Signor Presidente,

1. Desidero congratularmi per la sua elezione a dirigere i lavori di questa Conferenza e attraverso di Lei ringraziare il Governo del Brasile per l’accoglienza che ha voluto riservare al nostro incontro chiamato a considerare la situazione agricola e alimentare della Regione latino-americana e caraibica e a orientare con un nuovo dinamismo l’azione della Fao in quest’arca, per fronteggiare le necessità legate alla sicurezza alimentare.

La Santa Sede con la sua presenza vuole mostrare apprezzamento per l’opera che la FAO svolge congiuntamente ai diversi Governi nella lotta contro la fame e la malnutrizione, sostenendo con la prospettiva essenzialmente etica che le appartiene quelle scelte di natura politica e sociale capaci di corrispondere in modo concreto e coerente alle odierne necessità. È del tutto chiaro, infatti, che la mancanza di una nutrizione adeguata non solo impedisce il pieno sviluppo della personalità di donne e uomini, ma costituisce una evidente negazione dei loro diritti a cominciare da quello fondamentale alla vita che nel cibo ha una sua componente indispensabile.

Questa Conferenza indica ancora una volta che sforzo principale è trasferire in una dimensione effettivamente umana quelle forze e quei dati che la tecnica, la tecnologia, le nuove ricerche scientifiche permettono di applicare all’attività agricola e quindi alla produzione di alimenti. L’impegno è, dunque, quello di confrontarsi con le piú ampie strategie elaborate a livello mondiale per sradicare la povertà, come pure con le valutazioni circa l’obiettivo di dimezzare il numero degli affamati entro il 2015, una data che si avvicina sempre piú e impone di non restare inerti di fronte alla povertà e alla malnutrizione che continuano invece ad aumentare il numero delle vittime e dei sofferenti.

2. L’agenda dei lavori, alla luce delle attività realizzate nel biennio trascorso, ha posto al centro della riflessione i criteri per migliorare la sicurezza alimentare. Questo per molti Paesi della Regione significa considerare non solo le difficoltà della produzione agricola provocate da fattori ambientali e di territorio, ma anche quelle derivanti da politiche commerciali particolarmente sfavorevoli, causate anche dal mancato progresso dei negoziati multilaterali sul commercio dei prodotti agricoli. Come dimenticare che per molti Paesi la realtà economica dipende quasi esclusivamente dall’esportazione di un ristretto numero di prodotti tipici e, al contrario, la sicurezza alimentare dall’importazione di molti alimenti?

In modo specifico, poi, non si dovrebbe trascurare la situazione peculiare della zona caraibica, nella quale hanno un ruolo l’isolamento geografico, la relativa limitatezza del territorio e l’esposizione alla variabilità climatica con i connessi disastri causati da fenomeni naturali. A determinare la vulnerabilità di tali Paesi - i cui livelli di insicurezza alimentare si presentano come preoccupanti - concorrono una serie di fattori che hanno nella povertà, nella base economica limitata e nei ridotti margini di occupazione l’origine o il punto di arrivo.

In questo quadro si colloca anche l’aumento dell’uso non alimentare dei prodotti agricoli che vengono destinati ad altri usi, come la produzione di biocarburanti. Una tendenza questa che se può rappresentare un’opportunità per la protezione dell’ambiente e della biodiversità in esso largamente presente, viene oggi indicata come la causa primaria di un aumento dei prezzi senza precedenti rispetto al decennio trascorso, come pure di un rapido cambiamento dell’uso dei terreni agricoli sottoposti a coltivazioni intensive che li impoveriscono. Il tutto ha un impatto mondiale che, pur presentando alcuni vantaggi per gli agricoltori produttori, di fatto sta causando conseguenze negative sui livelli di povertà nelle aree dipendenti dall’importazione di alimenti e sulla conservazione dei terreni. Questo significa che gli Stati sono chiamati a operare sulla base di ponderate considerazioni aventi come obiettivo essenziale la tutela e l’attuazione al diritto all’alimentazione, per cui non è pensabile diminuire la quantità di prodotti agricoli da collocare sul mercato degli alimenti o da tenere in riserva per le emergenze che potrebbero verificarsi in favore di altri pure accettabili fini che non soddisfano però un diritto fondamentale come è quello all’alimentazione.

Rimane poi aperta e problematica la questione della riforma agraria la cui lenta progressione che si ravvisa nei Paesi della Regione conferma quanto sia necessario adottare strategie di proprietà della terra e legislazioni misurate con la possibilità di essere concretamente realizzate. Quando si affrontano le questioni del mondo rurale si deve tenere presente che l’azione degli Stati e l’attività di cooperazione debbono incoraggiare e sostenere anzitutto l’agricoltura praticata su piccola scala, l’azienda agricola familiare e le iniziative economiche legate alla pesca artigianale che costituiscono la realtà economica di base per la maggior parte dei Paesi. Ogni riforma agraria, dunque, deve poter fare riferimento alla realtà dei piccoli agricoltori e delle comunità indigene, con la loro tradizione spesso lontana dalla dimensione istituzionale e dai vantaggi di nuovi criteri di produzione o da modelli di consumo attuati nelle aree urbane da un ristretto gruppo di popolazione. Si tratta di un obiettivo prioritario a cui la Chiesa cattolica riserva grande attenzione, disponibile a collaborare con le sue strutture e mediante l’esperienza delle forme di associazione e cooperazione tra agricoltori, pescatori e lavoratori artigianali occupati nella lavorazione della terra e nella conservazione della conseguente produzione.

 

Signor Presidente,

3. I progressi realizzati nella Regione evidenziano che la lotta alla fame e alla malnutrizione può dare risultati se i diversi protagonisti - Governi, istituzioni internazionali, Organizzazioni della società civile, imprese e forme di aggregazione sociale a tutti i livelli - si ispirano ad un concetto di giustizia da realizzare mediante operazioni e progetti concreti che hanno sempre presente la centralità della persona creatura di Dio. In questo senso va accolta positivamente la Iniziativa America Latina e Caraibi senza Fame, che proprio attraverso il coinvolgimento delle diverse forze presenti costituisce una risposta responsabile e solidale dei diversi Paesi nei confronti della popolazione, ad iniziare da quanti sono colpiti da carenze nutrizionali cicliche o addirittura croniche.

La solidarietà, dunque, è chiamata a consolidare un’azione congiunta contro la miseria nelle sue diverse forme e anche ad assicurare politiche di sviluppo e di cooperazione capaci di rimuovere la posizione di evidente svantaggio in cui versano coloro che vivono nelle aree a basso reddito e a deficit alimentare. In questo senso permette di ben sperare l’indicazione di questa Conferenza di incrementare politiche pubbliche da parte degli Stati e della FAO per sviluppare il mercato agricolo attraverso delle strategie di discriminazione positiva in favore dell’agricoltura realizzata dalla famiglia agricola che, custode e continuatore di conoscenze, tradizioni, valori morali e rispetto della vita, costituisce un operatore economico visibile nel contesto della Regione.

La Delegazione della Santa Sede, pur consapevole delle difficoltà, guarda con fiducia alle capacità di tutte le forze vive impegnate quotidianamente, ricordando che da tante parti si guarda all’America Latina e Caraibi con particolare attenzione per verificare come le radici umane, spirituali e religiose di questa Regione possano concorrere a uno sviluppo integrale del mondo rurale e dell’intera società, di cui esso è tanto larga parte.

 

 

 

 

 

N.B. Si raccomanda la consultazione dei testi originali presso il sito della Santa Sede. È inoltre possibile richiedere i documenti presso il sito della Libreria Editrice Vaticana.