CAPITOLO QUARTO

CELEBRARE IL VANGELO DELLA SPERANZA

"A Colui che siede sul trono e all'Agnello lode, onore, gloria e potenza, nei secoli dei secoli" (Ap 5, 13)

 

 

Una comunità orante

66. Il Vangelo della speranza, annuncio della verità che rende liberi (cfr. Gv 8, 32), deve essere celebrato. Di fronte all'Agnello dell'Apocalisse inizia una solenne liturgia di lode e di adorazione: "A Colui che siede sul trono e all'Agnello lode, onore, gloria e potenza, nei secoli dei secoli" (Ap 5, 13). La stessa visione, che rivela Dio e il senso della storia, avviene "nel giorno del Signore" (Ap 1, 10), il giorno della risurrezione rivissuto dall'assemblea domenicale.

La Chiesa che accoglie questa rivelazione è una comunità che prega. Pregando ascolta il suo Signore e ciò che lo Spirito le dice: essa adora, loda, rende grazie, invoca infine la venuta del Signore, "Vieni, Signore Gesú!" (Ap 22, 16-20), affermando cosí che solo da lui essa attende salvezza.

Anche a te, Chiesa di Dio che vivi in Europa, è chiesto di essere comunità che prega, celebrando il tuo Signore con i Sacramenti, la liturgia e l'intera esistenza. Nella preghiera, riscoprirai la presenza vivificante del Signore. Cosí, radicando in lui ogni tua azione, potrai riproporre agli Europei l'incontro con lui stesso, vera speranza che sola sa soddisfare pienamente l'anelito a Dio, nascosto nelle diverse forme di ricerca religiosa che riaffiorano nell'Europa contemporanea.

 

 

I. Riscoprire la liturgia

Il senso religioso nell'Europa di oggi

67. Nonostante vaste aree di scristianizzazione nel Continente europeo, esistono segnali che contribuiscono a tratteggiare il volto di una Chiesa che, credendo, annuncia, celebra e serve il suo Signore. Non mancano infatti, esempi di autentici cristiani che vivono momenti di silenzio contemplativo, partecipano fedelmente a iniziative spirituali, vivono il Vangelo nella loro esistenza quotidiana e lo testimoniano nei diversi ambiti del loro impegno. Si possono scorgere, inoltre, manifestazioni di una "santità di popolo", che mostrano come anche nell'Europa attuale non sia impossibile vivere il Vangelo a livello personale e in un'autentica esperienza comunitaria.

68. Insieme a molti esempi di fede genuina esiste in Europa anche una religiosità vaga e, a volte, fuorviante. I suoi segni sono spesso generici e superficiali, quando non addirittura contrastanti nelle persone stesse da cui scaturiscono. Sono manifesti fenomeni di fuga nello spiritualismo, di sincretismo religioso ed esoterico, di ricerca di eventi straordinari ad ogni costo, fino a giungere a scelte devianti, come l'adesione a sette pericolose o ad esperienze pseudoreligiose.

Il desiderio diffuso di nutrimento spirituale va accolto con comprensione e purificato. All'uomo che si accorge, seppure confusamente, di non poter vivere solo di pane, è necessario che la Chiesa possa testimoniare in modo convincente la risposta data da Gesú al tentatore: "Non di solo pane vivrà l'uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio" (Mt 4, 4).

 

 

Una Chiesa che celebra

69. Nel contesto della società odierna, spesso chiusa alla trascendenza, soffocata da comportamenti consumistici, facile preda di antiche e nuove idolatrie e, nel contempo, assetata di qualcosa che vada oltre l'immediato, il compito che attende la Chiesa in Europa è impegnativo ed insieme esaltante. Esso consiste nel riscoprire il senso del "mistero"; nel rinnovare le celebrazioni liturgiche perché siano segni piú eloquenti della presenza di Cristo Signore; nell'assicurare nuovi spazi al silenzio, alla preghiera e alla contemplazione; nel ritornare ai Sacramenti, specialmente dell'Eucaristia e della Penitenza, quali sorgenti di libertà e di nuova speranza.

Per questo, a te, Chiesa che vivi in Europa, rivolgo un pressante invito: sii una Chiesa che prega, loda Dio, ne riconosce il primato assoluto, lo esalta con fede lieta. Riscopri il senso del mistero: vivilo con umile gratitudine; attestalo con gioia convinta e contagiosa. Celebra la salvezza di Cristo: accoglila come dono che ti fa suo sacramento, fa' della tua vita il vero culto spirituale gradito a Dio (cfr. Rm 12, 1).

 

Il senso del mistero

70. Alcuni sintomi rivelano un affievolimento del senso del mistero nelle stesse celebrazioni liturgiche, che ad esso dovrebbero introdurre. È, quindi, urgente che nella Chiesa si ravvivi l'autentico senso della liturgia. Questa, come è stato ricordato dai Padri sinodali, 119) è strumento di santificazione; è celebrazione della fede della Chiesa; è mezzo di trasmissione della fede. Con la Sacra Scrittura e gli insegnamenti dei Padri della Chiesa, essa è fonte viva di autentica e solida spiritualità. Come ben sottolinea anche la tradizione delle venerande Chiese di Oriente, con essa i fedeli entrano in comunione con la Santissima Trinità, sperimentando la loro partecipazione alla natura divina, quale dono della grazia. La liturgia diventa cosí anticipo della beatitudine finale e partecipazione alla gloria celeste.

71. Nelle celebrazioni occorre rimettere al centro Gesú, per lasciarci illuminare e guidare da lui. Possiamo trovare qui una delle risposte piú forti che le nostre Comunità sono chiamate a dare ad una religiosità vaga e inconsistente. La liturgia della Chiesa non ha come scopo il placare i desideri e le paure dell'uomo, ma nell'ascoltare ed accogliere Gesú il Vivente, che onora e loda il Padre, per lodarlo e onorarlo con lui. Le celebrazioni ecclesiali proclamano che la nostra speranza ci viene da Dio per mezzo di Gesú nostro Signore.

Si tratta di vivere la liturgia come opera della Trinità. È il Padre che agisce per noi nei misteri celebrati; è lui che ci parla, ci perdona, ci ascolta, ci dona il suo Spirito; a lui noi ci rivolgiamo, lui noi ascoltiamo, lodiamo e invochiamo. È Gesú che agisce per la nostra santificazione, rendendoci partecipi del suo mistero. È lo Spirito Santo che opera con la sua grazia e fa di noi il Corpo di Cristo, la Chiesa.

La liturgia deve essere vissuta come annuncio e anticipazione della gloria futura, termine ultimo della nostra speranza. Come insegna, infatti, il Concilio, "nella liturgia terrena partecipiamo, pregustandola, a quella celeste, che viene celebrata nella santa città di Gerusalemme, verso la quale noi pellegrini siamo diretti [...], fino a quando Cristo, la nostra vita, si manifesterà ed anche noi saremo manifestati con lui nella gloria". (120)

 

 

Formazione liturgica

72. Se dopo il Concilio Ecumenico Vaticano II diversa strada è stata fatta per vivere il senso autentico della liturgia, ancora molto rimane da fare. Sono necessari un continuo rinnovamento e una costante formazione di tutti: ordinati, consacrati e laici.

Il vero rinnovamento, lungi dal servirsi di atti arbitrari, consiste nello sviluppare sempre meglio la coscienza del senso del mistero, cosí da fare delle liturgie momenti di comunione con il mistero grande e santo della Trinità. Celebrando le sacre azioni come rapporto con Dio e accoglimento dei suoi doni, espressione di autentica vita spirituale, la Chiesa in Europa potrà davvero nutrire la sua speranza e offrirla a chi l'ha smarrita.

73. A tale scopo è necessario un grande sforzo di formazione. Finalizzata a favorire la comprensione del vero senso delle celebrazioni della Chiesa, oltre a un'adeguata istruzione sui riti, essa richiede un'autentica spiritualità e l'educazione a viverla in pienezza. (121) Va, quindi, promossa maggiormente una vera "mistagogia liturgica", con la partecipazione attiva di tutti i fedeli, ciascuno secondo le proprie attribuzioni, alle azioni sacre, in particolare all'Eucaristia.

 

 

II. Celebrare i Sacramenti

74. Un posto di grande rilievo va riservato alla celebrazione dei Sacramenti, quali atti di Cristo e della Chiesa, ordinati a rendere culto a Dio, alla santificazione degli uomini e all'edificazione della Comunità ecclesiale. Riconoscendo che in essi Cristo stesso agisce per mezzo dello Spirito Santo, i Sacramenti vanno celebrati con la massima cura e creando le condizioni adeguate. Le Chiese particolari del Continente avranno a cuore di rafforzare la loro pastorale dei Sacramenti per farne riconoscere la verità profonda. I Padri sinodali hanno messo in luce questa esigenza, per rispondere a due pericoli: da una parte, certi ambienti ecclesiali sembrano aver smarrito il genuino senso del sacramento e potrebbero banalizzare i misteri celebrati; dall'altra, molti battezzati, seguendo usanze e tradizioni, continuano a ricorrere ai Sacramenti in momenti significativi della loro esistenza, senza però vivere in modo conforme alle indicazioni della Chiesa. (122)

 

 

L'Eucaristia

75. L'Eucaristia, dono supremo di Cristo alla Chiesa, fa presente nel mistero il sacrificio di Cristo per la nostra salvezza: "Nella Santissima Eucaristia è racchiuso tutto il bene spirituale della Chiesa, cioè Cristo stesso, nostra Pasqua". (123) Ad essa, "fonte e apice di tutta la vita cristiana", (124) attinge la Chiesa nel suo pellegrinaggio, trovandovi la sorgente di ogni speranza. L'Eucaristia, infatti, "dà impulso al nostro cammino storico, ponendo un seme di vivace speranza nella quotidiana dedizione di ciascuno ai propri compiti". (125)

Tutti siamo invitati a confessare la fede nell'Eucaristia, "pegno della gloria futura", certi che la comunione con Cristo, ora vissuta da pellegrini nell'esistenza mortale, anticipa l'incontro supremo del giorno in cui "noi saremo simili a lui, perché lo vedremo cosí come egli è" (1 Gv 3, 2). L'Eucaristia è un "assaggio di eternità nel tempo", è presenza divina e comunione con essa; memoriale della Pasqua di Cristo, è di sua natura apportatrice della grazia nella storia umana. Essa apre al futuro di Dio; essendo comunione con Cristo, con il suo corpo e il suo sangue, è partecipazione alla vita eterna di Dio. (126)

 

 

La Riconciliazione

76. Con l'Eucaristia, anche il sacramento della Riconciliazione deve svolgere un ruolo fondamentale nel recupero della speranza: "L'esperienza personale del perdono di Dio per ciascuno di noi è, infatti, fondamento essenziale di ogni speranza per il nostro futuro". (127) Una delle radici della rassegnazione che assale molti oggi va ricercata nell'incapacità di riconoscersi peccatori e di lasciarsi perdonare, una incapacità spesso dovuta alla solitudine di chi, vivendo come se Dio non esistesse, non ha nessuno a cui chiedere perdono. Chi, invece, si riconosce peccatore e si affida alla misericordia del Padre celeste, sperimenta la gioia di una vera liberazione e può proseguire nell'esistenza senza rinchiudersi nella propria miseria. (128) Riceve cosí la grazia di un nuovo inizio, e ritrova motivazioni per sperare.

Perciò è necessario che nella Chiesa in Europa il sacramento della Riconciliazione venga rivitalizzato. Va ribadito, tuttavia, che la forma del Sacramento è la confessione personale dei peccati seguita dall'assoluzione individuale. Questo incontro tra il penitente e il sacerdote deve essere favorito, in qualsiasi forma prevista del rito del Sacramento. Di fronte alla diffusa perdita del senso del peccato e all'affermarsi di una mentalità segnata da relativismo e soggettivismo in campo morale, occorre che in ogni comunità ecclesiale si provveda a una seria formazione delle coscienze. (129) I Padri Sinodali hanno insistito perché si riconosca chiaramente la verità del peccato personale e la necessità del perdono personale di Dio tramite il ministero del sacerdote. Le assoluzioni collettive non sono un modo alternativo di amministrare il sacramento della Riconciliazione. (130)

77. Mi rivolgo ai sacerdoti, esortandoli a dare generosamente la propria disponibilità nell'ascolto delle confessioni e a offrire essi stessi un esempio accostandosi con regolarità al sacramento della Penitenza. Raccomando loro di curare il proprio aggiornamento nel campo della teologia morale, cosí da saper affrontare con competenza le problematiche sorte in epoca recente nel campo della morale personale e sociale. Abbiano, inoltre, una particolare attenzione alle concrete condizioni di vita in cui si trovano i fedeli e sappiano condurli pazientemente a riconoscere le esigenze della legge morale cristiana, aiutandoli a vivere il Sacramento come un gioioso incontro con la misericordia del Padre celeste. (131)

 

 

Preghiera e vita

78. Accanto alla Celebrazione eucaristica, occorre promuovere anche le altre forme di preghiera comunitaria, (132) aiutando a riscoprire il legame che intercorre tra queste e l'orazione liturgica. In particolare, mantenendo viva la tradizione della Chiesa latina, vengano promosse le diverse manifestazioni del culto eucaristico fuori della Messa: adorazione personale, esposizione e processione, da intendere come espressione di fede nella permanenza della presenza reale del Signore nel Sacramento dell'altare. (133) Nella celebrazione, personale o comunitaria, della Liturgia delle Ore, di cui il Concilio Vaticano II ha richiamato il singolare valore anche per i fedeli laici, (134) si educhi a vedere tale connessione con il mistero eucaristico. Le famiglie siano sollecitate a dare spazio alla preghiera fatta in comune, cosí da interpretare alla luce del Vangelo tutta l'esistenza matrimoniale e familiare. In tal modo, a partire da qui e in ascolto della Parola di Dio, si formerà quella liturgia domestica che scandirà tutti i momenti della famiglia. (135)

Ogni forma di preghiera comunitaria presuppone la preghiera individuale. Tra la persona e Dio nasce quel colloquio di verità che si esprime nella lode, nel ringraziamento, nella supplica rivolta al Padre per Gesú Cristo e nello Spirito Santo. La preghiera personale, che è come la respirazione del cristiano, non sia mai trascurata. Ci si educhi anche a riscoprire il legame tra quest'ultima e la preghiera liturgica.

79. Una speciale attenzione va riservata anche alla pietà popolare. (136) Ampiamente diffusa nelle diverse regioni d'Europa attraverso le confraternite, i pellegrinaggi e le processioni presso numerosi santuari, essa arricchisce il cammino dell'anno liturgico, ispirando usi e costumi familiari e sociali. Tutte queste forme devono essere attentamente considerate mediante una pastorale di promozione e di rinnovamento, che le aiuti a sviluppare quanto è espressione genuina della sapienza del Popolo di Dio. Tale è sicuramente il Santo Rosario. In questo Anno ad esso dedicato mi è caro raccomandarne ancora la recita, perché "il Rosario, se riscoperto nel suo pieno significato, porta al cuore stesso della vita cristiana ed offre un'ordinaria quanto feconda opportunità spirituale e pedagogica per la contemplazione personale, la formazione del Popolo di Dio e la nuova evangelizzazione". (137)

In materia di pietà popolare occorre vegliare costantemente su aspetti di ambiguità di certe manifestazioni, preservandole da derive secolaristiche, da improvvidi consumismi o anche da rischi di superstizione, per mantenerle entro forme mature e autentiche. Si faccia opera pedagogica, spiegando come la pietà popolare vada sempre vissuta in armonia con la liturgia della Chiesa e in connessione con i Sacramenti.

80. Non va dimenticato che il "culto spirituale gradito a Dio" (cfr. Rm 12, 1) si realizza innanzitutto nell'esistenza quotidiana, vissuta nella carità attraverso il dono di sé libero e generoso, anche in momenti di apparente impotenza. Cosí la vita è animata da speranza incrollabile, perché affidata solo alla certezza della potenza di Dio e della vittoria di Cristo: è una vita ricolma delle consolazioni di Dio, con le quali siamo chiamati a consolare, a nostra volta, quanti incontriamo sul nostro cammino (cfr. 2 Cor 1, 4).

 

 

Il giorno del Signore

81. Momento paradigmatico ed altamente evocativo in ordine alla celebrazione del Vangelo della speranza è il giorno del Signore.

Nel contesto attuale, le circostanze rendono precaria la possibilità per i cristiani di vivere pienamente la domenica come giorno dell'incontro con il Signore. Avviene non di rado che essa sia ridotta a "fine settimana", a semplice tempo di evasione. Occorre perciò un'azione pastorale articolata a livello educativo, spirituale e sociale, che aiuti a viverne il senso vero.

82. Rinnovo, pertanto, l'invito a ricuperare il significato piú profondo del giorno del Signore: (138) venga santificato con la partecipazione all'Eucaristia e con un riposo ricco di letizia cristiana e di fraternità. Sia celebrato come centro di tutto il culto, preannuncio incessante della vita senza fine, che rianima la speranza e incoraggia nel cammino. Non si tema, perciò, di difenderlo contro ogni attacco e di adoperarsi perché, nell'organizzazione del lavoro, esso sia salvaguardato, cosí che possa essere giorno per l'uomo, a vantaggio dell'intera società. Se, infatti, la domenica fosse privata del suo significato originario e in essa non fosse possibile dare spazio adeguato alla preghiera, al riposo, alla comunione e alla gioia, potrebbe succedere che "l'uomo rimanga chiuso in un orizzonte tanto ristretto che non gli consente piú di vedere il "cielo". Allora, per quanto vestito a festa, diventa intimamente incapace di "far festa"". (139) E senza la dimensione della festa, la speranza non troverebbe una casa dove abitare.

 

 

 

 

CAPITOLO QUINTO

SERVIRE IL VANGELO DELLA SPERANZA

"Conosco le tue opere, la carità, la fede, il servizio e la costanza" (Ap 2, 19)

 

 

La via dell'amore

83. La parola che lo Spirito dice alle Chiese contiene un giudizio sulla loro vita. Esso riguarda fatti e comportamenti: "Conosco le tue opere" è l'introduzione che, quasi come un ritornello e con poche varianti, compare nelle lettere scritte alle sette Chiese. Quando le opere risultano positive, sono frutto della fatica, della costanza, della sopportazione delle prove, della tribolazione, della povertà, della fedeltà nelle persecuzioni, della carità, della fede, del servizio. In questo senso esse possono essere lette come la descrizione di una Chiesa che, oltre ad annunciare e a celebrare la salvezza che le viene dal Signore, la "vive" concretamente.

Per servire il Vangelo della speranza, anche alla Chiesa che vive in Europa è chiesto di seguire la strada dell'amore. È strada che passa attraverso la carità evangelizzante, l'impegno multiforme nel servizio, la decisione per una generosità senza soste né confini.

 

 

I. Il servizio della carità

Nella comunione e nella solidarietà

84. La carità ricevuta e donata è per ogni persona l'esperienza originaria nella quale nasce la speranza. "L'uomo non può vivere senza amore. Egli rimane per se stesso un essere incomprensibile, la sua vita è priva di senso se non gli viene rivelato l'amore, se non s'incontra con l'amore, se non lo sperimenta e non lo fa proprio, se non vi partecipa vivamente". (140)

La sfida per la Chiesa nell'Europa di oggi consiste, quindi, nell'aiutare l'uomo contemporaneo a sperimentare l'amore di Dio Padre e di Cristo, nello Spirito Santo, attraverso la testimonianza della carità, che possiede in se stessa una intrinseca forza evangelizzante.

In questo consiste in definitiva il "Vangelo", il lieto annuncio per ogni uomo: Dio ci ha amati per primo (cfr. 1 Gv 4, 10. 19); Gesú ci ha amati fino alla fine (cfr. Gv 13, 1). Grazie al dono dello Spirito, la carità di Dio viene offerta ai credenti, rendendoli partecipi della sua stessa capacità di amare: essa urge nel cuore di ogni discepolo e di tutta la Chiesa (cfr. 2 Cor 5, 14). Proprio perché donata da Dio, la carità diventa comandamento per l'uomo (cfr. Gv 13, 34).

Vivere nella carità diventa, quindi, lieto annuncio ad ogni persona, rendendo visibile l'amore di Dio, che non abbandona nessuno. In definitiva, significa dare all'uomo smarrito ragioni vere per continuare a sperare.

85. È vocazione della Chiesa, come "segno credibile, anche se sempre inadeguato, dell'amore vissuto, di far incontrare gli uomini e le donne con l'amore di Dio e di Cristo, che viene a cercarli". (141) "Segno e strumento dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano", (142) la Chiesa lo attesta quando le persone, le famiglie e le comunità vivono intensamente il Vangelo della carità. In altri termini, le nostre comunità ecclesiali sono chiamate ad essere delle vere palestre di comunione.

Per sua stessa natura, la testimonianza della carità deve estendersi oltre i confini della comunità ecclesiale, per raggiungere ogni persona, cosí che l'amore per tutti gli uomini diventi fomento di autentica solidarietà per l'intero vivere sociale. Quando la Chiesa serve la carità, essa fa crescere allo stesso tempo la "cultura della solidarietà", concorrendo cosí a ridare vita ai valori universali della convivenza umana.

In questa prospettiva occorre riscoprire il senso autentico del volontariato cristiano. Nascendo dalla fede e venendo continuamente da essa alimentato, esso deve sapere coniugare capacità professionale e amore genuino, spingendo quanti lo praticano ad "elevare i sentimenti di semplice filantropia all'altezza della carità di Cristo; a riconquistare ogni giorno, tra fatiche e stanchezze, la coscienza della dignità di ogni uomo; ad andare alla scoperta dei bisogni delle persone iniziando - se necessario - nuovi cammini là dove piú urgente è il bisogno e piú deboli sono l'attenzione e il sostegno". (143)

 

 

II. Servire l'uomo nella società

Ridare speranza ai poveri

86. All'intera Chiesa è chiesto di ridare speranza ai poveri. Accoglierli e servirli significa per essa accogliere e servire Cristo (cfr. Mt 25, 40). L'amore preferenziale per i poveri è una dimensione necessaria dell'essere cristiano e del servizio al Vangelo. Amarli e testimoniare loro che sono particolarmente amati da Dio significa riconoscere che le persone valgono per se stesse, quali che siano le loro condizioni economiche, culturali, sociali in cui si trovano, aiutandole a valorizzare le loro potenzialità.

87. Occorre poi lasciarsi interpellare dal fenomeno della disoccupazione, che in molte nazioni d'Europa costituisce un grave flagello sociale. A questo si aggiungono anche i problemi connessi con i crescenti flussi migratori. Alla Chiesa è chiesto di ricordare che il lavoro costituisce un bene di cui tutta la società deve farsi carico.

Riproponendo i criteri etici che devono guidare mercato ed economia in uno scrupoloso rispetto della centralità dell'uomo, la Chiesa non tralascerà di ricercare il dialogo con le persone impegnate a livello politico, sindacale e imprenditoriale. (144) Esso deve mirare all'edificazione di un'Europa intesa come comunità di popoli e di persone, comunità solidale nella speranza, non soggetta esclusivamente alle leggi del mercato, ma decisamente preoccupata di salvaguardare la dignità dell'uomo anche nei rapporti economici e sociali.

88. Si dia adeguato rilievo anche alla pastorale dei malati. Considerando che la malattia è una situazione che pone interrogativi essenziali sul senso della vita, "in una società della prosperità e dell'efficienza, in una cultura caratterizzata dall'idolatria del corpo, dalla rimozione della sofferenza e del dolore e dal mito della perenne giovinezza", (145) la cura per i malati deve essere considerata come una delle priorità. A tale scopo, vanno promossi, da una parte, una adeguata presenza pastorale nei diversi luoghi della sofferenza, ad esempio attraverso l'impegno di cappellani ospedalieri, di membri di associazioni di volontariato, di istituzioni sanitarie ecclesiastiche, e, dall'altra, un sostegno alle famiglie dei malati. Occorrerà inoltre essere accanto al personale medico e paramedico con mezzi pastorali adeguati, per sostenerlo nell'impegnativa vocazione a servizio dei malati. Nella loro attività, infatti, gli operatori sanitari rendono ogni giorno un nobile servizio alla vita. A loro è richiesto di offrire ai pazienti anche quello speciale sostegno spirituale che suppone il calore di un autentico contatto umano.

89. Infine, non si potrà dimenticare che talora viene fatto un uso indebito dei beni della terra. L'uomo infatti, venendo meno alla missione di coltivare e custodire la terra con sapienza e amore (cfr. Gn 2, 15), ha in molte regioni devastato boschi e pianure, inquinato le acque, reso irrespirabile l'aria, sconvolto i sistemi idrogeologici e atmosferici e desertificato ampi spazi.

Anche in questo caso, servire il Vangelo della speranza vuol dire impegnarsi in modo nuovo per un corretto uso dei beni della terra, (146) stimolando quell'attenzione che, oltre a tutelare gli habitat naturali, difende la qualità della vita delle persone, preparando alle generazioni future un ambiente piú consono al progetto del Creatore.

 

 

La verità del matrimonio e della famiglia

90. La Chiesa in Europa, in ogni sua articolazione, deve riproporre con fedeltà la verità del matrimonio e della famiglia. (147) È una necessità che essa sente ardere dentro di sé perché sa che tale compito la qualifica in forza della missione evangelizzatrice affidatale dal suo Sposo e Signore, e si ripropone oggi con inusitata impellenza. Non pochi fattori culturali, sociali e politici concorrono, infatti, a provocare una crisi sempre piú evidente della famiglia. Essi compromettono in diversa misura la verità e la dignità della persona umana e mettono in discussione, svisandola, l'idea stessa di famiglia. Il valore dell'indissolubilità matrimoniale viene sempre piú misconosciuto; si chiedono forme di riconoscimento legale delle convivenze di fatto, equiparandole ai matrimoni legittimi; non mancano tentativi di accettare modelli di coppia dove la differenza sessuale non risulta essenziale.

In questo contesto, alla Chiesa è chiesto di annunciare con rinnovato vigore ciò che il Vangelo dice sul matrimonio e sulla famiglia, per coglierne il significato e il valore nel disegno salvifico di Dio. In particolare, è necessario riaffermare tali istituzioni come realtà che derivano dalla volontà di Dio. Occorre riscoprire la verità della famiglia, quale intima comunione di vita e di amore, (148) aperta alla generazione di nuove persone; come anche la sua dignità di "Chiesa domestica" e la sua partecipazione alla missione della Chiesa e alla vita della società.

91. Secondo i Padri sinodali, bisogna riconoscere che tante famiglie, nella quotidianità dell'esistenza vissuta nell'amore, sono testimoni visibili della presenza di Gesú che le accompagna e sostiene con il dono del suo Spirito. Per sostenerne il cammino, si dovrà approfondire la teologia e la spiritualità del matrimonio e della famiglia; proclamare con fermezza e integrità e mostrare mediante esempi efficaci la verità e la bellezza della famiglia fondata sul matrimonio inteso come unione stabile e aperta alla vita di un uomo e di una donna; promuovere in ogni comunità ecclesiale un'adeguata e organica pastorale familiare. Al tempo stesso sarà necessario offrire con materna sollecitudine da parte della Chiesa un aiuto a coloro che si trovano in situazioni difficili, come ad esempio ragazze madri, persone separate, divorziate, figli abbandonati. In ogni caso occorrerà sollecitare, accompagnare e sostenere il giusto protagonismo delle famiglie, singole o associate, nella Chiesa e nella società e adoperarsi perché da parte dei singoli Stati e della stessa Unione Europea siano promosse autentiche e adeguate politiche familiari. (149)

92. Un'attenzione particolare deve essere riservata all'educazione all'amore nei confronti dei giovani e dei fidanzati, mediante appositi itinerari di preparazione alla celebrazione del sacramento del Matrimonio, che li aiutino ad arrivare a questo momento vivendo nella castità. Nella sua opera educativa, la Chiesa si mostrerà premurosa, accompagnando i novelli sposi anche dopo la celebrazione delle nozze.

93. La Chiesa, infine, è chiamata a venire incontro, con bontà materna, anche a quelle situazioni matrimoniali nelle quali è facile venga meno la speranza. In particolare, "di fronte a tante famiglie disfatte, la Chiesa si sente chiamata non ad esprimere un giudizio severo e distaccato, ma piuttosto ad immettere nelle pieghe di tanti drammi umani la luce della parola di Dio, accompagnata dalla testimonianza della sua misericordia. È questo lo spirito con cui la pastorale familiare cerca di farsi carico anche delle situazioni dei credenti che hanno divorziato e si sono risposati civilmente. Essi non sono esclusi dalla comunità; sono anzi invitati a partecipare alla sua vita, facendo un cammino di crescita nello spirito delle esigenze evangeliche. La Chiesa, senza tacere loro la verità del disordine morale oggettivo in cui si trovano e delle conseguenze che ne derivano per la pratica sacramentale, intende mostrare loro tutta la sua materna vicinanza". (150)

94. Se per servire il Vangelo della speranza è necessario riservare una adeguata e prioritaria attenzione alla famiglia, è altrettanto indubitabile che le famiglie stesse hanno un compito insostituibile da svolgere in ordine al medesimo Vangelo della speranza. Perciò, con fiducia e con affetto, a tutte le famiglie cristiane che vivono in questa Europa rinnovo l'invito: "Famiglie, diventate ciò che siete!". Voi siete ripresentazione vivente della carità di Dio: avete infatti la "missione di custodire, rivelare e comunicare l'amore, quale riflesso vivo e reale partecipazione dell'amore di Dio per l'umanità e dell'amore di Cristo Signore per la Chiesa sua sposa". (151)

Voi siete il "santuario della vita [...]: il luogo in cui la vita, dono di Dio, può essere adeguatamente accolta e protetta contro i molteplici attacchi a cui è esposta, e può svilupparsi secondo le esigenze di un'autentica crescita umana". (152)

Voi siete il fondamento della società, in quanto luogo primario dell'"umanizzazione" della persona e del vivere civile, (153) modello per l'instaurazione di rapporti sociali vissuti nell'amore e nella solidarietà.

Siate voi stesse testimoni credibili del Vangelo della speranza! Perché voi siete "gaudium et spes". (154)

 

 

Servire il Vangelo della vita

95. L'invecchiamento e la diminuzione della popolazione a cui si assiste in diversi Paesi d'Europa non può non essere motivo di preoccupazione; il calo delle nascite, infatti, è sintomo di un rapporto non sereno con il proprio futuro; è chiara manifestazione di una mancanza di speranza, è segno di quella "cultura della morte" che attraversa l'odierna società. (155)

Con il calo della natalità vanno ricordati altri segni che concorrono a configurare l'eclissi del valore della vita e a scatenare una specie di congiura contro di essa. Tra questi va tristemente annoverata, anzitutto, la diffusione dell'aborto, anche utilizzando preparati chimico-farmacologici che lo rendono possibile senza dover ricorrere al medico e sottraendolo a ogni forma di responsabilità sociale; ciò è favorito dalla presenza nell'ordinamento di molti Stati del Continente di legislazioni permissive di un gesto che rimane un "abominevole delitto" (156) e costituisce sempre un disordine morale grave. Né si possono dimenticare gli attentati perpetrati attraverso "interventi sugli embrioni umani che, pur mirando a scopi in sé legittimi, ne comportano inevitabilmente l'uccisione" o mediante un utilizzo scorretto delle tecniche diagnostiche pre-natali, messe al servizio non di terapie precoci a volte possibili, ma "di una mentalità eugenetica, che accetta l'aborto selettivo". (157)

Va pure menzionata la tendenza, che si registra in alcune parti dell'Europa, a ritenere che possa essere permesso porre fine consapevolmente alla propria vita o a quella di un altro essere umano: di qui la diffusione dell'eutanasia mascherata, o attuata apertamente, per la quale non mancano richieste e tristi esempi di legalizzazione.

96. Di fronte a questo stato di cose, è necessario "servire il Vangelo della vita" anche attraverso "una generale mobilitazione delle coscienze e un comune sforzo etico, per mettere in atto una grande strategia a favore della vita. Tutti insieme dobbiamo costruire una nuova cultura della vita". (158) È questa una grande sfida che occorre affrontare con responsabilità, certi che "il futuro della civiltà europea dipende in gran parte della decisa difesa e promozione dei valori della vita, nucleo del suo patrimonio culturale"; (159) si tratta, infatti, di restituire all'Europa la sua vera dignità, quella di essere luogo dove ogni persona è affermata nella sua incomparabile dignità.

Volentieri faccio mie queste parole dei Padri sinodali: "Il Sinodo dei Vescovi europei stimola le comunità cristiane a farsi evangelizzatrici della vita. Incoraggia le coppie e le famiglie cristiane a sostenersi a vicenda nella fedeltà alla loro missione di collaboratrici di Dio nella generazione ed educazione di nuove creature; apprezza ogni generoso tentativo di reagire all'egoismo nell'ambito della trasmissione della vita, alimentato da falsi modelli di sicurezza e di felicità; chiede agli Stati e all'Unione Europea di porre in atto politiche lungimiranti, che promuovano le condizioni concrete di abitazione, di lavoro e di servizi sociali, atte a favorire la costituzione della famiglia e la risposta alla vocazione alla maternità e paternità, ed inoltre assicurino all'Europa di oggi la risorsa piú preziosa: gli europei di domani". (160)

 

 

Costruire una città degna dell'uomo

97. La carità operosa ci impegna ad affrettare il Regno venturo. Per ciò stesso collabora alla promozione degli autentici valori che sono alla base di una civiltà degna dell'uomo. Come ricorda, infatti, il Concilio Vaticano II, "i cristiani, in cammino verso la città celeste, devono ricercare e pensare alle cose di lassú; questo tuttavia non diminuisce, ma anzi aumenta il peso del loro dovere di collaborare con tutti gli uomini per la costruzione di un mondo piú umano". (161) L'attesa dei cieli nuovi e della terra nuova, lungi dall'estraniare dalla storia, intensifica la sollecitudine per la realtà presente dove fin d'ora cresce la novità che è germe e figura del mondo che verrà.

Animati da queste certezze di fede, adoperiamoci per la costruzione di una città degna dell'uomo. Anche se non è possibile costruire nella storia un ordine sociale perfetto, sappiamo però che ogni sforzo sincero per costruire un mondo migliore è accompagnato dalla benedizione di Dio, e che ogni seme di giustizia e di amore piantato nel tempo presente fiorisce per l'eternità.

98. Nel costruire la città degna dell'uomo, un ruolo ispiratore va riconosciuto alla Dottrina Sociale della Chiesa. Attraverso di essa, infatti, la Chiesa pone al Continente europeo la questione della qualità morale della sua civiltà. Essa trae origine dall'incontro tra il messaggio biblico con la ragione da una parte, e i problemi e le situazioni riguardanti la vita dell'uomo e della società dall'altra. Con l'insieme dei principi da essa offerti, tale dottrina contribuisce a porre solide basi per una convivenza a misura d'uomo, nella giustizia, nella verità, nella libertà e nella solidarietà. Protesa a difendere e a promuovere la dignità della persona, fondamento non solo della vita economica e politica, ma anche della giustizia sociale e della pace, essa si presenta capace di sostenere i pilastri portanti del futuro del Continente. (162) In questa stessa dottrina si trovano i riferimenti per poter difendere la struttura morale della libertà, cosí da salvaguardare la cultura e la società europea sia dall'utopia totalitaria della "giustizia senza libertà" sia da quella della "libertà senza verità", cui si accompagna un falso concetto di "tolleranza", entrambe foriere di errori ed orrori per l'umanità, come testimonia tristemente la storia recente dell'Europa stessa. (163)

99. La Dottrina Sociale della Chiesa, per il suo intrinseco legame con la dignità della persona, è fatta per essere compresa anche da coloro che non appartengono alla comunità dei credenti. È urgente, quindi, diffonderne la conoscenza e lo studio, superando l'ignoranza che di essa si ha anche tra i cristiani. Lo esige l'Europa nuova in via di costruzione, bisognosa di persone educate secondo questi valori, disposte ad adoperarsi per la realizzazione del bene comune. È necessaria a tal fine la presenza di laici cristiani che nelle diverse responsabilità della vita civile, dell'economia, della cultura, della sanità, dell'educazione e della politica, agiscano in modo da potervi infondere i valori del Regno. (164)

 

 

Per una cultura dell'accoglienza

100. Tra le sfide che si pongono oggi al servizio al Vangelo della speranza va annoverato il crescente fenomeno delle immigrazioni, che interpella la capacità della Chiesa di accogliere ogni persona, a qualunque popolo o nazione essa appartenga. Esso stimola anche l'intera società europea e le sue istituzioni alla ricerca di un giusto ordine e di modi di convivenza rispettosi di tutti, come pure della legalità, in un processo d'una integrazione possibile.

Considerando lo stato di miseria, di sottosviluppo o anche di insufficiente libertà, che purtroppo caratterizza ancora diversi Paesi, tra le cause che spingono molti a lasciare la propria terra, c'è bisogno di un impegno coraggioso da parte di tutti per la realizzazione di un ordine economico internazionale piú giusto, in grado di promuovere l'autentico sviluppo di tutti i popoli e di tutti i Paesi.

101. Di fronte al fenomeno migratorio, è in gioco la capacità, per l'Europa, di dare spazio a forme di intelligente accoglienza e ospitalità. È la visione "universalistica" del bene comune ad esigerlo: occorre dilatare lo sguardo sino ad abbracciare le esigenze dell'intera famiglia umana. Lo stesso fenomeno della globalizzazione reclama apertura e condivisione, se non vuole essere radice di esclusione e di emarginazione, ma piuttosto di partecipazione solidale di tutti alla produzione e allo scambio dei beni.

Ciascuno si deve adoperare per la crescita di una matura cultura dell'accoglienza, che tenendo conto della pari dignità di ogni persona e della doverosa solidarietà verso i piú deboli, richiede che ad ogni migrante siano riconosciuti i diritti fondamentali. È responsabilità delle autorità pubbliche esercitare il controllo dei flussi migratori in considerazione delle esigenze del bene comune. L'accoglienza deve sempre realizzarsi nel rispetto delle leggi e quindi coniugarsi, quando necessario, con la ferma repressione degli abusi.

102. Occorre pure impegnarsi per individuare forme possibili di genuina integrazione degli immigrati legittimamente accolti nel tessuto sociale e culturale delle diverse nazioni europee. Essa esige che non si abbia a cedere all'indifferentismo circa i valori umani universali e che si abbia a salvaguardare il patrimonio culturale proprio di ogni nazione. Una convivenza pacifica e uno scambio delle reciproche ricchezze interiori renderà possibile l'edificazione di un'Europa che sappia essere casa comune, nella quale ciascuno possa essere accolto, nessuno venga discriminato, tutti siano trattati e vivano responsabilmente come membri di una sola grande famiglia.

103. Per parte sua, la Chiesa è chiamata a "continuare la sua azione nel creare e rendere sempre migliori i suoi servizi di accoglienza e le sue attenzioni pastorali per gli immigrati e i rifugiati", (165) per far sí che siano rispettate la loro dignità e libertà e sia favorita la loro integrazione.

In particolare, si ricordi di dare una specifica cura pastorale all'integrazione degli immigrati cattolici, rispettando la loro cultura e l'originalità della loro tradizione religiosa. A tale scopo, sono da favorire contatti tra le Chiese di origine degli immigrati e quelle di accoglienza, cosí da studiare forme di aiuto, che possano prevedere anche la presenza, tra gli immigrati, di presbiteri, consacrati e operatori pastorali adeguatamente formati provenienti dai loro Paesi.

Il servizio del Vangelo esige, inoltre, che la Chiesa, difendendo la causa degli oppressi e degli esclusi, chieda alle autorità politiche dei diversi Stati e ai responsabili delle Istituzioni europee di riconoscere la condizione di rifugiati per quanti fuggono dal proprio Paese di origine a motivo di pericoli per la propria esistenza, come pure di favorirne il ritorno nei propri Paesi; e di creare altresí le condizioni perché sia rispettata la dignità di tutti gli immigrati e siano difesi i loro diritti fondamentali. (166)

 

 

III. Decidiamoci alla carità!

104. L'appello a vivere la carità operosa, rivolto dai Padri sinodali a tutti i cristiani del Continente europeo, (167) rappresenta la sintesi felice di un autentico servizio al Vangelo della speranza. Ora lo ripropongo a te, Chiesa di Cristo che vivi in Europa. Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli europei di oggi, soprattutto dei poveri e dei sofferenti, siano pure le tue gioie e le tue speranze, le tue tristezze e le tue angosce e nulla di ciò che è genuinamente umano non trovi eco nel tuo cuore. All'Europa e al suo cammino guarda con la simpatia di chi apprezza ogni elemento positivo, ma insieme non chiude gli occhi su quanto v'è di incoerente con il Vangelo e lo denuncia con forza.

105. Chiesa in Europa, accogli ogni giorno con rinnovata freschezza il dono della carità che il tuo Signore ti offre e di cui ti rende capace. Impara da lui i contenuti e la misura dell'amore. E sii Chiesa delle beatitudini, continuamente conformata a Cristo (cfr. Mt 5, 1-12).

Libera da intralci e da dipendenze, sii povera e amica dei piú poveri, accogliente verso ogni persona e attenta verso ogni forma, antica o nuova, di povertà.

Continuamente purificata dalla bontà del Padre, riconosci nell'atteggiamento di Gesú, che ha sempre difeso la verità mostrandosi nello stesso tempo misericordioso verso i peccatori, la norma suprema della tua azione. In Gesú, alla cui nascita fu annunciata la pace (cfr. Lc 2, 14), in lui che con la sua morte ha abbattuto ogni inimicizia (cfr. Ef 2, 14) e ha donato la pace vera (cfr. Gv 14, 27), sii artefice di pace, invitando i tuoi figli a lasciarsi purificare il cuore da ogni ostilità, egoismo e partigianeria, favorendo in ogni circostanza il dialogo e il rispetto reciproci.

In Gesú, giustizia di Dio, non stancarti mai di denunciare ogni forma di ingiustizia. Vivendo nel mondo con i valori del Regno che viene, sarai Chiesa della carità, darai il tuo contributo indispensabile per edificare in Europa una civiltà sempre piú degna dell'uomo.

 

 

 

 

CAPITOLO SESTO

IL VANGELO DELLA SPERANZA PER UN'EUROPA NUOVA

"Vidi anche la città santa, la nuova Gerusalemme, scendere dal cielo" (Ap 21, 2)

La novità di Dio nella storia

 Per un'Europa nuova...

 

 

106. Il Vangelo della speranza che risuona nell'Apocalisse apre il cuore alla contemplazione della novità operata da Dio: "Vidi poi un nuovo cielo e una nuova terra, perché il cielo e la terra di prima erano scomparsi e il mare non c'era piú" (Ap 21, 1). È Dio stesso a proclamarla con una parola che offre la spiegazione della visione appena descritta: "Ecco, io faccio nuove tutte le cose" (Ap 21, 5).

La novità di Dio - pienamente comprensibile sullo sfondo delle cose vecchie, fatte di lacrime, lutto, lamento, affanno, morte (cfr. Ap 21, 4) - consiste nell'uscire dalla condizione di peccato e dalle conseguenze di esso in cui si trova l'umanità; è il nuovo cielo e la nuova terra, la nuova Gerusalemme, in contrapposizione a un cielo e a una terra vecchi, a un antiquato ordine di cose e ad una vetusta Gerusalemme, travagliata dalle sue rivalità.

Non è indifferente per la costruzione della città dell'uomo l'immagine della nuova Gerusalemme, che scende "dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo" (Ap 21, 2) e si riferisce direttamente al mistero della Chiesa. È un'immagine che parla di una realtà escatologica: essa va oltre tutto quello che l'uomo può fare; è un dono di Dio che si compirà negli ultimi tempi. Ma non è un'utopia: è realtà già presente. Lo indica il verbo al presente usato da Dio - "Ecco, io faccio nuove tutte le cose" (Ap 21, 5) -, con l'ulteriore precisazione: "Ecco sono compiute!" (Ap 21, 6). Dio, infatti, sta già agendo per rinnovare il mondo; la Pasqua di Gesú è già la novità di Dio. Essa fa nascere la Chiesa, ne anima l'esistenza, rinnova e trasforma la storia.

107. Questa novità comincia a prendere forma anzitutto nella comunità cristiana, che già ora è "dimora di Dio con gli uomini" (cfr. Ap 21, 3), nel cui seno Dio già opera, rinnovando la vita di coloro che si sottomettono al soffio dello Spirito. La Chiesa è per il mondo segno e strumento del Regno che si realizza innanzitutto nei cuori. Un riflesso di questa stessa novità si manifesta anche in ogni forma di umana convivenza animata dal Vangelo. Si tratta di una novità che interpella la società in ogni momento della storia e in ogni luogo della terra, e in particolare la società europea che da tanti secoli ascolta il Vangelo del Regno inaugurato da Gesú.

 

 

I. La vocazione spirituale dell'Europa

L'Europa promotrice dei valori universali

108. La storia del Continente europeo è contraddistinta dall'influsso vivificante del Vangelo. "Se volgiamo lo sguardo ai secoli passati, non possiamo non rendere grazie al Signore perché il Cristianesimo è stato nel nostro Continente un fattore primario di unità tra i popoli e le culture e di promozione integrale dell'uomo e dei suoi diritti". (168)

Certamente non sí può dubitare che la fede cristiana appartenga, in modo radicale e determinante, ai fondamenti della cultura europea. Il cristianesimo, infatti, ha dato forma all'Europa, imprimendovi alcuni valori fondamentali. La modernità europea stessa che ha dato al mondo l'ideale democratico e i diritti umani attinge i propri valori dalla sua eredità cristiana. Piú che come luogo geografico, essa è qualificabile come "un concetto prevalentemente culturale e storico, che caratterizza una realtà nata come Continente grazie anche alla forza unificante del cristianesimo, il quale ha saputo integrare tra loro popoli e culture diverse ed è intimamente legato all'intera cultura europea". (169)

L'Europa di oggi però, nel momento stesso in cui rafforza ed allarga la propria unione economica e politica, sembra soffrire di una profonda crisi di valori. Pur disponendo di mezzi accresciuti, dà l'impressione di mancare di slancio per nutrire un progetto comune e ridare ragioni di speranza ai suoi cittadini.

 

 

Il nuovo volto dell'Europa

109. Nel processo di trasformazione che sta vivendo, l'Europa è chiamata, anzitutto, a ritrovare la sua vera identità. Essa, infatti, pur essendosi venuta a costituire come una realtà fortemente variegata, deve costruire un modello nuovo di unità nella diversità, comunità di nazioni riconciliate aperta agli altri Continenti e coinvolta nell'attuale processo di globalizzazione.

Per dare nuovo slancio alla propria storia, essa deve "riconoscere e ricuperare con fedeltà creativa quei valori fondamentali, alla cui acquisizione il cristianesimo ha dato un contributo determinante, riassumibili nell'affermazione della dignità trascendente della persona umana, del valore della ragione, della libertà, della democrazia, dello Stato di diritto e della distinzione tra politica e religione". (170)

110. L'Unione Europea continua ad allargarsi. Hanno vocazione per parteciparvi a breve o lunga scadenza tutti i popoli che ne condividono la stessa eredità fondamentale. È da auspicarsi che tale espansione avvenga in modo rispettoso di tutti, valorizzando le peculiarità storiche e culturali, le identità nazionali e la ricchezza degli apporti che potranno venire dai nuovi membri, oltre che nel dare piú matura attuazione ai principi di sussidiarietà e di solidarietà. (171) Nel processo dell'integrazione del Continente, è di capitale importanza tenere conto che l'unione non avrà consistenza se fosse ridotta alle sole dimensioni geografiche ed economiche, ma deve innanzitutto consistere in una concordia dei valori da esprimersi nel diritto e nella vita.

 

 

Promuovere solidarietà e pace nel mondo

111. Dire "Europa" deve voler dire "apertura". Nonostante esperienze e segni contrari che pure non sono mancati, è la sua stessa storia ad esigerlo: "L'Europa non è in realtà un territorio chiuso o isolato; si è costruita andando incontro, al di là dei mari, ad altri popoli, ad altre culture, ad altre civiltà". (172) Perciò deve essere un Continente aperto e accogliente, continuando a realizzare nell'attuale globalizzazione forme di cooperazione non solo economica, ma anche sociale e culturale.

C'è un'esigenza alla quale il Continente deve rispondere positivamente, perché il suo volto sia davvero nuovo: "L'Europa non può ripiegarsi su se stessa. Essa non può né deve disinteressarsi del resto del mondo, al contrario deve avere piena coscienza del fatto che altri Paesi, altri continenti, si aspettano da essa iniziative audaci per offrire ai popoli piú poveri i mezzi per il loro sviluppo e la loro organizzazione sociale, e per edificare un mondo piú giusto e piú fraterno". (173) Per realizzare in modo adeguato tale missione, sarà necessario "un ripensamento della cooperazione internazionale, nei termini di una nuova cultura di solidarietà. Pensata come seme di pace, la cooperazione non si può ridurre all'aiuto e all'assistenza, addirittura mirando ai vantaggi di ritorno per le risorse messe a disposizione. Essa deve esprimere, invece, un impegno concreto e tangibile di solidarietà, tale da rendere i poveri protagonisti del loro sviluppo e consentire al maggior numero possibile di persone di esplicare, nelle concrete circostanze economiche e politiche in cui vivono, la creatività tipica della persona umana, da cui dipende anche la ricchezza delle Nazioni". (174)

112. L'Europa, inoltre, deve farsi parte attiva nel promuovere e realizzare una globalizzazione "nella" solidarietà. A quest'ultima, come sua condizione, va accompagnata una sorta di globalizzazione "della" solidarietà e dei connessi valori di equità, giustizia e libertà, nella ferma convinzione che il mercato chiede di essere "opportunamente controllato dalle forze sociali e dallo Stato, in modo da garantire la soddisfazione delle esigenze fondamentali di tutta la società". (175)

L'Europa che ci è consegnata dalla storia ha visto, soprattutto nell'ultimo secolo, l'affermarsi di ideologie totalitarie e di nazionalismi esasperati che, oscurando la speranza degli uomini e dei popoli del Continente, hanno alimentato conflitti all'interno delle Nazioni e tra le Nazioni stesse, fino all'immane tragedia delle due guerre mondiali. (176) Anche le lotte etniche piú recenti, che hanno nuovamente insanguinato il Continente europeo, hanno mostrato a tutti come la pace sia fragile, abbia bisogno dell'impegno fattivo di tutti, possa essere garantita solo dischiudendo nuove prospettive di scambio, di perdono e di riconciliazione tra le persone, i popoli e le Nazioni.

Di fronte a questo stato di cose, l'Europa, con tutti i suoi abitanti, deve impegnarsi instancabilmente a costruire la pace dentro i suoi confini e nel mondo intero. A tale riguardo, occorre rammentare "da una parte, che le differenze nazionali devono essere mantenute e coltivate come fondamento della solidarietà europea e, dall'altra, che la stessa identità nazionale non si realizza se non nell'apertura verso gli altri popoli e attraverso la solidarietà con essi". (177)

 

 

II. La costruzione europea

Il ruolo delle Istituzioni europee

113. Nel cammino per disegnare il volto nuovo del Continente, per molti aspetti determinante è il ruolo delle istituzioni internazionali, legate e operanti principalmente sul territorio europeo, che hanno contribuito a segnare il corso storico degli eventi, senza impegnarsi in operazioni di carattere militare. A questo proposito desidero menzionare, anzitutto, l'Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa, la quale opera per il mantenimento della pace e la stabilità, anche attraverso la protezione e la promozione dei diritti umani e delle libertà fondamentali, come pure per la cooperazione economica ed ambientale.

Vi è poi il Consiglio d'Europa, di cui fanno parte gli Stati che hanno sottoscritto la Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti umani fondamentali del 1950 e la Carta sociale del 1961. Vi è annessa la Corte europea dei diritti dell'uomo. Queste due istituzioni mirano, attraverso la cooperazione politica, sociale, giuridica e culturale, come pure la promozione dei diritti umani e della democrazia, alla realizzazione dell'Europa della libertà e della solidarietà. L'Unione Europea infine, con il suo Parlamento, il Consiglio dei Ministri e la Commissione, propone un modello di integrazione che va perfezionandosi con la prospettiva di adottare un giorno una carta fondamentale comune. Tale organismo ha per scopo di realizzare una maggiore unità politica, economica e monetaria tra gli Stati membri, sia quelli attuali sia quelli che entreranno a farvi parte. Nella loro diversità e a partire dall'identità specifica di ciascuna di esse, le citate Istituzioni promuovono l'unità del Continente e, piú profondamente, sono a servizio dell'uomo. (178)

114. Alle stesse Istituzioni europee e ai singoli Stati dell'Europa chiedo insieme con i Padri Sinodali (179) di riconoscere che un buon ordinamento della società deve radicarsi in autentici valori etici e civili il piú possibile condivisi dai cittadini, osservando che tali valori sono patrimonio, in primo luogo, dei diversi corpi sociali. È importante che le Istituzioni e i singoli Stati riconoscano che, tra questi corpi sociali, vi sono anche le Chiese e le Comunità ecclesiali e le altre organizzazioni religiose. A maggior ragione, quando esistono già prima della fondazione delle nazioni europee, non sono riducibili a mere entità private, ma operano con uno specifico spessore istituzionale, che merita di essere preso in seria considerazione. Nello svolgimento dei loro compiti, le diverse istituzioni statali ed europee devono agire nella consapevolezza che i loro ordinamenti giuridici saranno pienamente rispettosi della democrazia, se prevederanno forme di "sana collaborazione" (180) con le Chiese e le organizzazioni religiose.

Alla luce di quanto ho appena sottolineato, desidero ancora una volta rivolgermi ai redattori del futuro trattato costituzionale europeo, affinché in esso figuri un riferimento al patrimonio religioso e specialmente cristiano dell'Europa. Nel pieno rispetto della laicità delle istituzioni, mi auguro soprattutto che siano riconosciuti tre elementi complementari: il diritto delle Chiese e delle comunità religiose di organizzarsi liberamente, in conformità ai propri statuti e alle proprie convinzioni; il rispetto dell'identità specifica delle Confessioni religiose e la previsione di un dialogo strutturato fra l'Unione Europea e le Confessioni medesime; il rispetto dello statuto giuridico di cui le Chiese e le istituzioni religiose già godono in virtú delle legislazioni degli Stati membri dell'Unione. (181)

115. Le Istituzioni europee hanno per scopo dichiarato la tutela dei diritti della persona umana. In questo compito esse contribuiscono a costruire l'Europa dei valori e del diritto. I Padri sinodali hanno interpellato i responsabili europei, dicendo: "Alzate la voce quando sono violati i diritti umani dei singoli, delle minoranze e dei popoli, a cominciare dal diritto alla libertà religiosa; riservate la piú grande attenzione a tutto ciò che riguarda la vita umana dal suo concepimento fino alla morte naturale e la famiglia fondata sul matrimonio: sono queste le basi sulle quali poggia la comune casa europea; [...] affrontate, secondo giustizia ed equità e con senso di grande solidarietà, il crescente fenomeno delle migrazioni, rendendole nuova risorsa per il futuro europeo; fate ogni sforzo perché ai giovani venga garantito un futuro veramente umano con il lavoro, la cultura, l'educazione ai valori morali e spirituali". (182)

 

 

La Chiesa per la nuova Europa

116. L'Europa ha bisogno di una dimensione religiosa. Per essere "nuova", analogamente a ciò che viene detto per la "città nuova" dell'Apocalisse (cfr. 21, 2), essa deve lasciarsi raggiungere dall'azione di Dio. La speranza di costruire un mondo piú giusto e piú degno dell'uomo, infatti, non può prescindere dalla consapevolezza che a nulla varrebbero gli sforzi umani, se non fossero accompagnati dal sostegno divino, perché "se il Signore non costruisce la casa, invano vi faticano i costruttori" (Sal 127[126], 1). Perché l'Europa possa essere edificata su solide basi, è necessario far leva sui valori autentici, che hanno il loro fondamento nella legge morale universale, inscritta nel cuore di ogni uomo. "Non solo i cristiani possono unirsi a tutti gli uomini di buona volontà per lavorare alla costruzione di questo grande progetto, ma sono anche invitati a esserne in qualche modo l'anima, mostrando il vero senso dell'organizzazione della città terrena". (183)

Una e universale, pur presente nella molteplicità delle Chiese particolari, la Chiesa cattolica può offrire un contributo unico all'edificazione di un'Europa aperta al mondo. Dalla Chiesa cattolica, infatti, viene un modello di unità essenziale nella diversità delle espressioni culturali, la consapevolezza dell'appartenenza a una comunità universale che si radica ma non si estingue nelle comunità locali, il senso di quello che unisce aldilà di quello che distingue. (184)

117. Nelle relazioni con i pubblici poteri, la Chiesa non domanda un ritorno a forme di Stato confessionale. Allo stesso tempo, essa deplora ogni tipo di laicismo ideologico o di separazione ostile tra le istituzioni civili e le confessioni religiose.

Per parte sua, nella logica della sana collaborazione tra comunità ecclesiale e società politica, la Chiesa cattolica è convinta di poter dare un singolare contributo alla prospettiva dell'unificazione offrendo alle istituzioni europee, in continuità con la sua tradizione e in coerenza con le indicazioni della sua dottrina sociale, l'apporto di comunità credenti che cercano di realizzare l'impegno di umanizzazione della società a partire dal Vangelo vissuto nel segno della speranza. In quest'ottica, è necessaria una presenza di cristiani, adeguatamente formati e competenti, nelle varie istanze e Istituzioni europee, per concorrere, nel rispetto dei corretti dinamismi democratici e attraverso il confronto delle proposte, a delineare una convivenza europea sempre piú rispettosa di ogni uomo e di ogni donna e, perciò, conforme al bene comune.

118. L'Europa che va costruendosi come "unione" spinge anche i cristiani verso l'unità per essere veri testimoni di speranza. Va continuato e sviluppato, in tale quadro, quello scambio dei doni, che in questo ultimo decennio ha avuto significative espressioni. Realizzato tra comunità con storie e tradizioni diverse, porta a stringere vincoli piú durevoli tra le Chiese nei diversi Paesi e a un loro reciproco arricchimento, attraverso incontri, confronti e aiuti vicendevoli. In particolare va valorizzato il contributo della tradizione culturale e spirituale offerto dalle Chiese Cattoliche Orientali. (185)

Un ruolo importante per la crescita di questa unità può essere svolto dagli organismi continentali di comunione ecclesiale, che attendono di essere ulteriormente promossi. (186) Tra questi, un posto significativo va assegnato al Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee chiamato, a livello di tutto il continente, a "provvedere alla promozione di una sempre piú intensa comunione fra le diocesi e fra le Conferenze Episcopali Nazionali, all'incremento della collaborazione ecumenica tra i cristiani e al superamento degli ostacoli che minacciano il futuro della pace e del progresso dei popoli, al rafforzamento della collegialità affettiva ed effettiva e della "communio" gerarchica". (187) Con esso, va pure riconosciuto il servizio della Commissione degli Episcopati della Comunità Europea che, seguendo il processo di consolidamento e di allargamento dell'Unione Europea, favorisce l'informazione mutua e coordina le iniziative pastorali delle Chiese europee coinvolte.

119. Il rafforzamento dell'unione in seno al Continente europeo stimola i cristiani a cooperare nel processo di integrazione e di riconciliazione attraverso un dialogo teologico, spirituale, etico e sociale. (188) Infatti "nell'Europa in cammino verso l'unità politica possiamo forse ammettere che sia proprio la Chiesa di Cristo un fattore di disunione e di discordia? Non sarebbe questo uno degli scandali piú grandi del nostro tempo?". (189)

 

 

Dal Vangelo un nuovo slancio per l'Europa

120. L'Europa ha bisogno di un salto qualitativo nella presa di coscienza della sua eredità spirituale. Tale spinta non le può venire che da un rinnovato ascolto del Vangelo di Cristo. Tocca a tutti i cristiani impegnarsi per soddisfare questa fame e sete di vita.

Per questo, "la Chiesa sente il dovere di rinnovare con vigore il messaggio di speranza affidatole da Dio" e ripete all'Europa: ""Il Signore tuo Dio in mezzo a te è un Salvatore potente!" (Sof 3, 17). Il suo invito alla speranza non si fonda su un'ideologia utopistica; è al contrario l'intramontabile messaggio della salvezza proclamato da Cristo (cfr. Mc 1, 15). Con l'autorità che le viene dal suo Signore, la Chiesa ripete all'Europa di oggi: Europa del terzo millennio "non lasciarti cadere le braccia!" (Sof 3, 16); non cedere allo scoraggiamento, non rassegnarti a modi di pensare e di vivere che non hanno futuro, perché non poggiano sulla salda certezza della Parola di Dio!". (190)

Riprendendo questo invito alla speranza, ancora oggi ripeto a te, Europa che sei all'inizio del terzo millennio: "Ritorna te stessa. Sii te stessa. Riscopri le tue origini. Ravviva le tue radici". (191) Nel corso dei secoli, hai ricevuto il tesoro della fede cristiana. Esso fonda la tua vita sociale sui principi tratti dal Vangelo e se ne scorgono le tracce dentro le arti, la letteratura, il pensiero e la cultura delle tue nazioni. Ma questa eredità non appartiene soltanto al passato; essa è un progetto per l'avvenire da trasmettere alle generazioni future, poiché è la matrice della vita delle persone e dei popoli che hanno forgiato insieme il Continente europeo.

121. Non temere! Il Vangelo non è contro di te, ma è a tuo favore. Lo conferma la constatazione che l'ispirazione cristiana può trasformare l'aggregazione politica, culturale ed economica in una convivenza nella quale tutti gli europei si sentano a casa propria e formino una famiglia di Nazioni, cui altre regioni del mondo possono fruttuosamente ispirarsi.

Abbi fiducia! Nel Vangelo, che è Gesú, troverai la speranza solida e duratura a cui aspiri. È una speranza fondata sulla vittoria di Cristo sul peccato e sulla morte. Questa vittoria Egli ha voluto che sia tua per la tua salvezza e la tua gioia.

Sii certa! Il Vangelo della speranza non delude! Nelle vicissitudini della tua storia di ieri e di oggi, è luce che illumina e orienta il tuo cammino; è forza che ti sostiene nelle prove; è profezia di un mondo nuovo; è indicazione di un nuovo inizio; è invito a tutti, credenti e non, a tracciare vie sempre nuove che sboccano nell'"Europa dello spirito", per farne una vera "casa comune" dove c'è gioia di vivere.

 

 

 

 

CONCLUSIONE

Affidamento a Maria

"Nel cielo apparve poi un segno grandioso: una donna vestita di sole" (Ap 12, 1)

 

 

La donna, il drago e il bambino

122. La vicenda storica della Chiesa è accompagnata da "segni" che sono sotto gli occhi di tutti, ma che chiedono di essere interpretati. Tra questi l'Apocalisse pone il "segno grandioso" apparso nel cielo, che parla di lotta tra la donna e il drago.

La donna vestita di sole che, soffrendo, sta per partorire (cfr. Ap 12, 1-2) può essere vista come l'Israele dei profeti che genera il Messia "destinato a governare tutte le nazioni con scettro di ferro" (Ap 12, 5; cfr. Sal 2, 9). Ma è anche la Chiesa, popolo della nuova Alleanza, in balia della persecuzione e tuttavia protetta da Dio. Il drago è "il serpente antico, colui che chiamiamo il diavolo e satana e che seduce tutta la terra" (Ap 12, 9). La lotta è impari: sembra avvantaggiato il dragone, tanta è la sua tracotanza di fronte alla donna inerme e sofferente. In realtà ad essere vincitore è il figlio partorito dalla donna. In questa lotta c'è una certezza: il grande drago è già stato sconfitto, "fu precipitato sulla terra e con lui furono precipitati anche i suoi angeli" (Ap 12, 9). Lo hanno vinto il Cristo, Dio fatto uomo, con la sua morte e risurrezione, e i martiri "per mezzo del sangue dell'Agnello e grazie alla testimonianza del loro martirio" (Ap 12, 11). E anche quando il drago continuerà nella sua opposizione, non c'è da temere, perché la sua sconfitta è già avvenuta.

123. Questa è la certezza che anima la Chiesa nel suo cammino, mentre nella donna e nel drago rilegge la sua storia di sempre. La donna che partorisce il figlio maschio ci ricorda anche la vergine Maria, soprattutto nel momento in cui, trafitta dalla sofferenza ai piedi della Croce, genera nuovamente il Figlio, come vincitore del principe di questo mondo. Ella viene affidata a Giovanni che, a sua volta, viene affidato a lei (cfr. Gv 19, 26-27), diventando cosí Madre della Chiesa. Grazie al legame che unisce Maria alla Chiesa e la Chiesa a Maria, si chiarisce meglio il mistero della donna: "Maria, infatti, presente nella Chiesa come madre del Redentore, partecipa maternamente a quella "dura lotta contro le potenze delle tenebre", che si svolge durante tutta la storia umana. E per questa sua identificazione ecclesiale con la "donna vestita di sole" (Ap 12, 1), si può dire che "la Chiesa ha già raggiunto nella beatissima Vergine la perfezione, per la quale è senza macchia e senza ruga"". (192)

124. La Chiesa tutta, quindi, guarda a Maria. Grazie ai moltissimi santuari mariani disseminati in tutte le nazioni del Continente, la devozione a Maria è molto viva e diffusa tra i popoli europei.

Chiesa in Europa, continua, quindi, a contemplare Maria e riconosci che ella è "maternamente presente e partecipe nei molteplici e complessi problemi che accompagnano oggi la vita dei singoli, delle famiglie e delle nazioni" ed è "soccorritrice del popolo cristiano nell'incessante lotta tra il bene e il male, perché "non cada" o, caduto, "risorga"". (193)

 

 

Preghiera a Maria, Madre della speranza

125. In questa contemplazione, animata da genuino amore, Maria ci appare come figura della Chiesa che, nutrita dalla speranza, riconosce l'azione salvifica e misericordiosa di Dio, alla cui luce legge il proprio cammino e tutta la storia. Ella ci aiuta a interpretare anche oggi le nostre vicende in riferimento al suo Figlio Gesú. Creatura nuova plasmata dallo Spirito Santo, Maria fa crescere in noi la virtú della speranza.

A Lei, Madre della speranza e della consolazione, rivolgiamo con fiducia la nostra preghiera: affidiamole il futuro della Chiesa in Europa e di tutti le donne e gli uomini di questo Continente:

Maria, Madre della speranza, cammina con noi! Insegnaci a proclamare il Dio vivente; aiutaci a testimoniare Gesú, l'unico Salvatore; rendici servizievoli verso il prossimo, accoglienti verso i bisognosi, operatori di giustizia, costruttori appassionati di un mondo piú giusto; intercedi per noi che operiamo nella storia certi che il disegno del Padre si compirà.

Aurora di un mondo nuovo, mostrati Madre della speranza e veglia su di noi! Veglia sulla Chiesa in Europa: sia essa trasparente al Vangelo; sia autentico luogo di comunione; viva la sua missione di annunciare, celebrare e servire il Vangelo della speranza per la pace e la gioia di tutti.

Regina della pace Proteggi l'umanità del terzo millennio! Veglia su tutti i cristiani: proseguano fiduciosi sulla via dell'unità, quale fermento per la concordia del Continente. Veglia sui giovani, speranza del futuro, rispondano generosamente alla chiamata di Gesú. Veglia sui responsabili delle nazioni: si impegnino a costruire una casa comune, nella quale siano rispettati la dignità e i diritti di ciascuno.

Maria, donaci Gesú! Fa' che lo seguiamo e lo amiamo! Lui è la speranza della Chiesa, dell'Europa e dell'umanità. Lui vive con noi, in mezzo a noi, nella sua Chiesa. Con Te diciamo "Vieni, Signore Gesú" (Ap 22, 20) : Che la speranza della gloria infusa da Lui nei nostri cuori porti frutti di giustizia e di pace!

Dato a Roma, presso San Pietro, il 28 giugno, vigilia della Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo dell'anno 2003, venticinquesimo di Pontificato.

Giovanni Paolo Pp. II

 

 

 

 

 

 

Note

_____________________

 

 

 

 

 

(1) Cfr. Sinodo dei Vescovi - Seconda Assemblea Speciale per l'Europa, Messaggio finale, n. 1: L'Osservatore Romano, 23 ottobre 1999, p. 5.

(2) Cfr. Sinodo dei Vescovi - Seconda Assemblea Speciale per l'Europa, Instrumentum laboris, nn. 90-91: L'Osservatore Romano, 6 agosto 1999 - Suppl., pp. 17-18.

(3) Giovanni Paolo II, Bolla Incarnationis mysterium (29 novembre 1998), 3-4: AAS 91 (1999), 132. 133.

(4) Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. ap. Tertio millennio adveniente (10 novembre 1994), 38: AAS 87 (1995), 30.

(5) Cfr. Discorso all'Angelus (23 giugno 1996), 2: Insegnamenti XIX/1 (1996), 1599-1600.

(6) Sinodo dei Vescovi - Prima Assemblea Speciale per l'Europa, Dichiarazione finale (13 dicembre 1991), 2: Ench. Vat. 13, n. 619.

(7) Ibid., 3, l. c., n. 621.

(8) Cfr. Sinodo dei Vescovi - Seconda Assemblea Speciale per l'Europa, Instrumentum laboris, n. 3: L'Osservatore Romano, 6 agosto 1999 - Suppl., p. 3.

(9) Cfr. Giovanni Paolo II, Omelia durante la concelebrazione per la conclusione della Seconda Assemblea Speciale del Sinodo per l'Europa (23 ottobre 1999), 1: AAS 92 (2000), 177.

(10) Cfr. Sinodo dei Vescovi - Seconda Assemblea Speciale per l'Europa, Messaggio finale, n. 2.: L'Osservatore Romano, 23 ottobre 1999, p. 5

(11) Cfr. Giovanni Paolo II, Omelia durante la concelebrazione per la conclusione della Seconda Assemblea Speciale del Sinodo per l'Europa (23 ottobre 1999), 4: AAS 92 (2000), 179.

(12) Ibid.

(13) Cfr. Propositio 1.

(14) Sinodo dei Vescovi - Seconda Assemblea Speciale per l'Europa, Instrumentum laboris, n. 2: L'Osservatore Romano, 6 agosto 1999 - Suppl. pp. 2-3.

(15) Cfr. ibid., nn. 12-13. 16-19, l. c., pp. 4-6; Idem, Relatio ante disceptationem, I: L'Osservatore Romano, 3 ottobre 1999, pp. 6-7; Idem, Relatio post disceptationem, II, A: L'Osservatore Romano, 11- 12 ottobre 1999, p. 10.

(16) Sinodo dei Vescovi - Seconda Assemblea Speciale per l'Europa, Relatio ante disceptationem, I, 1. 2: L'Osservatore Romano, 3 ottobre 1999, p. 6.

(17) Cfr. Propositio 5a.

(18) Sinodo dei Vescovi - Seconda Assemblea Speciale per l'Europa, Messaggio finale, n. 1: L'Osservatore Romano, 23 ottobre 1999, p. 5.

(19) Cfr. Propositio 5a; Pontificio Consiglio della Cultura e Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, Gesú Cristo portatore dell'acqua viva. Una riflessione cristiana sul New Age, Città del Vaticano, 2003.

(20) Cfr. Propositio 5a.

(21) Sinodo dei Vescovi - Seconda Assemblea Speciale per l'Europa, Messaggio finale, n. 6: L'Osservatore Romano, 23 ottobre 1999, p. 5.

(22) Giovanni Paolo II, Discorso all'Angelus (25 agosto 1996), 2: Insegnamenti XIX/2 (1996), 237; cfr. Propositio 9.

(23) Sinodo dei Vescovi - Seconda Assemblea Speciale per l'Europa, Instrumentum laboris, n. 88: L'Osservatore Romano, 6 agosto 1999 - Suppl., p. 17.

(24) Giovanni Paolo II, Omelia durante la concelebrazione per la conclusione della Seconda Assemblea Speciale del Sinodo per l'Europa (23 ottobre 1999), 4: AAS 92 (2000), 179.

(25) Cfr. Giovanni Paolo II, Esort. ap. post-sinodale Christifideles laici (30 dicembre 1988), 26: AAS 81 (1989), 439.

(26) Cfr. Propositio 21.

(27) Ibid.

(28) Propositio 9.

(29) Ibid.

(30) Cfr. Propositio 4, 1.

(31) Giovanni Paolo II, Omelia durante la concelebrazione per la conclusione della Seconda Assemblea Speciale del Sinodo per l'Europa (23 ottobre 1999), 2: AAS 92 (2000), 178.

(32) Sinodo dei Vescovi - Seconda Assemblea Speciale per l'Europa, Messaggio finale, n. 2: L'Osservatore Romano, 23 ottobre 1999, p. 5.

(33) Cfr. Propositio 4, 2.

(34) Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus (1 maggio 1991), 47: AAS 83 (1991), 852.

(35) Cfr. Propositio 4, 1.

(36) Cfr. Sinodo dei Vescovi - Seconda Assemblea Speciale per l'Europa, Instrumentum laboris, n. 30: L'Osservatore Romano, 6 agosto 1999 - Suppl., p. 8.

(37) Cfr. Omelia durante la concelebrazione per la conclusione della Seconda Assemblea Speciale del Sinodo per l'Europa (23 ottobre 1999), 3: AAS 92 (2000), 178; Congregazione per la Dottrina della Fede, Dich. Dominus Iesus (6 agosto 2000), 13: AAS 92 (2000), 754.

(38) Cfr. Propositio 5.

(39) Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Dominum et vivificantem (18 maggio 1986), 7: AAS 78 (1986), 816; Congregazione per la Dottrina della Fede, Dich. Dominus Iesus (6 agosto 2000), 16: AAS 92 (2000), 756-757.

(40) Paolo VI, Lett. enc. Mysterium fidei (3 settembre 1965): AAS 57 (1965) 762-763. Cfr. S. Congregazione per i Riti, Istr. Eucharisticum mysterium (25 maggio 1967), 9: AAS 59 (1967), 547; Catechismo della Chiesa Cattolica, 1374.

(41) Conc. Ecum. di Trento, Decr. De ss. Eucharistia, can. 1: DS, 1651; cfr. cap. 3: DS, 1641.

(42) Giovanni Paolo II, Lett. enc. Ecclesia de Eucharistia (17 aprile 2003), 15: L'Osservatore Romano, 18 aprile 2003, p. 2.

(43) Cfr. Sant'Agostino, In Ioannis Evangelium, Tractatus VI, cap. I, n. 7: PL 35, 1428; San Giovanni Crisostomo, Sul tradimento di Giuda, 1, 6: PG 49, 380C.

(44) Cfr. Conc. Ecum. Vat. II, Cost. sulla sacra liturgia Sacrosanctum Concilium, 7; Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 50; Paolo VI, Lett. enc. Mysterium fidei (3 settembre 1965): AAS 57 (1965), 762-763; S. Congregazione per i Riti, Istr. Eucharisticum mysterium (25 maggio 1967), 9: AAS 59 (1967), 547; Catechismo della Chiesa cattolica, 1373-1374.

(45) Giovanni Paolo II, Motu proprio Spes aedificandi (1 ottobre 1999), 1: AAS 92 (2000), 220.

(46) Cfr. Giovanni Paolo II, Discorso nella sede del Parlamento Polacco, a Varsavia (11 giugno 1999), 6: Insegnamenti, XXII/1 (1999), 1276.

(47) Cfr. Giovanni Paolo II, Discorso durante la cerimonia di congedo dall'aeroporto di Cracovia (10 giugno 1997), 4: Insegnamenti XX/1 (1997), 1496-1497.

(48) Sinodo dei Vescovi - Seconda Assemblea Speciale per l'Europa, Messaggio finale, n. 4: L'Osservatore Romano, 23 ottobre 1999, p. 5.

(49) Cfr. Propositio 15, 1; Catechismo della Chiesa Cattolica, 773; Giovanni Paolo II, Lett. ap. Mulieris dignitatem (15 agosto 1988), 27: AAS 80 (1988), 1718.

(50) Cfr. Propositio 15, 1.

(51) Cfr. Propositio 21.

(52) Sinodo dei Vescovi - Seconda Assemblea Speciale per l'Europa, Messaggio finale, n. 4: L'Osservatore Romano, 23 ottobre 1999, p. 5.

(53) Propositio 9.

(54) Ibid.

(55) Ibid.

(56) Cfr. Propositio 22.

(57) Giovanni Paolo II, Esort. ap. post-sinodale Pastores dabo vobis (25 marzo 1992), 15: AAS 84 (1992), 679-680.

(58) Cfr. ibid., 29, l. c., 703-705; Propositio 18.

(59) Cfr. Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, can. 373.

(60) Cfr. Codice di Diritto Canonico, can. 277, 1.

(61) Cfr. Paolo VI, Lett. enc. Sacerdotalis coelibatus (24 giugno 1967), 40: AAS 59 (1967), 673.

(62) Cfr. Propositio 18.

(63) Cfr. ibid.

(64) Cfr. Sinodo dei Vescovi - Seconda Assemblea Speciale per l'Europa, Messaggio finale, n. 4: L'Osservatore Romano, 23 ottobre 1999, p. 5.

(65) Cfr. Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 29.

(66) Cfr. Propositio 19.

(67) Cfr. ibid.

(68) Sinodo dei Vescovi - Seconda Assemblea Speciale per l'Europa, Relatio ante disceptationem, III: L'Osservatore Romano, 3 ottobre 1999, p. 9.

(69) Cfr. Propositio 17.

(70) Cfr. ibid.

(71) Giovanni Paolo II, Discorso ai partecipanti al Congresso sul tema "Nuove vocazioni per una nuova Europa" (9 maggio 1997), 1-3: Insegnamenti XX/1 (1997), 917-918.

(72) Giovanni Paolo II, Esort. ap. post-sinodale Christifideles laici (30 dicembre 1988), 7: AAS 81 (1989), 404.

(73) Sinodo dei Vescovi - Seconda Assemblea Speciale per l'Europa, Instrumentum laboris, n. 82: L'Osservatore Romano, 6 agosto 1999, p. 16.

(74) Cfr. Propositio 29.

(75) Cfr. Propositio 30.

(76) Cfr. ibid.

(77) Paolo VI, Esort. ap. Evangelii nuntiandi (8 dicembre 1975), 14: AAS 68 (1976), 13.

(78) Cfr. Propositio 3b.

(79) Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptoris missio (7 dicembre 1990), 37: AAS 83 (1991), 282-286.

(80) Cfr. Sinodo dei Vescovi - Seconda Assemblea Speciale per l'Europa, Relatio ante disceptationem, I, 2: L'Osservatore Romano, 3 ottobre 1999, p. 7.

(81) Cfr. Propositio 3a.

(82) Sinodo dei Vescovi - Seconda Assemblea Speciale per l'Europa, Relatio ante disceptationem, III, 1: L'Osservatore Romano, 3 ottobre 1999, p. 8.

(83) Cfr. Sinodo dei Vescovi - Seconda Assemblea Speciale per l'Europa, Instrumentum laboris, n. 53: L'Osservatore Romano, 6 agosto 1999 - Suppl., p. 12.

(84) Cfr. Propositio 4, 1.

(85) Cfr. Propositio 26, 1.

(86) Sinodo dei Vescovi - Seconda Assemblea Speciale per l'Europa, Relatio ante disceptationem, III, 1: L'Osservatore Romano, 3 ottobre 1999, p. 9.

(87) Paolo VI, Esort. ap. Evangelii nuntiandi (8 dicembre 1975), 41: AAS 68 (1976), 31.

(88) Propositio 8, 1.

(89) Cfr. Propositio 8, 2.

(90) Cfr. Propositiones 8, 1a-b; 6.

(91) Cfr. Giovanni Paolo II, Esort. ap. Catechesi tradendae (16 ottobre 1979), 21: AAS 71 (1979), 1294-1295.

(92) Cfr. Propositio 24.

(93) Cfr. Propositio 8, 1c.

(94) Cfr. Propositio 24.

(95) Cfr. Propositio 22.

(96) Cfr. Giovanni Paolo II, Discorso ai Presidenti delle Conferenze Episcopali Europee (16 aprile 1993), 1: AAS 86 (1994), 227.

(97) Giovanni Paolo II, Discorso durante la Celebrazione ecumenica della Parola nella cattedrale di Paderborn (22 giugno 1996), 5: Insegnamenti XIX/1 (1996), 1571.

(98) Lettera del 13 gennaio 1970: Tomos agapis, Roma-Istanbul 1971, pp. 610-611; cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Ut unum sint (25 maggio 1995), 99: AAS 87 (1995), 980.

(99) Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptoris missio (7 dicembre 1990), 55: AAS 83 (1991), 302.

(100) Ibid., 36, l. c., 281.

(101) Cfr. Sinodo dei Vescovi - Prima Assemblea Speciale per l'Europa, Dichiarazione finale (13 dicembre 1991), 8: Ench. Vat., 13, nn. 653-655; Seconda Assemblea Speciale per l'Europa, Instrumentum laboris, 62: L'Osservatore Romano, 6 agosto 1999 - Suppl., p. 13; Propositio 10.

(102) Propositio 10; cfr. Commissione per i Rapporti Religiosi con l'Ebraismo, "Noi ricordiamo: una riflessione sulla Shoah", 16 marzo 1998, Ench. Vat. 17, 520-550.

(103) Sinodo dei Vescovi - Prima Assemblea Speciale per l'Europa, Dichiarazione finale (13 dicembre 1991), 9: Ench. Vat., 13, n. 656.

(104) Cfr. Propositio 11.

(105) Cfr. ibid.

(106) Giovanni Paolo II, Discorso al Corpo Diplomatico (12 gennaio 1985), 3: AAS 77 (1985), 650.

(107) Conc. Ecum. Vat. II, Dich. sulla libertà religiosa Dignitatis humanae, 2.

(108) Cfr. Propositio 23.

(109) Cfr. Propositiones 25; 26, 2.

(110) Cfr. Propositio 26, 3.

(111) Cfr. Propositio 27.

(112) Giovanni Paolo II, Lettera agli artisti (4 aprile 1999), 12: AAS 91 (1999), 1168.

(113) Cfr. Propositio 7b-c.

(114) Cfr. Giovanni Paolo II, Discorso durante la Veglia di preghiera a Tor Vergata nella XV Giornata Mondiale della Gioventú (19 agosto 2000), 6: Insegnamenti XXIII/2 (2000), 212.

(115) Cfr. Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, Etica nelle comunicazioni sociali, Città del Vaticano, 4 giugno 2000.

(116) Propositio 13.

(117) Cfr. Propositio 12.

(118) Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla divina Rivelazione Dei Verbum, 25.

(119) Cfr. Propositio 14.

(120) Cost. sulla sacra liturgia Sacrosanctum Concilium, 8.

(121) Cfr. Propositio 14; Sinodo dei Vescovi - Seconda Assemblea Speciale per l'Europa, Relatio ante disceptationem, III, 2: L'Osservatore Romano, 3 ottobre 1999, p. 9.

(122) Cfr. Propositio 15, 2a.

(123) Conc. Ecum. Vat. II, Decr. sul ministero e la vita dei presbiteri Presbyterorum Ordinis, 5.

(124) Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 11.

(125) Giovanni Paolo II, Lett. enc. Ecclesia de Eucharistia (17 aprile 2003), 20: L'Osservatore Romano, 18 aprile 2003, p. 3.

(126) Cfr. Giovanni Paolo II, Discorso all'udienza generale (25 ottobre 2000), 2: Insegnamenti XXIII/2 (2000), 697.

(127) Propositio 16.

(128) Cfr. Sinodo dei Vescovi - Seconda Assemblea Speciale per l'Europa, Relatio ante disceptationem, III, 2: L'Osservatore Romano, 3 ottobre 1999, p. 9.

(129) Cfr. Propositio 16.

(130) Cfr. Giovanni Paolo II, Motu proprio Misericordia Dei (7 aprile 2002), 4: AAS 94 (2002), 456-457.

(131) Cfr. Propositio 16; Giovanni Paolo II, Lettera ai sacerdoti per il Giovedí Santo 2002 (17 marzo 2002), 4: AAS 94 (2002), 435-436.

(132) Cfr. Propositio 14c.

(133) Cfr. ibid.

(134) Cfr. Cost. sulla sacra liturgia Sacrosanctum Concilium, 100.

(135) Cfr. Propositiones 14c; 20.

(136) Cfr. Propositio 20.

(137) Giovanni Paolo II, Lett. ap. Rosarium Virginis Mariae (16 ottobre 2002), 3: AAS 95 (2003), 7.

(138) Cfr. Propositio 14.

(139) Giovanni Paolo II, Lett. ap. Dies Domini (31 maggio 1998), 4: AAS 90 (1998), 716.

(140) Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptor hominis (4 marzo 1979), 10: AAS 71 (1979), 274.

(141) Sinodo dei Vescovi - Seconda Assemblea Speciale per l'Europa, Instrumentum laboris, 72: L'Osservatore Romano, 6 agosto 1999, Suppl., p. 15.

(142) Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 1.

(143) Giovanni Paolo II, Lett. enc. Evangelium vitae (25 marzo 1995), 90: AAS 87 (1995), 503.

(144) Cfr. Propositio 33.

(145) Propositio 35.

(146) Cfr. Propositio 36.

(147) Cfr. Propositio 31.

(148) Cfr. Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. sulla Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium et spes, 48.

(149) Cfr. Propositio 31.

(150) Giovanni Paolo II, Discorso per il Terzo Incontro Mondiale delle Famiglie in occasione del loro Giubileo (14 ottobre 2000), 6: Insegnamenti XXIII/2 (2000), 603.

(151) Giovanni Paolo II, Esort. ap. post-sinodale Familiaris consortio (22 novembre 1981), 17: AAS 74 (1982), 99-100.

(152) Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus (1 maggio 1991), 39: AAS 83 (1991), 842.

153 Cfr. Giovanni Paolo II, Esort. ap. post-sinodale Christifideles laici (30 dicembre 1988), 40: AAS 81 (1989), 469.

(155) Cfr. Propositio 32.

(156) Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. sulla Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium et spes, 51.

(157) Giovanni Paolo II, Lett. enc. Evangelium vitae (25 marzo 1995), 63: AAS 87 (1995), 473.

(158) Ibid., 95, l. c., 509.

(159) Giovanni Paolo II, Discorso al nuovo Ambasciatore di Norvegia presso la Santa Sede (25 marzo 1995): Insegnamenti XVIII/1 (1995), 857.

(160) Propositio 32.

(161) Cost. past. sulla Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium et spes, 57.

(162) Cfr. Propositio 28; Sinodo dei Vescovi - Prima Assemblea Speciale per l'Europa, Dichiarazione finale (13 dicembre 1991), 10: Ench. Vat. 13, nn. 659-669.

(163) Cfr. Propositio 23.

(164) Cfr. Propositio 28.

(165) Propositio 34.

(166) Cfr. Congregazione per i Vescovi, Istr. Nemo est (22 agosto 1969), 16: AAS 61 (1969), 621-622; Codice di Diritto Canonico, can. 294 e 518; Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, can. 280 § 1.

(167) Cfr. Sinodo dei Vescovi - Seconda Assemblea Speciale per l'Europa, Messaggio finale, n. 5: L'Osservatore Romano, 23 ottobre 1999, p. 6.

(168) Giovanni Paolo II, Omelia a conclusione della II Assemblea Speciale per l'Europa del Sinodo dei Vescovi (23 ottobre 1999), 5: AAS 92 (2000), 179.

(169) Propositio 39.

(170) Ibid.

(171) Cfr. ibid.; Propositio 28.

(172) Giovanni Paolo II, Lettera al card. Miloslav Vlk, Presidente del Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee (16 ottobre 2000), 7: Insegnamenti XXIII/2 (2000), 628.

(173) Ibid.

(174) Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2000 (8 dicembre 1999), 17: AAS 92 (2000), 367-368.

(175) Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus (1º maggio 1991), 35: AAS 83 (1991), 837.

(176) Cfr. Propositio 39.

(177) Sinodo dei Vescovi - Seconda Assemblea Speciale per l'Europa, Instrumentum laboris, n. 85: L'Osservatore Romano, 6 agosto 1999, Suppl., p. 17. Cfr. Propositio 39.

(178) Cfr. Giovanni Paolo II, Discorso all'Ufficio di Presidenza del Parlamento Europeo (5 aprile 1979): Insegnamenti, II/1 (1979), 796-799.

(179) Cfr. Propositio 37.

(180) Cfr. Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. sulla Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium et spes, 76.

(181) Cfr. Giovanni Paolo II, Discorso al Corpo diplomatico (13 gennaio 2003), 5: L'Osservatore Romano, 13-14 gennaio 2003, p. 6.

(182) Sinodo dei Vescovi - Seconda Assemblea Speciale per l'Europa, Messaggio finale, n. 6: L'Osservatore Romano, 23 ottobre 1999, p. 5.

(183) Giovanni Paolo II, Lettera al card. Miloslav Vlk, Presidente del Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee (16 ottobre 2000), 4: Insegnamenti XXIII/2 (2000), 626.

(184) Cfr. Sinodo dei Vescovi - Prima Assemblea Speciale per l'Europa, Dichiarazione finale, n. 10: Ench. Vat. 13, n. 669.

(185) Cfr. Propositio 22.

(186) Cfr. ibid.

(187) Giovanni Paolo II, Discorso ai Presidenti delle Conferenze Episcopali d'Europa (16 aprile 1993), 5: AAS 86 (1994), 229.

(188) Cfr. Propositio 39d.

(189) Giovanni Paolo II, Omelia durante la celebrazione ecumenica in occasione dell'Assemblea Speciale per l'Europa del Sinodo dei Vescovi (7 dicembre 1991), 6: Insegnamenti XIV/2 (1991), 1330.

(190) Giovanni Paolo II, Omelia per l'apertura della Seconda Assemblea Speciale del Sinodo per l'Europa (1 ottobre 1999), 3: AAS 92 (2000), 174-175.

(191) Discorso ad Autorità europee e ai Presidenti delle Conferenze Episcopali d'Europa (9 novembre 1982), 4: AAS 75 (1982), 330.

(192) Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptoris Mater (25 marzo 1987), 47: AAS 79 (1987), 426.

(193) Ibid., 52: l. c., 432; cfr. Propositio 40.

 

 

 

 

 

 

 

N.B. Si raccomanda la consultazione dei testi originali presso il sito della Santa Sede. È inoltre possibile richiedere i documenti presso il sito della Libreria Editrice Vaticana.