Secondo nacque a Caresanablot (piccolo paese in provincia di Vercelli) il 2 gennaio 1908 e, da bambino, fu allievo dei Fratelli delle Scuole Cristiane. Forse è là che maturò la sua vocazione, cosí entrò ad 11 anni nel seminario diocesano. Proseguí gli studi a Roma, nel Seminario Lombardo: quattro anni di teologia e poi ricevé gli Ordini Minori, fino al diaconato. Ottenne la laurea in filosofia nel 1931 alla Pontificia Accademia di S. Tommaso e in teologia alla Pontificia Università Gregoriana. Sempre nel 1931, il 15 agosto, venne ordinato sacerdote a Sostegno (Vercelli). Per sei anni fu professore e direttore spirituale nel Seminario Minore e, dal 1936 al 1940, insegnante di filosofia e teologia nel Seminario Maggiore di Vercelli, essendo al contempo Assistente diocesano dei Giovani d’Azione Cattolica.

Si rivelò un ottimo professore oltre che un provetto direttore spirituale. Venne riconosciuto come un “educatore di fine intuizione pedagogica” e non a torto, se solo si considera quanto era amato e seguito dai giovani seminaristi. Quello dell’assistente diocesano dei giovani di Azione Cattolica rappresenta forse, nel suo ministero, l’aspetto piú fecondo anche se piú trascurato, forse per esaltare la nobiltà del suo gesto estremo.

Quelli trascorsi nell’Azione Cattolica, furono in effetti gli anni che lo portarono all’attenzione della sua diocesi. Egli era certamente figlio del suo tempo, animato da una grande prudenza e da una spiritualità apostolica militante tipica dei gesuiti. Eppure, nel tranquillo panorama religioso della diocesi, egli portò un soffio di novità, rappresentato da una grande apertura verso il mondo laicale e quello giovanile, da una letizia spirituale particolarmente gradita ai giovani e dall’entusiasmo per la pastorale parrocchiale.

Forse anche per questo alcuni confratelli non lo capirono, altri lo ignorarono. Sono soprattutto i giovani, che da adulti testimoniarono sotto giuramento al processo di beatificazione, ad accorgersi di questo sacerdote fuori dai soliti schemi; sono loro a notare i suoi tempi di preghiera sempre piú prolungati, la sua agenda sempre piú fitta di impegni, la sua direzione spirituale esigente, le sue ore notturne dedicate allo studio e all’aggiornamento.

E per i giovani darà tutto, fino al punto da seguirli, quando nel 1940 dovettero partire per il fronte. Una scelta che avrebbe potrebbe evitare, vista una grave malformazione all’occhio sinistro. Anche da cappellano militare però riuscí a farsi apprezzare. Ufficiali e semplici soldati ricordano il suo ottimismo, il suo costante sorriso, le sue prediche comprensibili a tutti, con le quali spronava alla santità, anche nella vita militare. Pur essendo di aspetto gracile, si elevava al disopra di tutti per la sua figura ascetica e la pazienza conformata alla Croce.

Venne assegnato, in qualità di tenente cappellano, al 3° battaglione alpino “Val Ghisone” che operò prima sul fronte occidentale e poi in Montenegro. Il 26 dicembre 1941, a quota 964, in zona Dragali, si trovò al centro di un conflitto a fuoco che mietè vittime da una parte e dall’altra. Don Secondo non si risparmiò, non ebbe paura e, accorrendo per portare conforto ad un ferito, venne colpito da una pallottola che gli recise l’arteria femorale. Prima di spirare tra le braccia dei suoi alpini sussurrando “vado a Dio che è tanto buono”, benedisse il suo Battaglione. Morí dissanguato, come uno che ha donato tutto, fino all’ultima goccia. Alla sua morte fu sepolto nel cimitero di Scagliari presso Cattaro, in Montenegro. Venne decorato di Medaglia d’Argento al Valor Militare. A fine giugno 1961 i suoi resti furono riportati in patria e vennero trasferiti nella tomba di famiglia a Caresanablot. Il 25 maggio 1968 furono traslati in una parete della terza cappella della navata di destra del Duomo di Vercelli. Il 26 dicembre 2000, con una solenne cerimonia, i suoi resti furono inseriti in un’urna di cristallo ed argento e collocati sotto la mensa dell’altare della terza cappella della navata sinistra, dedicata a S. Guglielmo. La devozione per lui, alimentata dalla fama di santità che già in vita lo circondava, si diffuse soprattutto in Piemonte, specialmente fra il clero ed i membri dell’esercito.

Il Generale Emilio Faldella che lo ebbe alle sue dipendenze quando da Colonnello comandava il 3° Alpini, scrisse di lui: «Svolgeva il suo ministero con intima soddisfazione, con amore e dedizione e certamente il nuovo campo d’apostolato, cosí lontano dalla cattedra di filosofia e teologia al Seminario di Vercelli, gli era comunque gradito. Sua dote particolare era l’attitudine alla predicazione. esponeva le verità piú sublimi nella maniera piú semplice in modo da essere compreso da tutti gli ascoltatori. Dal brano del Vangelo traeva sempre una conclusione attinente la vita militare, necessità d’adempiere al dovere, serenità nell’affrontare i sacrifici, virtú dell’obbedienza, necessità della disciplina, esortazione alla fraternità e carità cristiana. Scopo della sua attività penso sia stata proprio la carità, cioè il servizio di Dio e del prossimo, il bene delle anime. Ebbi con lui numerosi colloqui e ne uscii sempre edificato. Gli chiedevo se era soddisfatto di essere fra gli alpini, se trovava difficoltà e sempre mi rispondeva con quel suo sorriso serafico che era soddisfattissimo. Don Pollo aveva una personalità che suscitava ammirazione eppure era sua caratteristica l’umiltà, sembrava volesse scomparire, eppure gli era impossibile eclissarsi. Intelligenza, cultura, l’eminente bontà lo mettevano in evidenza».

La sua festa è stata inserita nel calendario liturgico il 4 Gennaio. Gli alpini del Gruppo di Castelrosso (TO) edificarono in suo onore un sacello, inaugurato l’8 Aprile 2001, che ospita un busto bronzeo. Il 22 settembre 2002 è stato inaugurato a Villareggia (TO) un pilone votivo in ricordo del Beato, la cui effigie è opera dell’artista vercellese Renzo Roncarolo. Anche un monumento, a Caresanablot, e la dedicazione di una piazza a Cigliano, rendono onore alla sua memoria.

Per gli alpini è il loro primo “santo”, per i cappellani militari un grande modello elevato alla gloria degli altari, per la Chiesa tutta un autentico “martire della carità”. La motivazione della Medaglia d’Argento al Valor Militare recita: “Cappellano di un Battaglione Alpini, durante alcune giornate di combattimento, malgrado le precarie condizioni fisiche, si prodigava sotto il violento fuoco nemico, per portar la parola di fede ed il conforto spirituale ai combattenti delle prime linee. Con ardimento e sprezzo del pericolo si spingeva ove piú ferveva la lotta e, mentre assolveva il suo ministero, veniva mortalmente colpito da pallottole di mitragliatrice. Noncurante di sé, mentre esortava a curare gli altri feriti, serenamente spirava”.

Papa Giovanni Paolo II lo beatificò a Vercelli il 23 maggio 1998.

 

 

 

 

 

 

 

 Medaglia d'Argento al V. M.

 

Motivazione della Medaglia d’Argento al Valor Militare

 

«Cappellano di un Battaglione Alpini, durante alcune giornate di combattimento, malgrado le precarie condizioni fisiche, si prodigava sotto il violento fuoco nemico, per portar la parola di fede ed il conforto spirituale ai combattenti delle prime linee. Con ardimento e sprezzo del pericolo si spingeva ove piú ferveva la lotta e, mentre assolveva il suo ministero, veniva mortalmente colpito da pallottole di mitragliatrice. Noncurante di sé, mentre esortava a curare gli altri feriti, serenamente spirava»

 

 

 

 

 

 

 Ioannes Paulus II

 

Visita pastorale

di Sua Santità Giovanni Paolo II

a Vercelli e Torino (23-24 maggio 1998)

Beatificazione del Servo di Dio Secondo Pollo

• OMELIA •

23 maggio 1998

 

 

 

Egli si mostrò ad essi vivo, dopo la sua passione, con molte prove, apparendo loro per quaranta giorni” (At 1,3).

1. Quaranta giorni! La solennità dell’Ascensione di Cristo al cielo chiude il periodo di quaranta giorni a partire dalla domenica di Risurrezione. Esiste un significativo parallelismo liturgico tra il tempo quaresimale e quello pasquale, una singolare convergenza spirituale, che apre a nuovi orizzonti per la vita cristiana: la Quaresima porta alla Risurrezione; i quaranta giorni dopo la Pasqua sono la preparazione all’Ascensione.

Ricollegandosi idealmente ai quarant’anni di cammino di Israele verso la Terra promessa, la Quaresima evidenzia nel Nuovo Testamento l’itinerario dei credenti verso il Mistero pasquale, culmine e chiave di volta nella storia dell’umanità e nell’economia della salvezza. I quaranta giorni che precedono l’Ascensione simboleggiano il cammino della Chiesa sulla terra verso la Gerusalemme celeste, nella quale alla fine entrerà insieme con il suo Signore.

Negli eventi pasquali, Gesú rivela la pienezza della vita immortale. Sulla croce egli fa morire la morte e mediante il suo sacrificio getta una luce nuova sull’intera esistenza umana. Ecco quanto viene posto in rilievo nei testi liturgici della solennità dell’Ascensione, e specialmente nel brano della Lettera agli Ebrei, che abbiamo poc’anzi ascoltato: “È stabilito che gli uomini muoiano una sola volta, dopo di che viene il giudizio” (9,27). Il Cristo risorto e trasfigurato nella gloria, come eterno Sacerdote della Nuova Alleanza, non entra “in un santuario fatto da mani d’uomo... ma nel cielo stesso, allo scopo di presentarsi, per comparire ora al cospetto di Dio in nostro favore” (Eb, 9,24).

Questa consapevolezza cresce nella contemplazione dei sacri misteri e dà senso nuovo alla vita quotidiana, proiettandola costantemente verso le realtà ultime ed eterne. È il Cielo la nostra definitiva dimora, e siamo chiamati già a costruirla sulla terra, come suggerisce l’apostolo Paolo: “Se, dunque, siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassú, dove si trova Cristo assiso alla destra di Dio; pensate alle cose di lassú, non a quelle della terra” (Col 3,1-3).

 

2. Cosí ha fatto don Secondo Pollo, che questa sera ho la gioia di innalzare alla gloria degli altari. Egli costituisce una delle tante testimonianze della presenza e dell’azione di Gesú risorto nella storia del mondo.

Don Secondo è un esempio di presbitero coraggioso che, nell’arco di una breve esistenza, ha saputo raggiungere la vetta della santità. Alla vigilia della sua Ordinazione sacerdotale, il novello Beato già manifestava con lucida determinazione il proposito di accogliere senza riserve nella propria vita il programma esigente del Vangelo. “Farmi santo”, questo divenne il suo ideale, questo il suo impegno quotidiano. Guidato da questo proposito, visse intensamente il proprio ministero sacerdotale, ricercando e seguendo assiduamente la volontà di Dio.

La Provvidenza lo chiamò a molti ed impegnativi compiti nell’ambito della Chiesa di Vercelli. Fu educatore di fine intuizione pedagogica nei seminari diocesani, dove svolse la mansione di docente e di padre spirituale. Si fece per primo discepolo e servo diligente della parola di Dio attraverso lo studio assiduo delle discipline sacre e l’intensa attività di predicatore. Fu generoso dispensatore della misericordia divina nell’amministrazione del sacramento del perdono. Operò con entusiasmo fra i giovani, quale assistente di Azione Cattolica, sino a seguirli nella bufera della guerra come cappellano degli alpini. E proprio nell’esercizio eroico della carità, il giovane sacerdote vercellese rese la sua anima a Dio, lasciando ai cappellani militari del mondo intero un esempio di come si amano e si servono i propri fratelli sotto le armi, ed agli alpini un modello e un protettore in Cielo.

Due furono i segreti della scalata di Don Secondo alle vette della santità: il radicamento costante in Dio attraverso la preghiera e la tenerissima devozione alla Madre celeste, Maria. Dall’assiduo dialogo con Dio e dall’amore filiale per la Madonna trasse vigore quella sua particolare carità pastorale, che appare come la sintesi piú alta e qualificante del suo ministero sacerdotale. Visse interamente per i fratelli, concludendo la sua avventura terrena nel giorno di santo Stefano, quasi ad imitazione dell’ardente testimone “pieno di Spirito Santo”, di cui parla il libro degli Atti (cfr. 7,55).

Rendiamo grazie al Signore per il dono di questo Beato e per tutti i Santi ed i Beati che, in Cristo unico Mediatore di salvezza, gettano un “ponte” tra Dio e il mondo, riflettendo ed irradiando la luminosità del Cielo sull’umanità pellegrina per le strade della terra.

 

3. Carissimi Fratelli e Sorelle! Sono lieto di trovarmi con voi in questo giorno di festa per la Diocesi di sant’Eusebio e di celebrare per voi questa solenne Eucaristia.

Saluto ciascuno dei presenti e, in particolare, il Pastore della vostra Arcidiocesi, il caro Mons. Enrico Masseroni. Con lui saluto il predecessore, il caro Arcivescovo Tarcisio Bertone, e gli altri Presuli presenti. Saluto i Sacerdoti, i Religiosi e le Religiose, i rappresentanti delle Associazioni e dei Movimenti ecclesiali. Rivolgo un deferente pensiero al Rappresentante del Governo ed alle Autorità civili e militari, con un singolare ringraziamento a quanti hanno generosamente offerto la loro collaborazione per la realizzazione di questa mia Visita pastorale.

Mi piace ricordare, in questo momento, anche Mons. Albino Mensa, per lunghi anni Pastore zelante e apprezzato della vostra Chiesa, chiamato al premio eterno all’inizio di quest’anno. So quanto viva sia fra voi la memoria del suo servizio apostolico permeato di amore all’Eucaristia. “Posso affermare con verità - ha lasciato scritto nel suo “testamento spirituale” - che l’Eucaristia, come sacrificio e come sacramento, ha illuminato e progressivamente trasformato la mia vita di sacerdote e di vescovo”! Il Signore lo accolga nel suo Regno di pace e gli accordi quella giusta ricompensa che assicura ai suoi servi fedeli.

 

4. Cari sacerdoti, desidero rivolgermi in modo speciale a voi, in questo giorno che possiamo considerare, in un certo senso, il vostro giorno a motivo della beatificazione di un vostro confratello. Don Pollo è un amico ed un modello per ciascuno di voi: un esempio concreto di quella santità raggiungibile attraverso la quotidiana fatica del ministero, un modello di docilità allo Spirito Santo, che fa compiere in modo straordinario anche le azioni piú ordinarie della vostra missione pastorale.

Don Secondo Pollo è, inoltre, un modello da additare a tutti i cristiani e, specialmente, ai fedeli della vostra Diocesi. Egli ricorda a tutti che la santità è comunione con Dio, è fedeltà al Vangelo, è amore per i fratelli. La santità è vocazione dell’intero Popolo di Dio. Egli testimonia che seguire Gesú è impresa esigente, ma è anche fonte di gioia esaltante, perché attraverso la Croce si giunge a condividere la gioia della Risurrezione. La vita di don Secondo, immolata nella violenza della guerra, si traduce quest’oggi in un pressante appello alla pace, che deve essere impegno condiviso da tutti i popoli e da tutte le nazioni.

 

5. E come dimenticare che questo coraggioso sacerdote, formato alla scuola del Vangelo, fu figlio devoto di Maria? Egli nutrí questo suo amore per la Vergine Santa alla fonte della secolare devozione mariana, che costituisce il filo d’oro della tradizione cristiana vercellese. Ne fanno fede i grandi Santuari di Oropa e di Crea, che da oltre i confini guardano dall’alto la vostra Comunità, quasi a rappresentare fisicamente lo sguardo vigile della Madre su questi suoi figli devoti. Ne danno testimonianza, inoltre, i numerosi santuari mariani e le tante chiese dedicate alla Vergine, che costellano l’intero territorio vercellese.

Il novello Beato invita la comunità ecclesiale a rinnovare il proprio affidamento a Maria, Regina di tutti i Santi e Madre della Chiesa. Sia essa a disporre il cuore di ciascuno all’ascolto docile dello Spirito Santo, specialmente in quest’anno a lui dedicato. Anzi, spinga tutti a guardare al grande Giubileo che ormai si avvicina con il desiderio di un autentico rinnovamento della vita cristiana personale e comunitaria.

 

6. “Mentre li benediceva, (Gesú) si staccò da loro e fu portato verso il Cielo” (Lc 24,51).

L’incontro del Risorto con i suoi discepoli si conclude con due gesti, che Luca affida alle ultime battute del suo Vangelo, mentre racconta l’evento dell’Ascensione: il commiato benedicente del Signore risorto e l’atteggiamento degli Apostoli.

La benedizione del Cristo glorioso suscita nei discepoli l’adorazione e la gioia. Il mistero dell’Ascensione assume cosí il tono solenne di una composta liturgia. I discepoli riconoscono in Gesú il Signore vittorioso sulla morte e, allo stesso tempo, comprendono il significato profondo della sua missione.

Il loro cuore è invaso dallo stupore e dalla lode: non, quindi, la malinconia di un addio, ma il gaudio per la certezza di una presenza rinnovata. Gesú si sottrae agli occhi fisici per rendersi presente agli occhi del cuore dei suoi discepoli; si libera dei limiti dello spazio e del tempo, per farsi presente all’uomo d’ogni tempo e di ogni luogo ed offrire a tutti il dono della salvezza.

Come gli Apostoli, come sant’Eusebio, come la schiera dei Santi e dei Beati di questa illustre Chiesa a cui oggi s’aggiunge don Secondo Pollo, anche noi abbiamo la certezza della sua presenza.

Egli è con noi, dentro di noi; è con noi ogni giorno, fino alla fine del mondo. Amen!

 

 

 

 

 

 

N.B. Si raccomanda la consultazione dei testi originali presso il sito della Santa Sede. È inoltre possibile richiedere i documenti presso il sito della Libreria Editrice Vaticana.