla designazione di un Ordinario Militare, non bisogna prevedere la consultazione dei preti e dei diaconi dell'Ordinariato o di certuni fra essi? In questo caso, sarà importante la consultazione dei vicari generali ed episcopali e dei preti piú impegnati in ministeri presso l'esercito. Per far questo nel modo migliore, bisognerà comparare il diritto in vigore per la nomina dei Vescovi diocesani e vedere se queste norme sono veramente applicabili per la rapida e valida designazione di un nuovo Ordinario Militare.

5. Il quinto punto prevede che si faccia una scelta tra un consiglio pastorale per tutto l'Ordinariato e dei consigli pastorali locali. Certamente bisognerà, come dice il testo, tener conto delle norme del Codice. Queste, tuttavia, non possono risolvere tutte le questioni. Certamente i consigli pastorali sono facoltativi (cc. 511 e 536, par. 1). Può essere che si riveli piú utile avere un consiglio pastorale per ogni arma e riunire i rappresentanti di questi consigli in un consiglio pastorale dell'Ordinariato? Le circostanze molto differenti dei diversi paesi in cui sono eretti gli Ordinariati Militari dovranno avere su questa materia un influsso preponderante. Il fatto che questo punto sia stato trattato nell'articolo XIII, suppone un'attenzione particolare rivolta ad esso; anche se questi consigli sono facoltativi, la loro importanza per l'Ordinariato sembra, in tal modo, singolarmente richiamata. In effetti, l'azione dei fedeli nell'Ordinariato è troppo importante per non permetter loro di esprimersi in un organismo di consultazione fisso e rappresentativo di tutta la pastorale dell'Ordinariato.

6. Il sesto punto è piú pratico: in esso si tratta dell'iscrizione nei registri «ad hoc» dei sacramenti ricevuti: Battesimo, Confermazione, Ordinazioni Sacerdotali e Diaconali, Matrimonio. Non si può, inoltre, dimenticare la professione religiosa come atto da annotare su tali registri. È fondamentale avere questi registri; stabilire chi ne è responsabile; possibilmente centralizzare queste informazioni presso la curia dell'Ordinariato e, poiché le giurisdizioni sono cumulative, tanto quella dell'Ordinario, come quella dei cappellani stabili che fungono da parroci, esigere la trascrizione di questi atti nei registri parrocchiali di coloro che li depongono presso l'Ordinariato. Le norme date alle conferenze dei Vescovi saranno utili se non si prevedono questi casi particolari? La materia segnalata all'articolo XIII non si riferisce a tutte le situazioni che si presentano nel concreto. Essa suppone uno studio comparato tra il Codice attuale e la vita dell'Ordinariato da organizzare. Questo esigerà degli statuti dell'Ordinariato piú dettagliati rispetto allo statuto generale approvato dalla Santa Sede e che doveva essere presentato per l'approvazione prima del 21 luglio 1987.

 

 

XIV. I tribunali dell'Ordinariato

L'ultimo articolo della Costituzione S.M.C. tratta dei tribunali ecclesiastici che sono, eventualmente, da erigere negli Ordinariati. La questione è difficile e meritava un articolo speciale. Il fatto che sia l'ultimo, sottolinea la sua importanza e la sua particolarità. Che presso l'Ordinariato si possa avere un tribunale di prima istanza è normale. Tutte le Chiese particolari ne hanno diritto. Considerata la mancanza di sufficiente personale competente in materia, molte diocesi hanno organizzato dei tribunali sovra-diocesani, regionali o nazionali. Le cose, però, si presentano qui diversamente: l'Ordinariato conta su persone che sono ad esso legate per la vita e, cioè, i militari di carriera e le loro famiglie; ma anche su numerose persone di passaggio; i giovani che fanno il servizio militare obbligatorio o un volontariato piú prolungato. Dunque, non è detto che una causa introdotta in un tribunale militare possa concludersi durante il tempo assai breve che si deve passare presso l'Ordinariato. I tribunali dell'Ordinariato sembrano, da questo particolare punto di vista, da sconsigliare o da limitare a cause dove è impegnata almeno una persona che abbia un'occupazione fissa presso l'esercito. D'altra parte anche i giovani in servizio approfittano di questi contatti pastorali per trattare questioni che non presenterebbero né al loro parroco, né alla diocesi in cui essi vivono. Certi sacramenti, come abbiamo visto, vengono amministrati presso l'Ordinariato, che in tal modo svolge un considerevole lavoro missionario e diventa anche un luogo di recupero e di rinnovamento spirituale.

È certo, inoltre, che un tribunale dell'Ordinariato potrà piú facilmente essere adito dal proprio clero. Ciò non potrebbe accadere se le cause fossero presentate a istanze diocesane meno conosciute, spesso lontane e, talvolta, poco informate per contatto diretto. Ciò deporrebbe a favore dell'erezione dei tribunali propri dell'Ordinariato Militare. Certamente gli Ordinariati devono organizzarsi come le Chiese particolari; la loro prima preoccupazione non sarà però certo quella di costituire dei tribunali. Col tempo, valutando i vantaggi che si presentano, saranno eventualmente portati a incoraggiarne l'istituzione. Per rispondere a questi bisogni pastorali meglio percepiti, si può auspicare che lo statuto di un Ordinariato Militare approvato dalla Santa Sede, resti aperto a tutti gli adattamenti e a queste nuove esigenze. Resta da vedere come gli Ordinariati potranno disporre di giudici competenti (c. 1420, par. 4) e chi coprirà le spese di questi organismi da costituire. Un interessamento diretto da parte della conferenza dei Vescovi del paese sembra indicato e, in tal modo, si creerà una collaborazione necessaria.

La Costituzione S.M.C. considera due casi: se l'Ordinariato non ha un proprio tribunale, il tribunale di prima istanza sarà quello della diocesi in cui l'Ordinariato ha la sua sede e la sua curia. Il tribunale di seconda istanza sarà determinato dagli statuti dell'Ordinariato approvato dalla Santa Sede. Questo, tuttavia, non dovrebbe essere il tribunale di seconda istanza della diocesi dove si fa la prima istanza. Se l'Ordinariato ha costituito il proprio tribunale, per l'appello si andrà al tribunale che l'Ordinario Militare avrà designato, «stabiliter» dice il testo, in modo stabile e con l'approvazione della Santa Sede. In casi difficili le eccezioni sono sempre possibili. In questi casi, bisognerà indirizzarsi al tribunale supremo della Segnatura Apostolica per ottenere la designazione di un tribunale di seconda istanza «in casu», per un caso particolare, che si può anche prevedere viste le distanze e la mobilità dei militari. Si potrebbe seriamente porre questa questione: perché un tribunale di seconda istanza deve sempre essere un tribunale diocesano? Non si può prevedere per gli Ordinariati importanti una seconda istanza? Noi riteniamo che sia possibile. Questo potrebbe essere previsto nello statuto approvato dalla Santa Sede.

 

 

XV. Clausole transitorie

L'importanza della Costituzione S.M.C. imponeva un tempo di riflessione e delle scelte da fare, non solamente da parte dell'Ordinariato da costituire, ma anche da parte di ogni conferenza nazionale dei Vescovi di cui fa parte l'Ordinariato Militare. Bisognava redigere uno statuto da presentare alla Santa Sede, bisognava prevedere la redazione degli statuti dell'Ordinariato e l'organizzazione delle sue nuove strutture, rilanciare la sua vita pastorale e allargarla secondo gli orizzonti che apre la nuova Costituzione. La stessa Costituzione S.M.C. ha stabilito che sarebbe entrata in vigore il 21 luglio 1987. Questo tempo è stato fissato per permettere di elaborare la redazione del nuovo statuto di ogni Ordinariato e di presentarlo alla Santa Sede per l'approvazione. I nuovi statuti degli Ordinariati Militari avrebbero dovuto essere approvati dalla Santa Sede prima del 21 luglio 1987. Nel frattempo è prevista la «vacatio legis». La Costituzione, cioè, non è obbligatoria dal 3 giugno 1986, data della sua promulgazione, fino al 21 luglio 1987, data della sua entrata in vigore.

Su «Acta Apostolicae Sedis» il testo è apparso il 3 giugno 1986; è stato pubblicato su «L'Osservatore Romano» del 5-6 maggio 1986; ed è stato ripreso da «Communicationes» del 1986 alle pagine 12-17. Durante questo periodo di transizione, 3 giugno 1986-21 luglio 1987, sono rimasti in vigore gli statuti dei vari Vicariati, in attesa che questi si conformino alla Costituzione S.M.C. I punti che non le sono piú conformi, all'entrata in vigore delle nuove norme, non potranno piú essere applicati, imposti o fatti oggetto di litigio, di ricorso o di querela. È inutile dire che non si tratta della sola applicazione di norme precisamente già definite da questa Costituzione, ma che per la maggior parte degli articoli si impone una scelta, una decisione da prendere. Spesso la si potrà fare senza tardare, visto che la Costituzione S.M.C. risponde come legge-quadro ai voti e alle aspirazioni dei Vicariati Castrensi e dei loro responsabili, riuniti sia in organizzazioni continentali come in America Latina, sia in raduni internazionali come fu nel caso di Roma nel 1980 e nel 1984.

 

 

XVI. La Costituzione Apostolica Spirituali Militum Curae

A leggere i voti emessi alla fine degli incontri internazionali dei Vicari Castrensi, tenuti a Roma dal 7 al 10 ottobre 1980 e dal 9 all'11 aprile 1984, si è colpiti dalla loro recezione da parte della Costituzione S.M.C. Già nel 1980 era stato domandato di chiarificare le responsabilità e i poteri dei Vicari Castrensi; il loro ruolo in rapporto alla conferenza nazionale dei Vescovi, il loro statuto piú o meno simile a quello di «Ordinari», l'erezione dei Vicariati in «Ordinariati» o «Diocesi personali», le loro competenze e facoltà in rapporto alle famiglie del personale militare. I Vicari domandavano in quali casi un Vicario avrebbe potuto essere destinato esclusivamente al lavoro pastorale nel Vicariato, senza altre obbligazioni episcopali; quali preti avrebbero potuto essere incardinati in queste «Diocesi Militari» e altre questioni annesse. Il rapporto del 1980 diceva che certamente queste norme dovevano esser redatte ed applicate tenendo conto delle differenze fra le nazioni, dell'esistenza di differenti concordati, di situazioni diverse tra nazioni aventi religioni di Stato e quelle che sono religiosamente pluraliste. Si concludeva, perciò, auspicando una revisione dell'istruzione Sollemne semper del 23 aprile 1951. Leggendo questi voti non si può che constatare il fatto che sono stati ripresi dalla Costituzione S.M.C. Di piú, i Vicari Castrensi domandavano che il progetto delle «Nuove Norme» fosse inviato a tutti i Vicariati; questo avrebbe permesso un confronto utile tra diverse forme di pastorale militare.

Questa comparazione è stata fatta e i contatti sono stati presi: le riunioni dei Vicari Castrensi vi hanno fortemente contribuito e il tutto è stato una vera preparazione dell'incontro internazionale del 1984. Il rapporto finale del 1980 non enunciava soltanto degli auspici in materia canonica, ma sollevava anche problemi morali: il valore morale della difesa nazionale, della guerriglia e della contro-guerriglia, della sicurezza nazionale in rapporto con i diritti umani, del servizio militare nei paesi in cui vige una dittatura di destra o di sinistra; si domandava lo studio di queste questioni per avere a questo proposito un'opinione ufficiale, onde non piú dipendere da opinioni che non sempre fondatamente si fanno passare come conformi al magistero della Chiesa o da esso approvate. Si domandava che in queste ricerche e studi fossero ugualmente invitati cappellani di grande esperienza e Vicari Castrensi. Venivano segnalati anche altri punti che dobbiamo riprendere per il loro valore spirituale e le conseguenze pratiche che possono avere sulla vita e la pastorale degli Ordinariati. Si poneva come urgente la questione del discernimento delle vocazioni alla pastorale dei Vicariati e quella concernente l'accettazione dei preti attratti da questo ministero. Inoltre, si desiderava che fosse preso in considerazione il servizio dei diaconi, delle religiose e dei laici e la loro formazione in vista del loro servizio presso i fedeli del Vicariato. Questo non per sostituire i preti, ma per aiutarli nel loro ministero. Si domandava ancora di prendere in considerazione certi ministeri da affidare a donne e che potrebbero essere esercitati da esse, soprattutto in regioni o in paesi in cui le donne in uniforme prendono sempre piú parte al servizio e alla vita militare.

Si voleva, infine, segnalare il pericolo e le difficoltà provenienti dallo sviluppo di certi «consulenti umanisti» ai quali si accordava uno statuto paragonabile a quello dei cappellani militari. Questi punti, per sé, non possono far parte di una legge che, resta costitutiva di queste nuove entità ecclesiastiche: gli Ordinariati Militari. Saranno fatti oggetto di nuovi incontri internazionali, di scambi sulla rivista destinata agli Ordinariati e che dovrà trovare una larga diffusione presso preti, diaconi, istituti religiosi e presso tutti i fedeli degli Ordinariati... L'incontro internazionale del 1984 riprese numerosi punti e si espresse molto nettamente a loro riguardo. I Vicari Castrensi domandavano una «legge particolare» flessibile e aperta, riguardante i Vicariati. Domandavano di poter dare il loro parere circa il progetto. Inoltre, desideravano che il loro ministero fosse visto come una promozione della pace e come una catechesi il piú possibile ampia e completa. A questo proposito, chiedevano che si facesse riferimento nella Costituzione pastorale Gaudium et Spes, capitolo V, II parte; e al decreto Christus Dominus 43. La Costituzione S.M.C. cita espressamente il testo del n. 79 di GS che espone qual è il ministero degli Ordinariati Militari e la situazione dei loro fedeli: Coloro che, dediti al servizio della patria esercitano la loro professione nelle file dell'esercito, si considerino anch'essi come ministri della sicurezza e della libertà dei loro popoli e, se rettamente adempiono il loro dovere, concorrono anch'essi alla stabilità della pace».

Piú precisi erano i seguenti punti: i Vicariati siano assimilati ad una diocesi personale, per cui si deve concludere che il Vicario Castrense - Vescovo o prete - fa parte della conferenza episcopale; il Vicariato possa avere un clero stabile, lasciando ad ogni Vicario di determinare le modalità per assicurare tale collaborazione; possa incorporare membri di istituti religiosi e laici; possa avere le possibilità di una formazione, tanto iniziale che continuata, per questo clero, non escludendo, d'altra parte, la eventuale creazione di un seminario proprio. Tra i fini pastorali propri dei Vicariati si sottolineava la missione di far conoscere la dottrina della Chiesa a riguardo dei problemi morali e teologici che comporta la professione militare. Si chiedeva, da parte della Chiesa e piú specialmente della Santa Sede, di mettere in rilievo l'importanza del lavoro pastorale dei Vicariati Castrensi e di favorirlo. Queste richieste sono state pienamente riprese dalla Costituzione che, per ciò che riguarda gli ultimi punti, nella sua redazione ha sottolineato la sollecitudine costante della Chiesa per questa porzione del popolo di Dio formata dai Vicariati Castrensi, oggi riconosciuti come Chiese particolari e chiamati «Ordinariati Militari». La Costituzione S.M.C. è il frutto di una lunga consultazione, di una collaborazione stretta tra i Vicariati e tra questi e la Santa Sede. La qualità del testo, conciso e sobrio, aperto e moderato, ne fa un modello di testo legislativo che prepara un avvenire incisivo. Gli Ordinariati Militari sono, d'altra parte, chiamati a far sentire la loro voce nelle conferenze nazionali dei Vescovi; c'è da sperare che queste assicurino la loro presenza al Sinodo dei Vescovi dove la loro esperienza può avere un peso importante e trasmettere validamente un realismo poco abituale. L'avvenire ci dirà se questa speranza era fondata, anche se tutto sembra assicurarlo.

 

 

 

 

(Traduzione di G. Sarzi Sartori)

 

Cfr.BEYER J., La Costituzione Apostolica Spirituali Militum Curae a proposito degli Ordinariati Militari, in Quaderni di Diritto Ecclesiale (3/1988), 206-227; (1/1989), 110-124.

 

 

 

 

 

 

 

 

Note

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(1) AAS 78 (1986) 481-486; Communicationes 18 (1986) 12-17; L'Osservatore Romano, 5-6 maggio 1986.

(2) CD 43.

(3) I Vicariati dell'America Latina si riunirono piú volte ogni due anni. La terza assemblea ebbe luogo a Bogotà dal 23 al 28 febbraio 1981; la quarta ebbe luogo in Venezuela dal 20 al 23 febbraio 1983; la quinta a Santo Domingo dal 16 al 24 febbraio 1985. Ultimamente si è tenuto un incontro a Santiago del Cile dal 18 al 26 ottobre 1986. Altre riunioni ebbero luogo in Germania, in Francia e in Italia.

(4) Nello schema del 1980, due canoni trattavano della prelatura personale: il c. 335, par. 2 e 337, par. 2. Questi testi furono soppressi. Restano i primi paragrafi che nel Codice formano i cc. 368 e 370. Si vedano questi tre annessi agli atti del secondo incontro internazionale dei vicari castrensi tenuto a Roma dal 9 all'11 aprile 1984 in: Secondo Convegno Internazionale dei Vicari Castrensi, Atti, Roma, 147 pp. Si vedano le pp. 54-55.

(5) Questo paragrafo fu soppresso a causa della sua applicazione prevista nelle diocesi dove questa duplice giurisdizione poteva nuocere all'unità della Chiesa locale. Una maggioranza dei Padri, membri della Plenaria della Commissione per la codificazione, rifiutò questi articoli.

(6) Questa denominazione si trova in PO 10b, e fu ripresa negli accordi avuti tra la Santa Sede e la Spagna, il 3 gennaio 1979. Cf. L. MARTINEZ FERNANDEZ, La asistencia religiosa catolica a las fuerzas armadas y la regulacion del servicio militar de clérigos y religiosos, in Revista Española de Derecho Canónico 43 (1986) 23-46.

(7) L'espressione «Ordinariato Castrense» non traduce bene il senso del termine «castrensis» che significa «relativo ai campi militari».

(8) Cf. J. BEYER, S. J., Principe de subsidiarité ou "juste autonomie" dans l'Eglise, in Nouvelle Revue Théologique 108 (1986) 801-822. Vedere pp. 812-813; 815-816.

(9) Cf. c. 466. Gli statuti diocesani saranno tanto piú necessari per quei punti lasciati dal Codice al giudizio e alla decisione del Vescovo diocesano. Per questo vedere: J. BEYER, Dal Concilio al Codice, Bologna 1984, p. 135, note 5 e 6; ID., Principe de subsidiarité ou "juste autonomie" dans l'Eglise in: Nouvelle Revue Théologique, 108 (1986) 801-802; vedere le pagine: 812-813; 815-816.

(10) Si vedano i testi di questo Congresso citati alla nota n. 4; in particolare, si veda la pagina 141 n. 3: «Si auspica che nella nuova, legge particolare, sui Vicariati Militari siano messe in evidenza, tra le finalità principali, la promozione della pace ed una catechesi la piú ampia possibile».

 

 

 

 

 

N. B. Le immagini presenti in questa pagina non fanno parte del testo originale.