Perché il cristianesimo disprezza tutto ciò che riguarda il corpo e pensa solo all'anima?

 

 

 

 

Questo è un vecchio pregiudizio, ma non risponde a verità. Se c'è una religione, infatti, che ha nobilitato la corporeità umana è proprio quella cristiana. Gli antichi greci credevano che il corpo fosse la prigione dell'anima; una prigione meritevole di essere abbandonata. L'induismo lo riduce ad un involucro privo di senso e intercambiabile tra una vita e l'altra. Il buddismo, che aspira al nirvana, non pone certo il corpo al centro dell'attenzione, anzi, perfino l'io, l'individualità della persona, si risolve in una vanità che è fonte di dolore e che va annullata. La mentalità atea o quella neopagana lo riduce ad uno strumento di piacere oppure ad una cosa da sacrificare sull'altare delle ideologie. Solo nella fede cristiana il corpo è davvero parte integrante della persona e partecipa del suo destino eterno.

Per la Sacra Scrittura tutto l'uomo, inclusa la sua dimensione corporea, è destinato alla "theiosis", ossia alla "divinizzazione". Il corpo umano è il tempio, il luogo vivente della presenza di Dio (cfr. 1Cor 6,19). È il luogo della vita, della gioia e del dolore, ma un dolore trasfigurato dallo Spirito Santo che si apre a nuova vita, alla donazione totale di sé. Non dobbiamo disprezzare nulla dell'essere umano e del suo corpo perché è un segno visibile dell'amore di Dio. Dio stesso si è fatto uomo e ha assunto l'umana natura con un corpo come il nostro.

L'apostolo Paolo, infatti, scriverà: "È in Cristo che abita corporalmente tutta la pienezza della divinità" (Col 2,9). Il corpo dell'uomo, anche se deturpato dal peccato, conserva qualcosa di divino. Con il battesimo poi viene santificato fino a diventare "tempio vivo di Dio". Forse c'è qualcuno che vuol mettere l'accento sui difetti del corpo? Magari portando argomentazioni pseudo-spirituali? In questo caso è bene leggere questo brano di Tertulliano uno dei più grandi padri della Chiesa:

 

«Tu ti richiami sempre ai brani scritturistici in cui la carne viene biasimata; tieni presenti anche quelli in cui viene lodata. Leggi i passi che deprimono la carne: aguzza gli occhi e vedi quelli in cui viene innalzata. Ogni carne è fieno (Is 40,6); però Isaia non ha detto solo questo, ma anche: Ogni carne vedrà la salvezza di Dio (Is 40,5). Spicca il fatto che nel Genesi Dio dice: Il mio spirito non resterà in questi uomini, perché sono carne (Gen 6,3); ma per voce di Gioele si ode anche: Effonderò il mio spirito su ogni carne (Gl 3,1).

Anche gli scritti dell'Apostolo non li devi conoscere solo ove egli combatte la carne (cf. Rm 7,18); se afferma che coloro i quali vivono nella carne non possono piacere a Dio, perché i suoi desideri sono contrari allo spirito (cf. Gal 5,17) e se ha altre espressioni simili, che sono di disonore alla carne - non nella sua sostanza ma nei suoi atti -, dobbiamo asserire tuttavia che in altri passi egli non si oppone ad essa se non per rimproverare l'anima in quanto essa, cioè, è intimamente unita all'anima, al cui comando si sottomette. Sono poi lettere di Paolo anche quelle ove egli dice che porta le stigmate di Cristo nella carne (cf. Gal 6,17), dove ci comanda di custodire la nostra carne come tempio di Dio (cf. 1Cor 3,16), ove considera il nostro corpo membro di Cristo (cf. 1Cor 6,15) e ove ci ammonisce di glorificare e portare Dio nel nostro corpo (cf. 1Cor 6,20)» (cfr. TERTULLIANO, La risurrezione della carne, 10).