Ad una persona che non crede, il fatto di peccare crea comunque una forma di rimorso che caratterizza la differenza fra gli uomini (razionalità) e la loro natura animale (istinto). Questo sentimento porta quasi involontariamente a seguire i comandamenti. Si potrebbe pensare dunque che ognuno di noi in fondo e un po' cristiano anche se non crede?

 

 

 

 

Nella domanda c'è una certa confusione insieme alla constatazione di una verità importante. Tanto per cominciare il peccato non è un problema "istintuale". Gli istinti possono spingerci a peccare, questo è vero, ma il peccato implica sempre una scelta morale che è frutto di una deliberazione che mette in gioco l'intelligenza, la ragione e la volontà. Non si pecca per istinto, si pecca perché si vuole fare del male, perché scegliamo di andare contro l'ordine morale inscritto anche nella nostra coscienza.

Gli animali che vivono in una dimensione realmente istintuale non peccano in alcun modo. Non possono peccare perché i loro atti non sono imputabili, mancando in loro l'essere personale libero, intelligente e auto-cosciente. Anche l'uomo, se è quando agisce in modo puramente istintivo non pecca, e anche la legge civile - quando la cosa è dimostrabile - non gli imputa alcun reato. È il caso, per esempio, della legittima difesa. Colui che, accecato dalla paura, apre istintivamente il fuoco sul suo aggressore uccidendolo, non può essere definito assassino e quindi non può essere condannato.

La legge morale non è una sovrapposizione alla struttura antropologica (struttura intrinseca dell'uomo), ma risponde alle esigenze più profonde dell'uomo e della ragione. Ecco perché anche un non credente, un ateo, soprattutto se libero da condizionamenti ideologici, è sensibile alla voce della coscienza che risponde alla legge morale naturale. Potrà non esserci una corrispondenza piena, potranno esserci anche tante contraddizioni, ma mai un'insensibilità radicale. La morale cristiana risponde alla morale naturale, integrandola, esplicandola e - in ultima analisi - perfezionandola. In ognuno di noi in fondo risplende la luce insopprimibile della verità, ed è una luce che chiede di essere rispettata:

 

«In realtà l'ira di Dio si rivela dal cielo contro ogni empietà e ogni ingiustizia di uomini che soffocano la verità nell'ingiustizia, poiché ciò che di Dio si può conoscere è loro manifesto; Dio stesso lo ha loro manifestato. Infatti, dalla creazione del mondo in poi, le sue perfezioni invisibili possono essere contemplate con l'intelletto nelle opere da lui compiute, come la sua eterna potenza e divinità; essi sono dunque inescusabili, perché, pur conoscendo Dio, non gli hanno dato gloria né gli hanno reso grazie come a Dio, ma hanno vaneggiato nei loro ragionamenti e si è ottenebrata la loro mente ottusa. Mentre si dichiaravano sapienti, sono diventati stolti e hanno cambiato la gloria dell'incorruttibile Dio con l'immagine e la figura dell'uomo corruttibile, di uccelli, di quadrupedi e di rettili.

Perciò Dio li ha abbandonati all'impurità secondo i desideri del loro cuore, sì da disonorare fra di loro i propri corpi, poiché essi hanno cambiato la verità di Dio con la menzogna e hanno venerato e adorato la creatura al posto del creatore, che è benedetto nei secoli. Amen» (Rm 1,18-25).