In una società che si dice cristiana come la nostra come si spiegano la mafia è il terrorismo? Cosa fa la Chiesa per condannarli?

 

 

 

 

Si spiegano con il fatto che non siamo davvero cristiani come diciamo di essere. Il fatto che organizzazioni come la mafia sussistano in contesti che si dicono cristiani è un abominio. C'è un'espressione terribile che rende un'idea di questo triste fenomeno: «abominio della desolazione» (Mt 24,15). Pare che il profeta Daniele designasse con ciò un altare pagano che Antioco Epifane aveva fatto erigere nel 168 a.C. all'interno del tempio di Gerusalemme (cfr. 1Mac 1,54).

Nel caso del testo evangelico questo si realizzò quando la città santa ed il suo tempio furono occupati dagli eserciti pagani di Roma (cfr. Lc 21,20). Non si tratta forse di «abominio della desolazione» quando nella nostra società anziché trovare solidarietà e giustizia troviamo ostilità e ingiustizia? Quando al posto dello Stato legittimo troviamo il crimine organizzato?

Chi fa queste cose incorre in qualcosa di molto più grave e temibile della sola condanna della Chiesa. È Dio stesso che li ha già condannati:  

Li condanna perché con i loro crimini opprimono le coscienze dei più poveri e dei più deboli facendo loro perdere perfino la speranza nella giustizia e nella fede:

«È inevitabile che avvengano scandali, ma guai a colui per cui avvengono. È meglio per lui che gli sia messa al collo una pietra da mulino e venga gettato nel mare, piuttosto che scandalizzare uno di questi piccoli. State attenti a voi stessi!» (Lc 17,1-3).

Li condanna perché hanno perfino l'insolenza e l'arroganza di coprire i loro abominevoli delitti sotto il velo della pietà e della religione. Quel velo però gli verrà strappato e la loro sorte prima o poi sarà quella del disonore e dell'infamia:

«Che m'importa dei vostri sacrifici senza numero?» dice il Signore. «Sono sazio degli olocausti di montoni e del grasso di giovenchi; il sangue di tori e di agnelli e di capri io non lo gradisco. Quando venite a presentarvi a me, chi richiede da voi che veniate a calpestare i miei atri? Smettete di presentare offerte inutili, l'incenso è un abominio per me; noviluni, sabati, assemblee sacre, non posso sopportare delitto e solennità. I vostri noviluni e le vostre feste io detesto, sono per me un peso; sono stanco di sopportarli. Quando stendete le mani, io allontano gli occhi da voi. Anche se moltiplicate le preghiere, io non ascolto. Le vostre mani grondano sangue. Lavatevi, purificatevi, togliete il male delle vostre azioni dalla mia vista. Cessate di fare il male, imparate a fare il bene, ricercate la giustizia, soccorrete l'oppresso, rendete giustizia all'orfano, difendete la causa della vedova» (Is 1,11-17).

Li condanna perché spogliano il prossimo dei suoi beni, pervertono perfino la giustizia a danno del povero e dell'innocente e ne infangano anche la memoria:

«Essi odiano chi ammonisce alla porta e hanno in abominio chi parla secondo verità. Poiché voi schiacciate l'indigente e gli estorcete una parte del grano, voi che avete costruito case in pietra squadrata, non le abiterete; vigne deliziose avete piantato, ma non ne berrete il vino, perché so che numerosi sono i vostri misfatti, enormi i vostri peccati. Essi sono oppressori del giusto, incettatori di ricompense e respingono i poveri nel tribunale» (Am 5,10-12).

Li condanna la loro arroganza: dichiarano di non temere nessuno e di non avere alcuna legge al di fuori di se stessi:

«La tua arroganza ti ha indotto in errore, la superbia del tuo cuore; tu che abiti nelle caverne delle rocce, che ti aggrappi alle cime dei colli, anche se ponessi, come l'aquila, in alto il tuo nido, di lassù ti farò precipitare. Oracolo del Signore» (Ger 49,16).

Li condanna anche la loro stessa malizia perché chi opera il male ne trarrà il male e chi uccide il prossimo pone un'ipoteca sulla sua stessa vita cosicché spesso la sorte che li attende, a dispetto della loro scaltrezza, è la morte violenta:

«Rimetti la spada nel fodero, perché tutti quelli che mettono mano alla spada periranno di spada» (Mt 26,52).

Per chi sceglie la strada della violenza c'è solo una via di uscita, solo una speranza, ed è quella della conversione:

«Su, venite e discutiamo» dice il Signore. «Anche se i vostri peccati fossero come scarlatto, diventeranno bianchi come neve. Se fossero rossi come porpora, diventeranno come lana. Se sarete docili e ascolterete, mangerete i frutti della terra. Ma se vi ostinate e vi ribellate, sarete divorati dalla spada, perché la bocca del Signore ha parlato» (Is 1,18-20).

Non si dirà mai abbastanza quanto si debba evitare ad ogni costo di percorrere un sentiero sbagliato. Quando si sceglie la strada del male si sa dove comincia ma non se ne conosce l'esito che è sempre incerto e non è di sicuro quello della vita eterna. Convertirsi significa anche riparare il male fatto, significa collaborare con la società e con la giustizia. Ecco, collaborare sinceramente con la giustizia, per ogni cittadino, non è un'optional ma un preciso dovere morale.

Per quanti limiti abbia lo Stato, quello Stato siamo sempre noi, non possiamo restare indifferenti o nasconderci.

Forse lo Stato a volte è invadente?

Meglio, molto meglio l'invadenza di uno Stato - che può essere sempre combattuta pacificamente con la forza del voto e della democrazia - dell'invadenza e dell'arroganza assassine della mafia e del terrorismo che lasciano sempre dietro di sé una scia di sangue.

Lottare insieme per la dignità, la sicurezza e l'ordine nella nostra società è un investimento certo per il futuro di noi tutti.

Facciamolo.

 

 

 

 

Intervento di S. S. Giovanni Paolo II contro la mafia

Brano del discorso tenuto ad Agrigento il 9 maggio 1993 - [ 411 KB ]

 

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