Secondo il suo parere un ateo dovrebbe sentirsi meno motivato ad esprimersi economicamente nelle varie forme di carità rispetto ad un cristiano?

 

 

 

 

Non è detto. Si può essere anche atei e filantropi. Piú che alla quantità del sostegno economico guarderei alla qualità intrinseca di questo sostegno e alle scelte operative concrete. Un credente ha senza dubbio di mira il bene integrale della persona, fisico, spirituale, sociale, etc...

Un non credente invece facilmente potrebbe escludere alcuni ambiti dalla sua attenzione, oppure potrebbe indulgere in una visione piú politicizzata operando delle scelte che alla lunga potrebbero rivelarsi non ideali. In ogni caso non è possibile dare delle risposte certe perché ogni persona è una realtà "sui generis" (ognuno è fatto a modo suo). Nella realtà ci sono non credenti che collaborano attivamente e con successo anche con le missioni cattoliche e credenti che di missioni proprio non si interessano.

Ovviamente in questo caso bisogna chiedersi in cosa credono realmente. Anche qui non sempre l'etichetta corrisponde al contenuto. Un fatto però è certo: dove c'è santità c'è sempre amore concreto per l'uomo, dove non c'è fede, fino a prova contraria, resta un punto di domanda.