1. Vi sono nel cielo dei Santi che non furono mai in disgrazia di Dio per il peccato attuale, come molti innocenti; e molti altri, i quali, benché siano stati nemici di Dio per il peccato mortale, ne fecero poi penitenza. Vi è ancora la Beata Vergine Madre di Dio, la quale non fu mai, in atto, nemica di Dio, né per il peccato attuale, né per il peccato originale; però lo sarebbe stata se non fosse stata preservata.

 

2. Dall'eccellenza del Figlio suo - redentore, riconciliatore, mediatore - si arguisce che Maria non contrasse il peccato originale. Il mediatore perfettissimo possiede il modo piú perfetto di giovare a qualche persona, di cui è mediatore. Ora Cristo è mediatore perfettissimo. Dunque, egli ebbe il grado piú perfetto di giovare a quella persona di cui era mediatore. Ma a vantaggio di nessun'altra persona possedette il grado piú eccellente di giovare come a vantaggio di Maria, e non sarebbe stato tale, se non le avesse meritato la preservazione dal peccato originale. E ciò lo provo in tre modi, avendo, cioè, riguardo a Dio col quale avviene la riconciliazione; al male dal quale Cristo libera e all'obbligo della persona cui riconcilia.

1º) Nessuno placa sommamente e perfettissimamente una persona da un'offesa che può ricevere, se non può prevenire che quella persona sia offesa; se la placa già offesa, perché perdoni, non placa in modo perfettissimo... Dunque, Cristo non avrebbe placato perfettissimamente la Trinità, se non avesse prevenuto che qualcuno l'offendesse, e per conseguenza che l'anima di qualche figlio di Adamo non avesse tale colpa.

2º) Il perfettissimo mediatore merita l'allontanamento di ogni pena da colui che riconcilia. Ora la colpa originale è una pena piú grande che la stessa privazione della visione beatifica, perché, fra tutte le pene delle creature intelligenti, la piú grande è il peccato. Dunque, se Cristo fu riconciliatore perfettissimo, deve aver meritato che qualche persona fosse stata preservata dalla colpa. Tale persona altra non è che la Madre di Lui. Se, per esempio, per un uomo sarebbe massima pena sentire che il re è sdegnato contro di lui, nessuno lo riconcilierebbe perfettissimamente se non allontanasse da lui non solo la pena di essere diseredato, ma anche di essere nemico del re.

Si può argomentare, in secondo luogo, cosí: - Cristo sembra sia stato principalmente il nostro riparatore e riconciliatore in quanto al peccato originale che all'attuale, giacché come causa necessaria della incarnazione comunemente si assegna il peccato originale. Ma cοmunemente si suppone che Cristo fu mediatore cosí perfetto a vantaggio di qualche persona, per esempio, di Maria, che preservò d'ogni peccato attuale: dunque, a parità, anche dall'originale.

3º) La persona riconciliata non è obbligata al sommo al suo mediatore, se non riceve da lui il bene sommo che lui può darle. Ma per mezzo del mediatore si può avere l'innocenza, cioè la preservazione dalla colpa o già contratta o da contrarsi. Dunque, nessuno sarebbe tenuto al Cristo, come al mediatore, in sommo grado, se egli non avesse preservato qualcuno dal peccato originale. Se dici: - È egualmente obbligato cosí colui al quale vien perdonato il peccato, come colui che è preservato dal peccato... - [rispondo] ch'è un beneficio piú eccellente preservare qualcuno dal male, che permettere che egli incorra il male e poi lo si liberi.

Sembra anche che, avendo il Cristo meritato la grazia e la gloria a molti, costoro siano a Lui debitori per queste cose. Perché nessuna creatura gli sarebbe debitrice per la innocenza? Perché mai, mentre tutti gli Angeli beati sono innocenti, nessuna anima umana sarebbe innocente nel cielo, eccetto l'anima di Cristo?

Poiché è bene maggiore l'innocenza perfetta che la remissione della colpa, veniva conferito a Maria un bene maggiore preservandola dalla colpa originale, che mondandola dopo averla contratta.

 

3. Le ragioni in contrario desunte dalle condizioni alle quali Maria sembra a noi che sia stata sottomessa non sono concludenti.

a) Maria - si dice - fu concepita come gli altri, in virtú, cioè, di una generazione sottomessa alla legge della concupiscenza: la sua carne, dunque, è stata infettata. Come negli altri l'infezione del corpo macchia l'anima, cosí macchiò l'anima in Maria. - Tal modo di argomentare non conclude, come già osservammo con S. Anselmo, parlando del peccato originale, nella distinzione XXXII del II libro. Ma, dato pure che il peccato originale si contragga cosí comunemente, è certo, d'altra parte, che l'infezione della carne rimane nel fanciullo santificato dal battesimo: essa, dunque, riguardo al peccato originale, non è causa necessaria onde il peccato originale rimanga nell'anima: essa rimane, ma il peccato originale è cancellato dalla grazia che viene infusa. Dunque, potrebbe, anche nel primo istante [della concezione], non essere causa necessaria della infezione dell'anima, e il peccato sarebbe allontanato dalla grazia infusa nella medesima anima.

b) [Si dice ancora]: - Maria ebbe le pene comuni alla nostra natura, come la fame, la sete ecc., pene che ci vengono inflitte per il peccato originale. Dunque, anch'essa ebbe il peccato originale, e non fu neppure essa innocente. - Anche tale difficoltà non è concludente. Il mediatore può riconciliare qualcuno allontanando da lui le pene inutili, lasciandogli quelle che possono essergli utili. Il peccato originale sarebbe stato nocivo a Maria; mentre, con le pene temporali, poteva meritare, e meritò. Ecco, dunque, perché Dio la salvò dal peccato originale, lasciandole le pene temporali.

c) [Si dice ancora]: - Cristo, come redentore universale, aprí a tutti le porte del cielo. Ora, se la Vergine nοn avesse contratto peccato originale, non avrebbe avuto bisogno di redentore, e Cristo non avrebbe aperto a Lei la porta del cielo non essendole stata mai chiusa: è il peccato, e specialmente l'originale, che chiude la porta del cielo.

[Rispondo]: - Maria piú che mai ha avuto bisogno del Cristo Redentore: essa, a causa della generazione comune, avrebbe incorso il peccato, se non fosse stata prevenuta dalla grazia del Mediatore. Come gli altri ebbero bisogno del Cristo, perché, per il suo merito, fosse loro rimesso il peccato già contratto, cosí Maria ebbe maggiormente bisogno del Mediatore per non contrarre il peccato. - La porta del cielo fu aperta a Lei per il merito della passione di Cristo prevista e accettata da Dio proprio in ordine alla sua persona; Dio accettava tale passione perché, per merito di essa, giammai fosse nella persona di Maria il peccato o qualunque altra cosa che chiudesse a Lei, come agli altri, la porta del cielo.

d) Dunque - dirai - se Maria fosse morta prima della passione del figlio, sarebbe stata beata? - Si può rispondere che i padri, nel limbo, furono purgati del peccato originale, ma la porta del cielo fu ad essi chiusa sino alla soluzione della pena dovuta al peccato; giacché Dio aveva stabilito cosí che, pur accettando la passione del Cristo prevista come mezzo per rimettere la colpa originale ad ogni uomo, presente e futuro, credente a quella passione, non avrebbe, però, rimessa la pena, dovuta a quella colpa, se non per la passione attualmente offerta. Quindi, come a quei padri non fu aperta la porta del cielo sino alla realizzazione della passione del Cristo, cosí probabilmente non sarebbe stata aperta neppure a Maria.

e) A coloro che argomentano dicendo: - Maria fu figlia di Adamo, prima che ricevesse la grazia santificante, giacché prima fu persona e poi ebbe la grazia; conseguentemente, in quella priorità, come figlia naturale di Adamo, non ebbe la giustizia originale -; rispondo e dico: - Concedo che Maria, per priorità di natura, fu prima figlia di Adamo che giustificata, perché quella natura, concepita cosí, nel suo primo istante, la faceva essere figlia di Adamo, e la metteva quindi nella condizione di non avere la grazia. Ma da ciò non segue che, in quell'istante di natura, - parlando rigorosamente del primo istante - fu privata [della grazia santificante]; giacché, secondo quella priorità, l'anima per se stessa, precedette cosí la privazione della giustizia come il possesso della stessa giustizia; al piú si può dire che, in virtú della natura fondamento naturale della filiazione di Adamo, - non è inclusa né la giustizia né la sua privazione. Il che lo concedo.

Ma se si obbietta che, per priorità di natura, Maria è priva di giustizia, derivando ciò da causa intrinseca, dico che questa priorità non vi si trova mai naturalmente; vi si troverebbe soltanto, se una causa estrinseca non impedisse ciò, e vi ponesse il suo opposto.

Ogni uomo, naturalmente, dovrebbe avere la giustizia originale, e intanto ne è privo per la colpa di Adamo; ha, quindi, come contrarre il peccato originale. Ma se a qualcuno, nel primo istante della creazione della sua anima, vien data la grazia, egli non sarà mai privo della giustizia originale non per merito proprio, però, ma per merito del mediatore, giacché avrebbe il peccato originale se il mediatore non lo prevenisse con la sua grazia. La grazia equivale alla giustizia originale, in quanto essa esprime gradimento divino. E come si può conferire la grazia dopo il primo istante, cosí la si può conferire anche nel primo istante. E Dio nel primo istante della creazione dell'anima di Maria poté darle tanta grazia quanta ne dà a qualunque anima nella circoncisione o nel battesimo. In quell'istante non avrebbe avuto il peccato originale, come non l'avrebbe avuto dopo, quando sarebbe stata battezzata.

Ciò vien confermato dal fatto che, quando l'anima è nel peccato, può, per potenza divina, essere nella grazia. Cosí Maria, nell'istante della sua concezione, come poteva essere nel peccato, poteva essere anche nella grazia.

 

4. In questo senso bisogna intendere le Autorità, le quali dicono che tutti coloro che derivano da Adamo per naturale generazione sono peccatori; nel senso, cioè, che, naturalmente parlando, i figli di Adamo sono privati della giustizia originale, salvo che questa non venga loro conferita diversamente; e come può esser loro conferita dopo il primo istante, cosí può esser loro conferita nel primo istante della loro concezione.

 

 

 

Cfr. SCARAMUZZI D., Duns Scoto Summula, Firenze [1931?] (rist. Firenze 1990), 210-223.