Molte volte quando si stima e si ama una persona e poi la si conosce davvero si rimane delusi. Tutti abbiamo bisogno di un punto di riferimento, di una persona in cui credere e che diventa il nostro "idolo"... eppure quanti idoli alla fine ci deludono... perché accade cosí spesso?

 

 

 

 

Questa è una constatazione frequente e talvolta dolorosa. La risposta migliore al riguardo ce la dà la Parola di Dio: «Tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio» (Rm 3,23). La gloria, in senso biblico e la presenza di Dio che si comunica all'uomo in modo intimo ed è una delle promesse dei tempi messianici (cfr. per es. Sal 85,10; Is 40,5). Nel disegno originario di Dio l'uomo doveva essere ricolmo di questa gloria, doveva essere portatore di Dio, trasparenza rivelatrice della sua gloria, della sua santità e della sua bellezza.

A tale riguardo sono molto belle le pagine di sant'Ireneo di Lione dove si parla dell'uomo, gloria vivente di Dio e oggetto del suo amore salvifico: «Per questo il Verbo si è fatto dispensatore della grazia del Padre per l'utilità degli uomini, in vista dei quali ha compiuto tutta l'economia della salvezza, mostrando Dio agli uomini e collocando l'uomo a fianco di Dio; salvaguardando l'invisibilità del Padre perché l'uomo non arrivasse a disprezzare Dio e avesse sempre qualcosa da raggiungere, e nello stesso tempo rendendo Dio visibile agli uomini con l'insieme della sua economia, per impedire che l'uomo, privato totalmente di Dio, cessasse addirittura di esistere. Infatti la gloria di Dio è l'uomo vivente, e la vita dell'uomo consiste nella visione di Dio: se già la rivelazione di Dio attraverso la creazione dà la vita a tutti gli esseri che vivono sulla terra, quanto piú la manifestazione del Padre attraverso il Verbo è causa di vita per coloro che vedono Dio!» (Ireneo di Lione, Contro le eresie, 4,20,5-7).

La Sacra Scrittura attestando la nostra situazione attuale di peccatori ci ricorda anche che non siamo piú ciò che dovremmo essere. Il peccato ha offuscato quella trasparenza che ci consentirebbe di manifestare e trasmettere la gloria di Dio. In altre parole la sua bellezza, la sua santità in noi non è piú visibile, non è piú splendente; resta solo la nostra povertà umana con tutti i suoi limiti e i suoi difetti piú o meno evidenti. Cosí noi cerchiamo spesso nell'essere umano ciò che l'essere umano non può piú offrire. In noi è sempre presente il desiderio di bene e di felicità, è sempre presente la misteriosa consapevolezza che l'uomo è "portatore di Dio" e pertanto fonte derivata del suo sommo bene, il problema e che non c'è piú la connessione - o meglio la comunione - con la fonte originaria.  

È cosí che l'uomo, che dovrebbe essere portatore di Dio, spesso porta solo se stesso con tutto il suo carico di povertà che è tanto piú evidente e sconcertante quanto piú alta è la posizione vera o presunta di colui che ne è affetto.

La Scrittura però ci dà anche un motivo di speranza. Scrive, infatti, l'apostolo Paolo: «Tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio, ma sono giustificati gratuitamente per la sua grazia, in virtú della redenzione realizzata da Cristo Gesú» (Rm 3,23-24). Grazie a Cristo, e solo grazie a lui, l'uomo può tornare ad essere un tempio vivo della presenza di Dio. Gesú stesso dice: «Chi ha sete venga a me e beva chi crede in me; come dice la Scrittura: fiumi di acqua viva sgorgheranno dal suo seno» (Gv 7,37-38). È cosí che lui ci dà la possibilità di essere i portatori dell'acqua viva che disseta (cfr. Gv 4,1-26).

La domanda che dobbiamo sempre porci e se gli "idoli" che noi cerchiamo e che ci affascinano sono portatori di Cristo e della sua grazia oppure no. Sono portatori della santità, della bellezza e della gloria di Dio? In molti, moltissimi casi la risposta è sicuramente negativa, dunque non fa meraviglia che questi idoli prima o poi ci deludano anche amaramente. Molte volte quello che cerchiamo negli altri è la possibilità di amare e di essere amati, ma anche in questo non possiamo che trarre prima o poi delle delusioni. La realtà è che nessun amore umano può bastare né per sé, né per gli altri. In un certo senso è anche questo il senso del brano evangelico di Mt 10,37-39: «Chi ama il padre o la madre piú di me non è degno di me; chi ama il figlio o la figlia piú di me non è degno di me; chi non prende la sua croce e non mi segue, non è degno di me. Chi avrà trovato la sua vita, la perderà: e chi avrà perduto la sua vita per causa mia, la troverà».

Nessuno può basare la sua vita sull'amore umano, soltanto l'amore di Dio non viene mai meno e dà un senso anche all'amore umano.