13.1. L'ecstasy

Ecstasy è un termine comune con cui s'indica il composto sintetico 3,4-metilen-diossi-metamfetamina, o MDMA, derivato dalla metamfetamina. Questa molecola possiede una struttura chimica simile a quella dell'anfetamina ma rispetto a questa è dotata di una piú spiccata azione sul sistema nervoso centrale. In realtà, vi sono diversi composti simili alla MDMA, i quali costituiscono una famiglia di sostanze che possono essere indicate genericamente come ecstasy.

 

13.2. Il meccanismo d'azione dell'ecstasy

L'ecstasy, a livello delle sinapsi nervose che utilizzano come neurotrasmettitore la serotonina, può stimolare il rilascio di questo mediatore e può inoltre bloccarne il riassorbimento a livello dello spazio intersinaptico. La serotonina è coinvolta nella regolazione dell'umore e nel meccanismo delle allucinazioni aumentandone la produzione. L'effetto di questa droga è analogo a quello dell'adrenalina, della noradrenalina e della dopamina. Inoltre l'ecstasy determina una diminuzione della produzione di dopamina.

In seguito all'assunzione di ecstasy dopo circa 20-60 minuti si manifestano tipicamente euforia, insonnia e senso di vigore fisico, seguiti dalla comparsa di vampate di calore e dall'aumento della sudorazione. Le vampate sono dovute ad un pericoloso aumento della temperatura corporea (ipertermia), che può raggiungere i 42 ºC, cui si associa un incremento dei valori della pressione sanguigna e della frequenza cardiaca. Questi effetti sono particolarmente temibili per gli asmatici e per i soggetti cardiopatici.

 

13.3. Gli effetti collaterali a breve termine

Tra gli effetti collaterali a breve termine, che cioè si manifestano rapidamente dopo l'assunzione del composto, si hanno cefalea, palpitazioni, aritmie cardiache, nausea, vomito e dolori addominali. A livello psichico possono comparire affaticamento, ansia, irritabilità, depressione e confusione; in taluni casi si hanno pensieri paranoici, delirio, allucinazioni e depersonalizzazione. Tali effetti portano all'insorgenza di una dipendenza psicologica che spinge ad un consumo continuo della sostanza.

 

13.4. Gli effetti collaterali a lungo termine

Con il passare del tempo il consumo ripetuto di ecstasy provoca la comparsa di uno stato di psicosi associata ad una condizione di depressione e a turbe della memoria e dell’apprendimento. Questo fenomeno è conseguente alla degenerazione dei neuroni dell’ippocampo, una struttura nervosa situata sotto la corteccia cerebrale che fa parte del sistema limbico. Alte dosi di MDMA possono anche provocare un infarto cerebrale. È inoltre stata segnalata, in alcuni soggetti, la comparsa dei sintomi tipici del morbo di Parkinson conseguente alla lesione dei neuroni che producono come neurotrasmettitore la dopamina (neuroni dei gangli della base). Occorre anche ricordare che, oltre agli effetti tipici e collaterali della molecola, il consumatore subisce anche i pericolosi effetti delle impurità contenute in alta percentuale nelle pasticche smerciate.

 

13.5. L'ecstasy come droga

L'ecstasy fu scoperta per la prima volta nel 1912 e brevettata nel 1914 da un'industria farmaceutica tedesca come farmaco ad effetto anoressizzante, cioè capace di attenuare lo stimolo della fame, e pertanto destinata alla terapia delle forme piú gravi d'obesità. A partire dal 1970, s'iniziò ad impiegarla in psicoterapia, allo scopo di favorire una certa disinibizione e, di conseguenza, una maggiore facilità ad esporre le proprie emozioni. Tale pratica nel 1986 fu interrotta perché ci si accorse che l'ecstasy provocava gravi danni cerebrali.

Verso il 1985 soprattutto in Germania, Inghilterra e Austria l'uso dell'ecstasy come "droga ricreativa" cominciò a diffondersi venendo spesso indicata con nomi differenti, come "Adam", "E" e "XTC": secondo gli utilizzatori, essa era in grado di potenziare le capacità percettive, di rendere piú rilassati, disinibiti e disponibili a nuove esperienze. Dagli anni Novanta il consumo di questa droga si è esteso anche all'Italia soprattutto nell'ambito di discoteche e rave-parties. Attualmente vengono venduti illegalmente piú di 150 tipi diversi di pasticche di ecstasy, ottenute modificando la molecola di feniletilammina e distinguibili dal consumatore per la presenza di colori e segni distintivi impressi su ciascun tipo. Le pasticche vengono indicate con nomi bizzarri come "Fish", "Offman", "Cilindretto", "Colombina" e cosí via.

 

 

 Pillole di ecstasy

Pillole di Ecstasy

 

 

 

 

14. Metadone

Si tratta di un composto analgesico-narcotico sintesi ad azione psicoattiva chimicamente corrispondente al 6-(dimetilamino)-4,4-difenil-3-epanone cloridrato. Si presenta sotto forma polvere cristallina bianca e possiede azioni farmacologiche simili a quelle della morfina dell'eroina (derivati'oppio) con effetto narcotico piú blando. Quasi uguale è invece la sua capacità generare dipendenza, cioè necessità continuare assumerlo, pertanto va sempre somministrato stretto controllo medico.

Il metadone trova impiego soprattutto nella terapia della tossicodipendenza, come sostituto di altre droghe, per sopprimere nei soggetti in fase di disintossicazione i sintomi della sindrome da astinenza e ridurre il desiderio dei narcotici (la cosiddetta «fame di narcotici» che nel caso delle droghe illecite persiste anche a distanza di mesi dalla cessata assunzione). La somministrazione del metadone può avvenire per via orale e in tal modo si elimina il rischio comportato dalla possibile scarsa igiene legata all’uso delle siringhe. Le dosi vengono programmate in modo da ridursi progressivamente nel tempo, cosí da permettere una lenta e graduale perdita della dipendenza dell’organismo. Grazie alle proprietà farmacocinetiche della molecola, in seguito a somministrazione orale, la concentrazione di metadone si mantiene relativamente costante per 24 ore, evitando le brusche impennate conseguenti all’iniezione endovenosa. Sebbene una certa percentuale di tossicodipendenti continui a desiderare e ad auto-somministrarsi droghe illecite anche durante l’assunzione di metadone l’utilità di questa molecola di sintesi nella cura delle tossicodipendenze è oggi una realtà riconosciuta.

15. La crisi di astinenza

15.1. Crisi di astinenza da alcol

Circa il 40% dei pazienti alla sospensione del consumo d’alcol manifesta segni di sindrome da astinenza quali tremori, vertigini e, nei casi piú gravi, delirium tremens e sindrome di Wernicke-Korsakoff. Il ricovero ospedaliero deve essere deciso in base alla severità delle manifestazioni d’astinenza e dei precedenti tentativi infruttuosi di disassuefazione nonché alla patologia cronica o acuta coesistente o ad una gravidanza.

 

15.2. Crisi d'astinenza da oppiacei

Comunemente si attribuiscono agli oppiacei le crisi d’astinenza piú gravi per la prevalenza della sintomatologia somatica che essi comportano. La sindrome d’astinenza da oppiacei si caratterizza, infatti, per dolorose contrazioni muscolari in sede lombare e prevalentemente agli arti inferiori, accompagnate da irrequietezza motoria, che possono sfociare in vere e proprie crisi d’agitazione psicomotoria, dolori ossei, “crisi viscerali” caratterizzate da intensi dolori addominali con vomito, diarrea e orripilazione (la cosiddetta “pelle d’oca”). Il quadro psichico caratteristico è dominato da intense pulsioni alla ricerca della droga preferita, connotate da grave angoscia, ansia, auto ed eteroaggressività. In tali circostanze possono verificarsi episodi di violenza, anche molto gravi, per l’incapacità del paziente di dominare gli impulsi. Il trattamento medico in questa fase è molto difficile e necessita di notevole perizia.

Nella terapia vanno considerate le condizioni di nutrizione e d'idratazione dei pazienti che talvolta si presentano alla disintossicazione in condizioni particolarmente gravi. Sono frequenti gli ascessi da ripetute inoculazioni fuori vena e le patologie dermatologiche e veneree associate. In talune circostanze sono reperibili ustioni gravi alle ultime falangi del primo, secondo e terzo dito degli arti superiori per ripetute ustioni nel corso di rudimentali pratiche di scioglimento della droga rese ancora piú gravi dall'anestesia da contatto con la cocaina usata in associazione all'eroina. In corso di disintossicazione, a causa della depressione dell'attività respiratoria dovuta alla sedazione, possono anche attivarsi manifestazioni di tipo polmonitico. È necessario perciò sorvegliare il paziente con attenzione per tutto il periodo in cui si rende necessaria un'ingente sedazione. In molti casi sono frequenti le infezioni polimicrobiche, gli emboli settici, gli aneurismi micotici e le endocarditi settiche. Non va dimenticato che, in particolare nella dipendenza da eroina, è frequentemente presente una grave patologia odontoiatrica che può dare origine ad intense manifestazioni dolorose in corso di disintossicazione.

È necessario ricordare che nei soggetti che usano quotidianamente oppiacei il dolore come segnale di un processo patologico è spesso mascherato; cosicché si può incorrere nell’errore di scambiare un importante sintomo doloroso con le manifestazioni tipiche della crisi d’astinenza. Tale errore può essere fatale se si tratta di una localizzazione addominale, infatti, un’appendicite anche grave, per esempio, potrebbe rivelarsi solo dopo aver ridotto l’assunzione d’oppiacei. In alcuni casi il paziente risulta particolarmente disturbato dal vomito che può ostacolare sia l’alimentazione sia la regolare assunzione dei farmaci.

Nelle donne dipendenti da oppiacei si osserva un aumento della percentuale d'aborti spontanei ed una piú elevata frequenza di neonati sotto peso. I neonati inoltre sono esposti al rischio di una crisi d'astinenza subito dopo la nascita quando non sia stata possibile la sospensione di ogni droga. La mortalità neonatale che oscilla fra il 3 e il 4,5% è correlata prevalentemente con il basso peso alla nascita. Fra le cause in gioco vanno considerate sia l'azione diretta degli oppiacei sul feto, sia le abitudini di vita delle tossicomani gravide affette da tabagismo, malnutrizione, abuso d'alcol, infezioni intercorrenti trascurate o crisi d'astinenza in una condizione di sofferenza fetale per disfunzionalità placentare.

 

15.3. Convulsioni e spasmi

Fra i sintomi dolorosi piú gravi di una crisi d'astinenza si hanno le convulsioni e gli spasmi. Le convulsioni sono una serie di contrazioni involontarie dei muscoli volontari. Segni frequenti delle convulsioni sono la rotazione degli occhi verso l'alto o lateralmente, la respirazione apparentemente difficoltosa, la fuoriuscita della saliva dalla bocca e il digrignamento dei denti che talvolta causa gravi morsi alla lingua e all'interno delle guance. Ogni volta che si verifica una convulsione è necessario chiamare un medico. Prima dell'arrivo del medico possono essere applicate misure di pronto soccorso volte a proteggere la vittima dal rischio di ferirsi o di procurarsi altri danni.

Lo spasmo è una contrazione involontaria, anomala e violenta della muscolatura. Lo spasmo tonico è una contrazione muscolare insolitamente prolungata, intensa e dolorosa, seguita da un lento rilassamento. L'esempio piú estremo di spasmo tonico è quello tetanico, in cui gli spasmi sono cosí violenti e duraturi che possono arrivare a paralizzare la respirazione. Lo spasmo clonico invece è caratterizzato da contrazioni ripetute, dolorose e forzate in rapida successione dei muscoli affetti, con rilassamenti altrettanto improvvisi e frequenti.

 

16. Gli psicostimolanti

Quella degli psicostimolanti è una classe di sostanze che eccitano il sistema nervoso centrale, aumentano l'attenzione e riducono il senso d'affaticamento. Il piú noto psicostimolante è la caffeina, la droga d'uso piú comune, che si trova in eguale quantità in tè e caffè (circa 100-150 mg per tazza), nonché nel cacao e nelle bevande alla Cola (circa 50 mg per tazza). Anche se si tratta senz'altro della sostanza psicostimolante piú blanda un'overdose di caffeina può causare sovrastimolazione, palpitazioni cardiache e insonnia.

 

17. La nicotina

La nicotina è un alcaloide incolore e oleoso che costituisce il principio attivo presente nelle foglie di tabacco. La nicotina è utilizzata in agricoltura come insetticida e in chimica come fonte d'acido nicotinico che può avere un utilizzo terapeutico, avendo un'azione vaso-dilatatrice. I fumatori di tabacco assorbono dal fumo inalato piccole quantità di nicotina che possono produrre numerosi effetti fisiologici: in piccole dosi la nicotina funziona da stimolante, soprattutto del sistema nervoso autonomo, favorendo la secrezione d'adrenalina e d'altri composti organici; a dosi elevate paralizza il sistema nervoso autonomo impedendo la trasmissione degli impulsi nervosi attraverso gli spazi fra le cellule nervose; a dosi estreme infine può arrivare a provocare convulsioni e morte. La nicotina dà luogo a dipendenza e assuefazione ma i suoi effetti sul sistema nervoso possono variare da un individuo all'altro.

 

 Marijuana

Marijuana lavorata sotto varie forme

 

 

 

 

Tabagismo

 

 

18. Introduzione

Il tabagismo è una forma d'intossicazione cronica derivante dall'abitudine a fumare il tabacco. comporta molteplici effetti negativi sulla salute che, nel loro complesso, superano quelli derivanti dagli inquinanti atmosferici. In Europa sono 500.000 all'anno i decessi per cause collegate al fumo e Italia, fra 15 milioni di fumatori, si contano ogni 60.000-80.000 morti.

Benché la percentuale complessiva dei fumatori sia in calo negli ultimi anni è aumentato il numero delle giovani donne fumatrici, in particolare nell'Europa occidentale. Si definisce fumo attivo quello che viene inalato da un fumatore e fumo passivo quello, altrettanto dannoso, che viene inalato da un non fumatore che si trova in prossimità di fumatori. Tra le diverse modalità con cui il tabacco può essere consumato le sigarette sono certamente le piú nocive, anche se il fumo prodotto dalla pipa o da un sigaro non è privo di rischi. I tabacchi da fiuto e quelli da masticare sono stati, di recente, riconosciuti come la causa di numerose malattie della bocca e del cancro della cavità orale.

 

18.1. Composizione del fumo di tabacco

La composizione del fumo di tabacco è stata oggetto di molti studi dai quali risulta che neppure l’uso di filtri è sufficiente a proteggere il fumatore dagli effetti pericolosi di alcuni potenti cancerogeni come gli idrocarburi policiclici, le betanaftilammine e le nitrosammine che danno origine a tumori su diversi animali da laboratorio: il filtro, infatti, lascia esposti i fumatori ad un rischio comunque elevato di sviluppo di tumori che tuttavia sembra essere del 20-30% inferiore rispetto a quello che corrono i fumatori che non lo utilizzano. Il fumo contiene inoltre sostanze tossiche come ammoniaca, formaldeide, ossidi d’azoto e monossido di carbonio; quest’ultimo è responsabile di un ridotto afflusso d’ossigeno ai tessuti che danneggia le cellule. Il componente piú importante del fumo di tabacco è tuttavia la nicotina che provoca la costrizione dei vasi sanguigni aumentando la pressione del sangue e della frequenza cardiaca e incrementando l’attività dei nervi simpatici.

 

18.2. Malattie correlate al tabagismo

Al tabagismo vengono ricondotte malattie come il cancro dei polmoni, delle labbra, del cavo orale, della faringe, dell’esofago e del pancreas; malattie dell’apparato cardiovascolare, come le coronaropatie, l’ictus, le emorragie cerebrali e le vasculopatie periferiche; la pneumopatia cronica ostruttiva, che comprende la bronchite cronica e l’enfisema. Le coronaropatie e in particolare l’infarto del miocardio rappresentano la causa principale di morte legata al fumo di sigaretta e sono dovute principalmente agli effetti della nicotina e del monossido di carbonio, che favoriscono la comparsa d’arteriosclerosi.

La seconda causa di morte legata al tabagismo è il cancro ai polmoni che presenta un legame diretto di causa-effetto con il fumo, come si evince confrontando la differenza d’incidenza di questa patologia tra gruppi di fumatori e di non fumatori. Oltre ai polmoni sono numerosi gli organi colpiti da tumori per i quali è dimostrato un rapporto causale con il fumo come quelli del cavo orale, della faringe e del pancreas. Questi tumori, nel loro complesso, sono causa di morbilità e mortalità elevate nella popolazione e il loro rischio d’insorgenza è direttamente proporzionale al numero totale di sigarette fumate.

La pneumopatia cronica ostruttiva è una causa importante di morbilità e mortalità nella popolazione e presenta, anch’essa, una relazione diretta di causa-effetto con il fumo. Le vasculopatie periferiche che colpiscono gli arti inferiori sono piú diffuse tra i fumatori e sono provocate dallo sviluppo di placche aterosclerotiche sulle pareti dei vasi sanguigni; nei casi piú gravi, in cui si sviluppa una cancrena, può essere necessario ricorrere all’amputazione della parte interessata. Anche in questo caso il rischio di comparsa della malattia è strettamente dipendente dalla quantità di sigarette fumate.

Qualunque intervento chirurgico comporta, per i fumatori, un rischio maggiore di complicazioni postoperatorie, come, ad esempio, la trombosi venosa profonda che può provocare embolia polmonare e talvolta la morte. Quasi tutti gli accidenti cerebrovascolari potenzialmente mortali, in particolare l’ictus e l’emorragia cerebrale, presentano correlazioni con il fumo. Nel caso in cui un individuo smetta di fumare il rischio di mortalità legata al fumo cala lentamente, tanto che per tornare al valore di partenza possono essere necessari piú di vent’anni.

 

18.3. Effetti del fumo in gravidanza

I nascituri purtroppo non sfuggono agli effetti nocivi del fumo: molti studi infatti hanno evidenziato l'esistenza di una relazione tra il numero sigarette fumate dalla madre e'insorgenza gravi complicazioni durante la gravidanza, come nascita bambini morti o scarsamente vitali e, in alcuni casi, morte neonatale improvvisa.

 

18.4. Gli effetti del fumo passivo

L'esposizione al fumo passivo è anch'essa molto pericolosa per la salute e, in base ad alcuni dati recenti, comporta un rischio di sviluppo del cancro ai polmoni superiore dell'1,5% rispetto a quello che corrono i non fumatori che vivono in ambienti non inquinati dal fumo; il rischio d'infarto e di malattie cerebrovascolari per fumo passivo non è stato quantificato altrettanto precisamente ma è anch'esso piú elevato che nei soggetti non esposti.

 

 

 

 

ALCOLISMO

 

19.1. Introduzione

L'alcolismo o etilismo è la conseguenza dell'ingestione di una quantità eccessiva d'alcol etilico. Esso può presentarsi in forma acuta o in forma cronica. Nella sua forma acuta l'alcolismo si manifesta con uno stato d'ubriachezza; nella sua forma cronica si può trasformare progressivamente in una vera e propria forma di tossicomania e può essere causa di morte precoce. L'alcolismo è spesso dovuto ad una combinazione di fattori di natura diversa, di tipo psicologico, sociale e a quanto sembra ereditario. La categoria di individui che piú viene colpita dall'alcolismo è quella degli adulti di sesso maschile; in tempi recenti comunque il fenomeno si sta diffondendo anche tra i giovani e le donne ed esso risulta in aumento in quasi tutte le regioni degli Stati Uniti, dell'Europa, dei paesi dell'ex Unione Sovietica e di quelli in via di sviluppo.

 

19.2. Il decorso dell'alcolismo cronico

Diversamente dall’alcolismo in forma acuta, causato anche da un solo episodio di forte assunzione di bevande alcoliche, l’alcolismo in forma cronica, considerato per lungo tempo come la conseguenza di un malessere psicosociale, è oggi ritenuto piú correttamente una malattia vera e propria. Esso ha in genere uno sviluppo lento che può durare diversi anni. Nella fase iniziale si manifesta con l’eccessiva disponibilità agli alcolici che finisce per condizionare anche la scelta degli amici e delle attività ricreative. Nelle bevande alcoliche l’etilista cerca piú un modo per alterare volontariamente la propria coscienza che non la condivisione di un rito o di una consuetudine sociale (come avviene spesso con il fumo). L’alcol finisce per condizionare tutti gli aspetti della vita quotidiana assumendo un peso sempre maggiore rispetto alle relazioni interpersonali, al lavoro, all’autostima e perfino alla salute. Quando l’assunzione di bevande alcoliche diventa una necessità insopprimibile insorge generalmente una dipendenza fisica che spinge l’alcolista a bere in continuazione per evitare i sintomi dell’astinenza.

L'alcol produce uno stato tossico generale dell'organismo accompagnato da una situazione di deperimento dovuto sia ad insufficiente apporto alimentare per inappetenza, sia ad una riduzione dell'assorbimento e dell'utilizzazione degli alimenti assunti. Gli effetti dell'alcol sono di tipo cumulativo, cioè si assommano e uno non esclude l'altro; essi comprendono una vasta gamma di disturbi a carico di vari organi e apparati: tra i piú comuni vi sono quelli a carico del sistema nervoso centrale e periferico, dell'esofago e dello stomaco, del fegato, del pancreas e del sistema circolatorio.

Le manifestazioni a carico del sistema nervoso centrale comprendono sia la comparsa di deficit della memoria e della capacità d'apprendimento sia - quando l'alcolismo è associato a malnutrizione - una degenerazione del cervello che si manifesta con la difficoltà nel mantenere la posizione eretta e nel camminare. Le manifestazioni a carico del sistema nervoso periferico comportano la comparsa di formicolii e parestesie agli arti. Le alterazioni a carico dell'esofago e dello stomaco possono determinare la comparsa di esofagite (infiammazione della parete interna dell'esofago), gastrite ed emorragie gastrointestinali. Le alterazioni a carico del fegato possono evolvere verso l'epatite da alcol e la cirrosi, mentre quelle a carico del pancreas possono determinare l'insorgenza di pancreatite acuta e cronica (infiammazione del pancreas). Le alterazioni a carico del sistema circolatorio comportano l'aumento della pressione sanguigna, la tachicardia e la dilatazione dell'atrio e del ventricolo sinistro con evoluzione verso l'insufficienza cardiaca.

A livello psichico, l'alcolismo è caratterizzato da un progressivo decadimento delle facoltà intellettive e dalla perdita del senso etico. Le caratteristiche tipiche dell'alcolista sono l'aggressività e la grande labilità dell'umore. Dopo un lungo periodo d'abusi può insorgere il delirium tremens. I casi d'alcolismo piú avanzato richiedono frequenti ricoveri ospedalieri. Si ritiene che, nel corso della gravidanza, uno stato d'alcolismo cronico possa provocare gravi danni al feto, tra i quali uno sviluppo fisico e mentale non completo. L'alcolismo è indirettamente una delle principali cause d'incidenti stradali, a causa della diminuzione della capacità di concentrazione che esso provoca.

 

 

19.3. Il delirium tremens

Il delirium tremens è una grave sindrome, talvolta fatale, che in genere insorge negli alcolisti cronici e che si manifesta con stato confusionale, allucinazioni terrificanti e violenti tremori, insonnia, sudorazione, dispepsia e talvolta febbre. Può essere indotto anche dall'astinenza dall'alcol. Il delirium tremens può condurre alla morte per collasso cardiocircolatorio e generalmente comporta il ricovero del paziente in ospedale. Benché soggetta a discussione di solito la terapia comprende la somministrazione d'ipnotici e di tranquillanti, l'infusione di liquidi nutritivi per normalizzare il metabolismo, nonché il sostegno psicologico e la continua osservazione del paziente che non va mai lasciato solo.

 

19.4. Terapia dell'alcolismo

Le cliniche e i reparti ospedalieri specializzati nella cura dell'alcolismo sono in crescita costante, in seguito anche all'aumento del numero di alcolisti disposti a considerare il proprio problema al pari di una qualunque malattia grave e dunque a curarsi. Le diagnosi cosí avvengono piú precocemente di un tempo e questo consente di ottenere un maggior successo nelle terapie e tassi di guarigione piú elevati. Le terapie convenzionali dell'alcolismo contemplano diversi tipi d'intervento volti in parte ad eliminare i problemi acuti dell'etilismo come le crisi d'astinenza, in parte a curare l'aspetto psicologico della dipendenza attraverso una serie di colloqui individuali e di gruppo. L'obiettivo finale della maggior parte delle terapie è la totale astinenza dalle bevande alcoliche, anche se, secondo alcune teorie molto controverse è possibile un ritorno controllato all'alcol.

Tra i farmaci che possono facilitare la guarigione dall'alcolismo vi sono alcuni psicofarmaci. Può essere utile l'impiego di preparati che producono un forte disgusto per l'ingestione d'alcolici che però in vari casi risultano pericolosi. Gli etilisti che decidono di smettere di bere spesso si rivolgono ad associazioni denominate Alcolisti Anonimi che sono gruppi di sostegno psicologico e morale che non forniscono trattamenti di tipo clinico. Nonostante i molti progressi compiuti dalle terapie contro l'alcolismo le stime del numero di decessi legati a questo tipo d'abuso restano comunque elevate.

 

20. Il narcotraffico e le problematiche sociali della tossicodipendenza

Il termine narcotraffico designa l'attività criminale legata alla produzione, al traffico e alla diffusione di sostanze stupefacenti. Sviluppatosi a dismisura all'inizio degli anni Sessanta con la diffusione dell'uso di droghe quali l'eroina, la cocaina e i derivati della Cannabis (la canapa indiana), il traffico di stupefacenti ha assunto oggi una dimensione internazionale. Dai paesi dell'Asia orientale e dell'America latina, dove si coltivano le piante di Oppio, Cannabis e Coca, le sostanze stupefacenti vengono esportate in Europa per essere raffinate e sintetizzate chimicamente; una parte rimane sul mercato europeo mentre una parte raggiunge invece l'America settentrionale.

Le diverse fasi del narcotraffico richiedono l'intervento d'organizzazioni criminali potenti e radicate nel territorio, talvolta legate ad interessi economici e politici piú o meno occulti. Il narcotraffico, infatti, è quasi esclusivamente controllato da piú di vent'anni dalle varie mafie nazionali come, ad esempio, i "cartelli" colombiani o la criminalità organizzata nelle sue varie articolazioni locali (in Italia mafia, camorra e 'ndrangheta). La lotta al narcotraffico è condotta oltre che dalle Forze dell'ordine da diverse associazioni private che svolgono un'azione di prevenzione e informazione che tuttavia necessitano della sempre maggiore collaborazione dei singoli cittadini.

 

 

21. Il doping

Per doping s’intende l’assunzione di sostanze le quali, per dose e composizione, hanno come effetto l’aumento non fisiologico delle prestazioni di un atleta. Il termine deriva dall’inglese to dope, che significa drogare. Il doping danneggia l’integrità psicofisica dello sportivo e invalida il fondamento etico dello sport che si basa su una paritetica e leale forma di competizione. Inoltre, se assunte in gran quantità o per tempi prolungati, le sostanze dopanti possono nuocere gravemente alla salute arrecando in alcuni casi danni irreversibili.

Per combattere l'uso del doping vengono effettuati controlli realizzati con l'ausilio d'analisi fisico-chimiche di campioni d'urina. In competizioni nazionali e internazionali i primi classificati, assieme ad altri atleti sorteggiati, devono consegnare due campioni d'urina che vengono poi analizzati. Piú recentemente sono stati introdotti controlli che si basano anche su prelievi sanguigni. Gli atleti trovati positivi al doping vengono privati delle medaglie vinte, i loro record vengono annullati e il caso viene affidato alla federazione sportiva d'appartenenza che provvederà a squalificarli per un dato periodo di tempo o per sempre.

 

21.1. Le sostanze proibite

La regolamentazione internazionale della giustizia sportiva in materia di doping purtroppo è ancora molto disordinata e talvolta contraddittoria. L'individuazione di sostanze dopanti e la determinazione di valori limite, oltre i quali le sostanze rilevate nei campioni organici prelevati devono ritenersi prove di doping, spesso varia a seconda delle discipline e delle federazioni nazionali. Per semplificare si possono distinguere alcuni gruppi di sostanze: gli stimolatori psicomotori, gli stimolatori del sistema nervoso centrale (per es. aminofenazolo o stricnina), narcotici, analgesici e anabolizzanti, che hanno come obiettivo quello di aumentare chimicamente la massa muscolare.

 

21.2. Gli stimolanti psicomotori

Gli stimolanti psicomotori come le anfetamine, la cocaina, la caffeina, l'efedrina o alcuni broncodilatatori, agendo sui recettori del sistema nervoso centrale, provocano stati d'eccitazione sensoriale. Come altre droghe provocano assuefazione e fanno scendere la temperatura corporea e la pressione sanguigna.

 

21.3. I narcotici e gli analgesici

Le sostanze narcotiche e analgesiche come la codeina, il metadone, l'eroina o la morfina diminuiscono le sensazioni dolorose; oltre all'assuefazione, abbattendo la soglia del dolore, provocano il peggioramento d'eventuali lesioni e danni all'apparato respiratorio.

 

 21.4. Gli steroidi anabolizzanti

Gli steroidi anabolizzanti come il testosterone fanno aumentare notevolmente la massa muscolare, arrecano disfunzioni epatiche, alterano l'equilibrio psichico, accentuando l'aggressività e provocano danni al sistema ormonale. La continua assunzione di steroidi può favorire l'insorgenza di malattie tumorali.

 

21.5. I beta-bloccanti

Gli adrenergici beta-bloccanti riducono la pressione arteriosa e danno una sensazione di rilassatezza, dall'altro lato causano l'abbassamento del battito cardiaco e possono provocare gravi ipotensioni che spesso portano al collasso.

 

21.6. I diuretici

Le sostanze diuretiche vengono utilizzate per ridurre il peso corporeo attraverso l'estromissione di liquidi e per smaltire la concentrazione di sostanze illecite nelle urine. Provocano nausee, crampi e vomito oltre che pericolose forme di disidratazione dovuta all'eccessiva perdita di liquidi.

 

21.7. Gli ormoni

Le sostanze ormonali come l'ormone della crescita, la corticotropina o la gonadotropina aumentano l'ossigenazione sanguigna, estendono le masse muscolari e hanno la particolarità di non poter essere intercettate attraverso le analisi delle urine. L'anormale crescita degli organi interni, associata all'aumento dei globuli rossi e della pressione sanguigna, porta a gravi problemi cardiovascolari che talvolta possono provocare infarti e blocchi cardiaci.

Negli ultimi anni, sempre per migliorare le prestazioni negli sport di resistenza allo sforzo, come appunto il ciclismo e lo sci di fondo, alcuni atleti consigliati da spregiudicati staff medici hanno fatto uso d'eritropoietina (EPO), un ormone che consente, aumentando la viscosità sanguigna e abbassando drasticamente il battito cardiaco, di innalzare la soglia della fatica. Proprio per questo l'eritropoietina è molto pericolosa perché abbatte il naturale meccanismo d'allarme che avverte l'organismo della necessità di arrestare lo sforzo. Anche in questo caso i rischi di trombosi e d'embolia sono altissimi. In alcuni tipi di sport sono proibiti anche l'alcol, la marijuana, i farmaci a base cortisonica e gli anestetici locali.

 

21.8. l'auto-emotrasfusione

Un caso particolare è costituito dall'emodoping, o auto-emotrasfusione, di cui si fa uso in sport come il ciclismo o lo sci nordico. Gli atleti si allenano per un certo periodo di tempo in luoghi la cui altitudine supera i 2500 metri; a quella quota la minore concentrazione d'ossigeno stimola la produzione sanguigna dei globuli rossi responsabili dell'ossigenazione dell'organismo. A questo punto si effettuano prelievi di sangue che, opportunamente conservato, verrà trasfuso all'atleta prima dell'evento agonistico dando luogo ad effetti stimolanti. L'emodoping è assai pericoloso in quanto può comportare la formazione di trombi e generare problemi vascolari.

Anche un uso prolungato e a dosi massicce di sostanze non considerate dopanti, come alcuni integratori d'amminoacidi o di proteine (ad esempio la creatina), può a lungo andare arrecare danni al normale sistema di sintesi proteica.

 

21.9. Cenni storici sul doping

Già nell’antichità venivano utilizzate sostanze e droghe stimolanti per migliorare il rendimento sportivo. Nel 1886 durante la corsa ciclistica Bordeaux-Parigi si ebbe il primo decesso per doping. Negli anni Sessanta diversi casi di morte per doping, come quelli dei ciclisti Knud Jensen e Tom Simpson, o del pugile Jupp Elze, portarono all’attenzione di un pubblico sempre piú vasto le terribili conseguenze dell’uso di queste sostanze. Dal 1966 vengono effettuati controlli in tutte le maggiori manifestazioni sportive internazionali. I controlli sono particolarmente rigorosi all’interno di discipline quali il nuoto, il calcio, il ciclismo, l’ippica (anche per quanto riguarda gli animali), l’atletica e la ginnastica.

Un clamoroso caso di doping in atletica leggera fu quello del velocista canadese Ben Johnson che alle Olimpiadi di Seoul, nel 1992, venne trovato positivo all'indomani della vittoria conseguita infrangendo il record del mondo nei 100 m. A seguito della esclusione dell'atleta venne assegnata la medaglia d'oro al secondo arrivato, lo statunitense Carl Lewis. Johnson dopo un lungo periodo di squalifica non tornò mai piú a livelli agonistici competitivi. Altrettanto scandaloso fu il caso di Diego Maradona squalificato durante i mondiali di calcio americani nel 1994. Piú recentemente al centro dell'attenzione per l'uso di sostanze vietate caddero alcune nuotatrici cinesi protagoniste di prestazioni cronometriche tanto insolite da renderle sospette.

Nel 1998, durante il Tour de France, la magistratura francese aprí un'inchiesta giudiziaria a seguito del ritrovamento, da parte della polizia doganale, di sostanze farmacologiche proibite nel bagagliaio della macchina del massaggiatore di una squadra: il caso si ampliò a macchia d'olio coinvolgendo altre squadre e altri atleti e portò a galla consuetudini diffuse ai margini della legalità.

Sempre nell'estate del 1998, rivelazioni provenienti dall'interno dello stesso mondo calcistico, innescarono violente polemiche sui giornali e quindi diverse inchieste che portarono, tra le altre cose, a scoprire gravi inadempienze da parte dei laboratori d'analisi medica del CONI preposti ai controlli antidoping. La rivelazione costrinse alle dimissioni i massimi dirigenti del Comitato olimpico nazionale.

 

 

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