Come vede la moda e gli attuali costumi giovanili?

 

 

 

 

Senza voler fare di tutte le erbe un fascio è difficile considerarli positivamente, anzi, in alcuni casi sono senza dubbio deplorevoli. Già il fatto di accodarsi indiscriminatamente dietro alla moda inventata dall'ultimo stilista di turno non depone a favore di una persona, del suo carattere e della sua serietà, non parliamo poi dei suoi orientamenti morali, quando il vestiario denota un modo di concepire la propria corporeità davvero poco umano e cristiano. L'uso di tatuaggi, piercing, orecchini, codini e vesti stravaganti piú o meno lacere e artificiosamente accorciate, sembra voglia quasi supplire ad una sentita insignificanza della persona, quasi che il corpo da solo, senza orpelli e supplementi di ogni genere, esprima ben poco.

Si tratta spesso di mode disdicevoli, soprattutto in un uomo che dovrebbe fare della sobrietà (che non è seriosità) un tratto distintivo. Nulla in contrario ovviamente alla cura del corpo, anzi, ben venga una maggiore attenzione all'igiene e al buon gusto, a patto che non si arrivi ad un culto smodato del corpo. Nella donna poi questi modi di abbigliarsi fanno venire in mente una certa disposizione ad uno dei mestieri "piú antichi del mondo". Che senso ha infatti mostrare il proprio corpo esponendolo alla vista di tutti? Una persona non si spoglia davanti a tutti, ma solo e in una certa misura davanti alle persone piú intime. Cosa significa mostrare a tutti e indiscriminatamente la propria nudità? Cosa si vuole sottintendere? Che tipo di pretesa libertà sarebbe?

Credo che bisognerebbe rivedere la definizione di "prostituta" adeguandola alla realtà. Piú che alle cosiddette "donne di strada", spesso povere vittime e schiave della fame e della paura, il termine è piú confacente a quelle che, in piena libertà, danno gratuitamente il proprio corpo in pasto a tutti e purtroppo non solo con gli occhi. Chi conosce il mondo giovanile, il mondo della scuola e delle sue esperienze precoci, sa bene cosa significa tutto questo. Non si tratta certo di invocare un banale ritorno al puritanesimo, deprecabile deformazione di un sano senso morale, ma di esigere buon gusto, eleganza e retto amore per sé e per gli altri. Questi valori sono proprio ciò che i genitori e gli educatori - posto che li abbiano - devono saper trasmettere e, prima ancora, devono "voler trasmettere".

Il buon gusto non necessita di tante spiegazioni e comunque è legato al modo di intendere se stessi: piú basso è il concetto di sé, piú banale e sciatto sarà il modo di presentarsi in pubblico e nella vita privata, anche nell'abbigliamento. L'unica eccezione è quella imposta dalla povertà che però spesso non impedisce pulizia e decoro. Francesco Alberoni, noto sociologo, ha pubblicato sul Corriere della sera alcune argute osservazioni:

«A Milano vado spesso in via Torino, dove si trovano tutti i negozi piú trendy di moda giovane e dove perciò vedo passare tutti gli elegantoni di Milano e di varie nazionalità. Non ho mai visto una moda tanto brutta come quella di questa estate. Già l'anno scorso gli stilisti avevano abbassato la vita dei pantaloni, quest'anno l'hanno fatta scendere ancora. Le ragazze mostrano la pancia appena sopra il pube. I maschi piú arditi li abbassano tanto da mostrare il solco delle natiche. I jeans sono larghi, col cavallo basso sul tipo dei pantaloni dei clown. Ai piedi sandali infradito o grosse scarpe da tennis sporche. Questa moda non l'hanno inventata i ragazzi, non è una rivolta come quella dei punk, gliela hanno proposta gli stilisti. Ne hanno fatto dei pupazzi grotteschi. All'università molte ragazze vanno serissime a discutere la tesi di laurea vestite all'ultima moda: pantaloni al monte di Venere e camicetta trasparente senza reggipetto. Loro non se ne rendono conto, ma è un abbigliamento che toglie solennità alla cerimonia, la rende ridicola, squallida. Come è diventata squallida una università dove è proibito studiare piú di 1.400 ore all'anno. E dove, anche in materie come la filosofia, la psicologia, la sociologia, in cui dovresti dimostrare di saper ragionare, argomentare, ti richiedono soltanto di riempire le caselle di uno stupido test. Anche qui è il professore che ha rinunciato a chiedere, guidato da una stupida pedagogia che considera l'esame una oppressione e la selezione una discriminazione sociale. C'è al potere una mentalità che, nel nome della libertà, ha eliminato la forma. Ma la perdita della forma è perdita della sostanza. Una moda squallida, una casa lercia, un ufficio disordinato, una chiesa in cui non c'è una candela, una squadra indisciplinata, una città imbrattata di scritte invitano solo alla rinuncia, alla pigrizia, alla sconfitta. Perché accettiamo questa deriva? Perché i genitori non tornano a insegnare le buone maniere ai figli, gli insegnanti a esigere che i ragazzi studino, gli stilisti a proporre il bello? Tutti si lamentano della crisi economica, della concorrenza cinese e indiana, ma la risposta da dare è una sola. Ciascuno di noi deve alzarsi in piedi, ritrovare il rigore, la dignità, il gusto del bello, il piacere del lavoro, dello studio, della sfida. E agire senza ascoltare chi lo critica, chi esita, chi piagnucola. Se va avanti, gli altri lo seguiranno» (Alberoni F., Corriere della sera, 26-09-2005).

L'eleganza, senza smanie di ricercatezza, è il giusto decoro che si deve al corpo umano che merita di essere vestito con riguardo alla sua dignità e preziosità. Il retto amore per sé e per gli altri, unito ad un sano realismo, fa sí che la propria persona non sia di provocazione alla debolezza altrui. Nessuno di noi va in giro per la strada con un mazzo di banconote in mano, se non altro per ragioni di sicurezza, perché allora esporre il proprio corpo? Delle due l'una: o il tuo corpo vale meno di quei soldi, oppure proprio non sai quanto vale. A ciascuno la scelta.