FORTISSIMO PAPÀ - UN MINI-DECALOGO

 

 

 

Non esiste un modo di fare il padre in generale. Il punto di partenza è quindi quello di incominciare dalla propria famiglia, accettandola con animo aperto, senza sognare moglie e figli diversi o situazioni irrealizzabili. Non è facile fare il padre oggi! Ed è un'avventura che ogni uomo deve affrontare senza possedere un bagaglio adeguato di competenze e spesso senza che corrispondano, alla sua dedizione e fatica, immediate soddisfazioni. Servirà forse di qualche orientamento questa rassegna di pensieri concreti. Un mini-decalogo su cui riflettere e programmare.

 

1. Alla base, l'intesa di coppia.

Un padre dovrebbe poter contare sulla collaborazione della moglie, la madre dei suoi figli. Anzitutto perché questo conviene a entrambi. E poi perché se non c'è l'armonia, spesso si arriva alla conflittualità, alle contrapposizioni, che oltre a rovinare il rapporto di coppia, diventano devastanti sul piano educativo. "Io sono convinto che una buona formazione dei figli dipenda dalla salvezza della coppia... Il ragazzo prende totalmente lo sbando quando vede che i genitori non sono uniti" (Giuseppe De Rita).

 

2. In una famiglia serena.

Create poi un bel clima nella vostra famiglia. "I miei genitori hanno sempre litigato. Mio padre non ha mai rispettato mia madre. In tutti i momenti importanti della famiglia, era sempre altrove. Una volta sposati non si può pensare di avere una famiglia e nello stesso tempo soddisfare i propri capricci, compromettendo la stabilità del matrimonio e guastando l'integrità psicologica dei figli". È un giovane universitario che parla.

Eppure è cosí diffusa l'abitudine di cercare serenità fuori casa, con gli estranei, e considerare invece la famiglia come valvola di scarico di tutte le frustrazioni accumulate altrove; far assumere alla moglie e ai figli il ruolo di capro espiatorio dei propri nervi. Non fate pesare sui vostri figli le vostre crisi, i vostri umori, le vostre sconfitte. È talmente raro il senso dell'umorismo nelle nostre famiglie! Non costringete i vostri figli a gettare un sospiro di sollievo ogni volta che lasciano alle loro spalle la porta di casa.

 

3. Quello che siete è piú importante di quello che dite.

Migliorate il vostro modo di essere. Le vostre azioni, le vostre scelte, quello che siete e fate, contano piú di tutto ciò che dite ai vostri figli. I ragazzi d'oggi non hanno piú orecchie per sentire, ma solo occhi per vedere. La nostra è l'epoca dei testimoni, non dei predicatori. Attenti anche al vostro modo di parlare. Non sparlate degli altri: il disprezzo, l'ironia, l'insinuazione sono delle meschinità. E i figli faranno fatica a essere orgogliosi di voi.

 

4. Fategli vedere che li amate.

Dimostrate l'amore che avete per loro. Sentano anche sensibilmente la vostra vicinanza. Abbiate del tempo per loro: ascoltateli, siate disponibili. Si accorgano che qualunque cosa capiti, potranno sempre contare almeno su di voi. Non amateli però in modo possessivo, ma con discrezione, nel rispetto della loro personalità.

Se promettete qualcosa, impegnatevi a essere di parola. Siate leali. Non viziate i vostri figli. " Il bue troppo grasso non tira piú l'aratro", dice un proverbio popolare. Lasciate che si conquistino le cose, che possano attenderle e apprezzarle. Non dategli tutto. Domani saranno a terra, insoddisfatti e infelici perché non avranno ciò che ha il loro vicino di casa.

 

5. Tocca a voi trasmettere ai figli i valori che contano e danno gusto alla vita.

Per orientarsi in senso positivo dovranno costruirsi in modo aperto e altruistico. Fategli capire che ogni cosa ha la funzione di arricchire la loro personalità; che il denaro, la scienza, il progresso, le enormi ricchezze umane dell'uomo vanno messe al servizio della crescita del proprio essere. L'avere a servizio dell'essere. Accompagnateli come un amico adulto, diventando per loro un punto di riferimento. Non permettete che vi manchino di rispetto: è fondamentale perché continuino ad avere fiducia in voi. Non mettetevi piattamente al loro livello; accettate di giocare il ruolo dell'educatore, non solo quello dell'amico. Siate però giovanili, capaci di meraviglia e di entusiasmo per le cose che piú vi convincono e vi piacciono.

 

6. Non uccidete la loro libertà.

Nonostante le apparenze contrarie, una volta i figli giovani erano piú liberi di adesso, soprattutto psicologicamente. Oggi i ragazzi, spesso figli unici, si sentono addosso troppo caldo l'affetto dei loro famigliari. Altri al contrario sono abbandonati completamente a se stessi. Incoraggiateli a non sprecare le loro energie, a disciplinarsi, ma senza sostituirvi alla loro coscienza. Convinti che in buona parte essi capiscono spontaneamente ciò che è bene e ciò che è male.

Non fate dunque tante prediche. Siate invece convincenti nell'invitarli a proporsi e a mantenere alcuni obiettivi alla loro portata. Ma senza ricordare loro dieci volte al giorno ciò che devono fare. Permettete che abbiano un minimo di vita personale privata, un angolino tutto per sé. E se non siete richiesti, non lasciatevi coinvolgere troppo nei loro hobbies e nelle loro attività sportive e di gruppo: sono faccende loro, lasciate dunque che se la sbrighino da soli.

 

7. Rispettate anche le loro scelte giovanili. "Ogni bambino che ci viene incontro è un insieme di possibilità che attendono di fiorire e che noi dovremmo lasciar fiorire, e invece potiamo, tagliamo, finché il bambino non rassomiglia, melanconicamente, a noi" (Ernesto Balducci). Permettete ai vostri figli di essere i protagonisti della loro vita, non fateli diventare l'ombra di voi stessi. Non spegnete la loro voglia di essere e di fare. Se non potete amare ciò che amano loro, almeno non manifestate troppo disgusto per ciò che dicono e scelgono; per la loro musica e i loro vestiti. Amateli come sono. Accettate i loro ritmi di crescita.

 

8. Aiutateli a essere sicuri di sé, ad avere un'immagine positiva della propria persona.

Non diminuiteli nella considerazione, e, all'opposto, non idolatrateli per ciò che fanno. Non biasimateli sistematicamente, non umiliateli. Educateli a un equilibrato giudizio su se stessi e a una giusta indifferenza verso ciò che dicono gli altri. Imparino anche a misurarsi con i coetanei in una leale competitività, accettando con realismo la diversità, i propri limiti e le superiorità altrui. Incoraggiateli a superare i momenti neri, senza sostituirvi a loro. Aiutateli anzi a cavarsela da soli. A guardare con soddisfazione al loro corpo; a non avere paura degli sforzi fisici; a non drammatizzare per i piccoli malanni. Fateli sentire positivamente ricchi, superando il loro innato pessimismo. Ma impegnatevi per quanto potete a eliminare i loro eventuali difetti fisici.

 

9. Educateli alla socialità.

È con il suo esempio che il padre facilita l'inserimento nella società, di cui la famiglia è una cellula viva e non un'isola. Ma deve trasmettere anche l'abitudine allo spirito critico, per aiutare i ragazzi a rimanere liberi, a non sentirsi condizionati negativamente dalle varie proposte da cui sono quotidianamente sommersi. Affinché i figli imparino a rifiutare ogni piatto conformismo nei confronti della vita, ogni passività acritica, ogni standardizzazione dei comportamenti, a favore di una personalità in cui trovi slancio l'espressività personale.

Tocca al padre far capire che la propria vita la si affronta senza prepotenza e arroganza. Che ci si pone di fronte agli altri non con cinismo e indifferenza, ma aprendo gli occhi anche alle situazioni altrui. Aprendosi con simpatia agli altri, in un dare e ricevere positivo. Oggi il padre trova poi la sua funzione ideale proponendosi come mediatore per i suoi figli tra il mondo pubblico professionale e quello privato della sua famiglia. È il padre che deve togliere ai figli le incognite di fronte al loro futuro, e facilitare la scelta di una professione soddisfacente e un positivo inserimento nell'ambiente di lavoro, in modo che sia accolto senza traumi, e vissuto in uno spirito di collaborazione.

 

10. Non scoraggiatevi.

I ragazzi sono piú preoccupati di se stessi che degli altri. Voi mettete in cima ai vostri pensieri i vostri figli. A loro questo non importa. Pensano a sé, ai loro amici, alle telefonate, ai loro brufoli. Quando sono tesi non ce l'hanno con voi, ma sono preoccupati di se stessi. Ed è inutile pensare "Che cosa gli avrò fatto?".

C'è un inevitabile conflitto generazionale, e per assurdo oggi questo conflitto è reso piú problematico perché molti genitori lo vogliono risolvere: per non far soffrire i loro figli, per sostenerli nel momento della crescita, perché li vedono in crisi. Invece bisogna stare al gioco, anche se i figli vogliono costruirsi diversi da noi. Il padre oggi non riesce piú a esercitare l'autorità sui figli come un tempo, ma può diventare il filtro attraverso cui i figli possono operare le loro scelte piú decisive.

Giuseppe De Rita parla del "padre semaforo", che dà il segnale nei momenti importanti, evolutivi, della famiglia: "Io non voglio che i miei figli seguano me, ma che, dando loro la piú ampia libertà possibile, il mio semaforo funzioni bene, dia segnali forti e densi di significato" (p. 20-24).