70) Non frequento la chiesa da tempo, il mio parroco possiede un'auto di lusso, mentre potrebbe usare quei soldi per aiutare i poveri.

 

 

 

 

Non si vede alcun nesso fra le cose, semmai piuttosto un pretesto per cercare di mettere a tacere la propria coscienza con la scusa dei difetti altrui, posto che siano davvero difetti. Andiamo per ordine. Nessuna ragione può esimere un cristiano dal curare il suo rapporto con Dio e con la comunità ecclesiale. Nessuno scandalo può e deve mettere in discussione la nostra fede.

Diceva Francesco d’Assisi: «...si guardino tutti i frati, sia i ministri e servi sia gli altri, dal turbarsi e dall’adirarsi per il peccato o il male di un altro, perché il diavolo per la colpa di uno vuole corrompere molti; ma spiritualmente, come meglio possono, aiutino chi ha peccato, perché non quelli che stanno bene han bisogno del medico, ma gli ammalati» (FF 18). Ciò detto è bene chiarire che i sacerdoti diocesani, a differenza dei religiosi, non hanno alcun voto di povertà.

Quanto al parroco e alla sua automobile è bene seguire sempre una regola semplice ma preziosa: prima di parlare bisogna conoscere bene le cose. Un’auto può essere frutto di una donazione, oppure la si può acquistare grazie ad una buona occasione commerciale, oppure può essere una necessità. Chi viaggia spesso o non gode di una buona salute può avere necessità di un’auto piú comoda e sicura.

Giudicare una persona da un singolo bene in suo possesso è una cosa ingiusta e in un certo senso vile, soprattutto se - come spesso accade - tutto si riduce a pura maldicenza quando non addirittura ad invidia. Cosa è l’invidia? Invidiare una persona significa dispiacersi del suo bene ed è cosa tanto piú detestabile se si pensa che quel bene spesso è stato acquistato onestamente e con sacrificio.

Ciò che conta piuttosto è che la persona in questione sia retta e compia il suo dovere con carità e con senso di responsabilità. Cosa si intende poi per auto di lusso? Oggi è possibile acquistare delle ottime auto usate per cifre piú che ragionevoli. O forse un sacerdote dovrebbe comprare necessariamente un’auto scadente per spacciarsi come povero? Ma questa sarebbe una falsità. Quanto alla carità verso i poveri occorre dire che questo è un tema in cui si tocca spesso l’ipocrisia. Prima di chiederci cosa fanno gli altri per i poveri chiediamoci piuttosto cosa facciamo noi. L’esperienza insegna abbondantemente che la carità non va insieme alla maldicenza: chi critica gli altri spesso è il primo a non fare niente.

Purtroppo oggi è tutto piú difficile, perfino aiutare i poveri, almeno nel nostro contesto europeo/occidentale. A differenza del passato, infatti, prima bisogna capire chi è veramente povero e come può essere aiutato nel migliore dei modi. Nel nostro contesto la percezione della povertà è alquanto cambiata, spesso ci si ritiene “poveri” non perché non si ha di che mangiare o di che vestirsi ma perché non si ha la possibilità di acquistare l’auto preferita, l’abito firmato o di andare in vacanza all’estero.

Sia chiaro che non mancano le persone che vivono con cifre molto modeste ma come esserne certi? E soprattutto come aiutarle? A volte un aiuto economico può risolvere una situazione di emergenza ma non può offrire soluzioni definitive. Certo, il parroco potrebbe vendere tutto quello che ha e darlo ai poveri oppure - come può capitare se non si è prudenti - ai profittatori di turno; dopo però dovrebbe essere lui a chiedere aiuto, e non piú per gli altri ma per se stesso. La regola d’oro dunque è quella dell’equilibrio non delle chiacchiere.

Se i problemi ecclesiali consistessero solo in un clero benestante saremmo già su una buona strada. I veri difetti, i peggiori, spesso non si vedono ad occhio nudo e non riguardano solo i pastori del gregge. Tuttavia se siamo convinti che una persona - qualunque essa sia - percorra una cattiva strada aiutiamola con la preghiera, faremo davvero il bene suo e di tutti.