È possibile comunicare con i defunti? E se è possibile è lecito?

 

 

 

 

Nella nostra epoca gli adepti dello spiritismo sono in aumento. Molte persone credono genericamente in una sopravvivenza dell'elemento spirituale dell'uomo oltre la morte e nella possibilità da parte dei vivi di comunicare con i trapassati o con altre entità spirituali. Spesso si afferma che le comunicazioni spiritiche avverrebbero grazie all'intervento di una persona particolarmente sensibile che fungerebbe da medium o mediatore fra gli spiriti e gli esseri umani. I fautori dello spiritismo sostengono che tali comunicazioni, accompagnate spesso da fenomeni paranormali di vario genere, proverebbero l'esistenza dell'anima e dell'aldilà. Da un punto di vista teologico non si può escludere che possa stabilirsi una comunicazione con delle entità spirituali. Lo spirito ha facoltà straordinarie che l'essere umano non ha e quindi, in linea teorica, la possibilità che i defunti - o altre entità - si manifestino esiste.

Stabilire l'autenticità di simili casi tuttavia è estremamente difficile considerando che la psicologia umana può portare l'individuo a produrre anche inconsciamente fenomeni allucinatori o di altro genere. Resta ad ogni modo il problema morale che in questo caso riveste una particolare gravità. Non è lecito pretendere una manifestazione (evocazione) del genere, infatti, la Scrittura attesta che «queste cose sono in abominio al Signore» (Dt 18,10-14). L'evocazione degli spiriti non ha nulla a che fare con l'invocazione che si ha nella preghiera umile e fiduciosa rivolta a Dio. Per il cristiano inoltre lo spiritismo non ha valore circa le realtà della fede: il motivo principale e sufficiente per credere nella vita eterna è la persona e l'opera di Gesú Cristo, il suo annuncio evangelico testimoniato nella Chiesa visibile che è il suo Corpo mistico vivo e operante nel mondo e nella storia.

Certamente non è facile dare un senso alla perdita di una persona amata, all'apparente assurdità di una vita spezzata nel fiore degli anni. Solo una fede forte e sincera può superare la tragedia. È un percorso lungo, talvolta faticoso, ma anche un viaggio che va fatto in comunione, sostenendosi reciprocamente con la preghiera, nella prospettiva di Cristo che ha sofferto sulla croce ed è risorto, "primizia di coloro che sono morti. Poiché se a causa di un uomo venne la morte, a causa di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti; e come tutti muoiono in Adamo, così tutti riceveranno la vita in Cristo. Ciascuno però nel suo ordine: prima Cristo, che è la primizia; poi, alla sua venuta, quelli che sono di Cristo" (1Cor 15,20-23).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Intervista al cardinal Giacomo Biffi

«Come treni fuori binario»

 

di Simonetta Pagnotti

 

 

«Cristo ci ha già detto tutto», dice l'Arcivescovo di Bologna, «questi genitori hanno una fede debole».

«Certe cose non mi interessano e sono molto esposte agli infortuni dell'autosuggestione, qualche volta dell'imbroglio positivo o di una proiezione dell'inconscio».

Con la solita chiarezza, il cardinale Giacomo Biffi, arcivescovo di Bologna, affronta tematiche decisive per il destino dell'uomo, come quelle connesse al "mondo dell'invisibile".

«È il tema di come va a finire la nostra avventura», spiega, «e quindi del senso della vita: come nei gialli ben costruiti, è solo alla fine che si riesce a capire tutto il percorso».

E, se le sue parole suonano un po' dure, «un vecchio proverbio russo dice: "Non bisogna mai incolpare lo specchio se la faccia è storta"».

 

 

 

 

È peccato parlare con i defunti?

«La comunicazione con i defunti fa parte del patrimonio di fede. Io parlo con la mia mamma, con le persone che mi sono care, nella dottrina cattolica c'è che possiamo aiutare i defunti, e i defunti noi. Ma poiché questi rapporti trattano una zona carica di oscurità e di mistero, come ciò che c'è al di là della morte, la saggezza ci consiglia di attenerci a ciò che ci ha detto Dio e che la Chiesa ci propone, non a mezzi che hanno un'altra origine e nessuna garanzia di autenticità».

 

Ma la mamma che dice: «Ho visto mio figlio nella bara, non accetto il riposo eterno nella tomba...».

«Non lo accetta perché non ha studiato il catechismo. Il riposo eterno vuol dire riposo dalle ansietà, dai dolori di questa vita, non si riferisce all'immobilità del cadavere. La Chiesa parla di vita eterna. Il defunto è vivissimo, ma questo non toglie che sia defunto dal nostro punto di vista».

 

È defunto per noi, ma è vivo nel Regno di Dio: vuol dire questo?

«Sí, ma è un altro tipo di vita, nel mondo dell'invisibile: un mondo che oggi non è piú molto presente e di cui c'è nel contempo una grande nostalgia, tanto che la gente lo reinventa. Uno dei guai della perdita della fede non è che l'uomo non crede piú a niente: l'uomo adesso crede a tutto, agli extraterrestri, allo spiritismo, ai culti orientali. È il credente vero quello che non crede a niente, se non a ciò che gli risulta dalla voce di Dio».

 

Ma allora, una mamma come si deve immaginare un figlio che non c'è piú?

«Guardi, i nostri vecchi erano serenissimi di fronte alla morte, perché sapevano che chi muore si ricongiunge a Cristo e arriva al traguardo dove ci aspettano tutti. Ricordo che qualche anno fa, in una conferenza stampa, siccome avevo parlato del mondo invisibile, un giornalista ha detto: "A noi il mondo invisibile non interessa niente". Io ho risposto: "Oggi è il 28 ottobre, non è solo il ricordo della marcia su Roma, ma è il giorno della morte di mia madre. Se non c'è il mondo invisibile, vuol dire che io, da adesso, ho la certezza che non la rivedrò mai piú; se invece c'è la prospettiva del mondo invisibile, ho la speranza di rincontrarla: le pare che sia una cosa da niente?". La comunione dei santi vuol dire che non si è interrotto niente di sostanziale: il defunto è passato nel mondo invisibile, questo sí, in un mondo però nel quale siamo destinati tutti ad arrivare, e a ricostituire la famiglia, la grande famiglia dei figli di Dio».

 

E anche la nostra famiglia...

«Certo, la famiglia dei figli di Dio e anche la nostra: in questo mondo invisibile, non è che noi saremo nella vita eterna come le acciughe in un barile. No. È una vita piena di affetti, di attenzioni, di movimento. La controprova è che gli affetti, i legami terreni, non saranno annullati, saranno sublimati. E la posizione unica della Madonna, nel Regno dei cieli, è data dal suo rapporto affettivo di maternità. E allora, se questo c'è per lei, c'è anche per mia madre, c'è per il mio rapporto di figliolanza o di amicizia, eccetera: tutto viene riconquistato».

 

Nella Divina Commedia, per esempio, c'è un'esperienza forte di quello che lei ha chiamato "mondo invisibile"?

«Dietro la Divina Commedia c'è la forte esperienza di fede di Dante. Dante è l'autore dalla fede piú salda, cosí salda che riesce a costruire una teologia che è migliore di quella dei teologi del suo tempo. Dante sicuramente non sarebbe mai stato tentato dalle sedute spiritiche, proprio perché la fede gli dava molto di piú».

 

Anche le persone cui è rivolta la lettera dei vescovi emiliani cercano di rafforzare la loro fede. Dietro a quello che giustamente la Chiesa definisce un errore, non c'è un tentativo di arrivare a una piú forte esperienza del trascendente?

«È positivo che siano "in cerca". Il guaio è che credono di aver trovato, credono di essere arrivati a varcare la soglia dell'aldilà e invece sono rimasti al di qua, facendo una proiezione del loro inconscio come capita spessissimo nelle sedute spiritiche o con questi mezzi».

 

E per quanto riguarda i fenomeni paranormali, che stanno tornando cosí di moda (c'è anche una tradizione di cattedre di Parapsicologia), la Chiesa li rigetta, o si possono fare dei distinguo?

«La Chiesa sta a quello che le ha detto il suo Signore, la Chiesa sa che l'uomo è un essere destinato alla vita eterna, che con la morte, a un certo punto, va a finire nella vita eterna, perché la Risurrezione lo connetterà concretamente con Cristo. Per tutto il resto, la Chiesa è scettica, come quelli che hanno la verità. Io non provo nessuna tentazione verso certe cose, ma non voglio nemmeno essere cosí superficiale da ritenere che non ci sia nessun fondamento in un mondo che io non conosco e non frequento».

 

Non parlo solo dello spiritismo, ma di tutta una serie di fenomeni quali la telepatia, le visioni, le guarigioni inspiegabili e poi, strada facendo, i miracoli. Davanti a queste cose si dice: la Chiesa le respinge perché ha paura di confonderle con i miracoli. Si può parlare di un terreno comune, che rende possibili entrambi i fenomeni, oppure no?

«Ai miracoli credono i non credenti. I credenti credono nella possibilità del miracolo, ma prima di dire che una cosa è per miracolo, ha voglia...».

 

Però i santi i miracoli li hanno fatti...

«Sí, ma solo quelli che hanno fatto, perché non è detto che tutti i miracoli dei santi siano veri. Noi sappiamo che i miracoli possono esistere, la Chiesa li domanda per rassicurarsi sulla santità delle persone, ma poi non obbliga nessuno a crederci. Questa sete del prodigioso è tipica di una fede debole. Ma quando uno sa che Dio esiste e che Gesú Cristo è risorto, cosa volete che gli interessi delle altre cose? Non vorrei apparire il negatore di tutto il praeter naturale. No, ci può anche essere, però ci dice poco, e soprattutto è esposto al rischio dell'errore».

 

Questa gente non mette in dubbio il patrimonio di fede della Chiesa. Si confessano deboli, la loro disperazione consiste nel non sentire piú i loro figli vicini...

«Il problema non è che non li "sentano". È che "sia" cosí. Queste donne devono sapere che il loro figlio c'è, che pensa a loro, che loro possono aiutarlo perché lui ha bisogno del loro aiuto, che lui può aiutarle: questo è molto piú importante del fatto di sentire o non sentire».

 

Che rischi corre la persona che si abbandona a queste pratiche?

«Sono cose niente affatto salutari per l'equilibrio psichico delle persone. Ne abbiamo la controprova: spessissimo i fenomeni di squilibrio, che qualche volta vengono denunciati come possessioni diaboliche, sono cominciati con delle evocazioni, per cui questi soggetti alla fine si sono messi su una strada che deteriora la solidità della persona umana».

 

Ma se uno ha questo tipo di sensibilità particolarmente sovraeccitata, se ha questo "dono"?

«Se uno ha questa malattia, pazienza. Ma io dico una cosa in piú: che la malattia gli è venuta perché non ha vissuto in pienezza la fede cristiana, che continuamente richiama queste verità, nella Pasqua, nel giorno dei Santi, ogni domenica. Questi fenomeni qui sono fenomeni borghesi, di origine».

 

Sono solo fenomeni di curiosità?

«Fenomeni di curiosità, di sazietà e anche di vuoto. Il Signore ci ha tracciato lui la strada. È come se un treno a un certo momento dicesse: io sono stanco di camminare sulle rotaie, ho bisogno della libertà. E allora va sull'autostrada. Questo è certo un treno libero, originale, pieno di iniziativa, però non riesce a camminare bene. Cosí quelli, poverini, si danno da fare ad andare avanti faticosamente, con pochi risultati, e alla fine anche con molta delusione, perché bisognerebbe davvero scrivere la fenomenologia di come vanno a finire queste persone».

 

E i sacerdoti che stanno in mezzo a loro?

«San Paolo ci dice che dobbiamo godere con chi gode e piangere con chi piange, non ci dice che dobbiamo zoppicare con chi zoppica e smarrirci con chi si smarrisce».

 

 

 

 

Estratto da Famiglia Cristiana, 27 (2000).