Capitolo 9

 

1 Dico la verità in Cristo, non mentisco, e la mia coscienza me ne da testimonianza nello Spirito Santo: 2 ho nel cuore un grande dolore e una sofferenza continua. 3 Vorrei infatti essere io stesso anatema, separato da Cristo a vantaggio dei miei fratelli, miei consanguinei secondo la carne. 4 Essi sono Israeliti e possiedono l'adozione a figli, la gloria, le alleanze, la legislazione, il culto, le promesse, 5 i patriarchi; da essi proviene Cristo secondo la carne, egli che è sopra ogni cosa, Dio benedetto nei secoli. Amen.

6 Tuttavia la parola di Dio non è venuta meno. Infatti non tutti i discendenti di Israele sono Israele, 7 né per il fatto di essere discendenza di Abramo sono tutti suoi figli. No, ma: in Isacco ti sarà data una discendenza, 8 cioè: non sono considerati figli di Dio i figli della carne, ma come discendenza sono considerati solo i figli della promessa. 9 Queste infatti sono le parole della promessa: Io verrò in questo tempo e Sara avrà un figlio. 10 E non è tutto; c'è anche Rebecca che ebbe figli da un solo uomo, Isacco nostro padre: 11 quando essi ancora non eran nati e nulla avevano fatto di bene o di male - perché rimanesse fermo il disegno divino fondato sull'elezione non in base alle opere, ma alla volontà di colui che chiama - 12 le fu dichiarato: Il maggiore sarà sottomesso al minore, 13 come sta scritto:

Ho amato Giacobbe e ho odiato Esaú.

14 Che diremo dunque? C'è forse ingiustizia da parte di Dio? No certamente! 15 Egli infatti dice a Mosè:

Userò misericordia con chi vorrò, e avrò pietà di chi vorrò averla.

16 Quindi non dipende dalla volontà né dagli sforzi dell'uomo, ma da Dio che usa misericordia. 17 Dice infatti la Scrittura al faraone: Ti ho fatto sorgere per manifestare in te la mia potenza e perché il mio nome sia proclamato in tutta la terra. 18 Dio quindi usa misericordia con chi vuole e indurisce chi vuole.

19 Mi potrai però dire: «Ma allora perché ancora rimprovera? Chi può infatti resistere al suo volere?». 20 O uomo, tu chi sei per disputare con Dio? Oserà forse dire il vaso plasmato a colui che lo plasmò: «Perché mi hai fatto cosí?». 21 Forse il vasaio non è padrone dell'argilla, per fare con la medesima pasta un vaso per uso nobile e uno per uso volgare? 22 Se pertanto Dio, volendo manifestare la sua ira e far conoscere la sua potenza, ha sopportato con grande pazienza vasi di collera, già pronti per la perdizione, 23 e questo per far conoscere la ricchezza della sua gloria verso vasi di misericordia, da lui predisposti alla gloria, 24 cioè verso di noi, che egli ha chiamati non solo tra i Giudei ma anche tra i pagani, che potremmo dire?

25 Esattamente come dice Osea:

Chiamerò mio popolo quello che non era mio popolo

e mia diletta quella che non era la diletta.

26 E avverrà che nel luogo stesso dove fu detto loro:

«Voi non siete mio popolo»,

là saranno chiamati figli del Dio vivente.

27 E quanto a Israele, Isaia esclama:

Se anche il numero dei figli d'Israele

fosse come la sabbia del mare,

sarà salvato solo il resto;

28 perché con pienezza e rapidità

il Signore compirà la sua parola sopra la terra.

29 E ancora secondo ciò che predisse Isaia:

Se il Signore degli eserciti

non ci avesse lasciato una discendenza,

saremmo divenuti come Sodoma

e resi simili a Gomorra.

30 Che diremo dunque? Che i pagani, che non ricercavano la giustizia, hanno raggiunto la giustizia: la giustizia però che deriva dalla fede; 31 mentre Israele, che ricercava una legge che gli desse la giustizia, non è giunto alla pratica della legge. 32 E perché mai? Perché non la ricercava dalla fede, ma come se derivasse dalle opere. Hanno urtato cosí contro la pietra d'inciampo, 33 come sta scritto:

Ecco che io pongo in Sion una pietra di scandalo

e un sasso d'inciampo;

ma chi crede in lui non sarà deluso.

 

 

Capitolo 10

 

1 Fratelli, il desiderio del mio cuore e la mia preghiera sale a Dio per la loro salvezza. 2 Rendo infatti loro testimonianza che hanno zelo per Dio, ma non secondo una retta conoscenza; 3 poiché, ignorando la giustizia di Dio e cercando di stabilire la propria, non si sono sottomessi alla giustizia di Dio. 4 Ora, il termine della legge è Cristo, perché sia data la giustizia a chiunque crede.

5 Mosè infatti descrive la giustizia che viene dalla legge cosí: L'uomo che la pratica vivrà per essa. 6 Invece la giustizia che viene dalla fede parla cosí: Non dire nel tuo cuore: Chi salirà al cielo? Questo significa farne discendere Cristo; 7 oppure: Chi discenderà nell'abisso? Questo significa far risalire Cristo dai morti. 8 Che dice dunque? Vicino a te è la parola, sulla tua bocca e nel tuo cuore: cioè la parola della fede che noi predichiamo. 9 Poiché se confesserai con la tua bocca che Gesú è il Signore, e crederai con il tuo cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo. 10 Con il cuore infatti si crede per ottenere la giustizia e con la bocca si fa la professione di fede per avere la salvezza. 11 Dice infatti la Scrittura: Chiunque crede in lui non sarà deluso. 12 Poiché non c'è distinzione fra Giudeo e Greco, dato che lui stesso è il Signore di tutti, ricco verso tutti quelli che l'invocano. 13 Infatti: Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato.

14 Ora, come potranno invocarlo senza aver prima creduto in lui? E come potranno credere, senza averne sentito parlare? E come potranno sentirne parlare senza uno che lo annunzi? 15 E come lo annunzieranno, senza essere prima inviati? Come sta scritto: Quanto son belli i piedi di coloro che recano un lieto annunzio di bene!

16 Ma non tutti hanno obbedito al vangelo. Lo dice Isaia: Signore, chi ha creduto alla nostra predicazione? 17 La fede dipende dunque dalla predicazione e la predicazione a sua volta si attua per la parola di Cristo. 18 Ora io dico: Non hanno forse udito? Tutt'altro:

per tutta la terra è corsa la loro voce,

e fino ai confini del mondo le loro parole.

19 E dico ancora: Forse Israele non ha compreso? Già per primo Mosè dice:

Io vi renderò gelosi di un popolo che non è popolo;

contro una nazione senza intelligenza

susciterò il vostro sdegno.

20 Isaia poi arriva fino ad affermare:

Sono stato trovato da quelli che non mi cercavano,

mi sono manifestato a quelli che non si rivolgevano a

me,

21 mentre di Israele dice: Tutto il giorno ho steso le mani verso un popolo disobbediente e ribelle!

 

 

Capitolo 11

 

1 Io domando dunque: Dio avrebbe forse ripudiato il suo popolo? Impossibile! Anch'io infatti sono Israelita, della discendenza di Abramo, della tribú di Beniamino. 2 Dio non ha ripudiato il suo popolo, che egli ha scelto fin da principio. O non sapete forse ciò che dice la Scrittura, nel passo in cui Elia ricorre a Dio contro Israele?

3 Signore, hanno ucciso i tuoi profeti,

hanno rovesciato i tuoi altari

e io sono rimasto solo e ora vogliono la mia vita.

4 Cosa gli risponde però la voce divina?

Mi sono riservato settemila uomini, quelli che non hanno piegato il ginocchio davanti a Baal.

5 Cosí anche al presente c'è un resto, conforme a un'elezione per grazia. 6 E se lo è per grazia, non lo è per le opere; altrimenti la grazia non sarebbe piú grazia.

7 Che dire dunque? Israele non ha ottenuto quello che cercava; lo hanno ottenuto invece gli eletti; gli altri sono stati induriti, 8 come sta scritto:

Dio ha dato loro uno spirito di torpore,

occhi per non vedere e orecchi per non sentire,

fino al giorno d'oggi.

9 E Davide dice:

Diventi la lor mensa un laccio, un tranello

e un inciampo e serva loro di giusto castigo!

10 Siano oscurati i loro occhi sí da non vedere,

e fa loro curvare la schiena per sempre!

11 Ora io domando: Forse inciamparono per cadere per sempre? Certamente no. Ma a causa della loro caduta la salvezza è giunta ai pagani, per suscitare la loro gelosia. 12 Se pertanto la loro caduta è stata ricchezza del mondo e il loro fallimento ricchezza dei pagani, che cosa non sarà la loro partecipazione totale!

13 Pertanto, ecco che cosa dico a voi, Gentili: come apostolo dei Gentili, io faccio onore al mio ministero, 14 nella speranza di suscitare la gelosia di quelli del mio sangue e di salvarne alcuni. 15 Se infatti il loro rifiuto ha segnato la riconciliazione del mondo, quale potrà mai essere la loro riammissione, se non una risurrezione dai morti?

16 Se le primizie sono sante, lo sarà anche tutta la pasta; se è santa la radice, lo saranno anche i rami. 17 Se però alcuni rami sono stati tagliati e tu, essendo oleastro, sei stato innestato al loro posto, diventando cosí partecipe della radice e della linfa dell'olivo, 18 non menar tanto vanto contro i rami! Se ti vuoi proprio vantare, sappi che non sei tu che porti la radice, ma è la radice che porta te.

19 Dirai certamente: Ma i rami sono stati tagliati perché vi fossi innestato io! 20 Bene; essi però sono stati tagliati a causa dell'infedeltà, mentre tu resti lí in ragione della fede. Non montare dunque in superbia, ma temi! 21 Se infatti Dio non ha risparmiato quelli che erano rami naturali, tanto meno risparmierà te!

22 Considera dunque la bontà e la severità di Dio: severità verso quelli che sono caduti; bontà di Dio invece verso di te, a condizione però che tu sia fedele a questa bontà. Altrimenti anche tu verrai reciso. 23 Quanto a loro, se non persevereranno nell'infedeltà, saranno anch'essi innestati; Dio infatti ha la potenza di innestarli di nuovo! 24 Se tu infatti sei stato reciso dall'oleastro che eri secondo la tua natura e contro natura sei stato innestato su un olivo buono, quanto piú essi, che sono della medesima natura, potranno venire di nuovo innestati sul proprio olivo!

25 Non voglio infatti che ignoriate, fratelli, questo mistero, perché non siate presuntuosi: l'indurimento di una parte di Israele è in atto fino a che saranno entrate tutte le genti. 26 Allora tutto Israele sarà salvato come sta scritto:

Da Sion uscirà il liberatore,

egli toglierà le empietà da Giacobbe.

27 Sarà questa la mia alleanza con loro

quando distruggerò i loro peccati.

28 Quanto al vangelo, essi sono nemici, per vostro vantaggio; ma quanto alla elezione, sono amati, a causa dei padri, 29 perché i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili! 30 Come voi un tempo siete stati disobbedienti a Dio e ora avete ottenuto misericordia per la loro disobbedienza, 31 cosí anch'essi ora sono diventati disobbedienti in vista della misericordia usata verso di voi, perché anch'essi ottengano misericordia. 32 Dio infatti ha rinchiuso tutti nella disobbedienza, per usare a tutti misericordia! 33 O profondità della ricchezza, della sapienza e della scienza di Dio! Quanto sono imperscrutabili i suoi giudizi e inaccessibili le sue vie!

34 Infatti, chi mai ha potuto conoscere il pensiero

del Signore?

O chi mai è stato suo consigliere?

35 O chi gli ha dato qualcosa per primo,

sí che abbia a riceverne il contraccambio?

36 Poiché da lui, grazie a lui e per lui sono tutte le cose. A lui la gloria nei secoli. Amen.

 

 

 

 

 

 

 

 

Note

______________________

 

 

 

 

[Rm 9]

L'affermazione della giustificazione mediante la fede conduceva Paolo a rievocare la giustizia di Abramo (c. 4). Ugualmente l'affermazione della salvezza data con lo Spirito dall'amore di Dio l'obbliga a trattare il caso di Israele (cc. 9-11), infedele benché abbia ricevuto le promesse della salvezza. Non si tratta dunque in questi capitoli il problema della predestinazione degli individui alla gloria o anche alla fede, ma quello del ruolo storico di Israele; soltanto a questo si riferivano le affermazioni dell'AT.

 

[Rm 9,3]

anàtema: cioè oggetto di maledizione (cf. Gs 6,17+ e Lv 27,28+).

 

[Rm 9,4]

Essi sono Israeliti: gli autentici discendenti di Giacobbe-Israele (Gen 32,29). Da questo privilegio scaturiscono tutti gli altri: l'adozione filiale (Es 4,22; cf. Dt 7,6+); la gloria di Dio (Es 24,16+) che dimora in mezzo al popolo (Es 25,8+, Dt 4,7+; cf. Gv 1,14+); le alleanze con Abramo (Gen 15,1+, Gen 15,17+, Gen 17,1+), Giacobbe-Israele (Gen 32,29), Mosè (Es 24,7-8); il culto reso al solo vero Dio; la legge espressione della sua volontà; le promesse messianiche (2Sam 7,1+) e l'appartenenza alla stirpe di Cristo.

 

[Rm 9,5]

Dio benedetto nei secoli: il contesto e il movimento stesso della frase suppongono che la dossologia si rivolga al Cristo. Se è raro che Paolo dia a Gesú il titolo di «Dio» (cf. ancora Tt 2,13) e gli rivolga una dossologia (cf. Eb 13,21), è perché egli riserva ordinariamente questo titolo al Padre (cf. Rm 15,6, ecc.) e considera le persone divine meno sul piano astratto della loro natura che sul piano concreto delle loro funzioni nell'opera della salvezza. Inoltre egli pensa sempre al Cristo storico nella sua realtà concreta di Dio fatto uomo (cf. Fil 2,5+, Col 1,15+). Per questo egli lo mostra subordinato al Padre (1Cor 3,23, 1Cor 11,3) sia nell'opera della creazione (1Cor 8,6) che della restaurazione escatologica (1Cor 15,27s; cf. Rm 16,27; ecc.). Tuttavia il titolo di «Kyrios» ricevuto dal Cristo nella risurrezione (Fil 2,9-11; cf. Ef 1,20-22, Eb 1,3 ss.) non è nient'altro che il titolo divino dato a Jahve nell'AT (Rm 10,9 e Rm 13, 1Cor 2,16). Per Paolo Gesú è essenzialmente il «Figlio di Dio» (Rm 1,3 ss.; Rm 1,9; Rm 5,10; Rm 8,29; 1Cor 1,9; 1Cor 15,28; 2Cor 1,19; Gal 1,16; Gal 2,20; Gal 4,4; Gal 4,6; Ef 4,13; 1Ts 1,10; cf. Eb 4,14; ecc.), il suo «proprio Figlio» (Rm 8,3; Rm 8,32), il «Figlio del suo amore» (Col 1,13), che appartiene di diritto al mondo divino da dove è venuto (1Cor 15,47), inviato da Dio (Rm 8,3; Gal 4,4). Se egli ha preso il titolo di «Figlio di Dio» in modo nuovo con la resurrezione (Rm 1,4+; cf. Eb 1,5; Eb 5,5), non l'ha però ricevuto in quel momento, perché è preesistente, in un modo non solo scritturistico (1Cor 10,4) ma ontologico (Fil 2,6; cf. 2Cor 8,9). Egli è la sapienza (1Cor 1,24; 1Cor 1,30), l'immagine (2Cor 4,4), colui per mezzo del quale tutto è stato creato (Cor Rm 1,15-17; cf. Eb 1,3; 1Cor 8,6), per mezzo del quale tutto è ricreato (Rm 8,29; cf. Col 3,10; Col 1,18-20), perché ha riunito nella sua persona la pienezza della divinità e del mondo (Col 2,9+). In lui Dio ha concepito tutto il piano di salvezza (Ef 1,3 ss.) ed egli ne rappresenta il fine come il Padre (confrontare Rm 11,36; 1Cor 8,6 con Col 1,16; Col 1,20). Se il Padre resuscita e giudica, anche lui resuscita (confrontare Rm 1,4+; Rm 8,11+ con Fil 3,21) e giudica (confrontare Rm 2,16 con 1Cor 4,5; Rm 14,10 con 2Cor 5,10). In una parola, è una delle tre persone associate nelle formule trinitarie (2Cor 13,13+).

 

[Rm 9,6]

non tutti... sono Israele: cosí gli ismaeliti e gli idumei discendenti di Esaú (Gen 36,1), nemici per antonomasia di Israele (Dt 23,8; Sal 137,7+).

 

[Rm 9,17]

Ti ho fatto sorgere: come l'AT, Paolo attribuisce anzitutto alla casualità divina (accentuando di piú l'espressione: «Ti ho fatto sorgere») le azioni buone o cattive degli uomini (cf. Rm 1,24 ss.).

 

[Rm 9,19]

al suo volere: se l'indocilità dell'uomo entra nel piano divino, come si può ancora rimproverargli di non compiere la volontà di Dio? Anche a un'obiezione analoga (Rm 3,7; Rm 6,1; Rm 6,15) Paolo ha risposto, con un rifiuto del problema. Dio è il padrone della sua opera. Tacciarlo d'ingiustizia non ha senso (cf. Mt 20,15).

 

[Rm 9,22]

pertanto: frase difficile, da interpretarsi in funzione del contesto. Paolo spiega come l'indurimento del faraone in passato e l'infedeltà di Israele oggi, visti nel piano divino, non si oppongano per nulla alla giustizia. Dio avrebbe potuto annientare il faraone, come potrebbe annientare il popolo giudaico; ma ne sopporta l'esistenza con longanimità: cosí (pur lasciando loro il tempo di pentirsi: Rm 2,4), egli «manifesta la sua ira» (mediante la stessa moltiplicazione dei peccati, cf. Rm 1-3, che d'altronde prepara la conversione); «fa conoscere la sua potenza» trionfando degli ostacoli (cf. v. 17), oggi dell'ostilità dei giudei al vangelo. In questo modo Dio esegue un disegno di misericordia nei confronti dei pagani (cf. Rm 11,11; Rm 11,12; Rm 11,15; Rm 11,30), alla cui conversione l'ingresso in massa dei giudei nella chiesa avrebbe potuto costituire un grave ostacolo. In ogni caso Paolo si rivolge ai pagani perché i giudei rifiutano di intendere il messaggio (At 13,5+). D'altronde si tratta di un'infedeltà temporanea e ordinata, come di rimbalzo, alla loro futura conversione (Rm 11,13-15; Rm 11,23; Rm 11,31).

 

[Rm 9,23]

e questo per far conoscere: una var. legge: «e fatto conoscere».

 

[Rm 9,24]

che potremmo dire?: queste parole sono aggiunte per dare senso al periodo. Nel testo greco la frase rimane in sospeso, ma sottende l'interrogativo: «come parlare in questo caso di ingiustizia di Dio?». Effettivamente tutto è ordinato, alla fine, alla salvezza degli uni e degli altri (cf. Rm 11,32).

 

[Rm 9,26]

figli del Dio vivente: la storia dello stesso Israele, chiamato da Dio nonostante le sue infedeltà, diventa il tipo della chiamata delle nazioni, che non ne hanno alcun diritto, al banchetto messianico.

 

[Rm 9,27]

Isaia esclama: i testi scelti annunziano nello stesso tempo l'infedeltà di Israele e il ritorno di un «resto» (cf. Is 4,3+), depositario delle promesse. Essi preparano cosi il c. 11.

 

[Rm 9,28]

sopra la terra: volg. adatta la citazione al testo dei LXX, che Paolo abbrevia.

 

[Rm 9,30]

Che diremo dunque: questa conclusione introduce l'argomento del capitolo seguente: le cause dell'infedeltà di Israele viste non piú in Dio, ma in Israele stesso.

 

[Rm 9,31]

non è giunto alla pratica della legge: cosa che può fare soltanto il cristiano (Rm 3,31; Rm 8,4; Rm 10,4; cf. Rm 7,7+, At 13,39) - legge: volg. ha: «la legge di giustizia».

 

[Rm 10,2]

ma non secondo una retta conoscenza: come lo zelo di Paolo prima della conversione (At 22,3; Gal 1,14; Fil 3,6; cf. 1Tm 1,13).

 

[Rm 10,3]

giustizia di Dio: la giustificazione non è un bene da conquistare, ma una grazia da accogliere mediante la fede nel Cristo (cf. Rm 1,16+; Rm 4,25+; Rm 7,7+).

 

[Rm 10,6]

che viene dalla fede: il Dt riassumeva tutta la legge nel precetto dell'amore, praticato dall'uomo che abbia il «cuore circonciso» (Rm 2,29; Dt 10,16; Ger 4,4; Ger 9,25), una circoncisione operata da Dio stesso (Dt 30,6), equivalente del dono della legge «scritta sul cuore» (Ger 31,33). In questo modo era annunziata la «giustizia della fede»: la «parola della fede» è «nel cuore» (v. 8; Dt 30,14; cf. Rm 3,27+; Rm 8,2+), parola dettata e attuata in noi dallo Spirito (Rm 8,4+).

 

[Rm 10,7]

nell'abisso: abisso dell'oceano in Dt 30,13, dello sheol nell'applicazione che ne fa Paolo. Il Targum evocava già Mosè che discendeva dal Sinai e Giona che risaliva dall'abisso.

 

[Rm 10,9]

che Dio lo ha risuscitato dai morti: all'adesione interna del «cuore» corrisponde la professione di fede esterna, quale ha luogo nel battesimo.

 

[Rm 10,14]

senza aver prima creduto in lui: l'argomentazione, che utilizza la Scrittura, è chiara: se Israele nel suo insieme non invoca di fatto il nome del Signore, è perché si è mostrato ribelle alla luce che gli è stata proposta.

 

[Rm 10,17]

per la parola di Cristo: una variante legge: «per la parola di Dio».

 

[Rm 10,18]

la loro voce: quella dei predicatori del vangelo.

 

[Rm 10,19]

il vostro sdegno: l'allusione alla gelosia di Israele prepara Rm 11,11; Rm 11,14.

 

[Rm 10,21]

disobbediente e ribelle: il testo originale ebraico si riferisce in tutti due i casi (vv. 20 e 21) al popolo giudaico; ma nel primo caso si tratta di un Israele che «non invoca piú il nome di Jahve» e si trova perciò nella stessa situazione dei pagani. La versione greca, che in Is 65,1 parla di una «nazione» non di un «popolo» come in Is 65,2, facilitava l'applicazione ai pagani.

 

[Rm 11,1]

Io domando dunque: la stessa formula che accusava Israele (Rm 10,18; Rm 10,19) ora annunzia la sua salvezza (lo stesso nel v. 11). Il popolo infedele (Rm 10,21) non viene rigettato (Rm 11,2). Il «resto» (Is 4,3+) che lo rappresenta temporaneamente è il pegno della restaurazione futura.

 

[Rm 11,9]

la loro mensa: il salmo descrive qui la punizione dei sazi che hanno misconosciuto i tormenti e la sete del giusto. Se si tratta di pasti sacrificali (Targum), la profezia si realizza letteralmente: è lo stesso attaccamento dei giudei alla loro religione che impedisce loro di riconoscere il giusto sofferente.

 

[Rm 11,11]

per cadere per sempre: traduzione quasi letterale cui è stato aggiunto: «per sempre» (senza speranza di rialzarsi). - la salvezza è giunta ai pagani: l'incredulità attuale dei giudei non è che un «passo falso» permesso per la conversione dei pagani (Rm 9,22+; Rm 11,12; Rm 11,19; Rm 11,25; Rm 11,30) e in definitiva per la loro stessa conversione: è per la loro salvezza che Dio li renderà «gelosi» (Rm 10,19) dei pagani.

 

[Rm 11,13]

a voi, Gentili: cioè i cristiani venuti dalle «nazioni», i pagani convertiti. Cosí, anche come apostolo dei pagani, Paolo lavora per la salvezza dei suoi fratelli di sangue («quelli del mio sangue», alla lettera «la mia carne»).

 

[Rm 11,15]

una risurrezione dai morti: formula diversamente interpretata. Se la conversione dei pagani è paragonata alla prima fase dell'opera redentrice, la riconciliazione del mondo, quella di Israele costituirà un tale beneficio per cui può essere paragonata solo alla seconda fase, la resurrezione finale che Paolo quindi avrebbe qui in mente. Tuttavia egli non afferma che la conversione di Israele debba precedere immediatamente la resurrezione generale. - Altri traducono: «la vita che esce dai morti». Far ritornare dalla morte alla vita è un'opera particolarmente meravigliosa, riservata alla potenza di Dio (cf. Rm 4,17+; 2Cor 1,9). Tale sarà la meraviglia del ritorno di Israele, un ritorno alla vita del figlio prodigo, che verrebbe ad essere, in questo caso, il figlio maggiore (cf. Lc 15,24; Lc 15,32).

 

[Rm 11,16]

tutta la pasta: la futura conversione di Israele chiaramente affermata (vv. 11-15), tenendo conto delle dichiarazioni ancora piú esplicite dei vv. 25-26, prova che la porzione fedele realizza pienamente la nozione di «resto», segno certo di restaurazione per tutta la nazione; ma ne consegue anche che la stessa parte infedele rimane solidale alla parte fedele e partecipa in qualche modo alla sua santità, come una pasta che rimane tutta consacrata dall'offerta delle primizie (Nm 15,19-21).

 

[Rm 11,17]

oleastro: il pagano divenuto cristiano. - al loro posto: oppure «in mezzo ad essi». - della radice e: tale inciso manca in alcuni codici.

 

[Rm 11,21]

risparmierà te: oppure «guarda che non risparmi neppure te».

 

[Rm 11,25]

saranno entrate tutte le genti: Paolo ha sempre di mira le due collettività: il blocco del mondo giudaico e l'insieme del mondo pagano.

 

[Rm 11,26]

come sta scritto: l'AT annunziava la purificazione completa di Israele come una conseguenza della venuta del Messia. Paolo insegna come un «mistero» (v. 25) che questa profezia, compiuta già parzialmente con la conversione dei pagani, implica anche la conversione del popolo giudaico.

 

[Rm 11,28]

alla elezione: «vangelo» ed «elezione» designano le due grandi tappe della storia della salvezza: dopo e prima del Cristo. Dopo il Cristo, che hanno rifiutato, i giudei sono diventati nemici di Dio, e Dio ha permesso questo per favorire la conversione dei pagani (cf. Rm 9,22+; Rm 11,11+); ma essi rimangono l'oggetto della speciale dilezione che Dio ha manifestato ai loro padri prima del Cristo, nel tempo in cui il loro popolo era l'unico depositario dell'elezione.