Per un giovane è meglio studiare o lavorare appena possibile?

 

 

 

 

Non ci sono dubbi: studiare, almeno per quanto è possibile, anche a costo di tanti sacrifici. Essere culturalmente preparati, soprattutto nella società attuale, è di estrema importanza, sia per la propria dignità e libertà sia per il proprio futuro. Non bisogna lasciarsi contagiare da un mondo che ci inebetisce con le sue promesse di felicità. Non bisogna credere che l'importante sia avere un buon lavoro ed un buon stipendio per essere felici. I soldi non comprano e non compreranno mai tutto. È bene fare il possibile per assicurarsi una buona formazione universitaria. Non si tratta di ottenere un pezzo di carta ma di farsi una vera cultura. Se proprio non è possibile arrivare a questo obiettivo è bene puntare almeno ad una laurea breve; se non si può arrivare neppure a questo bisogna fare tutto il possibile per avere almeno un diploma di scuola superiore, anche a costo di tanti sacrifici.

La preparazione culturale non è un bene solo per se stessi ma è un vantaggio per tutti; è un gradino in più quello che ciascuno di noi - con una buona formazione - assicura a tutta la società. E dopo aver ottenuto questo risultato? La formazione continua sempre! Giustamente oggi si parla di formazione permanente perché non si finisce mai di studiare, di riflettere, di aggiornarsi. Se ci si arrende, se si cede alla pigrizia e ci si accontenta del minimo quando invece si può fare di più, si commette un grosso errore. Fare questo, infatti, significherebbe privare se stessi e gli altri di enormi potenzialità e capacità che - se ben coltivate - producono frutti che possiamo e dobbiamo offrire. Una buona preparazione intellettuale e culturale è un bene anche per la vita spirituale. Ecco poi cosa dice il Vangelo in merito alle qualità, ai doni che abbiamo e che dobbiamo far fruttificare: se saremo negligenti...

 

«Avverrà come di un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, a ciascuno secondo la sua capacità, e partì. Colui che aveva ricevuto cinque talenti, andò subito a impiegarli e ne guadagnò altri cinque. Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone. Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò, e volle regolare i conti con loro. Colui che aveva ricevuto cinque talenti, ne presentò altri cinque, dicendo: Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque. Bene, servo buono e fedele, gli disse il suo padrone, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone.

Presentatosi poi colui che aveva ricevuto due talenti, disse: Signore, mi hai consegnato due talenti; vedi, ne ho guadagnati altri due. Bene, servo buono e fedele, gli rispose il padrone, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone. Venuto infine colui che aveva ricevuto un solo talento, disse: Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso; per paura andai a nascondere il tuo talento sotterra; ecco qui il tuo. Il padrone gli rispose: Servo malvagio e infingardo, sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l'interesse. Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. Perché a chiunque ha sarà dato e sarà nell'abbondanza; ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha» (Mt 25,14-29).