A partire dal 1990 si è assistito ad una rapida accelerazione della ricerca nel settore delle cosiddette armi non-letali (NLW o ANL). Premesso che l'accostamento del termine "arma" alla locuzione "non letale" è intrinsecamente contraddittorio, in special modo se si ha riguardo agli effetti che questi mezzi possono produrre, per "armi non letali" si intendono quelle "esplicitamente progettate ed impiegate con lo scopo primario di inabilitare le persone e i mezzi rendendo minima la probabilità di causare loro danni permanenti". Se a livello ideale tale possibilità suscita molto interesse all'atto pratico non mancano diversi motivi di preoccupazione. La necessità di orientarsi verso questo tipo di dispositivi deriva sostanzialmente da due fattori:

1) l'indisponibilità dell'opinione pubblica a tollerare perdite di vite umane sia fra gli uomini dei propri contingenti sia fra i civili delle popolazioni locali;

2) la necessità di risolvere il dilemma nel quale si sentono sempre piú spesso imprigionate le moderne Forze armate durante le missioni internazionali (indicate nelle loro varie tipologie come "operazioni diverse dalla guerra"), limitate da regole di ingaggio spesso molto severe e restrittive.

I contingenti chiamati ad intervenire in operazioni di polizia, di protezione civile o di assistenza umanitaria, infatti, si trovano spesso a dover colmare un pericoloso vuoto fra l'inazione e l'uso della forza. Da qui la necessità di ricorrere a questo tipo di armi in base ai possibili scenari operativi. Ad esempio in un contesto urbano, caratterizzato da un'intricata rete di costruzioni e dove le truppe incontrano notevoli difficoltà di penetrazione e movimento, queste armi possono superare tutti gli ostacoli strutturali ed essere impiegate in modo indiscriminato e a largo raggio.

Le armi pubblicizzate come incruente, pulite ed appunto "non-letali", presentano tuttavia almeno due grandi problematiche:

1) innanzitutto, in quanto dipendenti da una moltitudine di fattori incontrollabili (quali le condizioni ambientali, fattori relativi alle condizioni fisiche del soggetto colpito e/o psicologiche degli operatori, etc...), i loro effetti sono solo in parte prevedibili;

2) in secondo luogo si prestano ad essere utilizzate come armi pre-letali: un esercito che avesse a disposizione un arsenale in grado di immobilizzare il nemico si lascerebbe difficilmente sfuggire l'occasione di impiegarlo anche in modalità letale al fine di aumentare la propria efficacia operativa.

Un primo e sommario elenco di tale categoria di armamenti comprende:

 

- Laser a bassa energia. Possono accecare individui e sensori in modo temporaneo o permanente.

- Mine non-letali contenenti sostanze irritanti o azionanti meccanismi immobilizzanti.

- Schiume paralizzanti.

- Supercolle.

- Reti.

- Stimolazioni ed illusioni ottiche.

- Sistemi acustici ad infrasuoni e ad ultrasuoni.

- Supercaustici.

- Taser, ossia armi elettriche portatili.

- Cannoni ad acqua elettrizzata.

- Munizioni di gomma e plastica. Tra le altre sono state progettate munizioni a "doppio uso", che a seconda della velocità con cui vengono sparate possono essere letali o non-letali. Uno dei fattori di rischio piú rilevanti è la distanza dell'individuo colpito da chi spara. Piú il bersaglio è vicino piú il colpo potrebbe essere letale.

- Beanbag (munizione particolare la cui pallottola è costituita da un contenitore caricato con pallini ottenuti dai legumi secchi. Contrariamente alle pallottole di gomma, non feriscono e raramente possono ledere parti delicate come gli occhi).

 

I corpi di polizia e di sicurezza ricorrono spesso all'uso di gas lacrimogeni ed irritanti chimici anche all'interno di edifici o in altri spazi chiusi, dove le persone non possono uscire o perché porte e finestre sono sbarrate. In diversi casi sono stati registrati ferimenti e decessi.

È inquietante il carattere potenzialmente intrusivo di alcune di queste armi che non prendono di mira solo il corpo delle persone ma spesso sono concepite per disorientarle o destabilizzarle a livello mentale. Fra l'altro il rischio è che, con la diffusione di queste tecnologie, si forniscano ai regimi oppressivi potenti strumenti per il controllo di ogni opposizione ottenendo cosí il duplice risultato di bloccare le proteste ed evitare contemporaneamente scomodi massacri "in diretta", favorendo l'assoggettamento terroristico di intere popolazioni. Non solo, un altro problema è che il passo dal non-letale al letale purtroppo è spesso assai breve. Spesso si tratta solo di una questione di regolazione della potenza in funzione delle condizioni ambientali e il rischio è che normali operazioni di ordine pubblico possano trasformarsi in esecuzioni sommarie.

Non meno preoccupanti sono gli scenari sempre piú asimmetrici della guerra moderna ai quali il progresso culturale e sociale, insieme a nuove sensibilità politiche e strategiche richiede strumenti operativi piú flessibili e precisi oltre che piú rispondenti alle esigenze belliche. Queste esigenze si concretizzano secondo due direttive principali:

1) la ricerca e l'implementazione di armi ad alta letalità ma di estrema precisione richieste dalla cosiddetta surgical war, peraltro poco convincente;

2) la ricerca e l'implementazione di sistemi d'arma di grande efficacia ma a letalità nulla o molto bassa.

È indispensabile inoltre predisporre delle regole di ingaggio che permettano l'impiego della forza senza soluzioni di continuità, prevedendo una risposta graduata in relazione alla tipologia di minaccia, consentendo alle forze dell'ordine di impiegare le armi non letali per potenziare la flessibilità, la deterrenza e la reazione alle situazioni incerte. In tale ottica è fondamentale che la decisione di impiegare tali armi sia delegata al livello tattico più basso possibile. Le decisioni, infatti, spesso devono essere prese in tempi brevi, in quanto il livello di violenza, in situazioni di estrema fluidità, può oscillare rapidamente in entrambe le direzioni lungo l'asse teorico dell'impiego della forza. Un comandante, ad esempio, potrebbe inizialmente ordinare l'impiego di armi non letali, poi decidere di reagire con armi letali contro un'improvvisa e grave minaccia e tornare, infine, ad impiegare armi non letali per rispondere ad elementi ostili, ma disarmati.

Di fronte agli sviluppi suddetti è necessario chiedersi quali garanzie dal punto di vista scientifico vi siano circa l'assenza di letalità, tenendo conto del fatto che, soprattutto nel secondo caso, si tratta di sistemi d'arma progettati per essere utilizzati sulle folle e quindi soprattutto sui civili. Quali poi le garanzie etiche? Come e da chi tali armi verranno realmente impiegate? Spendere miliardi in ricerca tecnologica per la produzione di armi che risparmino la vita delle persone sembra un paradosso, ma proprio questo è stato, per diversi anni, l'obiettivo ufficiale delle ricerche condotte da molte Forze Armate, in primis quelle USA. Queste armi in caso di necessità di autodifesa offrirebbero un'alternativa alle armi convenzionali che di contro non offrono mezze misure: o non vengono usate affatto - e la sola minaccia potrebbe non costituire una deterrenza sufficiente - oppure vengono usate provocando danni ingenti a persone e cose. Le armi come il cosiddetto Pain Ray ("raggio del dolore"), per esempio, non sono progettate per essere letali ma solamente per obbligare il nemico a darsi alla fuga, o per ridurlo all'impotenza, senza procurare danni tangibili.

In ogni caso è opportuno conoscere queste armi, che hanno tutte le caratteristiche per diventare in un futuro prossimo le armi decisive in campo tattico-strategico e nel controllo sociale. I possibili utilizzi di armi come il Pain Ray, infatti, sono praticamente illimitati, sia in situazioni di guerra sia - soprattutto - in situazioni di peace-enforcing e peace-keeping in differenti scenari operativi. I sostenitori di queste nuove tecnologie ne ipotizzano un largo uso per sedare e prevenire sommosse evitando vittime, soprattutto là dove si ricorre alla tattica degli scudi umani, spesso utilizzati dalle organizzazioni terroristiche. Le armi ad energia diretta, come il Pain Ray vengono giudicate utili specialmente per l'utilizzo in ambito di guerriglia urbana o nelle stability operations. Una volta che un'arma simile venisse in qualche modo accettata dall'opinione pubblica, per esempio, potrebbe essere usata per fermare i facinorosi in una qualsiasi manifestazione, il tutto senza implicazioni penali, sollevando in pratica le forze dell'ordine da pesanti responsabilità. Come già rilevato anche tali tecnologie non sono esenti da obiezioni sia sul piano scientifico, sia sul piano etico. Si tratta di obiezioni che vanno al di là del naturale timore che accompagna la progettazione di un'arma nuova e ancora sconosciuta. Ogni ritrovato tecnologico, infatti, ha anche i suoi svantaggi, che vanno attentamente soppesati, e un buon numero di questi non sono noti se non dopo anni di effettivo impiego. Mancano inoltre ricerche che studino gli effetti a medio e lungo termine di queste armi.

Non meno concreti sono i dubbi sollevati dagli scienziati dopo che, su richiesta di un'associazione per i diritti umani che si è avvalsa del FOIA (Freedom of Information Act), parte dei fascicoli sui test segreti svolti negli USA - unici a livello mondiale -, sono stati resi noti. Le sperimentazioni sono state condotte su individui normali, privi di protesi di qualsiasi genere, proprio per evitare complicazioni. Anche cosí tuttavia, diversi studi successivi hanno mostrato come i fasci di microonde possano provocare seri danni agli occhi. Altre perplessità sono dovute al fatto che ai volontari, nei test ulteriori, sono stati fatti togliere anche anelli, bottoni, monete e tutti quegli oggetti che, a contatto con la pelle, avrebbero potuto provocare bruciature. Presupposti simili naturalmente mancano del tutto in uno scenario operativo reale, là dove le persone hanno conformazioni fisiche molto diverse, portano addosso i piú svariati oggetti e hanno gli occhi esposti ai raggi Laser o alle microonde. La natura di tali armi - è bene ricordarlo - è infatti quella di colpire in maniera indiscriminata chiunque si trovi alla loro portata.

Un'arma testata senza problemi su un soggetto nel pieno delle forze, su un fisico debilitato, su una donna in stato di gravidanza o su un bambino, potrebbe portare ad esiti del tutto diversi a dispetto della sua dichiarata natura "non-letale". Cosa accadrebbe poi se, tra una folla in fuga mancasse la possibilità fisica di allontanarsi in tempo utile? Cosa succederebbe in caso di errore nell'impiego del sistema d'arma? Queste nuove tecnologie pongono anche una serie di problemi giuridici che sono per molti aspetti nuovi e inesplorati. Attualmente le armi Laser sono contemplate nelle convenzioni internazionali, in un documento sottoscritto da 70 nazioni ma non, per esempio, dagli USA al 26 agosto 2003 (Convenzione sulla proibizione o la limitazione dell'uso di certe armi convenzionali che possono provocare sofferenze eccessive od avere effetti indiscriminati, Protocollo IV, relativo alle armi Laser accecanti - Ginevra, 13-10-1995). Il testo è stato redatto proprio sulla scorta di programmi di sviluppo di armi condotti in quegli anni e progettate per accecare il bersaglio. La convenzione di Ginevra, che vieta l'utilizzo di armi in maniera indiscriminata sulle folle, necessiterebbe forse di un adeguato riesame e aggiornamento. Nella legislazione internazionale relativa alle condotte di guerra c'è un vuoto dunque, considerato che non contemplano specificamente armi di questo genere: strumenti bellici la cui stessa denominazione forse andrebbe rivista sostituendola con quella decisamente meno ambigua di "armi a basso rischio". Si tratta in ogni caso di una materia che non può non suscitare preoccupazione e sulla quale occorre riflettere e agire con urgenza. L'impiego delle armi non letali non è specificamente regolato da convenzioni internazionali, ma, in linea di massima, appare eticamente e legalmente accettabile in quanto permette il rispetto dei principi di proporzionalità e di discriminazione nelle operazioni militari e presuppone la volontà di causare solo effetti temporanei sulle persone, limitando al massimo possibile i danni materiali. Tuttavia, alcune armi ad effettivo basso rischio potrebbero essere considerate illegittime poiché infrangono delle norme attualmente in vigore. Ciò è alquanto paradossale e discutibile, in quanto tali convenzioni, escludendo l'impiego di armi non letali, di fatto accettano l'impiego di quelle letali che causano danni permanenti e immensamente superiori.

Volendo riassumerne pregi e difetti occorre notare che le armi non letali potrebbero avere i seguenti svantaggi:

 

- potrebbero creare confusione e resistenza, inducendo i comandanti a ritenere che la scelta di opzioni non letali potrebbe limitare le loro capacità di sfruttare in modo incondizionato le opzioni letali;

- qualora la loro reale capacità non venisse compresa, potrebbero suscitare false aspettative ed indurre i governi e le organizzazioni regionali o internazionali per la sicurezza a chiedere l'effettuazione di missioni improbabili, o a negare od opporre resistenza al loro sviluppo, per non dare ai militari nuove capacità operative difficilmente suscettibili di controllo e, pertanto, foriere di implicazioni indesiderate;

- potrebbero causare accidentali perdite di vite umane, a causa delle disparate condizioni psicofisiche di coloro che ne sono fatti oggetto;

- laddove non fossero completamente noti i loro effetti diretti e indiretti, potrebbero essere impiegate in modo intempestivo o errato con conseguenze negative piú o meno gravi sulla condotta delle operazioni;

- potrebbero essere percepite come armi di scarso effetto, laddove non fossero esplicitamente ed immediatamente efficaci;

- potrebbero, in certi casi, portare alla cattura di molti prigionieri con tutte le conseguenze umanitarie e logistiche del caso;

- potrebbero scatenare una nuova corsa agli armamenti alquanto difficile da controllare;

- richiederebbero, in genere, maggiori e piú accurate informazioni di intelligence, nonché un piú stretto coordinamento, comando e controllo.

 

Fra i vantaggi si potrebbero annoverare i seguenti:

 

- favorirebbero la flessibilità d'impiego dello strumento militare ed il rispetto del principio della proporzionalità nell'uso della forza;

- favorirebbero il rispetto delle convenzioni giuridiche internazionali sia dal punto di vista umanitario, sia da quello sociale e culturale;

- renderebbero disponibili nuove capacità operative utili per il conseguimento degli obiettivi militari o politici assegnati, minimizzando le perdite di vite umane, i danni alle cose costruite dall'uomo ed all'ambiente;

- permetterebbero, specialmente nei conflitti a bassa intensità, di disarmare, ritardare o impedire le azioni ostili dell'avversario, assicurando piú tempo utile alla difesa e alle azioni diplomatiche;

- fornirebbero nuove opzioni per supportare le stesse azioni diplomatiche, imporre le conseguenti sanzioni e proteggere particolari spazi o aree;

- permetterebbero, come valida soluzione alternativa, l'effettuazione di azioni militari in situazioni in cui è opportuno un intervento, ma è inappropriato, o strettamente precluso, l'uso delle armi letali;

- potrebbero essere impiegate anche in modo occulto, a tutto vantaggio della sorpresa, causando incertezza, insicurezza e abbattimento morale nell'avversario;

- favorirebbero attacchi molto selettivi contro obiettivi posti nelle vicinanze di significativi beni di carattere civile (quali importanti simboli culturali, religiosi e storici) che non devono essere assolutamente danneggiati;

- aumenterebbero la credibilità delle forze di pace, fornendo ai comandanti ulteriori opzioni militari per la gradualità della risposta al di sotto della soglia di letalità;

- avrebbero un significativo effetto sinergico se usate congiuntamente alle armi letali;

- potrebbero essere particolarmente utili nelle operazioni di sostegno della pace o in altre operazioni diverse dalla guerra, in quanto consentirebbero al personale del contingente militare di non apparire come una forza di occupazione contribuendo cosí alla positiva immagine del proprio Paese e/o della coalizione internazionale;

- sarebbero, in linea generale, notevolmente piú economiche delle armi letali, a causa dei piú bassi costi di sviluppo, produzione, supporto logistico ed impiego operativo;

- susciterebbero reazioni positive nell'ambiente politico, nazionale ed internazionale, e nella pubblica opinione, in conseguenza della minore probabilità di causare perdite e provocare danni alle persone, alle cose e all'ambiente;

- il loro impiego generalizzato ridurrebbe notevolmente i costi della ricostruzione postbellica.

 

 

 Tactical High Energy Laser Beam Director

«Tactical High Energy Laser Beam Director» (Northrop Grumman photo)

 

 

 

 

 

 

BREVE RASSEGNA DELLE PRINCIPALI NUOVE TECNOLOGIE

 

 

 

Le "armi ad energia diretta" (Directed Energy Weapons)

Per "armi ad energia diretta" si intende una classe di armamenti che comprende numerosi dispositivi capaci di indirizzare sui bersagli, in modo molto preciso ed efficace, svariate forme di energia non cinetica. In sostanza, l'obiettivo non viene colpito con un proiettile, o mediante la forza d'urto di un'esplosione, ma tramite dispositivi che inviano sul bersaglio radiazioni elettromagnetiche, onde acustiche, plasma ad elevata energia, o raggi Laser. Gli effetti legati all'uso di tali armi possono essere sia letali, sia non letali, mentre i campi d'applicazione variano dalla difesa antiaerea alla tutela dell'ordine pubblico.

 

Le armi Laser

La tecnologia Laser è una delle maggiori protagoniste degli attuali programmi di ricerca e sviluppo ed è impiegata con versatilità in diversi dispositivi bellici. Tra essi si annoverano i seguenti:

 

Tactical High Energy Laser (THEL)

Tra le armi in sperimentazione negli USA figura il dispositivo THEL, esistente anche in versione portatile (MTHEL, dove M sta appunto per "mobile"). THEL significa Tactical High Energy Laser, ed è appunto un dispositivo Laser che si avvale di sostanze chimiche come il deuterium fluoride (FD) per creare un raggio invisibile dotato di potenze particolarmente elevate. In numerosi test - alcuni divulgati anche tramite video - un potente raggio Laser viene utilizzato per fare esplodere in volo missili e proiettili di artiglieria certificando dunque la sua efficacia quale dispositivo di difesa.

 

 

 Airborne Laser

«Airborne Laser» (USAF Photo by Jim Shryne)

 

 

 

 

Airborne Laser (ABL)

Il sistema ABL consiste in un laser chimico ad alta energia (Chemical Oxygen Iodine Laser - COIL), montato su un Boeing 747 modificato. L'ABL (in possesso all'Aeronautica USA dal 2003) è in grado di individuare ed abbattere missili balistici, può restare in quota per molte ore e rifornirsi mentre è in volo garantendo cosí la copertura prolungata di una vasta zona operativa.

 

Space-Based High-energy Laser (HEL)

Si tratta di un armamento Laser montato su di un satellite, capace di colpire bersagli nello spazio, a terra e in aria. Oltre agli Stati Uniti e ad Israele, anche la Cina sta sviluppando un armamento Laser concepito per distruggere i satelliti nemici orbitanti. L'arma si chiama ASATS (Anti-Satellite Simulation) ed era in fase di sviluppo già nel 1998.

 

 

 Space Laser

«Space Based Laser» (Federation of American Scientists)

 

 

 

 

I Laser a raggi ultravioletti

I Laser a raggi ultravioletti sono armi capaci di paralizzare persone e animali. La tecnologia di cui si avvalgono è appunto quella Laser che sfrutta le frequenze dell'ultravioletto comprese tra i 400 e i 15 nm.

 

Laser ZEUS

Si tratta di un Laser montato su di un Humvee (un veicolo militare in dotazione alle Forze Armate USA simile ad una grossa jeep). Secondo fonti ufficiali del Pentagono, mezzi militari muniti di questo dispositivo sono stati impiegati in Afghanistan per far brillare le mine. Secondo due accreditati siti di informazione militare: Defense Tech e Defence Daily, alcuni veicoli simili sarebbero stati utilizzati anche in Iraq.

 

 

 Zeus Laser System

«Zeus Laser System» (© 2001, Zeus SPARTA, Inc.)

 

 

 

 

Armi al plasma e ad impulsi

Le basi per questa tecnologia bellica furono poste verso il 1940 dal fisico statunitense di origine croata Nikola Tesla (Smiljan 1856 - New York 1943). Tesla studiò al politecnico di Graz e all'Università di Praga, quindi lavorò come ingegnere elettronico presso varie industrie. Nel 1884 emigrò negli Stati Uniti, divenendo successivamente cittadino americano. Per un breve periodo lavorò alle dipendenze di Thomas Alva Edison, ma in seguito preferí dedicarsi esclusivamente alla ricerca e fondò a New York un laboratorio di elettrotecnica.

Nel 1888 progettò il primo sistema pratico per la produzione e la trasmissione della corrente alternata nelle centrali elettriche; i diritti relativi a questa invenzione furono però assegnati all'inventore statunitense George Westinghouse, che presentò il sistema alla World's Columbian Exposition di Chicago, nel 1893. Circa due anni dopo i generatori a corrente alternata furono installati presso le cascate del Niagara. Le numerose invenzioni di Tesla comprendono generatori ad alta frequenza (1890) e il rocchetto di Tesla (1891), un componente con importanti applicazioni nel campo delle comunicazioni radio.

Durante i primi anni del '900 Tesla iniziò a lavorare al suo progetto per un "Raggio della morte". Nel 1942 il progetto era pronto e Tesla lo propose agli Stati Uniti quale arma decisiva contro la minaccia nazista ma le sue idee non furono prese in considerazione. Alla sua morte tutti i documenti relativi vennero trafugati ma oggi una parte di essi è citata in un documento governativo USA, declassificato nel 1980, circa una non meglio precisata "arma ad elettroni". Alcuni documenti sono accessibili anche in forza del Freedom of Information Act. Questa tipologia di armamenti ha parecchi tratti in comune con alcune armi Laser. Il principio è quello di lanciare contro il bersaglio un "proiettile virtuale" di energia, composto da materia elettricamente carica attraverso un processo di ionizzazione dell'aria. Tale meccanismo è stato approfondito presso il DARPA (Defence Advanced Research Projects Agency, Agenzia per la ricerca e l'innovazione tecnologica del Dipartimento della Difesa USA), con la collaborazione di alcune aziende del settore. Armamenti di questo tipo sono in fase di avanzata sperimentazione anche da parte delle Forze Armate israeliane e australiane.

Il suo funzionamento si basa sull'emissione di un impulso laser ad infrarossi (mediante l'impiego di un deuterium fluoride Laser). L'eccitazione di plasma ad elevati livelli energetici trasmessa attraverso l'aria ionizzata genera una elevata forza d'urto ed un intenso impulso elettromagnetico. Altri dispositivi affini a questa tecnologia si chiamano MARAUDER (Magnetically Accelerated Ring to Achieve Ultra-high Directed Energy and Radiation), oppure Extreme Alternative Defense System (XADS). L'applicazione letale di questa tecnologia è generalmente nota come Pulsed Impulsive Kill Laser (PIKL). Il dispositivo, ha dimostrato la sua efficacia in diversi test, riuscendo a perforare anche armature in Kevlar e lastre di metallo. La versione "non letale" del PIKL va sotto il nome di Pulsed Energy Projectile (PEP). Questo dispositivo è in grado di stordire uomini e animali, causando forti dolori e temporanea paralisi. La documentazione sui possibili effetti a lungo termine provocati dall'arma è però insufficiente.

Il principale ambito di applicazione previsto per il PEP viene indicato in scenari di controllo dell'ordine pubblico. Un'altra delle applicazioni possibili è quella di presidio dei check point o come deterrente in situazioni non chiare di potenziale pericolo, quando un autoveicolo, per esempio, dovesse avvicinarsi disattendendo i consueti segnali di riconoscimento e di blocco. In tal caso il militare, dovendosi difendere, non sarebbe piú costretto a chiedersi se attendere o sparare, infatti, potrebbe inibire l'autista risparmiandogli comunque la vita. Un'arma simile potrebbe cambiare le consuete regole di ingaggio. Fra l'altro, un dispositivo che non lascia segni, né prove dell'aggressione potrebbe essere usato a discrezione dell'operatore con la massima libertà, senza timore di ripercussioni legali. Una simile arma potrebbe anche essere in grado di bloccare i veicoli in quanto il suo impulso elettromagnetico interferirebbe con i sistemi elettronici di iniezione. Il raggio d'azione del PEP è di circa 2 chilometri. In linea generale occorre precisare che lo sviluppo di questo tipo di armi appare problematico, data la grande potenza dell'emissione elettromagnetica richiesta. La focalizzazione delle onde radio richiede inoltre l'uso di antenne di grandi dimensioni poco maneggevoli e facilmente vulnerabili alle armi da fuoco efficaci invece da distanze operative molto maggiori di quelle del PEP.

 

Armi a microonde

L'uso di armi a microonde è stato ipotizzato immediatamente dopo la Seconda guerra mondiale per il loro forte impatto negli organismi viventi. I primi a sperimentare le microonde furono i sovietici. Fonti CIA riportano un episodio che aprí la strada agli studi americani sulle microonde e sui loro possibili impieghi bellici: dal 1970 in poi, l'ambasciata americana a Mosca, a piú riprese, fu oggetto di un'insolita quanto pericolosa "sperimentazione". I servizi segreti sovietici misero in atto un piano a lungo termine volto a minare l'integrità del personale diplomatico e il suo livello operativo. A causa di un'esposizione prolungata a microonde di bassa intensità i diplomatici americani subirono pesanti danni fisici e psichici. Oltre all'insorgenza di diverse forme tumorali vennero documentati anche diversi casi di patologie di ordine psicologico e in particolare cognitivo. È noto che i tessuti umani possono essere danneggiati dalle microonde in modo differente a diversi livelli di intensità. Fra gli effetti si registrano l'insorgenza di tumori, di patologie dermatologiche di diversa natura, di impotenza o indebolimento delle difese immunitarie, danni a carico della retina, danni genetici, amnesie, demenza, sindromi depressive, paranoia e numerosi altri effetti collaterali a breve, medio e lungo termine.

 

 

 ADS System

«ADS System» (© Zeus SPARTA, Inc.)

 

 

 

 

Active Denial System o "raggio del dolore"

L'ADS è in grado di indirizzare un fascio di microonde ad altissima frequenza verso un bersaglio determinato. Il cosiddetto Pain Ray è classificato fra le "armi non letali" in quanto il fascio irradiato a 93 GHz penetra sotto la cute soltanto per alcuni millimetri e agisce sulle terminazioni nervose dando luogo ad un'intensissima sintomatologia dolorosa. Nel giro di 1 o 2 secondi chi viene colpito dal raggio ha la netta sensazione di bruciare vivo. L'insopportabile sensazione dolorosa però svanisce non appena si spegne il dispositivo o si esce dal suo raggio d'azione. Ufficialmente lo scopo di tale strumento bellico sarebbe quello di distogliere qualsiasi nemico dal compiere azioni ostili. Gli utilizzi tattici delle armi a microonde sono elencati in diversi documenti ufficiali e una delle applicazioni piú frequentemente citate riguarda il controllo delle folle e l'ordine pubblico.

Negli esperimenti condotti su alcune centinaia di volontari il tempo di esposizione massimo è stato fissato in 3 secondi, ma secondo alcune fonti, soltanto una "cavia" sarebbe riuscita a resistere tanto a lungo. Il "raggio del dolore" non provocherebbe danni permanenti, tuttavia, in base ad altri rapporti risultano possibili gravi ustioni cutanee nel caso in cui l'esposizione si protragga per 250 secondi o piú. Una volta terminata l'esposizione il dolore scompare immediatamente e sul corpo non rimane alcun segno a testimoniare l'aggressione. Durante i test alle "cavie" venivano fatti togliere gli occhiali e tutti gli altri oggetti metallici, in quanto potevano creare degli hot spots, capaci di provocare ustioni piú o meno gravi.

I dispositivi suddetti possono essere stanziali oppure mobili, montati su veicoli militari tipo Humvee. L'ADS, Active Denial System può essere montato anche su aerei. Come confermato da alcune fonti l'ADS non ha la funzione di distruggere persone o cose, serve per garantire l'ordine pubblico, tuttavia c'è sempre la possibilità di aumentarne la potenza qualora se ne presenti la necessità. Un dispositivo simile è stato utilizzato anche per far brillare ordigni inesplosi ed è stato montato su appositi veicoli (Ionatron). Fra le problematiche tecniche connesse all'uso di tali apparati vi è la grande quantità di energia richiesta per garantirne il funzionamento ciò che ne diminuisce la praticità rispetto alle armi convenzionali. È in corso di studio la possibilità di dotare di armi ADS in versioni piú maneggevoli le forze dell'ordine e gli addetti alla sorveglianza di strutture di rilevante importanza.

 

E-Bombs, Electromagnetic Pulse, High Powered Microwave (HPM)

Si tratta di ordigni progettati in modo tale da sfruttare uno dei side-effects delle esplosioni nucleari producendo impulsi elettromagnetici di elevatissima potenza compresi in un range dai 4 ai 20 GHz. Le onde comprese in tali frequenze, infatti, sono capaci di danneggiare irrimediabilmente un gran numero di apparati elettrici ed elettronici, se privi di adeguate protezioni, mentre è praticamente nullo su persone e cose, eccezion fatta per quelle piú prossime alla zona dell'esplosione. Tale arma, in zona di guerra, può servire a distruggere sistemi informatici, telefonici, elettrici e radiotelevisivi del nemico. Il fenomeno avviene senza che l'esplosione dia luogo a danni fisici considerevoli: i dispositivi di questo tipo, infatti, liberano la propria energia nell'atmosfera, senza produrre fenomeni sonori o visivi di straodinario impatto. Il Report of the Commission to Assess the Threat to the United States from Electromagnetic Pulse (EMP) Attack (Volume 1: Executive Report 2004, 13) riporta quanto segue:

«EMP produces nearly simultaneous upset and damage of electronic and of other electrical equipment over wide geographic areas, determined by the altitude, character, and explosive yield of the EMP-producing nuclear explosion. Since such upset and damage is not encountered in other circumstances and particularly not remotely to the same scale, the normal experience of otherwise skilled system operators and others in positions of responsibility and authority will not have prepared them to identify what has happened to the system, what actions to take to minimize further adverse consequences, and what actions must be carried out to restore the impacted systems as swiftly and effectively as possible».

 

 

 Hpm Bomb

«Hpm Bomb» (from Globalsecurity.org)

 

 

 

Russia e Stati Uniti risultano essere le potenze militari piú avanzate da questo punto di vista. Soprattutto l'esercito russo disporrebbe di un variegato arsenale di E-bombs che vanno dalla versione portatile, dalle dimensioni di una valigetta alle versioni piú pesanti, che necessitano di un aereo per essere sganciate sull'obiettivo. In anni recenti (2000) anche una potenza in via di sviluppo come l'India, ha fatto i primi test su simili armamenti (progetto Kali 5000 - Kilo-ampere linear injector). Tutto ciò deve far riflettere sulle possibilità di una catastrofe sociale e tecnologica: l'esplosione di simili dispositivi, infatti, può paralizzare completamente e in pochi istanti una nazione tecnologicamente avanzata. Basti pensare, per esempio, a città, a intere metropoli e regioni dove tutti i servizi essenziali sono controllati elettronicamente: un'esplosione di tipo HPM bloccherebbe la produzione di energia, la distribuzione dell'acqua, le comunicazioni, i trasporti, etc... Le conseguenze sarebbero a dir poco drammatiche. Nel caso venisse colpito il sistema di controllo di una centrale nucleare potrebbero aversi seri incidenti, tuttavia alcune fonti autorevoli rilevano quanto segue:

«Nuclear plants produce roughly 20% of the Nation's [USA] generation and have many redundant fail-safe systems that tend to remove them from service whenever any system upset is sensed. Their safe shut down should be assured, but they will be unavailable until near the end of restoration» (Report of the Commission to Assess the Threat to the United States from Electromagnetic Pulse (EMP) Attack, Volume 1: Executive Report 2004, 21».

Ben piú rilevanti invece sarebbero gli effetti sulle telecomunicazioni:

«Based upon results of Commission-sponsored testing, an EMP attack would disrupt or damage a functionally significant fraction of the electronic circuits in the Nation's civilian telecommunications systems in the region exposed to EMP. The remaining operational networks would be subjected to high levels of call attempts for some period of time after the attack, leading to degraded telecommunications services. Key government and civilian personnel will need priority access to use public network resources to coordinate and support local, regional, and national recovery efforts, especially during the interval of severe network congestion. To offset the temporary loss of electric power, telecommunications sites now utilize a mix of batteries, mobile generators, and fixed-location generators. These typically have between 4 and 72 hours of backup power available, and thus will depend on either the resumption of electrical utility power or fuel deliveries to function for longer periods of time. For some of the most critical infrastructure services such as electric power, natural gas, and financial services, assured communications are necessary - but aren't necessarily sufficient - to the survival of that service during the initial time-intervals after an EMP attack. Therefore, a systematic approach to protecting or restoring key communications systems will be required» (Report of the Commission to Assess the Threat to the United States from Electromagnetic Pulse (EMP) Attack, Volume 1: Executive Report 2004, 28).

 

Armi acustiche

Si tratta di armi che impiegano un fascio di onde ultrasoniche in grado di trasportare una quantità considerevole di energia che può interagire con il corpo umano. I fasci ultrasonici di frequenza adeguata possono mettere in risonanza gli organi dell'equilibrio, provocando vertigini o nausea, o l'intestino, provocando fastidiosi effetti collaterali. È bene non dimenticare tuttavia che la nuova generazione di armi acustiche, spesso soltanto irritanti, può essere capace di generare onde traumatiche di 170 decibels in grado di rompere organi, creare cavità nel tessuto umano e causare traumi da onde d'urto che sono potenzialmente letali.

È noto che gli scienziati nazisti avevano costruito un "cannone ultrasonico" in grado di abbattere un aereo. Il dispositivo fu ricostruito nel 1949 da un tecnico americano, Guy Obolensky, ma il Pentagono, che aveva già sperimentato dispositivi analoghi durante la guerra, non dimostrò alcun interesse per l'arma, in quanto non competitiva rispetto ad un tradizionale cannone antiaereo, piú potente e molto meno ingombrante.

Diverso è il caso di un dispositivo sviluppato e sperimentato per il DoD statunitense e chiamato "barriera ultrasonica" che emette intorno ad un'area localizzata fasci di ultrasuoni che provocano effetti sempre piú gravi via via che ci avvicina alla sorgente. Lo svantaggio è che la potenza di un'arma ad ultrasuoni, a differenza di quella di un proiettile, decresce con il quadrato della distanza dall'obiettivo ed è quindi inutilizzabile contro un nemico sufficientemente distante.

 

Le armi "a colla"

Il fucile "lancia-colla" è in dotazione ad alcuni corpi di polizia metropolitana negli USA ed è stato usato dalle truppe americane durante l'operazione Restore Hope in Somalia nel 1995. Si tratta di un dispositivo ad aria compressa che lancia fino ad una distanza di qualche decina di metri un liquido che, nel giro di alcuni secondi, solidifica bloccando completamente i movimenti della persona colpita. La vittima viene successivamente liberata cospargendola di un idoneo solvente. La colla ha la caratteristica di essere permeabile ai gas, anche dopo essere solidificata e ciò garantisce a chi viene colpito di continuare a respirare agevolmente. Le autorità militari garantiscono che sia la colla che il solvente sono del tutto atossici. L'arma ha tuttavia il difetto di essere ingombrante, pesante, difficile da maneggiare e con un numero estremamente limitato di munizioni. Il limite piú grande tuttavia è dato da una gittata corta, di gran lunga inferiore a quello della piú piccola arma da fuoco convenzionale. In pratica un'arma di questo tipo appare di ben scarsa utilità.

Le "barriere adesive" sono invece costituite da bande di tessuto di fibra di vetro ricoperte di un potente adesivo che polimerizza quasi istantaneamente sotto un carico di qualche decina di kg. Una volta fissate al suolo, bloccano, incollandoli al terreno, sia chi le calpesti a piedi, sia le ruote di un automezzo. Le barriere adesive sono state concepite come alternativa non letale ai campi minati ed alle barriere di filo spinato per la difesa di aree limitate di territorio. Anch'esse sono state usate dalle truppe USA in Somalia, tuttavia, si sono mostrate completamente inefficaci potendo ovviamente essere facilmente neutralizzate con lo spargimento di sabbia, terra o qualsiasi altro materiale.

 

 

 

 

 

 

APPROFONDIMENTI

 

 

 

Possibili impieghi nelle operazioni di ordine pubblico

In occasione di importanti vertici politici ed economici internazionali si sono piú volte evidenziati tutti i limiti delle forze dell'ordine nel gestire gli episodi di violenza con gli ormai obsoleti strumenti in dotazione. Sfollagente e lacrimogeni spesso non sono in grado di soddisfare le attuali esigenze di ordine pubblico che si basano sulla necessità di evitare lo scontro e di provocare il minor danno possibile alle persone identificando ed isolando i criminali. L'uso di mezzi blindati e cingolati risulta spesso sproporzionato ed irreale in ambienti urbani ristretti o affollati. Per questi motivi diversi paesi hanno ipotizzato l'uso delle "armi non letali" (NLW) per far fronte alle operazioni di pace, nelle quali il "nemico" è spesso rappresentato da gruppi di civili, manifestanti e miliziani e dove l'uso delle armi tradizionali in dotazione ai militari risulta eccessivo soprattutto alla luce degli obiettivi di pacificazione tipici di queste operazioni.

Sviluppate inizialmente nell'ambito della dottrina statunitense nota come Military Operations Other Than War (Operazioni militari diverse dalla guerra), le armi non letali coprono oggi una vasta gamma di impieghi con numerosi sistemi già operativi o in fase di sviluppo riscuotendo anche l'interesse della NATO, della UEO e di molti corpi di polizia. Tra le diverse tipologie di armi non letali già testate ve ne sono molte che sembrano adatte ai compiti di contenimento di folle di rivoltosi. Le pallottole di gomma e le granate flash-bang, cioè accecanti-assordanti, possono essere considerati i primi rustici esempi di armi non letali, ma in futuro nuovi sistemi, ben piú efficaci, potrebbero entrare in servizio per proteggere installazioni, rendere piú docili gli agitatori e "marcare" gli individui piú pericolosi per facilitarne il riconoscimento e l'arresto.

Tutti questi sistemi, e molti altri ancora, sono già stati testati e sono in dotazione sperimentale ai reparti antisommossa di molte forze di polizia, tuttavia ad essi si aggiungeranno presto armi piú sofisticate ancora in fase di sviluppo. Emettitori acustici di infrasuoni a bassissima frequenza capaci di provocare nausea e stordimento rendendo inoffensivi gli aggressori sono stati usati nell'ex Unione Sovietica fin dal 1980 per tenere lontani i curiosi dai perimetri di basi e poligoni militari. A distanza ravvicinata tuttavia possono causare danni permanenti agli organi interni. La pistola Vortex, ad esempio, emette onde d'urto verso il corpo umano che, a seconda della regolazione d'intensità, possono provocare un lieve fastidio oppure emettere onde capaci di ledere organi interni e causare traumi potenzialmente letali. Sono in fase di studio anche armi che emettono impulsi luminosi ad alta intensità e luci stroboscopiche (note anche come Dream Machine) in grado di disturbare il sistema nervoso centrale causando vertigini, disorientamento e nausea.

Neutralizzare senza uccidere o distruggere sembra essere una delle sfide piú difficili per le nuove tecnologie. Negli ultimi venti anni sono stati sviluppati sistemi per attaccare centrali elettriche (bombe a grafite o Black Out bomb) o rendere inefficaci gli apparati elettronici ma il problema del controllo delle persone ostili risulta ancora il piú difficile da risolvere. Ormai tutte le operazioni militari svolte da paesi occidentali prevedono una fase di peace-enforcing e di peace-keeping, nella quale emergono spesso contrasti che non possono essere affrontati nel migliore dei modi impiegando le armi da fuoco. Per definirsi non-letale un'arma deve essere in grado di bloccare un avversario, anche molto "turbolento", senza ucciderlo, ma anche senza provocare alcun danno permanente, per quanto di lieve entità. Non solo, per essere realmente efficace, un sistema di questo tipo dovrebbe funzionare a grande distanza, avere un effetto immediato ed essere leggero e facile da usare. Un traguardo ambizioso dunque e in parte ancora da raggiungere.

Ancora oggi si usano a questo scopo le pallottole di gomma o di materiale spugnoso. In realtà, benché definite non-letali esse hanno provocato decine di morti e accecato moltissime persone a causa di distanze di impiego troppo ridotte o procedure errate. In tal senso non sono migliori i gas lacrimogeni (CS, CN e CR) che, oltre ad essere pericolosi se impiegati in elevate concentrazioni, sono anche dei sospetti cancerogeni. Non meno rischioso inoltre può essere l'impiego dei gas disabilitanti. Gli sforzi piú concreti per sviluppare le NLW sono stati portati avanti dagli Stati Uniti ed i primi sistemi innovativi hanno visto un impiego limitato durante l'operazione Restore Hope in Somalia nel 1993 e successivamente nel 1995 [In early 1995, USMC LtGen Anthony Zinni, charged with protecting the final withdrawal of United Nations forces from Somalia, explored the prospects of using NLW to accomplish his mission and asked for a quick response for the fielding of Non-lethal Capability Sets (NLCS). The US Marine Corps and the US Army teamed to provide available NL capabilities for use in and around Mogadishu. LtGen Zinni's aggressive support added credibility to the NL effort]. Ma è stato dieci anni dopo, nella fase successiva alle piú estese operazioni militari in Iraq, che le armi non letali sono state utilizzate con frequenza.

Uno degli strumenti piú efficaci, in uso ormai da anni in molte forze di polizia, è il Taser, una pistola in grado di infliggere, attraverso elettrodi e cavi lanciati a 5-6 metri di distanza, una scarica elettrica ad alto voltaggio e basso amperaggio in grado di bloccare una persona. L'effetto dura solo qualche minuto e non crea lesioni visibili di alcun tipo. Il termine Taser è un marchio depositato della Taser International, Inc. ed è l'acronimo di Thomas A. Swift's Electronic Rifle, dove Tom Swift è il nome del personaggio di un fumetto. Questo termine è usato per riferirsi a dei dispositivi classificati come armi da difesa "meno che letali" che fanno uso dell'elettricità per far contrarre i muscoli del soggetto colpito. Furono inventati nel 1969 da Jack Cover ma i modelli piú efficaci sono stati progettati a partire dal 1998. Amnesty International lamenta che dal 2001 siano morte 142 persone colpite dai Taser, di contro Taser International afferma ottimisticamente che i Taser non hanno mai causato decessi. I medici legali dichiarano che i Taser sono stati una delle cause che hanno contribuito alla morte di 10 persone (le altre cause concorrenti sono state, ad esempio, l'assunzione di un grosso quantitativo di droga e l'eccessivo sforzo fatto per resistere all'arresto). Il Taser resta comunque un dispositivo controverso che suscita obiezioni sempre maggiori.

Un principio diverso e comunque efficace è quello del "pepper gun", una pistola in grado di lanciare Oleoresin capsicum (OC) con effetti infiammatori immediati. Il suo impiego sta rapidamente aumentando, nonostante uno studio dell'esercito statunitense evidenzi "possibili effetti mutageni, cancerogeni, ipersensività, intossicamento cardiovascolare e polmonare, intossicamento nervoso, come anche possibilità di morte" (TOFFLER A. - TOFFLER H., War and Anti-War. Survival at Dawn of the 21st Century, Little Brown & Co., Londra, 1994). In alternativa trovano impiego anche i candelotti a gas CN (cloro-acetofenone), cartucce e granate a gas CS (orto-cloro-benziliden-malotrinile), entrambi lanciabili a mano o mediante tromboncino lanciagranate da fucile. Tra i sistemi piú originali, e a volte quasi ridicoli, ci sono schiume collose in grado di bloccare la persona piú esagitata, oppure le "stinky bombs", granate in grado di diffondere miasmi insopportabili. Le sostanze caustiche hanno il difetto di produrre incalcolabili sofferenze se l'obiettivo è un essere umano, inoltre possono provocare danni sul piano ecologico se impiegate su larga scala. Ancora piú surreali sono le sostanze iperscivolanti, che rendono ogni superficie piú viscida del ghiaccio. Ma si tratta pur sempre di sistemi molto limitati. Il sistema migliore sarebbe un apparato semplice e leggero, impiegabile a vari livelli di potenza. Esistono studi in tal senso, ma sviluppare qualcosa di simile che sia "sicuramente non-letale", che non accechi, non provochi ustioni, sia leggero, economico e facile da impiegare non è cosa facile. Un oggetto vagamente simile, seppure in grande scala, è lo Zapper, un'arma ad energia diretta in grado di indurre una sensazione di bruciore sulla pelle. Prima della sua introduzione in servizio saranno però necessari ancora moltissimi test per valutarne l'effettiva non-letalità. Per adesso è ancora evidente che nella maggior parte di questi sistemi il sottile confine tra letale, fortemente invalidante e non letale rimane ancora piuttosto indistinto. Inoltre, anche gli apparati che vantano un buona affidabilità, come il Taser, hanno altri difetti, come la portata limitata, la bassa "cadenza di fuoco" e la facilità di neutralizzazione con qualche contromisura (per esempio, rivestimenti isolanti). Anche in caso di grandi progressi le armi non letali non soppianteranno gli armamenti convenzionali però daranno ai comandanti e ai soldati maggiori possibilità operative, evitando la perdita di molte vite umane.

 

 

 Zeus System

«Zeus Laser System» (© Zeus SPARTA, Inc.)

 

 

 

 

Le armi non letali nell'impiego bellico

La nuova tecnologia della repressione sta diventando piú sofisticata, piú potente e piú diffusa a causa di un marketing aggressivo da parte dei produttori e dei distributori che forniscono sia i mercati civili che militari. Le medesime tecnologie si stanno rapidamente diffondendo non solo tra gli eserciti nazionali, ma anche fra gli arsenali della polizia, delle agenzie paramilitari e di sicurezza interna degli Stati. Produttori come la Alliant Tech Systems (Stati Uniti), la Civil Defence Supply (Regno Unito), o la Stun Tech (Stati Uniti) promuovono ampiamente queste nuove tecnologie. Purtroppo le alternative "non-letali" possono anche favorire il ricorso alla violenza mortale, sia nella guerra che in "operazioni diverse dalla guerra", dove i principali obiettivi sono civili.

L'altra principale applicazione delle nuove tecnologie della repressione è, infatti, proprio la guerra. Gli eserciti di tutto il mondo sono favorevoli ad abbracciare la nuova dottrina della guerra non-letale. Il concetto è emerso negli Stati Uniti negli anni 1990, spesso di fronte all'incredulità degli studiosi. I suoi sostenitori sono stati in gran parte scrittori futuristi come Alvin e Heidi Toffler e scrittori come Janet Morris e Chris Morris che hanno trovato un'eco favorevole nei laboratori militari di Los Alamos, Oak Ridge e Lawrence Livermore.

Il Pentagono e il Dipartimento di Giustizia hanno accolto di buon grado questa dottrina, sperando di trovare un sistema in grado di togliere argomenti al potere dei mass-media, e permettere in qualche modo alle forze dell'ordine di prevalere senza il ricorso cruento alla forza. Paradossalmente c'è il pericolo che tali armi vengano usate per infliggere sofferenze gratuite, cosicché la "non violenza" di Stato induca le vittime a rispondere con la violenza aperta. I regimi dittatoriali potrebbero anche utilizzare le armi non-letali per provocare deliberatamente una sommossa e in tal modo creare un pretesto per arrestare i "colpevoli". Alcuni autori sostengono, infatti, che il termine "non-letale" dovrebbe essere abbandonato, non solo perché copre una varietà di armi molto diverse, ma anche perché può essere pericolosamente fuorviante. Le armi ideate allo scopo di evitare gli effetti letali, infatti, potrebbero anche essere impiegate per aumentarli. Le armi sviluppate per usi di polizia potrebbero incoraggiare la militarizzazione delle forze di polizia o essere impiegate addirittura per la tortura. Per questi ed altri motivi sarebbe opportuno proporsi alcuni obiettivi:

- stabilire criteri indipendenti dalla ricerca commerciale o governativa per determinare gli effetti biomedici delle cosiddette armi non-letali;

- porre in atto delle convenzioni umanitarie che impongano limiti precisi all'adozione e all'impiego di tali armi;

- verificare tutte le implicazioni sociali e politiche connesse all'uso di tali tecnologie pianificando adeguati interventi legislativi a salvaguardia della democrazia e delle libere istituzioni. Se i legislatori vogliono evitare che queste tecnologie vengano utilizzate per violare i diritti umani, infatti, dovranno adottare severi codici di condotta e idonei regolamenti applicativi.

 

 

Alcune valutazioni etiche

Al di là dei facili entusiasmi per le accresciute capacità difensive (e inevitabilmente offensive) tutte le armi appaiono risolutive fino a quando i potenziali avversari non dispongono a loro volta delle stesse possibilità. In tal caso si perde sia l'effetto deterrente, sia il vantaggio tattico che l'arma garantiva. Qualunque vantaggio, per quanto grande, prima o poi è destinato ad essere colmato, pertanto la domanda che sorge inevitabilmente è: quale potrebbe essere lo scenario operativo nel caso in cui entrambe le parti in conflitto dispongano delle stesse tecnologie? In caso di conflitto (asimmetrico o no) quali garanzie possono essere fornite contro l'eventualità che armi cosí pericolose e potenzialmente disumane, concepite per essere "non letali", non vengano invece utilizzate in modalità letale? In questo caso le conseguenze potrebbero essere di gran lunga peggiori di quelle di un conflitto condotto solamente con armi convenzionali. Per quanto si tratti della scelta comunque nefasta fra l'uccidere o l'essere uccisi è sicuramente meno disumana un'arma da fuoco rispetto ad un'arma a microonde o ad un laser di elevata potenza, per tacere di armi come quelle al plasma e ad impulsi (PIKL) se usate in modalità letale.

L'introduzione di qualsiasi innovazione tecnologica non deve far dimenticare che il dispiegamento sul teatro operativo di armi non letali può comportare conseguenze non sempre prevedibili. Nel caso delle armi inabilitanti, inoltre, l'aspetto innovativo investe non solo la dimensione tecnica, ma anche l'aspetto culturale in senso lato. In realtà alcuni metodi non letali potrebbero essere considerati, paradossalmente, ancora più odiosi ed intollerabili di una decimazione o di una rappresaglia con metodi tradizionali, in quanto la sensibilità individuale a certi metodi, specie di controllo o limitazione della libertà, è altamente variabile da uomo a uomo, da etnia a etnia, da ambiente ad ambiente, da situazione a situazione.

Gravi preoccupazioni desta il connesso commercio delle armi, una giungla dominata esclusivamente dagli interessi economici e in cui la corruzione è una costante a dispetto degli asseriti "controlli governativi". Lo sviluppo di nuove armi purtroppo costituirà una minaccia ulteriore. Purtroppo gli Stati, con i loro intangibili segreti e la loro diplomazia poco lungimirante, sono spesso i primi attori del traffico delle armi presentandosi tanto in veste di produttori quanto di clienti. Per questi ed altri motivi le campagne di controllo organizzate da organismi internazionali quali BM, FMI e OCSE spesso non sono risolutive ed affidabili. In una condizione d'interdipendenza fra le nazioni, la produzione tecnologica applicata al settore militare avviene non solo attraverso i finanziamenti degli Stati nazionali, ma spesso coinvolge piú Stati, insieme ai grandi centri di ricerca delle imprese private. Questo pone un serio problema per quanto riguarda la possibilità di un serio controllo pubblico, soprattutto nei confronti delle lobbies tecnologiche e industriali che viceversa influiscono pesantemente nella vita delle stesse società democratiche. Un tempo a scuotere le coscienze del mondo scientifico intervenivano scienziati come quelli riconosciutisi nel Manifesto Russell-Einstein, oggi altri scienziati hanno posto il problema dell'accesso ai risultati scientifici e del loro controllo pubblico.

La loro lotta si rivolge spesso contro le lobby militari industriali e contro il segreto militare a tutto vantaggio del diritto alle informazioni, al controllo e alla limitazione del commercio degli armamenti, ma ancor piú a favore della riconversione e della diversificazione industriale con riguardo alle implicazioni occupazionali e finanziare nazionali e internazionali. Non meno importante è l'impegno, tanto silenzioso quanto coraggioso, dei lavoratori del settore bellico che in diversi paesi europei hanno portato alla formazione di centri di ricerca per la riconversione industriale: l'ACP in Gran Bretagna, lo SCHIFF e il BIFF in Germania, il COPRI in Danimarca, il DRPC in Svezia. I risultati della scienza e le sue possibili applicazioni, è risaputo, sono sempre stati al centro dell'interesse politico e militare, per questo urge un controllo democratico su ciò che avviene nei centri di ricerca, nei laboratori e nelle industrie.

La logica esasperata della privatizzazione della conoscenza, clamorosamente evidente nella moderna normativa sui brevetti, mette spesso a repentaglio non solo la salute pubblica e la vivibilità dell'ambiente, ma anche la pace e la sicurezza dell'intero genere umano. Occorre una saggia moderazione delle spese militari insieme ad una strategia politica volta a favorire il benessere dell'umanità e a garantire i delicati equilibri ecologici attraverso un uso democratico della scienza e dello sviluppo tecnologico. Sono obiettivi ideali ma pur sempre realizzabili attraverso un'accresciuta consapevolezza collettiva dei rischi insiti nell'attuale processo di globalizzazione. È dovere della comunità scientifica e delle persone di cultura contribuire a far divenire coscienza comune l'idea che la pace nasce solo dalla prevenzione dei conflitti, tramite accordi che risultino accettabili ad entrambe le parti, non dalla vittoria di una parte o dal possesso di armi che possano imporre la pace: il sogno di Nobel ed Einstein dell'"arma che ponga fine alle guerre" si è dimostrato finora irrealizzabile.

In ogni caso «le armi non sono mai assimilabili agli altri beni che possono essere scambiati sul mercato mondiale o interno. Certo, il possesso di armi può avere un effetto dissuasivo, ma le armi hanno anche un'altra finalità. Esiste, infatti, un rapporto stretto e indissociabile tra le armi e la violenza. È in ragione di questo rapporto che le armi non possono in nessun caso essere trattate come semplici beni commerciabili. Cosí pure, nessun interesse economico può da solo giustificare la loro produzione o il loro trasferimento: "Neanche qui la legge del profitto può ritenersi suprema". Che il commercio delle armi coinvolga o no direttamente lo Stato, spetta a lui il dovere di vegliare che esso sia sottoposto a un controllo molto rigoroso. Infatti, è innegabile che "la vendita arbitraria di armi, soprattutto a paesi poveri, rappresenta uno degli attentati piú gravi alla pace"» (PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA GIUSTIZIA E DELLA PACE, Il commercio internazionale delle armi. Una riflessione etica, LEV, Città del Vaticano 1994, 14).

 

 

 

Fonti principali consultate

 

USAF

Northrop Grumman

Federation of American Scientists

Zeus Sparta

Sandia Laboratory

Globalsecurity.org

 

 

 

Brevi note bibliografiche

 

Non-lethal Weapons for Law Enforcement: Research Needs and Priorities. A Report to the National Science Foundation, Security Planning Corporation, 1972.

ACROYD C., MARGOLIS K., ROSENHEAD J., SHALLICE T., The Technology of Political Control, Penguin Books, Middlesex, UK, 1977.

ALHADEFF J., Le armi inabilitanti non-letali, Franco Angeli, Milano 1999.

AMNESTY INTERNATIONAL, AI-USA: Police Use of Pepper Spray is Tantamount to Torture, 07-11-1997.

COMITATO INTERNAZIONALE DELLA CROCE ROSSA, Le projet Sirus: déterminer quelles armes causent des "maux superflus", Ginevra, 1998.

JANET MORRIS J. - MORRIS CH., Non-lethality: A Global Strategy, Morris & Morris, West Hyannisport, MA, 1994.

MAMPAEY L., Le développement des armes non létales, Centres d'Etudes de Def., 1998-99.

NAJMAN M., Gli americani preparano le armi del XXI secolo, in Le Monde diplomatique, febbraio 1998.

PASTERNAK D., Wonder Weapons, in U.S. News, 07-07-1997.

POLCARO V. F., L'imbroglio dell'intervento chirurgico, in MARENCO F. (ed.) Imbrogli di guerra, Odradek, Pisa, 1999.

POLCARO, V. F., I rischi per la pace derivanti dallo sviluppo di sistemi di difesa antimissile, memoria presentata al Convegno Cultura, Scienza e Informazione di fronte alle nuove guerre, Politecnico, Torino, 22-23 giugno 2000.

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TRUESDELL A., The ethics of non-lethal weapons, Strategic & Combat Studies Inst., 1996.

WILLIAM A., Conflitto e sopravvivenza in The Guardian, 09-12-1997.

WRIGHT ST., Undermining Nonviolence: The Coming Role of New Police Technologies, in Ghandi Marg, v. 14, n. 1, 1992, 157-65.

 

 

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Acronimi ufficiali utili per la comprensione della tematica

Joint Non-Lethal Weapons Program Acronyms

 

 

   

ACTD

Advanced Concept Technology Demonstration

AD-P

Area Denial - Personnel

ADS

Active Denial System

ADT

Active Denial Technology

AD-V

Area Denial – Vehicle

ANLM

Airburst Non-Lethal Munition

APL

Anti-Personnel Landmine

APLA

Anti-Personnel Landmine Alternatives

ATD

Advanced Technology Demonstration

ATL

Advanced Tactical Laser

AWE

Advanced War fighting Experiment

BLWE

Battle Lab War fighting Experiment

CBRNE

Chemical, Biological, Radiological, Nuclear, and/or High-Yield Explosive

DE

Directed Energy

DIS

Distributed Interactive Simulation

EBHEM

Experimental Basis for Human Effects Modeling

EFDS

Epoxy Foam Denial System

EMP

Electromagnetic Pulse

GBL

Ground Based Laser

HEAP

Human Effects Advisory Panel

HENLM

Hand Emplaced Non-Lethal Weapon

HEPAT

Human Effects Process Action Team

HERB

Human Effects Review Board

HMMWV

Highly Mobile Multi-purpose Wheeled Vehicle

HPM

High Power Microwave

INIWIC

Inter-service Non-Lethal Individual Weapons Instructors Course

JNLCSS

Joint Non-Lethal Capability Set Study

JNLWD

Joint Non-Lethal Weapons Directorate

JNLWM

Joint Non-Lethal Warning Munition

JNLWP

Joint Non-Lethal Weapons Program

MDS

Mobility Denial System

MK-19 NLSR

MK-19 Non-Lethal Short Range Munition

MK-19 NLLR

MK-19 Non-Lethal Long Range Munition

MOOTW

Military Operations Other Than War

NLCDC

Non-Lethal Crowd Dispersal Cartridge

NLG

Non-Lethal Grenades

NLMM

Non-Lethal Mortar Munition

NLMPM

Non-Lethal Munition Payload Module

NLW

Non-Lethal Weapons

NTARS

Non-Lethal Technology and Academic Research Symposium

NTIC

Non-Lethal Technology Innovation Center

OC

Oleoresin Capsicum

PEO

Peace Enforce Operations

PEP

Pulsed Energy Projectile

Pk

Probability of Kill

PKO

Peace Keeping Operations

PO

Peace Operations

PSYOP

Psychological Operations

ROE

Rules of Engagement

ROF

Rate of Fire

SASO

Stability and Support Operations

THEEP

Target Human Effects Evaluation Plan

TUGV

Tactical Unmanned Ground Vehicle

VRG

Vortex Ring Gun