In occasione della XXIV olimpiade, che sta per celebrarsi a Seoul, l'Ufficio della Conferenza episcopale italiana per la pastorale del tempo libero, turismo e sport rivolge al mondo sportivo italiano fervidi voti augurali, per un avvenimento che lo vede protagonista, in spirito di fraterna competizione e leale confronto secondo la tradizione consegnata nei principi della «Carta olimpica». La straordinaria manifestazione di Seoul, al di là delle caratterizzazioni agonistiche, di alto livello sportivo, invita a riflessioni che toccano profondamente l'uomo e la società contemporanea, di cui lo sport è parte integrante.

I valori che in esso si esprimono favoriscono la crescita armonica della persona e il raggiungimento del bene comune della convivenza sociale. Nel nostro Paese, impegnato in un processo di modernizzazione vasto e delicato, ricco di potenzialità e di insidie, lo sport può e deve portare un contributo di autentica umanizzazione, reagendo alle tendenze che vorrebbero ridurlo ad occasione di lucro, o peggio di sopraffazione e di violenza. Può farlo dando forza e concretezza agli ideali di festa, di vitalità ed espressività creativa, di pace e solidarietà, che gli appartengono fin dalle origini.

 

 Manifesto per le Olimpiadi (Tokio 1964)

Manifesto per le Olimpiadi (Tokio 1964)

 

 

 

Le olimpiadi sono un evento sportivo di prima grandezza: non solo per la mondialità delle presenze e rappresentanze, che onorano le diverse scuole e le diverse metodologie tecniche e scientifiche, ma per la simultaneità della sfida che l'uomo di ogni nazione pone a se stesso, alla presenza di tutti. Si realizza così una concreta partecipazione che coinvolge gli atleti insieme a tutto l'universo degli spettatori in una virtuale convergenza, in una unità di passione, di interesse, di emulazione.

L'esperienza di universalità fa apprezzare l'altro, mentre viene proiettato, in innumerevoli luoghi, il suo volto, la sua patria, il segno della sua cultura, il messaggio della sua civiltà e della sua religione. Lo sport esalta l'individuo ma lo riferisce al suo popolo. Le olimpiadi sono un evento ricco di significati. La proposta ideale dei giochi olimpici viene da lontano e si interseca con la storia vivendone le intrinseche contraddizioni, a volte laceranti. Tuttavia la forza del messaggio e la prassi da esso sviluppatasi inverano una somma di valori che sarebbe ingiusto misconoscere.

Certo non basta un'olimpiade per la costruzione della pace, della fraternità universale, dell'amicizia tra i popoli. Ma attraverso un'olimpiade un gradino è posto, un seme è gettato, una speranza è donata. Giustamente ammireremo gli atleti che vincono, salendo il fatidico podio, ma non dimenticheremo non solo chi rimane nel prato portando il peso della sconfitta, ma anche il cumulo di fatica e di sacrificio che sta dietro alle prestazioni degli uni e degli altri.

È questa una visione autentica e completa dello sport, che è arte di padronanza di sé, di impiego accurato e intelligente delle proprie energie fisiche, morali e psichiche. Le olimpiadi sono un evento di spiritualità: la dimensione interiore della persona non viene sottratta o emarginata dal gioco, anzi concorre in maniera determinante a favorire la perfezione e il senso del gesto atletico e dell'impresa sportiva. Lo sport è una delle manifestazioni della dignità e verità dell'uomo e proprio così lo conduce a prendere coscienza dei suoi limiti, aprendolo al rapporto con Dio, principio della vita e di ogni umana energia.

Lo sport permette la comunicazione diretta con l'avversario, riconoscendone la capacità, la parità, l'identica finalità. Così lo sport assurge a simbolo di umanità, di civiltà, di spiritualità e contribuisce a maturare una personalità armonica, solidale, libera e responsabile. Alla luce di tali prospettive, questo ufficio si appresta a vivere i giochi di Seoul e ad offrire il proprio servizio religioso e una testimonianza di cordiale amicizia a tutti i partecipanti.

Roma, 12 settembre 1988.

 

 

Ufficio CEI per la pastorale del tempo libero, turismo e sport

 

 

 

 

 

[Cfr. ECEI, nn. 1130-1132]